L’ente danneggiato in concordato preventivo può costituirsi parte civile contro l’ex manager

Redazione Scientifica
16 Febbraio 2016

Il dissesto della Fondazione San Raffaele torna sotto le luci della cronaca giudiziaria con il deposito della sentenza n. 5010/16, con la quale la V Sezione Penale della Suprema Corte conferma la condanna per i reati di bancarotta fraudolenta, frode fiscale, appropriazione indebita e riciclaggio a carico dell'amministratore di una delle società coinvolte nella vicenda.

Per la cassazione della pronuncia di condanna l'imputato aveva presentato un articolato ricorso con il quale, da un lato, proponeva plurime doglianze di natura processuale giudicate infondate, mentre dall'altro proponeva censure dichiarate inammissibili poiché formulate in termini fattuali.

La sussistenza della bancarotta. In relazione ai vizi motivazionali della sentenza e alla lamentata violazione di norme sostanziali, la Corte ritiene di dover in primo luogo ribadire come la giurisprudenza sia ferma nel configurare il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione come reato di pericolo a dolo generico, il cui elemento soggettivo non richiede la consapevolezza dello stato d'insolvenza dell'impresa né la finalità di agire allo scopo di pregiudicare le ragioni dei creditori, così come non è necessario un nesso causale tra la condotta distrattiva e il successivo fallimento. Da tale considerazione discende l'infondatezza delle censure relative alla motivazione sulla sussistenza del delitto summenzionato.

Bancarotta e concordato preventivo. Sull'applicabilità della bancarotta fraudolenta impropria all'ipotesi di ammissione al concordato preventivo in assenza di una dichiarazione di insolvenza, la Corte rileva come non sia censurabile la scelta del legislatore di estendere alla procedura concordataria le disposizioni di cui agli artt. 223 e 224 l. fall. con la volontà di punire autonomamente le condotte di bancarotta nelle diverse procedure concorsuali, evitando che i comportamenti verificatisi prima ed in assenza della dichiarazione di fallimento restino impuniti.

Il risarcimento chiesto dalla Fondazione . Con riferimento alla costituzione di parte civile, il ricorrente contesta la partecipazione in tal senso dei Commissari Giudiziali e della Fondazione San Raffaele sottolineando come l'art. 240 l. fall. riconosca tale legittimazione solo al commissario giudiziale e limitatamente ai reati fallimentari. La norma invocata preclude la costituzione di parte civile ai singoli creditori in relazione all'imputazione di bancarotta fraudolenta quando il curatore si sia già costituito, mentre resta salva la facoltà del singolo creditore di agire per un risarcimento a titolo personale. La Cassazione aggiunge poi che, con riferimento al concordato preventivo, l'art. 167 l. fall. dispone che il debitore – e dunque nel caso di specie, la Fondazione – durante la procedura mantiene l'amministrazione dei suoi beni, i propri organi rappresentativi ed il conseguente potere di chiedere il risarcimento dei danni subiti dall'ente stesso, escludendo un'ipotetica duplicazione del medesimo danno.

In conclusione, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

(tratto da: www.ilfallimentarista.it)

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