Il fondo di garanzia e la nomina dei CTU e dei periti nella legge Gelli

Marco Rodolfi
04 Aprile 2017

L'art. 14 introduce la previsione di un Fondo di Garanzia, che ricorda il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada di cui al Codice delle Assicurazioni Private, che dovrà operare in una serie di ipotesi in cui viene a mancare la copertura assicurativa per i danni da risarcire ai pazienti; l'art. 15 regolamenta invece le modalità di nomina dei CTU nell'ambito dei procedimenti civili e dei periti nei procedimenti penali che dovranno essere obbligatoriamente seguite dall'Autorità Giudiziaria.
I requisiti del Fondo di Garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria ed i decreti attuativi

L'art. 14 ha statuito che nello stato di previsione del Ministero della Salute venga istituito un Fondo di Garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria.

Il Fondo di garanzia dovrà essere alimentato dal versamento di un contributo annuale dovuto dalle imprese autorizzate all'esercizio delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati da responsabilità sanitaria (il predetto contributo verrà versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al Fondo di garanzia).

La gestione delle risorse verrà affidata con una convenzione dal Ministero della salute alla Concessionaria servizi assicurativi pubblici (CONSAP) Spa.

Creata la cornice, tuttavia, manca ancora il contenuto del quadro, la cui realizzazione è stata demandata dal Legislatore ad un regolamento che il Ministro della salute dovrà emanare con un decreto entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della l. n. 24/2017, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro e dell'economia e delle finanze, sentite la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e le rappresentanze delle imprese di assicurazione.

Il Ministero della Salute, in particolare, dovrà definire in tale decreto:

a) la misura del contributo dovuto dalle imprese autorizzate all'esercizio delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati da responsabilità sanitaria;

b) le modalità di versamento del contributo di cui alla lettera a);

c) i principi cui dovrà uniformarsi la convenzione tra il Ministero della salute e la CONSAP Spa;

d) le modalità di intervento, il funzionamento e il regresso del Fondo di garanzia nei confronti del responsabile del sinistro.

La misura del contributo di cui al comma 2, lettera a), dovrà essere aggiornata annualmente con apposito decreto del Ministro della salute, da adottare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, in relazione alle effettive esigenze della gestione del Fondo di garanzia.

Ed ai fini della rideterminazione del contributo di cui al comma 2, lettera a), la CONSAP Spa trasmetterà ogni anno al Ministero della salute e al Ministero dello sviluppo economico un rendiconto della gestione del Fondo di garanzia di cui al comma 1, riferito all'anno precedente, secondo le disposizioni stabilite dal regolamento di cui al comma 2.

Nel comma 3, peraltro, il Legislatore prevede anche che il Fondo di garanzia “concorra” al risarcimento del danno (e dunque non “risarcisce il danno”) «nei limiti delle effettive disponibilità finanziarie»(?!).

Tenuto conto anche degli oneri per l'istruttoria e la gestione delle richieste di risarcimento (che sono posti sempre a carico del Fondo di garanzia), tale chiosa non appare particolarmente tranquillizzante per coloro in favore dei quali tale Fondo dovrebbe operare, cioè i pazienti danneggiati.

In ogni caso, si deve tener conto del fatto che le disposizioni di cui all'art. 14 troveranno applicazione solamente: «ai sinistri denunciati per la prima volta dopo la data di entrata in vigore della presente legge».

Le ipotesi di intervento del Fondo di Garanzia

Tre sono le ipotesi di intervento del Fondo di Garanzia al fine di risarcire i danni conseguenti ad ipotesi di responsabilità sanitaria previste dal Legislatore:

  • la prima ipotesi si avrà quando il danno sia di importo eccedente rispetto ai massimali previsti dai contratti di assicurazione stipulati dalla struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero dall'esercente la professione sanitaria;
  • la seconda ipotesi contempla il caso in cui la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero l'esercente la professione sanitaria, risultino assicurati presso un'impresa che al momento del sinistro si trovi in stato di insolvenza o di liquidazione coatta amministrativa o vi venga posta successivamente;
  • la terza ipotesi concerne la vicenda in cui la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero l'esercente la professione sanitaria siano sprovvisti di copertura assicurativa per recesso unilaterale dell'impresa di assicurazione ovvero per la sopravvenuta inesistenza o cancellazione dall'albo dell'impresa assicuratrice stessa.

La seconda ipotesi è assolutamente identica all'ipotesi di intervento del Fondo di Garanzia per le vittime della strada sub. lett. c), art. 283 cod. ass. «Fondo di Garanzia per le vittime della strada, costituito presso la CONSAP, risarcisce i danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, nel caso in cui … il veicolo o natante risulti assicurato presso un'impresa operane nel territorio della Repubblica, in regime di stabilimento o di libertà di prestazione di servizi, e che al momento del sinistro si trovi in stato di liquidazione coatta o vi venga posta successivamente».

La terza ipotesi concerne il caso in cui l'assicuratore decida volontariamente ed unilateralmente di cessare la copertura assicurativa (ad esempio, a ragione di pregressi sinistri causati dall'assicurato).

La prima ipotesi (che prevede l'intervento laddove il danno cagionato sia ultramassimale), francamente, solleva più di una perplessità.

Innanzitutto, l'intervento “ultramassimale” costituisce una novità assoluta. Il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, a cui chiaramente il Fondo sanitario si ispira, prevede un intervento in ipotesi di mancanza totale di assicurazione (art. 283, lett. b), cod. ass. «veicolo o natante non coperto da assicurazione»), non in caso di danni ultramassimale (che in ipotesi di responsabilità civile automobilistica rimangono a carico dell'assicurato).

In secondo luogo, una norma così congegnata potrebbe portare le strutture ed il professionista a stipulare dei contratti di assicurazione solo per i massimali minimi di legge (che dovranno ovviamente essere stabiliti per decreto, ai sensi dell'art. 10), confidando poi nell'intervento del Fondo, laddove il danno dovesse superare tale soglia.

È vero peraltro che il comma 8, forse proprio per evitare siffatte problematiche, prescrive che il decreto di cui all'art. 10, comma 6 «prevede che il massimale minimo sia rideterminato in relazione all'andamento del Fondo per le ipotesi di cui alla lettera a) del comma 7 del presente articolo».

Ma la vera questione appare essere un'altra, e cioè ci si chiede se sia corretto e non crei delle ingiustificabili disparità, il fatto che il Legislatore nulla abbia previsto nelle ipotesi in cui le strutture sanitarie avessero scelto di dotarsi di «analoghe misure per la responsabilità civile» ex art. 10, che si dovessero rivelare insufficienti a coprire i danni provocati ai pazienti.

Se una struttura privata fallisce? Se una struttura pubblica non ha i fondi? Chi tutela i diritti dei pazienti danneggiati? Chi interviene in quelle ipotesi?

Le modalità di nomina dei CTU e dei periti in tema di responsabilità sanitaria

L'art. 15, comma 1, regolamenta la nomina dei consulenti tecnici e dei periti dell'Ufficio nell'ambito dei processi civili e di quelli penali «aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria». In tali ipotesi, infatti, l'autorità giudiziaria dovrà sempre e comunque procedere con una consulenza/perizia di natura collegiale.

Il Legislatore ha previsto che l'espletamento della consulenza tecnica e della perizia venga affidato «a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento»; i consulenti/periti da nominare dovranno altresì essere scelti «tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3» e non dovranno essere «in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o in altri connessi».

Da ultimo, i consulenti tecnici d'ufficio che verranno nominati nell'ambito del procedimento di cui all'art. 8, comma 1 (ATP ex art. 696-bis c.p.c.) dovranno altresì essere «in possesso di adeguate e comprovate competenze nell'ambito della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi».

I commi 2 e 3 prevedono sinteticamente che gli albi dei consulenti tecnici (art. 13 disp. Att. c.p.c.) e dei periti (art. 67 disp. att. c.p.p.), oltre a dover essere aggiornati con cadenza almeno quinquennale, debbano indicare e documentare le specializzazioni degli iscritti esperti in medicina.

In sede di revisione degli albi, in particolare, dovrà essere indicata, relativamente a ciascuno degli esperti di cui al periodo precedente, «l'esperienza professionale maturata, con particolare riferimento al numero e alla tipologia degli incarichi conferiti e di quelli revocati».

La norma si chiude con una parte dedicata ai compensi dei consulenti/periti, ove si afferma che nella determinazione del compenso globale dovuto al collegio «non si applica l'aumento del 40 per cento per ciascuno degli altri componenti del collegio previsto dall'articolo 53 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115».

Non può essere che accolta con soddisfazione la norma che impone all'Autorità Giudiziaria di disporre in ipotesi di responsabilità sanitaria la nomina di un collegio peritale (sia in ambito civile che penale); fino ad oggi, infatti, in alcune realtà ci si è trovati di fronte alla prassi della nomina del solo consulente tecnico medico-legale, piuttosto che del solo specialista, magari autorizzati ad avvalersi di propri ausiliari nel corso delle operazioni peritali. E questo giustamente non dovrà più accadere.

Corretta è anche la previsione della revisione degli albi. A tale proposito si osserva inoltre che il comma 3 riprende il comma 5 dell'art. 3 della c.d. Legge Balduzzi secondo cui «Gli albi dei consulenti tecnici d'ufficio di cui all'articolo 13 del regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, recante disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, devono essere aggiornati con cadenza almeno quinquennale, al fine di garantire, oltre a quella medico legale, una idonea e qualificata rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche dell'area sanitaria anche con il coinvolgimento delle società scientifiche, tra i quali scegliere per la nomina tenendo conto della disciplina interessata nel procedimento».

Non essendo tale norma stata abrogata dalla Legge Gelli-Bianco, il comma 3 dovrà coordinarsi con tale disposizione.

Qualche perplessità suscita invece il riferimento della parte finale del comma 1 alla richiesta per i consulenti tecnici da nominare nell'ambito della procedura di ATP ex art. 696-bis c.p.c. di possedere «adeguate e comprovate competenze nell'ambito della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi».

Premesso che non si comprende come potrebbe davvero l'autorità giudiziaria procedere a un tale controllo (i CTU dovranno essere forse mediatori?), e considerato che comunque, da sempre, nell'ambito dei procedimento ex art. 696-bis c.p.c. i CTU hanno svolto il compito di trovare, se possibile, un punto di accordo tra le parti, arrivando quantomeno a delle conclusioni condivise, rimane comunque il fatto che se tali requisiti possono essere richiesti ad un medico-legale, si dubita fortemente che il medesimo ragionamento possa essere applicato agli “specialisti”.

Da ultimo, un'osservazione pratica.

La diminuzione degli importi da riconoscere ai professionisti (ultimo comma dell'art. 15) non potrà che portare ad un “disinteresse” dei professionisti tecnicamente più validi a farsi inserire negli albi dei consulenti/periti dell'ufficio, con conseguente peggioramento della qualità del lavoro svolto dal collegio arbitrale.

Conclusioni ed osservazioni

Sulla reale efficacia e quindi sull'effettivo successo dell'istituzione del Fondo di Garanzia per i danni derivanti dalla responsabilità sanitaria non è francamente possibile oggi dare un giudizio definitivo dal momento che, come abbiamo visto, in realtà il quadro normativo deve essere ancora tutto definito dal Decreto del Ministero della Salute che dovrà essere emanato entro l'estate del 2017.

L'idea è sicuramente buona, avendo lo scopo di tutelare il paziente danneggiato che vedrebbe comunque risarciti i danni conseguenti ad un'ipotesi di responsabilità sanitaria, anche in ipotesi in cui viene a mancare l'ombrello della copertura assicurativa.

Tuttavia, come abbiamo visto, non mancano già ora parecchi dubbi e perplessità che si confida che il Decreto Ministeriale possa fugare.

Uno dei punti focali sarà quello di capire chi alimenterà davvero (e in che misura) il Fondo di Garanzia.

Si rileva che, contrariamente a quanto scrive il Legislatore, non esiste un “ramo” per la responsabilità civile per i danni causati da responsabilità sanitaria, ma il ben più ampio “ramo 13” (responsabilità civile generale), ai sensi dell'art. 2, comma 3, cod. ass.

Si intende forse che tutte le imprese esercenti nel ramo 13 saranno tenute a contribuire al Fondo di cui all'art. 14? O forse si vuol dire che contribuiranno esclusivamente le imprese che stipulano polizze a copertura del rischio garantito dal Fondo ex art. 10 della riforma ?

In questo secondo caso, se il contributo sarà troppo elevato, le imprese del settore ancora presenti usciranno necessariamente dal mercato e, per coloro che rimarranno, i premi di polizza sconteranno tale aggravio diventando sempre più elevati.

Si evidenzia inoltre, tra le problematiche poste dall'art. 14, che il Legislatore pare essersi scordato dell'esistenza del comma 2 dell'art. 3 della Legge Balduzzi che prevede l'istituzione di un apposito Fondo assicurativo al fine di garantire “idonea copertura assicurativa” agli esercenti la professione sanitaria che erano in difficoltà a trovare una impresa di assicurazione che li garantisse, da adottarsi con d.P.R., su proposta sempre del Ministero della Salute (la data prevista era "Giugno 2013").

Sarebbe forse opportuno, anche al fine di semplificare la materia, riunire i due fondi, fornendone un'unica regolamentazione. Così come sarebbe stato utile prevedere misure di tutela e garanzia in favore dei paziente danneggiati, nei casi evidenziati in precedenza in cui le strutture sanitarie (private o pubbliche), invece di dotarsi di adeguata copertura assicurativa, abbiano deciso di adottare le “analoghe misure”.

Si confida che i diversi decreti di attuazione della l. n. 24/2017 risolvano, se non tutte, almeno parte, delle problematiche qui evidenziate.

Il giudizio sull'art. 15 è complessivamente positivo, nonostante permanga qualche perplessità.

Molto importante è che sia stato ribadito e sancito come obbligatorio per l'Autorità Giudiziaria un principio di fondamentale importanza che, invero, prevedeva già l'art. 62 del Codice di Deontologia Medica, e cioè che «il medico-legale, nei casi di responsabilità medica, si avvale di un collega specialista di comprovata esperienza nella disciplina interessata; in analoghe circostanze, il medico clinico si avvale di un medico-legale».

Purtroppo, infatti, molti Magistrati (e professionisti della Medicina) si sono dimenticati della necessità della presenza di un collegio peritale in una materia così delicata come la responsabilità sanitaria.

Crediamo davvero che l'obbligatorietà del collegio peritale sancita dall'art. 15 consentirà di avere elaborati peritali più qualificati e meno criticabili dalle parti coinvolte nella vertenza: in altre parole, un miglioramento sia per il paziente che per le strutture sanitarie e gli esercenti la professione sanitaria.

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