La negoziazione assistita in materia di danni da circolazione stradale ed i rapporti tra termini di proponibilità e di procedibilità

Giuseppe Sileci
17 Settembre 2015

La procedura di negoziazione assistita, prevista quale condizione di procedibilità per le controversie in materia di risarcimento del danno derivante dalla circolazione stradale, non può essere attivata se non dopo che siano decorsi i termini stabiliti dall'art. 145 Cod. Ass..
Inquadramento

Il D.l., 12 settembre 2014, n. 132 convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, ha introdotto nel nostro ordinamento l'istituto della negoziazione assistita, stabilendo - tra l'altro - che «chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti deve, tramite il suo avvocato, invitare l'altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita». La legge prosegue prevedendo che «l'esperimento del procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda giudiziale».

Ciò significa che – se rilevato, dal giudice o dalla parte convenuta, la mancata attivazione della negoziazione assistita – la domanda giudiziale, astrattamente proponibile, non può proseguire se le parti non provvedono ad esperire la negoziazione assistita nel termine assegnato dal giudice.

La tecnica normativa, come di consueto approssimativa, sta già facendo affiorare una serie di problemi interpretativi ai quali gli operatori dovranno dare delle risposte.

Il rapporto con l'art. 145 Cod. Ass.

Uno dei problemi interpretativi è costituito dal coordinamento della norma in materia di improcedibilità della domanda giudiziale, se non preceduta (o integrata) dal tentativo di negoziazione assistita, con l'art. 145 Cod. Ass..

A mente dell'art. 145 Cod. Ass., «nel caso si applichi la procedura di cui all'art. 148 Cod. Ass. , l'azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all'impresa di assicurazioni il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche se inviata per conoscenza, avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti dall'art. 148 Cod.Ass.».

Il secondo comma estende la condizione di proponibilità della azione giudiziaria anche alla procedura di indennizzo diretto, disciplinata dall'art. 149 Cod. Ass., subordinando l'ammissibilità della domanda giudiziale all'inutile decorso dello spatium deliberandi.

La norma, che sostanzialmente riproduce la disciplina previgente, la quale inibiva l'azione giudiziaria sino allo spirare dello spatium deliberandi assegnato all'assicuratore al fine di istruire il sinistro e formulare una offerta risarcitoria, è stata sistematicamente interpretata nel senso che il giudice non può delibare la domanda nel merito, dovendo limitarsi ad una pronuncia processuale di inammissibilità della stessa (v. Cass. civ., sez. III, sent. 26 aprile 2000, n. 5344; Cass. civ., sez. III, sent. 2 luglio 2000, n. 15733).

Il legislatore, introducendo l'istituto della negoziazione assistita e nell'ottica – verosimilmente – di prevenire le obiezioni di quanti avrebbero lamentato che, in questo modo, in materia di danni derivanti dalla circolazione stradale, i termini per promuovere la azione giudiziaria si sarebbero irragionevolmente dilatati, ha previsto, in sede di conversione del decreto legge, che il termine per esperire la negoziazione assistita nelle materie soggette ad altri termini di procedibilità, «decorre unitamente ai medesimi».

Senonchè, i termini di cui all'art. 145 Cod. Ass. non sono di procedibilità, bensì di proponibilità, nel senso che la domanda giudiziale, che non sia stata preceduta dalla lettera raccomandata all'impresa di assicurazione del responsabile civile o che sia stata proposta senza rispettare lo spatium deliberandi, non potrà pervenire ad una decisione nel merito: conseguenze che, invece, possono essere evitate quando il termine, come per il caso della negoziazione assistita, è previsto quale condizione di procedibilità, ben potendo il giudizio proseguire se la detta condizione si avvera nel corso del processo e per iniziativa della parte che vi ha interesse.

Se questa premessa è corretta, non è condivisibile la tesi di quanti abbiano sostenuto che i due diversi termini, quello previsto per il tentativo di negoziazione assistita e quello di cui all'art. 145 Cod. Ass. possano decorrere assieme purché il danneggiato, nel denunciare il sinistro all'assicuratore, attivi contestualmente la procedura conciliativa con altra raccomandata (M. Ruvolo, L'applicazione della negoziazione assistita alle controversie in materia di responsabilità da circolazione di veicoli e natanti, in Ridare).

Viceversa, i due termini debbono necessariamente essere consequenziali, nel senso che il danneggiato avrà l'onere di promuovere la negoziazione assistita solo dopo che sia inutilmente spirato il termine di cui all'art. 145 Cod. Ass..

Molteplici sono le ragioni che depongono a favore di questa interpretazione.

Innanzitutto il dato letterale: la norma in materia di negoziazione assistita, infatti, facendo riferimento a tutte quelle ipotesi in cui siano previsti altri termini di procedibilità e stabilendo che in questi casi il termine entro il quale esperire la procedura di negoziazione decorre unitamente all'eventuale altro termine, non consente di estendere questi effetti ai termini stabiliti per la “proponibilità” dell'azione giudiziaria, quale è quello previsto dall'art. 145 Cod. Ass..

Ed a ben vedere, probabilmente non si è trattata di una mera svista del legislatore o di una scelta inconsapevole perché, osservando le finalità che sottendono la procedura di liquidazione del danno derivante dalla circolazione dei veicoli, si colgono numerosi elementi che militano a favore della tesi che esclude la possibilità di coesistenza dei due termini.

Il procedimento disciplinato dall'art. 148 Cod. Ass. (e sostanzialmente anche quello regolato dal successivo art. 149 Cod. Ass.), se ha lo scopo di evitare che una buona parte del contenzioso in materia di risarcimento dei danni da circolazione stradale trovi la sua soluzione fuori dalle aule giudiziarie, non ha le caratteristiche tipiche di una “mediazione” e/o “conciliazione”.

Sebbene nella prassi sia abbastanza frequente che le parti danneggiate, nel termine assegnato dalla legge per istruire il sinistro e formulare una offerta, intavolino delle trattative con le imprese di assicurazioni e che queste trattative, molto spesso, si definiscano con una transazione (ossia con il pagamento di una somma che sia stata accettata dalla controparte), non a questo precipuo fine sembra essere stata pensata dal legislatore la norma in questione.

Ricevuta la richiesta di risarcimento con soli danni a cose, infatti, l'impresa di assicurazione deve attivarsi sollecitamente innanzitutto per accertare la entità dei danni.

Quindi, entro 60 giorni l'impresa deve formulare una congrua e motivata offerta oppure deve comunicare specificamente i motivi ostativi alla formulazione dell'offerta.

Analogamente procede l'assicuratore per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o il decesso, anche se il termine per l'offerta è di 90 giorni.

Se il danneggiato accetta l'offerta, la compagnia di assicurazione entro i 15 giorni successivi provvede al pagamento; e nel medesimo termine l'impresa effettua il pagamento anche della somma offerta e che il danneggiato abbia dichiarato di non accettare.

Decorsi 30 giorni senza che il danneggiato abbia comunicato la intenzione di accettarla o di rifiutarla, nei 15 giorni successivi l'impresa corrisponde la somma offerta.

Ebbene, è evidente che il legislatore – sostanzialmente ricalcando la procedura prevista dalla legge sull'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli – ha previsto uno spazio di tempo minimo per consentire all'assicuratore della responsabilità civile:

  • di acquisire ogni notizia ed informazione utile alla valutazione delle colpe ed alla stima del danno;
  • di decidere se liquidare il danno ed in che misura oppure se respingere la richiesta di risarcimento.

Che non si possa parlare di autentica procedura conciliativa si desume, a mio avviso, proprio dall'obbligo a carico dell'impresa di offrire (e conseguentemente pagare) una somma a titolo di risarcimento ovvero di respingere la richiesta del danneggiato.

In altri termini, sebbene nella prassi accada che quella offerta possa essere preceduta da una trattativa e sebbene la giurisprudenza abbia sottolineato in più occasioni che lo spatium deliberandi assegnato all'assicuratore abbia lo scopo di favorire la composizione bonaria della lite (Cass. civ., sez. III, sent. 2 aprile 1980, n. 2133; Cass. civ., sez. III, sent. 20 gennaio 1987, n. 809; Cass. civ., sez. III, sent. 24 febbraio 1987, n. 1930; Cass. civ., S.U., sent. 30 ottobre 1992, n. 11847; Giud. pace Bari, sent. 24 marzo 2011 n. 1965 in Giurisprudenzabarese.it, 2011), la procedura è strutturata in modo tale che entro lo spatium deliberandi la compagnia di assicurazioni deve formulare una offerta che può ben determinare unilateralmente (si pensi a tutte le volte in cui il danneggiato si limiti ad inviare la richiesta di risarcimento ed a non cercare un bonario componimento mediante ulteriori iniziative in questo senso), non essendo previsto dalla legge un coinvolgimento della medesima parte danneggiata, se non nei limiti in cui è richiesta a questa di cooperare con l'assicuratore mettendo a disposizione tutti gli elementi utili alla valutazione del danno.

D'altronde, vi è anche un'altra ragione di ordine sistematico che dovrebbe rafforzare la tesi che esclude la sovrapponibilità dei termini (di proponibilità) previsti dal Codice delle Assicurazioni ai termini (di procedibilità) introdotti dalla disciplina sulla negoziazione assistita.

Se i primi servono per consentire all'impresa di assicurazione di acquisire ogni utile elemento per valutare il danno ed il diritto al risarcimento, sarebbe un controsenso ritenere che nel medesimo termine di 60 o 90 giorni possa decorrere il termine (da uno a tre mesi, rimesso all'accordo delle parti) per l'utile esperimento della negoziazione assistita.

Più esattamente, l'impresa potrà consapevolmente aderire alla stipula di un accordo di negoziazione assistita e potrà ancora più consapevolmente parteciparvi solo dopo che avrà acquisito tutti gli elementi indispensabili per valutare le colpe e la entità dei danni.

Se i due termini potessero coesistere, gli esiti della negoziazione assistita sarebbero seriamente compromessi perché sarebbe molto probabile che spiri il termine, concordato dalle parti al fine di raggiungere un accordo, senza che ancora l'assicuratore della responsabilità civile abbia acquisito un quadro completo delle informazioni indispensabili per la valutazione del sinistro.

Ben diverso sarebbe, invece, se la convenzione di negoziazione assistita seguisse lo “spatium deliberandi” concesso dal legislatore all'assicuratore; in tal caso delle due l'una: o l'impresa – diligentemente ed anche grazie all'onere di cooperazione dello stesso danneggiato – ha compiuto tutti i necessari accertamenti ed è nelle condizioni di confrontarsi con la controparte in un'ottica conciliativa (si pensi al caso, non così isolato, in cui sia stata formulata una offerta trattenuta in acconto ed alla possibilità che la negoziazione assistita favorisca il raggiungimento di quell'intesa sull'ammontare del risarcimento che in un primo momento non era stata possibile) ovvero l'impresa questi elementi non gli ha acquisiti e dunque non sarà nelle condizioni di “cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l'assistenza di avvocati iscritti all'albo”.

E questa seconda opzione offre un ulteriore argomento a sostegno della tesi della “successione” dei termini di proponibilità (ex art. 145 Cod. Ass.) e di procedibilità (ex art. 3, D.l. n. 132/2014).

Invero, se il difetto di notizie sarà dipeso dall'inerzia della medesima impresa, nulla quaestio: questa potrà aderire ugualmente alla negoziazione assistita ovvero potrà declinare l'invito esponendosi alle conseguenze previste dall'art. 4, D.l. n. 132/2014, e cioè che questo suo contegno possa essere “valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli artt. 96 e 642, comma 1, c.p.c.”.

Potrebbe darsi il caso, però, che il danneggiato ometta di fornire alcune notizie rilevanti ai sensi dell'art. 148 Cod. Ass. ovvero che non si sottoponga agli indispensabili accertamenti necessari alla valutazione del danno e che ciò determini l'attivazione della richiesta di integrazione e comunque la sospensione dei termini entro i quali l'impresa deve formulare una offerta risarcitoria o comunicare i motivi ostativi alla liquidazione del danno (commi 3 e 5 dell'art. 148 Cod. Ass.): se si accedesse alla tesi secondo la quale il danneggiato può richiedere all'impresa di assicurazione il risarcimento del danno e contestualmente invitarla a sottoscrivere una convenzione di negoziazione assistita, si avrebbe che il termine di proponibilità dell'azione giudiziaria rimarrebbe sospeso ma non anche quello entro il quale la compagnia di assicurazione deve dichiarare se intende sottoscrivere la convenzione di negoziazione assistita e quello (da uno a tre mesi) entro il quale le parti, che la convenzione hanno sottoscritto, debbono cercare di raggiungere una bonaria sistemazione della controversia.

Questa conseguenza sarebbe inevitabile, dal momento che la legge sulla negoziazione assistita non prevede questa ipotesi, ed avrebbe risvolti paradossali perché dovrebbe ritenersi avverata la condizione di procedibilità prima della condizione di proponibilità.

Si pensi al caso in cui il danneggiato trasmetta la documentazione richiesta dall'impresa ovvero si sottoponga agli accertamenti necessari alla determinazione del danno dopo che è spirato il termine per aderire alla convenzione di negoziazione assistita ovvero dopo che è decorso quello – se la adesione vi è stata - entro il quale si sarebbe dovuto concludere il tentativo di negoziazione.

Avremmo che il tentativo di conciliazione non ha potuto espletarsi correttamente (come farebbe una impresa di assicurazione a prendervi parte se non è in possesso di tutti gli elementi necessari?) per fatto sostanzialmente imputabile al danneggiato, che non ha tempestivamente assolto l'onere di collaborazione a lui imposto dall'art. 148 Cod. Ass., senza che l'assicuratore abbia alcun rimedio: integrata la documentazione a cura del danneggiato, il termine ex art. 145 Cod. Ass. riprenderebbe a decorrere e, spirato inutilmente, il danneggiato potrebbe tranquillamente adire la autorità giudiziaria essendo la domanda anche procedibile .

E se è vero che il legislatore ha introdotto l'istituto pensando molto probabilmente più al danneggiato che all'impresa di assicurazione, non mi pare si possa escludere a priori un interesse anche dell'assicuratore al corretto svolgimento della negoziazione assistita.

Interesse che – se si accogliesse la tesi della contestualità dei termini di proponibilità e procedibilità – potrebbe essere platealmente frustrato.

Gli eventuali dubbi – non condivisibili – di illegittimità costituzionale

Questa lettura dell'art. 3, D.l. n. 132/2014, da preferire perché più aderente al dato letterale e più coerente con il fine perseguito dal legislatore, e cioè evitare che un numero sempre maggiore di controversie di infortunistica stradale debba essere definito con sentenza, ripropone però l'antico dilemma, e cioè se la previsione di un termine (di procedibilità), che si aggiunga a quello di proponibilità, renda più difficoltoso l'accesso alla giurisdizione e se questo ulteriore filtro sia costituzionalmente illegittimo.

Il Giudice delle leggi ha sempre escluso, sin dalla sentenza Corte cost., 14 febbraio 1973, n. 24, che si pongano in contrasto con i precetti costituzionali quelle disposizioni che, per evidenti ragioni di interesse generale (quale è in definitiva la disciplina di tutta la materia dei danni derivanti dalla circolazione stradale per gli interessi che questa attività umana coinvolge), stabiliscano condizioni di procedibilità, al riguardo dovendo considerarsi che la tutela giurisdizionale «è garantita sempre dalla Costituzione, ma non nel senso che si imponga una sua relazione di immediatezza con il sorgere del diritto» e che sono costituzionalmente legittime le disposizioni di legge che impongono oneri diretti ad evitare l'abuso o l'eccesso nell'esercizio del diritto «o a salvaguardare interessi generali che con tale diritto sostanziale non contrastano».

Ed ancora più recentemente la Corte Costituzionale ha dichiarata «non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 145, comma 1, D.lgs.,7 settembre 2005, n. 209» nella parte in cui, subordinando l'avvio dell'azione giudiziaria all'inutile decorso del termine di giorni 90 dall'invio all'assicuratore di una richiesta di risarcimento che soddisfi i requisiti formali prescritti dall'art. 148 comma 2 Cod. Ass., renderebbe più difficoltoso l'accesso alla giurisdizione (Corte cost., sent., 18 aprile 2012, n. 111).

E ciò perché «non venendo in discussione il condizionamento ex se dell'accesso alla giurisdizione, la cui compatibilità con il precetto dell'art. 24 Cost., ove giustificato da esigenze di ordine generale, è stata, reiteratamente, riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte, anche con specifico riferimento al testo della disposizione, oggetto di riassetto, di cui al previgente art. 22 L. n. 990/1969, quel che il rimettente denuncia come irragionevole, ed eccessivamente oneroso per l'interessato, e cioè l'irrigidimento del filtro all'accesso alla giurisdizione, si rivela come un meccanismo la cui ratio è, in realtà, quella di rafforzare, e non già quella di indebolire, le possibilità di difesa offerte al danneggiato, attraverso il raccordo, come detto, dell'onere di diligenza, a suo carico, con l'obbligo di cooperazione imposto all'assicuratore. Il quale, proprio in ragione della prescritta specificità di contenuto della istanza risarcitoria, non potrà agevolmente o pretestuosamente disattenderla, essendo tenuto alla formulazione di una proposta adeguata nel quantum».

Ad alcuni quest'ultima decisione non è parsa particolarmente attenta alle ragioni della parte debole del rapporto, ossia il danneggiato, laddove non avrebbe considerato che «una tale impostazione finisca, paradossalmente, per diminuire il livello di tutela del danneggiato, ritenendo (implicitamente ma inequivocabilmente) legittima la sanzione della improponibilità della domanda anche in ipotesi di omissione, nella richiesta, di dati non necessari, nella fattispecie concreta, ad assicurare quella «funzionalizzazione» di cui parla la Corte» (L. Bugiolacchi, Art. 148 Cod. Ass. e conseguenze sulla proponibilità della domanda dopo la Consulta: forma e sostanza nella tutela del danneggiato, in Resp. Civ. e Prev., 2013, pag. 83).

Ma la pronuncia della Corte Costituzionale, nonostante le critiche, si colloca all'interno di un consolidatissimo orientamento giurisprudenziale, alla luce del quale dovrebbe resistere anche l'art. 3, D.l. n. 132/2014 interpretato nel senso che il termine di procedibilità, dalla detta norma stabilito quando si voglia promuovere un'azione giudiziale relativa a una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, debba decorrere dal momento in cui è spirato il termine di proponibilità previsto per le medesime controversie dall'art. 145 Cod. Ass..

Se è sempre attuale l'interesse generale, in nome del quale si sono salvate da una declaratoria di incostituzionalità le norme che hanno condizionato l'azione giudiziaria, avente ad oggetto il risarcimento del danno derivante dalla circolazione stradale, all'inutile decorso dello spatium deliberandi assegnato dalla legge all'assicuratore; e se la finalità della norma va ricercata nell'esigenza di mettere le imprese di assicurazione «in grado di istruire la pratica e raccogliere tutti gli elementi di valutazione e favorire la possibilità di liquidazione dell'indennizzo in via di composizione stragiudiziale, evitando una troppo sollecita proposizione di giudizi, le cui spese, quando non finissero col gravare, almeno in parte, sullo stesso danneggiato, nel caso di eccessività delle sue pretese risarcitorie, si risolverebbero comunque in un aggravio del costo di gestione delle imprese, con riflessi pregiudizievoli per l'intero settore del servizio assicurativo» (Corte Cost., sent. 14 febbraio 1973, n. 24); se queste premesse fossero ancora valide, allora dovrebbe guardarsi con favore la auspicata finalità deflattiva della negoziazione assistita e dovrebbe essere preferibile quella interpretazione che valorizzi l'istituto (consentendo effettivamente di saggiarne le potenzialità) e non quell'altra opzione ermeneutica che, ammettendo la possibilità che il danneggiato inviti la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita già con la denuncia di sinistro e comunque pendente il termine di proponibilità ex art. 145 Cod. Ass., rischia di mortificarne irrimediabilmente gli scopi.

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