L’assicurazione dei danni da catastrofe naturale

15 Novembre 2016

All'indomani di ogni calamità naturale che colpisca il nostro paese si torna a discutere sulla “assicurabilità” delle catastrofi e sulla loro sostenibilità economica per le già deboli finanze dello Stato, ovvero sulla possibilità che il Governo imponga ai cittadini di condividerne l'onere, acquistando coperture assicurative in grado di mitigare anche solo parzialmente gli effetti materiali di queste tragedie.
Un territorio fragile e soggetto a cataclismi

Secondo i più recenti studi condotti a livello internazionale, negli ultimi anni il numero dei disastri naturali che si sono abbattuti sul pianeta è notevolmente aumentato.

Stime preliminari indicano come le perdite economiche dovute a catastrofi naturali nella sola prima metà del 2016 abbiano già raggiunto i 71 miliardi di dollari. In questo contesto le alluvioni e gli uragani che hanno colpito Stati Uniti ed Europa sono risultati gli eventi più costosi, soprattutto in termini di vite umane, avendo causato la morte di circa 6.000 persone.

Indipendentemente dal fatto che l'aumento delle catastrofi sia dovuto al riscaldamento globale o alla diffusione di pratiche estrattive come il “fracking”, capaci di causare fenomeni tellurici di varia portata, o che si tratti semplicemente di eventi ciclici, come alcuni continuano a sostenere, è ormai chiaro che l'impatto economico di tali accadimenti è cresciuto, soprattutto a causa della loro maggiore intensità distruttiva.

Una ricerca dell'ANIA ha infatti rivelato come, dal 1980 ad oggi, il costo economico medio dei danni da calamità naturali sia passato da circa 50 a oltre 200 miliardi di dollari, mentre il valore dei danni assicurati è cresciuto in media da 10 a 60 miliardi di dollari.

In tutto questo l'Italia gioca sfortunatamente un ruolo niente affatto marginale, dal momento che il territorio del nostro paese è caratterizzato da un'alta esposizione ai disastri naturali di larga scala.

Circa il 45% della popolazione ed il 50% delle imprese, infatti, vive ed opera in zone ad elevato rischio di alluvione, mentre due terzi dei comuni si trova in zone a rischio sismico ed un'altissima percentuale di fabbricati è costruita con criteri inadeguati a contrastare tali eventi.

Fino ad ora è stato sostanzialmente il settore pubblico a coprire i danni da calamità naturali verificatisi nel nostro Paese, per un ammontare che si aggira sui 3 miliardi di euro all'anno. Tale situazione è determinata da uno sviluppo piuttosto contenuto del mercato assicurativo dei rischi catastrofali.

In particolare, mentre risultano abbastanza diffuse le coperture contro i grandi rischi industriali e per le aziende, è molto contenuta la diffusione delle coperture acquistate dai privati. Solo una minima parte dei fabbricati civili in Italia risulta, infatti, assicurato contro i rischi del terremoto e delle alluvioni.

Eppure, come si è detto, l'Italia è particolarmente esposta al rischio sismico, essendo situata proprio sul punto in cui grandi placche continentali premono l'una contro l'altra, e il 24 agosto scorso la terra è tornata a tremare nella sua parte centrale, quando un terremoto di magnitudo 6.2 ha colpito e devastato le piccole città di Amatrice, Accumoli e Pescara del Tronto, esigendo il terribile tributo di 293 vite.

Nemmeno il tempo di piangere le vittime ed ecco, a poche settimane di distanza, un nuovo attacco dalle profondità della terra, per l'apertura di una nuova faglia in una zona poco discosta, tra Marche ed Umbria. Ancora danni ingenti, ma per fortuna la vittima è solo una. Le scosse si susseguono, tuttavia, numerose e tutte di intensità elevata, lasciando la popolazione sconvolta ed atterrita.

Che cos'è un terremoto e come se ne misura l'intensità

Dal latino “terrae motus”, ovvero “movimento tellurico” o “sisma”, il terremoto è una vibrazione, ovvero un'oscillazione improvvisa della crosta terrestre, generata dalle forze di natura tettonica che agiscono al suo interno, provocando la liberazione di un'enorme energia in una zona specifica (definita ipocentro), localizzata sulle fratture che caratterizzano la crosta stessa, dette faglie.

Una serie di onde elastiche, le onde sismiche, si propaga allora in tutte le direzioni dall'ipocentro, dando vita al fenomeno sismico. Il punto della superficie terrestre posto sulla verticale dell'ipocentro si chiama epicentro.

Esistono vari metodi per misurare la potenza di un sisma. Le scale più note sono la “Mercalli-Cancani-Sieberg” (MCS), che definisce 12 gradi di intensità in base al modo in cui il fenomeno viene avvertito dagli abitanti (il che però implica un certo grado di soggettività), e la scala “Richter”, che misura su base logaritmica e strumentale (ovvero per mezzo di un sismografo) l'energia sprigionata dal fenomeno sismico.

Al giorno d'oggi, tuttavia, i sismologi utilizzano per lo più la scala di «magnitudo del momento sismico» (nota anche con l'acronimo inglese MMS, da moment magnitude scale), che misura la dimensione dei terremoti in base alla quantità di energia scatenata e fu sviluppata negli anni settanta come aggiornamento della scala Richter.

L'impatto di un terremoto, invece, si misura in funzione di un certo numero di fattori, tra i quali il livello di antropizzazione della zona colpita (densità di abitanti, esistenza di infrastrutture, organizzazione sociale, etc.) e le misure di protezione eventualmente presenti. È ovvio, infatti, che un terremoto di modesta entità che colpisca una zona altamente antropizzata, può avere conseguenze assai più distruttive di un evento di magnitudo molto superiore, che però colpisca una zona a bassa densità abitativa.

L'evento tellurico del 24 agosto, ad esempio, è stato assimilato a quello dell'Aquila del 2009, probabilmente per via dell'intensità, abbastanza simile, per la vicinanza geografica e per il fatto che entrambi si sono verificati di notte. Anche il numero delle vittime non è dissimile, ma a L'Aquila gli sfollati furono quasi 100.000, mentre nel Reatino e nell'Ascolano sono circa 4.000.

I Comuni colpiti in quest'ultimo caso, infatti, sono tre, mentre nel 2009 il sisma interessò un'area assai più densamente popolata, con un capoluogo di Regione e 14-15 Comuni circostanti.

Anche le misure di protezione ed i regolamenti edilizi giocano un ruolo importante. Ad esempio, terremoti che hanno prodotto da noi ingenti danni e soprattutto perdite di vite umane, non hanno causato conseguenze tanto nefaste in altri paesi, come il Cile o il Giappone.

In una regione altamente popolata di quest'ultimo paese si è verificato quest'anno un terremoto di magnitudo 7.3, eppure il numero di caduti è stato assai inferiore alle quasi 300 vittime della zona di Amatrice, colpita da un sisma di magnitudo 6.2.

Un terremoto relativamente più debole può dunque causare in Italia una maggiore perdita di vite umane, proprio a causa dell'elevato tasso di antropizzazione del nostro territorio e per il fatto che il nostro patrimonio edilizio risale in gran parte a molti secoli fa.

Nelle foto della devastazione prodotta ad Amatrice, ad esempio, si possono notare edifici in muratura di pietra con pavimenti in legno, che sono caratterizzati da una bassissima resistenza agli eventi sismici. Pertanto, nonostante tutta l'area fosse soggetta a regolamenti edilizi estremamente severi, è soprattutto a causa di questi vecchi edifici vulnerabili che tante abitazioni sono crollate, provocando così tanti morti.

Inevitabili le polemiche: l'Italia vanta una delle migliori ingegnerie antisismiche al mondo, ma si tratta di una disciplina ancora molto nuova, per la quale la vastità e complessità del nostro patrimonio edilizio costituiscono una terribile sfida.

Con tutto ciò, è assai doloroso che emergano, in occasioni che vedono la tragica fine di tante vite innocenti, episodi di frode, malversazione e truffe nella scelta dei materiali. Il numero di edifici di recente costruzione che si dimostrano inadeguati alla prova dei fatti rappresenta la misura di quanto alta debba restare la guardia da parte delle istituzioni e della magistratura, per garantire il rispetto dei regolamenti edilizi previsti in base al grado di sensibilità del territorio.

Assicurare il terremoto

Dal punto di vista assicurativo, la clausola di estensione che copre i danni alle cose assicurate, causati da terremoto, appartiene alle garanzie prestate nelle polizze del ramo Incendio (o Property) e viene concessa solo su richiesta dell'Assicurato.

Solitamente comprende anche i danni da incendio, esplosione e scoppio direttamente causati dal sisma, ma esclude quelli da eruzione vulcanica, maremoto, tzunami, anormale produzione o distribuzione di energia elettrica, termica o idraulica, nonché da rapina, saccheggio ed ammanchi in genere.

Tali rischi sono eventualmente assicurabili con diversa pattuizione e soggetti a sovrappremio e non sono affatto da sottovalutare: in occasione del sisma che colpì il Cile nel 2010 uccidendo 521 persone, le perdite più ingenti si registrarono proprio a causa di tali eventi, che seguirono la scossa principale di magnitudo 8.8 (la seconda più forte scossa mai registrata, dopo quella di potenza 9.5 che colpì nel 1960 la regione della Valdivia in questo stesso paese, provocando oltre tremila vittime).

Anche il terribile sisma che interessò Messina e Reggio Calabria nel 1908 fu seguito da uno tzunami le cui onde, alte fino a 12 metri, causarono gran parte delle 100.000 perdite umane registrate.

Così come accade per le alluvioni, i terremoti sono definiti eventi catastrofici proprio per l'impatto devastante che possono avere su persone e cose, difficilmente sostenibile anche per gli assicuratori finanziariamente più solidi. Per questa ragione, la copertura dei danni da terremoto prevede generalmente un limite di risarcimento pari ad una percentuale della somma assicurata ed una cospicua franchigia.

Un elemento interessante delle clausole per la copertura dei movimenti tellurici è certamente costituito dalla definizione di «evento assicurato» in base ad una delimitazione temporale dello stesso.

Nella maggior parte dei casi, la clausola recita più o meno così: «Agli effetti della presente estensione di garanzia si precisa che le scosse registrate nelle 72 ore successive ad ogni evento che ha dato luogo al sinistro indennizzabile sono attribuite ad un medesimo episodio tellurico ed i relativi danni sono considerati pertanto singolo sinistro».

Dal momento che i fenomeni sismici sono spesso caratterizzati dal verificarsi di una serie di avvenimenti successivi, a volte anche molto ravvicinati (come le scosse di assestamento), è necessario infatti delimitare con la maggior precisione possibile ciascun evento dannoso.

La questione non è di poco conto, poiché a ciascun singolo sinistro corrisponde l'applicazione di un limite di risarcimento e di una franchigia. Nel caso del sisma che ha colpito l'Emilia nel 2012, ad esempio, furono registrate numerose scosse con magnitudo variabile, ma sempre piuttosto elevata, le più forti delle quali il 20 maggio e poi ancora il 29 ed il 31 maggio.

Sul piano assicurativo, in base alla definizione temporale della garanzia, furono così individuati due distinti eventi dannosi che impegnarono per due volte il limite di risarcimento previsto dalla clausola e per i quali furono applicate due volte le franchigie stabilite. Per questo terremoto, dunque, gli eventi assicurati furono due e non uno solo.

Come ci si assicura contro i rischi catastrofali in Italia: un confronto con altri paesi a rischio

Dalla rilevazione effettuata dall'ANIA (l'Associazione Nazionale fra le Imprese di Assicurazione) sulle assicurazioni dei rischi terremoto e alluvioni per l'anno 2016, risulta che l'esposizione complessiva del mercato assicurativo italiano per quanto riguarda le imprese (industria, artigianato e commercio), si attesta intorno ai 470 miliardi, tenendo conto dei limiti contrattuali previsti nelle polizze.

Per le abitazioni private si stima invece un'esposizione di poco inferiore a 90 miliardi, con un contributo da parte delle regioni del centro Italia pari a circa il 25% del totale.

È ancora presto per poter valutare i danni economici causati dal terremoto del 24 agosto e men che meno siamo in possesso di stime circa i danni causati dalle ultime scosse che hanno investito Marche, Umbria e Lazio. Tuttavia, se consideriamo le perdite economiche causate dall'evento che colpì L'Aquila nel 2009, i conti sono presto fatti: contro un danno economico stimato nell'ordine di 4 miliardi di dollari, i costi assicurati ammontarono a 550 milioni.

Un simile divario non è sostenibile in un paese con un tasso di antropizzazione così elevato e tanto soggetto a calamità naturali, anche indipendentemente dalla capacità effettiva delle finanze statali.

Eppure, non è stato fino ad ora possibile sviluppare e proporre in Italia un sistema mutualistico in grado di assorbire in qualche modo l'impatto di queste catastrofi, per quanto se ne sia discusso a più riprese e siano numerosi gli studi effettuati a tale scopo da enti governativi specializzati, compagnie di assicurazione e riassicuratori.

Basterebbe semplicemente guardarsi intorno, invece, per trarre ispirazione dai sistemi adottati in altri paesi più o meno egualmente esposti a rischi catastrofali.

Uno studio recente dell'ANIA ha posto a confronto i sistemi di assicurazione da catastrofi naturali adottati nei paesi a rischio sismico particolarmente elevato, facendo emergere spunti interessanti.

Comparazione tra sistemi di assicurazione da catastrofi naturali

Nuova Zelanda

Colpita a più riprese da una serie di eventi sismici nel 2011, fino alle scosse di magnitudo 7.1 dell'1 e 2 settembre di quest'anno, l'assicurazione contro i terremoti è obbligatoria. La copertura viene offerta dalle compagnie private, che trasferiscono poi il rischio ad una commissione appositamente creata, la EQC, o EarthQuake Commission, una sorta di pool formato dalle società di assicurazione che operano nel paese. Lo Stato funge poi da riassicuratore di ultima istanza, per quei sinistri che dovessero eccedere la capacità del pool. La tariffa è unica per tutto il territorio e sono previste franchigie non elevate e limiti di indennizzo medio-alti.

Dal momento che la penetrazione della copertura assicurativa è praticamente totale, il premio è piuttosto economico: si parla infatti di 15 centesimi per ogni 100 dollari di copertura. L'EQC ha anche il ruolo di educare, informare e sensibilizzare i cittadini sul rischio sismico.

Giappone

È attivo dal 1964 un programma basato su polizze offerte dalle compagnie private, che si riassicurano presso un fondo denominato JER (Japan Earthquake Reinsurance). I rischi ceduti al JER sono ripartiti tra governo, fondo stesso e compagnie assicurative.

Lo stato si limita quindi a fornire solo una parte della capacità del fondo.

La percentuale di penetrazione della copertura facente capo allo JER è di circa il 25%, per il resto operano compagnie di assicurazione indipendenti, che fondano la propria capacità sul mercato riassicurativo privato. Complessivamente, si stima che il 40% del patrimonio residenziale giapponese sia assicurato contro il rischio del terremoto.

Turchia

Dopo il terremoto che devastò l'area di Izmit nel 1999, è stato attivato il Turkish Catastrophe Insurance Pool (TCIP), che prevede una polizza obbligatoria con premio calcolato in base alla posizione geografica ed alla tipologia della costruzione assicurata.

Le polizze sono vendute dalle compagnie, che trasferiscono premi e sinistri al TCIP. Quest'ultimo, a sua volta, si riassicura sul mercato internazionale.

Per quanto si tratti di una copertura obbligatoria, la percentuale dei fabbricati assicurati è pari a poco più del 26%, principalmente per l'assenza di sanzioni nei confronti dei trasgressori e per gli alti costi che le popolazioni più povere sono chiamate a sostenere nelle zone più a rischio.

Belgio

Opera il National Calamities Fund, un fondo finanziato con denaro pubblico che interviene per le perdite eccedenti i limiti di indennizzo previsti dalle compagnie di assicurazione. L'intervento del National Calamities Fund prevede un tetto massimo di 280 milioni di euro, elevato a 700 milioni di euro per il terremoto.

Il Fondo viene attivato esclusivamente in caso di evento catastrofale, definibile solo qualora i danni diretti alle proprietà private ammontino ad almeno 1,2 milioni di euro, con un danno medio per proprietà superiore ai 5 mila euro.

Francia

Il principio di uguaglianza e mutualità di tutti i cittadini di fronte alle catastrofi naturali è stato sancito dalla costituzione nel 1982.

Il sistema si basa su tre principi:

  • una copertura assicurativa offerta dalle compagnie che operano nel mercato;
  • un sistema riassicurativo fornito a queste ultime dallo Stato per il tramite di una società di riassicurazione di natura pubblica, denominata CCR (Caisse Centrale de Reassurance);
  • un'attenta e generale politica di prevenzione contro i disastri naturali.

La copertura, che è obbligatoria, opera nel caso in cui venga sancito per decreto, da una commissione interministeriale, la stato di calamità naturale. I fondi necessari a finanziare il sistema sono in buona parte versati dagli assicurati, che contribuiscono versando un'aliquota variabile a seconda del ramo su ogni premio di assicurazione pagato.

Spagna

La garanzia è prestata da un ente statale con proprio stato giuridico, il Consorcio de Compensacion de Seguros, che opera come una compagnia di assicurazione privata (deve cioè mantenere adeguate riserve tecniche, oltre che un adeguato margine di solvibilità) e viene finanziato da un sovrappremio versato a questo scopo da tutti coloro che acquistano una copertura assicurativa su certi rami. Qualora i mezzi finanziari del consorzio dovessero risultare insufficienti, lo Stato interverrebbe quale riassicuratore di ultima istanza, sebbene una simile eventualità non si sia ancora mai presentata.

Conclusioni

L'Italia è un paese fortemente esposto alle catastrofi naturali. Il nostro territorio è soggetto a frequenti alluvioni e persino ad eruzioni vulcaniche, ma i cataclismi più temuti per la loro violenza distruttiva sono i terremoti. Eventi sismici di varia portata si sono abbattuti a più riprese in diverse aree della penisola, lasciando una tremenda scia di vittime umane e danni incalcolabili al patrimonio artistico e culturale.

All'indomani di ognuno di questi tragici eventi ci si interroga sulla necessità di sviluppare un sistema mutualistico in grado almeno di limitare le ingenti perdite materiali da essi causate, fino ad ora in gran parte sostenute dallo Stato ed in misura minore dalle assicurazioni private.

Sebbene da molte parti si caldeggino soluzioni diverse, ad oggi non è stato possibile addivenire ad alcun accomodamento, ma la recrudescenza di questi fenomeni ed il susseguirsi di scosse che hanno devastato l'Italia centrale nelle ultime settimane impongono a tutte la parti in gioco di compiere uno sforzo per lo sviluppo di una soluzione.

Altri paesi ugualmente soggetti ad eventi catastrofici hanno adottato sistemi diversi, per il tramite di “pool” di riassicurazione sostenuti a vario titolo dallo Stato e l'industria assicurativa si dice pronta a giocare un ruolo determinante nella gestione di qualsiasi veicolo si voglia adottare per mitigare le perdite economiche provocate da queste calamità.

Solo un intervento del legislatore, magari ispirato alle soluzioni impiegate oltralpe, potrà a questo punto condurre tutti i soggetti coinvolti sulla strada del buonsenso.

Guida all'approfondimento

ANIA, Guy Carpenter, CONSAP: Danni da eventi sismici e alluvionali al patrimonio abitativo italiano: studio quantitativo e possibili schemi assicurativi – 21/6/2011;

ANIA: Terremoto: come si assicurano i paesi più a rischio – 27/8/2016;

ANIA: L'Assicurazione Italiana 20152016;

ANIA: Le alluvioni e la protezione delle abitazioni” – Marzo 2015;

CONSORCIO DE COMPENSACION DE SEGUROS: Natural Catastrophes Insurance Cover: a diversity of systems – 2008;

SWISS RE: Preliminary Sigma estimates for first-half 2016: natural catastrophes drive global insured losses to USD 31 billion – 12/8/2016;

SWISS RE: Earthquake Italy, August 2016: First facts for you at a glance – 1/9/2016.

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