Abbandona la figlia appena nata: condannato a risarcirla secondo le tabelle di Milano per “perdita del genitore”

Redazione Scientifica
10 Settembre 2014

La privazione della figura genitoriale paterna conseguente alla violazione dagli obblighi genitoriali nascenti dalla filiazione - quali il disinteresse nei confronti dei figli protrattosi per lunghi anni - integra un fatto generatore di responsabilità civile, con lesione di diritti costituzionalmente protetti e quindi con diritto della prole al ristoro anche non patrimoniale valutabile in via equitativa ex art. 1226 c.c. e nel caso concreto determinato secondo la voce ad hoc “perdita del genitore”, prevista dalle tabelle del tribunale di Milano.

La privazione della figura genitoriale paterna conseguente alla violazione dagli obblighi genitoriali nascenti dalla filiazione - quali il disinteresse nei confronti dei figli protrattosi per lunghi anni - integra un fatto generatore di responsabilità civile, con lesione di diritti costituzionalmente protetti e quindi con diritto della prole al ristoro anche non patrimoniale valutabile in via equitativa ex art. 1226 c.c. e nel caso concreto determinato secondo la voce ad hoc “perdita del genitore”, prevista dalle tabelle del Tribunale di Milano.

Trib. Milano, sez. IX, 23 luglio 2014

I fatti. T. dopo la nascita della figlia X. abbandona il nucleo familiare. Dall'abbandono del compagno nel giugno del 2000 D, madre di X., mantiene la figlia con il suo solo stipendio e il supporto della nonna materna, nonostante il compagno avesse risorse necessarie per il sostegno della figlia. Nel 2012 D. deposita l'atto di citazione per chiedere a T non solo il mantenimento della figlia, ma anche il risarcimento delle somme anticipate e il risarcimento del danno subito dalla figlia a causa del disinteresse manifestato dal padre. Il giudice del Tribunale di Milano accoglie le richieste della madre.

Obbligo del mantenimento. Il giudice riconosce a pieno titolo la sussistenza dell'obbligo di mantenimento a carico di T., valutando che il genitore è tenuto a versare al minore una somma adeguata e proporzionale in ragione della posizione lavorativa e della sua situazione reddituale. L'obbligo, dal punto di vista morale e materiale per il genitore sorge dal fatto stesso della nascita della prole, indipendentemente dall'eventuale supporto economico prestato da terzi. Dai documenti in atti, risulta che T., nel 2007, ha percepito circa euro 900,00 al mese e di recente T. risulta titolare di una impresa individuale relativa al trasporto taxi e noleggio auto. Sulla base delle prove raccolte al giudice pare congruo un mantenimento in euro 350,00 mensili e in questo assegno, devono essere incluse, in via forfetaria, le spese extra. Questa soluzione dell'assegno omicomprensivo è preferibile al fine di evitare (vista l'assenza e continua indifferenza del padre) di costringere la madre a recuperare le somme spettanti solo dopo la formazione di un titolo esecutivo. L'interesse primario della tutela del minore consente quindi di derogare, eccezionalmente, al principio per cui le spese straordinarie non possono essere quantificate ex ante, in via forfetaria.

Azione di regresso. Anche la domanda di regresso merita accoglimento in quanto dalle prove raccolte emerge che la madre D. ha provveduto a mantenere la figlia per ogni esigenza e “la madre si dichiara genitore adempiente ai doveri di mantenimento verso X., con rilievo favorevolmente apprezzato dal giudice tutelare che concede l'autorizzazione richiesta”. Il Tribunale per quantificare la somma a titolo di regresso ricorre al criterio equitativo, valido criterio di valutazione del pregiudizio “non solo in ipotesi di responsabilità extracontrattuale ma anche con riguardo ad indennizzi o indennità (Cass. Civ. n. 10861/1999; Cass. Civ. n. 11351/2004; e così anche la già citata Cass. Civ. n. 16657/2014)”, e tenendo conto degli sviluppi dell'attività lavorativa del padre, il calcolo totale del mantenimento omesso è pari ad euro 35.900,00.

Azione di risarcimento del danno. Il giudice ritiene fondata anche la domanda di risarcimento richiesto dalla figlia, nella persona della madre, per il danno derivante dall'assenza del padre. Il danno in questione si qualifica come “danno esistenziale” da privazione della figura genitoriale paterna. Tale voce risarcitoria può trovare tutela ex artt. 2043, 2059 c.c.; X. a causa della privazione dell'affettività paterna (che ha rivisto la figlia solo in occasione della cresima, senza adempiere a nessuno dei doveri genitoriali) è stata privata della “famiglia” e cioè dell'ambiente primario all'interno del quale le persone si costruiscono come adulti. Il giudice sottolinea l'importanza del dovere genitoriale anche alla luce della l. n. 219/2012 e del d.lgs. n. 154/2013 che hanno evidenziato come “i genitori non esercitano una potestà genitoriale ma sono titolari di una responsabilità genitoriale: concetto che già in sé richiama il dovere piuttosto che il diritto”. Il danno non patrimoniale per integrale perdita del rapporto parentale subito da X. non può essere determinato secondo precise quantificazioni in moneta, di conseguenza si ricorre al criterio equitativo ex art. 1226.c.c.

In merito alla quantificazione in concreto del danno endofamiliare da privazione del rapporto genitoriale il Tribunale, aderendo all'orientamento giurisprudenziale (Corte App. Brescia, 1 marzo 2012), applica la voce ad hoc prevista dalle tabelle del Tribunale di Milano, indirizzo di recente confermato anche dalla Suprema Corte di Cassazione (Cass. Civ., sez. I, 22 luglio 2014 n. 16657, cit.). Secondo tali criteri il giudice, rilevando che la voce della tabella riguarda la perdita definitiva del genitore in seguito a decesso e non, quindi, al più tenue abbandono morale, ha rimodulato l'importo risarcitorio base, determinandolo nella misura di ¼ dell'importo minimo tabellare, così condannando T al pagamento della somma di euro 40.997,50 oltre interessi al tasso legale dalla sentenza e sino al soddisfo.

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