Il terzo trasportato non può citare nello stesso giudizio l’assicuratore del vettore e del danneggiante

Giuseppe Sileci
22 Settembre 2014

Il trasportato, che intenda agire nei confronti dell'assicuratore del proprio vettore per conseguire il risarcimento dei danni subiti in seguito ad incidente stradale, non può evocare nel medesimo giudizio anche l'assicuratore del responsabile civile perché la azione disciplinata dall'art. 141 e quella prevista dall'art. 144 del Codice del Codice delle Assicurazioni non sono cumulabili. Infatti, se l'intervento in causa dell'assicuratore del responsabile civile determina la estromissione dell'assicuratore del vettore, ossia il soggetto nei cui confronti aveva inizialmente rivolto la domanda il danneggiato, la eventuale iniziativa di quest'ultimo di evocare in giudizio ab initio entrambi gli assicuratori è processualmente inammissibile perché non si possono giustificare conseguenze processuali differenti a seconda che il litisconsorzio sia originario o successivo.
L'azione del terzo trasportato

Il trasportato, che intenda agire nei confronti dell'assicuratore del proprio vettore per conseguire il risarcimento dei danni subiti in seguito ad incidente stradale, non può evocare nel medesimo giudizio anche l'assicuratore del responsabile civile perché la azione disciplinata dall'art. 141 e quella prevista dall'art. 144 del Codice del Codice delle Assicurazioni non sono cumulabili. Infatti, se l'intervento in causa dell'assicuratore del responsabile civile determina la estromissione dell'assicuratore del vettore, ossia il soggetto nei cui confronti aveva inizialmente rivolto la domanda il danneggiato, la eventuale iniziativa di quest'ultimo di evocare in giudizio ab initio entrambi gli assicuratori è processualmente inammissibile perché non si possono giustificare conseguenze processuali differenti a seconda che il litisconsorzio sia originario o successivo.

A mente dell'art. 141 del Codice delle Assicurazioni (d'ora in avanti Cod. Ass. ) il terzo trasportato ha diritto di chiedere alla impresa, che assicurava il veicolo a bordo del quale si trovava, il risarcimento dei danni che egli abbia patito durante il trasporto.

La norma esclude la azione "diretta" nei confronti della suddetta impresa nel solo caso in cui il sinistro sia stato cagionato da caso fortuito e mantiene l'obbligo risarcitorio dell'assicuratore entro il massimale minimo di legge, ammettendo però il diritto del danneggiato di conseguire il risarcimento dell'eventuale maggior danno dalla impresa di assicurazione del responsabile civile se il veicolo di quest'ultimo è coperto per un massimale superiore a quello minimo.

Sin dal primo momento, la norma creò dubbi interpretativi.

In particolare, molti si chiesero se la azione delineata dall'art. 141 del Cod. Ass. fosse esclusiva o se il trasportato potesse pur sempre agire nei confronti dell'assicuratore del responsabile civile ai sensi dell'art. 144 del Cod. Ass.

Le incertezze furono fugate - almeno in parte - dalla Corte Costituzionale, la quale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell'art. 141 del Cod. Ass. nella parte in cui prevede che il trasportato deve agire unicamente nei confronti della impresa che assicurava il veicolo sul quale viaggiava, dichiarò la manifesta inammissibilità della questione perché il giudice rimettente non aveva ricercato un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma (C. Cost., sent., 13 giugno 2008 n. 205 in Giust. civ. 2008, 10, I, 2089).

La norma censurata, infatti, in quanto ispirata dalla esigenza di rafforzare la posizione del trasportato, non avrebbe privato il danneggiato della possibilità di fare valere i suoi diritti nei confronti del responsabile civile e del suo assicuratore, ma lo avrebbe legittimato ad agire direttamente anche nei confronti della compagnia assicuratrice del proprio vettore.

Il trasportato, tuttavia, non sempre si limita ad evocare in giudizio il proprio assicuratore (rectius, l'impresa che garantiva la circolazione della vettura sulla quale viaggiava) ma talvolta estende il contraddittorio al responsabile civile ed al suo assicuratore, dei quali chiede la condanna in solido con l'assicuratore del suo vettore.

Si tratta di capire, però, se la lettura costituzionalmente orientata della norma nel senso indicato dalla Corte consenta al danneggiato anche di cumulare le due azioni e non solo di scegliere tra le due quella che è più adeguata ad una migliore tutela dei suoi diritti.

La legislazione europea

Prima di affrontare nel dettaglio il problema interpretativo sopra tratteggiato, è bene una rapida ricognizione della normativa comunitaria in materia di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli.

La direttiva 2005/14/CE, muovendo dalla premessa che l'assicurazione della responsabilità civile auto riveste una particolare importanza per i cittadini europei, sia in quanto contraenti sia come parti lese di un sinistro, ha enunciato una serie di principi ai quali si sarebbero dovuto uniformare i singoli Stati membri nell'ottica di un ravvicinamento degli ordinamenti nazionali.

Tra questi vi è il considerando n. 21, secondo il quale "il diritto di invocare il contratto di assicurazione ed agire direttamente nei confronti della compagnia assicuratrice è estremamente importante per la protezione delle vittime di incidenti automobilistici".

In questa prospettiva, non era sufficiente quanto già stabilito dalla direttiva 2000/26/CE, la quale prevedeva un diritto d'azione diretta contro la compagnia di assicurazione che copre la responsabilità civile della persona responsabile solo per le vittime di incidenti avvenuti in uno stato membro diverso da quello ove esse hanno la residenza, apparendo necessario al legislatore europeo la estensione di questo diritto a tutte le vittime di incidenti stradali.

Coerentemente, l'art. 4 della direttiva 2005/14/CE, modificando la direttiva 90/232/CEE, ha introdotto l'art. 4 quinquies, a mente del quale "gli Stati membri provvedono affinché le persone lese a seguito di un sinistro, causato da un veicolo assicurato ai sensi dell'art. 3, paragrafo 1, della direttiva 72/166/CEE, possano avvalersi di un diritto di azione diretta nei confronti dell'impresa che assicura contro la responsabilità civile la persona responsabile del sinistro".

La direttiva del 2005 è stata recepita dal decreto legislativo 6 novembre 2007 n. 198 che, pur modificando alcune disposizioni del Codice delle Assicurazioni appena emanato, non ha innovato le norme che disciplinano il risarcimento del danno.

E' stato correttamente osservato che la legislazione italiana, che già dal 1969 prevedeva la azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore del responsabile civile, fosse ben più avanti - una volta tanto - degli ordinamenti di molti altri stati membri ed in perfetta sintonia con la direttiva del 2005, almeno per ciò che concerne questo particolare aspetto (M. Bona, La procedura di risarcimento diretto è soltanto un ulteriore rimedio: una soluzione conforme al diritto comunitario, in Resp. civ. e prev., 2009, 1768).

Anzi, il legislatore nazionale sarebbe andato oltre la portata della direttiva perché, ammettendo l'azione diretta del trasportato anche nei confronti dell'assicuratore della responsabilità civile del proprio vettore, ed indipendentemente dalla sussistenza di un profilo di responsabilità imputabile al medesimo vettore, ha ulteriormente ampliato la tutela della vittima da incidente stradale.

La prassi processuale

Come detto, però, la decisione della Corte Costituzionale, consentendo al trasportato di scegliere se agire ai sensi dell'art. 141 Cod. Ass. ovvero se esperire l'azione disciplinata dall'art. 144 Cod. Ass. oppure se evocare in giudizio il solo responsabile civile ex art. 2054 c.c., ha creato i presupposti perchè in un medesimo giudizio la parte danneggiata cumuli tutte o alcune delle azioni suddette.

Capita, infatti, che il trasportato rivolga le sue istanze sia alla impresa che assicurava il veicolo del vettore sia a quella del responsabile civile.

Talvolta, poi, è il responsabile civile che, evocato in giudizio, chiede ed ottiene di estendere il contraddittorio nei confronti del suo assicuratore per essere da questo manlevato in caso di soccombenza.

La giurisprudenza, nell'affrontare la questione della ammissibilità, nel medesimo giudizio, di plurime domande (ex art. 141 Cod. Ass. e/o ex art. 144 Cod. Ass. e/o ex 2054 c.c.) l'ha risolta talvolta in senso affermativo talaltra no.

In particolare, secondo un certo indirizzo “l'azione ex art. 141 non è esclusiva ma è compatibile con l'esercizio della concorrente ma diversa azione ex art. 144 Cod. Ass. ” (Trib. Roma 30 giugno 2010, in Foro Padano 2011, 3, I, 462) e “tale interpretazione trova conferma nel fatto che l'art. 141 comma 3 Cod. Ass. dà la possibilità di intervenire nel giudizio alla compagnia assicuratrice del responsabile civile e dal fatto che questa può essere tenuta a risarcire il danno eccedente il massimale di legge” (Trib. Vicenza 27 febbraio 2013 n. 306, in Guida al Diritto 2013, 31, 72).

Secondo un diverso orientamento, invece, qualora il danneggiato, che può scegliere di citare in giudizio il solo responsabile del danno, di esercitare l'azione diretta ex art. 144 Cod. Ass. ovvero di agire ex art. 141 Cod. Ass. nei confronti dell'assicuratore del vettore, opti per questa ultima soluzione, gli è preclusa la possibilità di citare nel relativo procedimento il responsabile del danno ed il conducente dal momento che nell'azione ex art. 141 Cod. Ass. si prescinde dall'accertamento delle colpe (Trib. Roma 30 marzo 2010, in Foro it. 2010, 9, I, 2561) e che la norma in questione non prevede la possibilità di estendere la domanda al responsabile civile (Giud. di pace Pozzuoli 14 luglio 2008 n. 1852, in Il merito 2008, 11, 5).

In particolare, tra l'azione di cui all'art. 144 Cod. Ass. e quella di cui all'art. 141 Cod. Ass. vi sarebbe chiara incompatibilità con conseguente impossibilità di cumularle ed inammissibilità della seconda, la domanda dovendo senz'altro qualificarsi – se l'attore ha chiesto l'accertamento della responsabilità del conducente alla guida del veicolo antagonista a quello ove egli viaggiava come trasportato – quale azione diretta ex art. 144 Cod. Ass. (Trib. Roma 21 giugno 2013 n. 13679, in Redazione Giuffré 2013)

L'azione ex art. 141 Cod. Ass. e quella ex art. 144 Cod. Ass.: la inammissibilità del cumulo

A me pare che la interpretazione più restrittiva debba preferirsi alla luce della peculiare disciplina della azione proposta ai sensi dell'art. 141 Cod. Ass. , la quale offre più di un appiglio per sostenerne la esclusività.

In particolare, l'argomento decisivo si desumerebbe dalla seconda parte del comma 3 dell'art. 141 Cod. Ass.

Recita la norma che “l'impresa di assicurazione del responsabile civile può intervenire nel giudizio e può estromettere l'impresa di assicurazione del veicolo, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato”.

Il codice di rito disciplina tre ipotesi di estromissione: l'estromissione del garantito (art. 108 c.p.c.); l'estromissione dell'obbligato (art. 109 c.p.c.); la successione a titolo particolare nel diritto controverso (art. 111 c.p.c.).

Fatta eccezione per l'estromissione dell'obbligato, che è disposta dal giudice indipendentemente dalla volontà delle altre parti processuali, negli altri due casi la estromissione presuppone che non si oppongano le parti.

Ben altra è stata la scelta del legislatore, invece, quando ha disciplinato l'intervento dell'assicuratore del responsabile civile nel giudizio ex art. 141 Cod. Ass. promosso dal trasportato: se l'interveniente riconosce la responsabilità del proprio assicurato, il Giudice estromette l'assicuratore del vettore, restando del tutto irrilevante la volontà del danneggiato.

Ebbene, ciò sembra confermare la validità della tesi che nega la possibilità della contestuale presenza nel processo risarcitorio dell'assicuratore del vettore e di quello del responsabile civile (ovviamente se l'azione nei confronti del primo è stata proposta ai sensi dell'art. 141 Cod. Ass. ) e propende per la alternatività dei due rimedi: se così non fosse, infatti, l'eventuale intervento nel processo dell'assicuratore del responsabile civile non dovrebbe implicare – senza l'espresso assenso della parte danneggiata – la estromissione dell'assicuratore del vettore.

Gli effetti liberatori dell'intervento in causa dell'assicuratore del responsabile civile rafforzano dunque il convincimento che la domanda proposta dal trasportato contro l'assicuratore del vettore ex art. 141 Cod. Ass. non è compatibile con quella eventualmente avanzata nel medesimo giudizio contro l'assicuratore del responsabile civile: se l'intervento del secondo determina la estromissione del primo, non si comprende come, se evocati congiuntamente ab initio, la causa possa invece proseguire nei confronti di entrambi.

Si potrebbe obiettare che la estromissione dell'assicuratore del vettore dipenderebbe non solo dall'intervento in giudizio dell'assicuratore del responsabile civile ma anche dalla affermazione di responsabilità, da parte di quest'ultimo, del proprio assicurato.

Al riguardo si deve osservare che ammettere la estromissione dell'assicuratore del vettore, nel caso in cui l'assicuratore del responsabile civile intervenga nel giudizio promosso dal trasportato, ma farne dipendere gli effetti liberatori dal riconoscimento, da parte dell'interveniente, della responsabilità del proprio assicurato, implica che l'assicuratore del responsabile civile possa sempre intervenire volontariamente nel processo per fare valere un proprio diritto ovvero per sostenere le ragioni di una delle parti, ai sensi dell'art. 105 c.p.c.

Ma così non sembra perché non si vede quale sarebbe il diritto “relativo all'oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo” che potrebbe legittimare il titolare del medesimo ad intervenire nel giudizio: diritto, è appena il caso di aggiungere, in assenza del quale l'intervento dovrebbe essere dichiarato inammissibile.

Escluso che l'assicuratore del responsabile civile possa accampare un diritto nei confronti delle altre parti (intervento principale) ed escluso che possano sussistere i presupposti per un intervento adesivo dipendente finalizzato a sostenere le ragioni del trasportato piuttosto che quelle dell'assicuratore del vettore, pare neppure si possa configurare un intervento litisconsortile o adesivo autonomo mediante il quale l'assicuratore del responsabile civile faccia valere un proprio diritto nei confronti di una delle altre parti processuali.

Anche a volere pensare astrattamente alla possibilità che l'assicuratore del responsabile civile proponga una domanda di accertamento negativo (ad esempio allo scopo di addossare esclusivamente al vettore la responsabilità dell'evento e così mettersi al riparo dalla eventuale azione di rivalsa cui avrebbe diritto l'assicuratore del vettore ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 141 Cod. Ass.), la domanda non potrebbe mai fare ingresso nel giudizio perché i rapporti tra le imprese di assicurazioni trovano la loro regolazione, quando quella del vettore abbia risarcito il danno ai sensi della norma in commento, nell'art. 150 Cod. Ass. e nel relativo regolamento di attuazione (D.P.R. 18 luglio 2006 n. 254).

In particolare, l'art. 13 del D.P.R. 254/2006 prevede che le imprese di assicurazione stipulino tra loro una convenzione ai fini della regolazione dei rapporti organizzativi ed economici e l'art. 14 della “Convenzione tra assicuratori per il risarcimento diretto” devolve ad arbitri tutte le controversie che possano insorgere nell'attuazione della Convenzione.

Ne discende che l'unico intervento consentito dal legislatore nel giudizio promosso dal trasportato contro l'assicuratore del vettore è quello dell'impresa che assicurava il responsabile civile per chiedere che l'eventuale statuizione di condanna sia emessa nei suoi confronti, con conseguenti effetti liberatori assoluti per l'impresa originariamente evocata in giudizio.

Inoltre, se si ammettesse l'intervento dell'assicuratore del responsabile civile nel giudizio promosso dal trasportato ma si negasse che nella decisione di intervenire è implicita la dichiarazione di colpevolezza del proprio assicurato, questa iniziativa processuale sarebbe del tutto inutile perché il giudice dovrebbe accogliere la domanda solo nei confronti dell'assicuratore del vettore ma non anche nei riguardi dell'assicuratore del responsabile civile: e ciò per evidenti ragioni pratiche perché non è dato capire a carico di chi graverebbe l'onere processuale di accertare la colpa del responsabile civile.

Certamente questo onere non potrebbe incombere sul danneggiato, il quale ha scelto proprio l'azione il cui accoglimento prescinde da ogni accertamento di responsabilità, e non potrebbe incombere neppure sull'assicuratore del vettore, il quale potrebbe opporre unicamente la eventuale sussistenza del caso fortuito.

Ed allora, a me sembra che l'intervento in causa dell'assicuratore del responsabile civile avrebbe l'effetto di estromettere sempre l'assicuratore del vettore, indipendentemente dalla eventuale ammissione di colpa del primo (che sarebbe implicita nella decisione spontanea di partecipare al processo) e che – se il detto intervento estromette l'assicuratore nei cui confronti aveva inizialmente rivolto la domanda il danneggiato – la eventuale iniziativa di quest'ultimo di evocare in giudizio entrambi gli assicuratori sarebbe processualmente inammissibile perché non si potrebbero giustificare conseguenze processuali differenti a seconda che il litisconsorzio sia ab origine o successivo.

Nè varrebbe obiettare che l'art. 141 Cod. Ass., pur consentendo al trasportato di agire direttamente nei confronti dell'assicuratore del vettore, ammette la estensione della domanda alla impresa di assicurazione del responsabile civile quando il veicolo di quest'ultimo è coperto per un massimale superiore a quello minimo.

Se l'azione nei confronti dell'assicuratore del vettore fosse stato l'unico rimedio attribuito al trasportato, prevedere che il danneggiato potesse ottenere il ristoro del maggiore danno anche dall'assicuratore del responsabile civile, se questo era assicurato per un massimale più elevato di quello legale, avrebbe avuto come chiaro scopo quello di evitare che la obbligatorietà della azione nei confronti dell'assicuratore del vettore si risolvesse in un pregiudizio per il danneggiato.

La norma, però, è stata interpretata nel senso che il trasportato può scegliere liberamente se agire nei confronti dell'assicuratore del vettore o del responsabile civile.

Dunque il trasportato ben potrebbe, qualora il veicolo antagonista e responsabile del sinistro fosse assicurato per un massimale maggiore che copre l'intero danno, decidere di promuovere l'azione di danni solo nei confronti dell'assicuratore del responsabile civile.

Ma allora la locuzione “fermo il diritto al risarcimento dell'eventuale maggior danno nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile” sarebbe del tutto pleonastica e priva di concreta utilità.

Tuttavia, salvandone la portata, l'inciso si potrebbe interpretare nel senso che il trasportato, qualora (e solo qualora) decida di agire ex art. 141 Cod. Ass. , potrebbe evocare nel medesimo giudizio l'assicuratore del responsabile civile solo se ricorra la condizione prevista dalla legge, e cioè che il danno sia maggiore del massimale coperto dall'assicuratore del vettore e sia invece capiente il massimale dell'assicuratore del responsabile civile.

In tale ipotesi, dovrebbe immaginarsi la possibilità per il danneggiato di agire contro entrambi gli assicuratori, con la precisazione che la domanda nei confronti dell'assicuratore del responsabile civile sarebbe ammissibile solo per l'eccedenza.

Così interpretata la norma, dovrebbero discendere due conseguenze: a) il simultaneus processus sarebbe consentito nei limiti suddetti; b) la azione nei confronti dell'assicuratore del responsabile civile, ma non limitatamente all'eccedenza, dovrebbe precludere la contestuale domanda contro l'assicuratore del vettore.

La norma, quindi, consentirebbe la contemporanea presenza nel processo di entrambe le imprese di assicurazione, ma la domanda nei confronti dell'assicuratore del responsabile civile sarebbe ammissibile per il maggior massimale, fermo restando l'obbligo ex lege dell'assicuratore del vettore nei limiti del massimale minimo.

Detto altrimenti, le due azioni non si cumulerebbero ma sarebbero tra loro autonome ed alternative, nel senso che del maggiore danno (e solo di questo) risponderebbe nel medesimo processo l'assicuratore del responsabile civile.

La interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 141 Cod. Ass. , se ne ha salvato la validità anche a prezzo di incidere sulla presumibile intenzione del legislatore (che era quella di attribuire al trasportato, a tutela dei suoi diritti, esclusivamente l'azione disciplinata dalla norma predetta, non potendo attribuirsi altro significato letterale all'inciso "il danno subito dal terzo trasportato è (e non “può essere”) risarcito dall'impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo"), ha aperto la strada ad alcune prassi processuali che possono entrare in conflitto con l'assetto delineato dalla legge nel disciplinare l'azione in questione.

Tutte le volte in cui, infatti, il danneggiato agisce anche nei confronti dell'assicuratore del responsabile civile ovvero questo è chiamato in causa dal proprio assicurato, difficilmente potrà ammettersi la contemporanea presenza nel processo delle due imprese di assicurazioni (quella del vettore e quella del responsabile civile) e il Giudice, in questi casi, dovrà delibare la domanda ai sensi dell'art. 144 Cod. Ass. e - se accertata la responsabilità - emettere la statuizione di condanna esclusivamente nei confronti dell'autore del fatto illecito e del suo assicuratore ma mai nei confronti dell'assicuratore del vettore.

Tanto più se si pensa al fatto che il trasportato, chiedendo “ab initio” anche la condanna solidale dell'assicuratore del responsabile civile, ha inteso domandare – neppure troppo implicitamente – una affermazione di responsabilità, con ogni conseguenza sotto il profilo dell'onere della allegazione e probatorio.

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