Il danno morale tra micro e macrodanno

10 Aprile 2014

L'inizio del 2014 vede la pubblicazione di due importanti sentenze sui danni non patrimoniali ed in particolare sulla controversa materia del danno morale.Entrambe sono state ampiamente commentate ed in particolare quella della Suprema Corte nazionale ha sollevato l'entusiasmo delle fitte schiere degli esistenzialisti.Non saremo certo noi ad entrare nel merito degli aspetti giuridici delle due sentenze ma vogliamo cercare di focalizzare l'attenzione sul punto di partenza: ovvero il danno biologico patito dai ricorrenti come elemento di comprensione della legittimità della richiesta.
Il risarcimento del danno morale meno favorevole per lesioni micropermanenti derivanti da sinistro stradale

L'inizio del 2014 vede la pubblicazione di due importanti sentenze sui danni non patrimoniali ed in particolare sulla controversa materia del danno morale.

Entrambe sono state ampiamente commentate ed in particolare quella della Suprema Corte nazionale ha sollevato l'entusiasmo delle fitte schiere degli esistenzialisti.

Non saremo certo noi ad entrare nel merito degli aspetti giuridici delle due sentenze ma vogliamo cercare di focalizzare l'attenzione sul punto di partenza: ovvero il danno biologico patito dai ricorrenti come elemento di comprensione della legittimità della richiesta.

Il 23 gennaio 2014, su ordinanza del tribunale di Tivoli, la Corte Europea emette la propria sentenza su “Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli – Direttive 72/166/CEE, 84/5/CEE, 90/232/CEE e 2009/103/CEE

. Le conclusioni cui giunge la Corte sono nette e chiare:

· … ai sensi del diritto italiano la responsabilità civile dell'assicurato a titolo di danni morali subiti da persone a causa di un sinistro stradale non può eccedere gli importi coperti, in forza dell'articolo 139 del Codice delle assicurazioni private, dall'assicurazione obbligatoria….

· …. Ne consegue che si deve rispondere alla questione proposta dichiarando che gli articoli 3, paragrafo 1, della prima direttiva e 1, paragrafi 1 e 2, della seconda direttiva devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una legislazione nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale prevede un particolare sistema di risarcimento dei danni morali derivanti da lesioni corporali di lieve entità causate da sinistri stradali, che limita il risarcimento di tali danni rispetto a quanto ammesso in materia di risarcimento di danni identici risultanti da cause diverse da detti sinistri...

Per quale motivo la Corte Europea giunge ad un giudizio così netto e sfavorevole al ricorrente? Quali danni psico-fisici aveva subito il danneggiato?

Il 21 settembre 2007 il signor E.P., di anni 21 e di professione operaio, alla guida di un'autovettura viene tamponato. Il conducente indossa la cintura di sicurezza e l'incidente avviene tra autovetture di massa analoga.

L'infortunato viene accompagnato al pronto soccorso dove viene posta diagnosi di “contusione della regione cervico-dorso-lombare delle braccia, delle spalle, del torace e ginocchio dx”.

All'esame obiettivo si riscontrano gli esiti di contusioni multiple e le condizioni generali vengono definite buone, i riflessi conservati, il paziente vigile e cosciente. Dopo gli accertamenti radiologici sono prescritti riposo a casa, farmaci e collare con indicazione a sette giorni di prognosi.

Il danneggiato è curato da medici privati con certificazioni fino al 22 novembre 2007. Nel mese di dicembre esegue una risonanza magnetica del cranio e della colonna vertebrale. Dall'esame di quest'ultima a livello di L5-S1 viene segnalata un'ernia discale con iniziale malacia.

Nel periodo gennaio-aprile 2008 Il signor EP esegue cicli di fisiokinesiterapia con 19 sedute dilazionate in quel lasso di tempo.

Manca il certificato di guarigione clinica, per cui difficile stabilire quando l'infortunato sia tornato alle ordinarie occupazioni.

Nell'aprile 2008 il signor E.P. si sottopone a consulenza di parte in cui lo specialista medico legale sulla base della diagnosi di trauma distorsivo cervicale, trauma distrattivo del rachide lombare con lombosciatalgia dx conclude per 20 giorni di inabilità temporanea totale, 40 giorni al 50% e per la sussistenza di postumi permanenti dell'8%.

Nessun accenno è fatto, seppur il consulente sia specialista in medicina legale, al rapporto causale tra la documentata ernia discale ed il trauma patito.

Nel luglio 2008 il danneggiato è visitato dal medico fiduciario di compagnia che ritiene opportuno far rileggere la lastre della Risonanza Magnetica a specialista radiologo di fiducia. Questi conferma la diagnosi della presenza dell'ernia discale, ma sottolinea: Non si rilevano alterazioni dell'intensità di segnale a carico del metameri vertebrali esaminati riferibili ad edema post traumatico.

Di conseguenza il medico legale fiduciario ritenendo, correttamente, l'ernia discale preesistente conclude per 10 giorni di inabilità temporanea totale, 15 giorni di inabilità parziale e per postumi permanenti del 2%.

Sulla base delle relazioni di parte il signor E.P. chiede un risarcimento per € 14.155, mentre controparte assicurativa, riferendosi alla relazione del fiduciario ed in ossequio all'art. 139 offre la cifra di € 2.700.

Da qui il contenzioso giudiziario fino alla sentenza della Corte Europea.

Il caso del riconoscimento del diritto al risarcimento del danno alla vita

Il 23 gennaio 2014 viene depositata nella Cancelleria della Cassazione la sentenza N. 1361, estensore il consigliere Luigi Alessandro Scarano, che subito solleva un tripudio di consensi e guadagna definizioni del tipo storica, epocale.

In sintesi la sentenza riconosce il diritto al risarcimento del danno alla vita, ovvero, del danno da morte della vittima, cd. tanatologico, trasmissibile iure hereditatis.

La sentenza si occupa di un caso particolare e delicato: nell'aprile del 1988 a seguito d'incidente stradale decedeva la signora X.X. ed il marito YY riportava gravi lesioni; questi due anni dopo il sinistro, in conseguenza di una grave depressione insorta per la perdita della coniuge, si suicidava.

Come riporta il dr. Scarano riferito ai ricorrenti: …. lamentano non solo il danno morale ed esistenziale sofferto dal padre per la morte della di lui moglie e loro madre che deve essere ristorato e considerato loro trasmissibile iure hereditatis, ma anche il danno non patrimoniale da essi subito per la morte del padre, suicidatosi, essendosi visti privare del genitore, sia pure in seguito a suicidio, trattandosi di suicidio derivato dal sinistro, giacché, se una delle ragioni del suicidio è la morte della moglie cagionata dal sinistro, allora anche la morte di YY è una delle conseguenze ed è fonte di danno indennizzabile per gli eredi…

I due casi a confronto

In conclusione ci troviamo di fronte a due casi estremi.

Da una parte un danno caratterizzato da soggettività che nel rispetto degli attuali orientamenti valutativi, oltre che della legge n. 27/2012, non sarebbe stato nemmeno degno del riconoscimento di postumi permanenti, né d'inabilità temporanea totale, per non sottacere gli aspetti speculativi consistenti nel tentativo di far passare per traumatica un'ernia discale preesistente e risarcibili spese mediche per cure fisiatriche eseguite, non in fase sub acuta quando sono indicate, ma molti mesi dopo l‘evento, non dimenticando infine che non è certificata neppure la guarigione clinica.

Dall'altra la perdita di due genitori, una immediata ed una differita, nel breve tempo di due anni a causa di un incidente stradale.

Sulla sentenza Scarano non spetta a noi esprimere valutazioni giuridiche; è pendente l'Ordinanza n. 5056/2014 della Cassazione che ha rimesso alle Sezioni Unite il contrasto di giurisprudenza oggi esistente in materia e sapremo tra non molto (estensore sarà Giacomo Travaglino) se il diritto alla vita costituisce realtà ontologica ed imprescindibile eccezione al principio della risarcibilità dei soli danni conseguenza.

Per il danno morale nelle micro permanenti pesano come macigni sia le sentenze di S. Martino del 2008 che hanno escluso che il danno esistenziale sia una categoria autonoma di pregiudizio ma che va ricondotto nell'ambito delle lesioni all'integrità psicofisica e quindi del danno biologico, sia la più recente sentenza della Corte Europea che di fatto sancisce il diritto degli stati nazionali a stabilire dei limiti al risarcimento del danno alla persona.

Da medico legale non voglio sostenere astrattamente la tesi che il danno morale debba essere interdipendente dalla gravità della lesione biologica, ma è certo che questa rimane pur sempre un valido punto di riferimento e pur non volendo escludere a priori per le lesioni di lieve entità il danno morale deve però rimanere fermo il principio che per valutarlo e personalizzarlo si deve tener conto in concreto della lesione subita e che il danneggiato non può essere mai esonerato dall'onere della prova.

Nessun rimpianto se a coloro che hanno subito un trauma minore del collo alias il cosiddetto colpo di frusta non si risarcisce automaticamente il danno morale ma sarebbe ingiusto non farlo per il minore che presenta una cicatrice al volto o che ha subito l'amputazione di una falange di un dito per il solo motivo che rientrano nel range valutativo delle micropermanenti.

In conclusione le due storie definite casi estremi, pongono dei quesiti di fondo.

Non c'è bisogno di ricorrere al diritto comparativo per sapere che in paesi a noi vicini e con economie più forti si è più sobri in materia, per cui è legittimo porsi la domanda: può il sistema economico italiano sostenere i costi dei casi estremi? E' giusto che sia la magistratura nazionale o europea a surrogare l'assenza di norme chiare e trasparenti se non il vuoto normativo come nel caso delle macrolesioni?

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