Responsabilità civile e penale connessa alle attività sciistiche

Raffaella Caminiti
23 Febbraio 2016

La diffusione delle attività sportive che si praticano sulla neve, tradizionalmente durante il periodo invernale (sci di discesa nelle sue varie articolazioni, snowboard, sci di fondo, slitta, slittino, snowtubing e similari) ha fatto acquisire, nel tempo, a tali pratiche ricreative una sempre maggiore rilevanza sociale ed economica. A queste attività sono connesse responsabilità di carattere civile e penale che possono sorgere in capo ai maestri e alle scuole di sci, ai gestori degli impianti di risalita e delle piste da sci, oltre che di coloro che praticano tali sport. Si esaminano le principali norme di riferimento e, in particolare, la presunzione di pari responsabilità in caso di scontro tra sciatori, di cui all'art. 19, L. 24 dicembre 2003, n. 363.
Responsabilità del maestro e della scuola di sci

La L. 8 marzo 1991, n. 81 («Legge-quadro per la professione di maestro di sci e ulteriori disposizioni in materia di ordinamento della professione di guida alpina», pubblicata in G.U. n. 64 del 16 marzo 199) detta i principi fondamentali in materia di ordinamento della professione di maestro di sci. «È maestro di sci», secondo la definizione contenuta nel primo comma dell'art. 2, L. 8 marzo 1991, n. 81, «chi insegna professionalmente, anche in modo non esclusivo e non continuativo, a persone singole ed a gruppi di persone, le tecniche sciistiche in tutte le loro specializzazioni, esercitate con qualsiasi tipo di attrezzo, su piste di sci, itinerari sciistici, percorsi di sci fuori pista ed escursioni con gli sci che non comportino difficoltà richiedenti l'uso di tecniche e materiali alpinistici, quali corda, piccozza, ramponi».

L'esercizio della professione di maestro di sci è subordinata al conseguimento della relativa abilitazione tecnico-didattico-culturale (art. 6,L. 8 marzo 1991, n. 81) e all'iscrizione in appositi albi professionali regionali o delle Province autonome (art. 3 L. 8 marzo 1991, n. 81).

Compete al maestro di sci l'insegnamento agli allievi delle tecniche sciistiche in tutte le loro specializzazioni (che non comportino l'uso di tecniche alpinistiche) e delle regole di comportamento da rispettare nella pratica dello sport.

Secondo l'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, la responsabilità del maestro e della scuola di sci ha natura contrattuale: l'iscrizione e l'ammissione dell'allievo al corso determina, infatti, la nascita di un vincolo negoziale (Cass. civ., sez. III, 17 febbraio 2014, n. 3612; Cass. civ., sez. III, 4 febbraio 2014, n. 2413; Cass. civ., sez. III, 11 giugno 2012, n. 9437, nota di R. Savoia, Il bimbo si fa male durante la lezione di sci? Risponde la scuola, in Diritto & Giustizia).

Il maestro e la scuola di sci assumono uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, volto a garantire l'incolumità degli allievi che partecipano alla lezione.

Per quanto concerne la disciplina dell'onere della prova, spetta all'allievo della scuola di sci – che, a seguito di un incidente, abbia subito lesioni – allegare esclusivamente che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto negoziale, mentre grava sulla controparte provare l'esatto adempimento della propria obbligazione, ovvero l'aver vigilato sulla sicurezza e incolumità dell'allievo, dimostrando che le lesioni subite siano state conseguenza di circostanze autonome e non imputabili alla scuola di sci. Il relativo onere probatorio è suscettibile di essere soddisfatto anche mediante presunzioni. Qualora la causa resti ignota, le conseguenze patrimoniali negative restano a carico di chi ha oggettivamente assunto la posizione di inadempiente (Cass. civ., sez. III, 17 febbraio 2014, n. 3612, cit.; Cass. civ., sez. III, 3 febbraio 2011, n. 2559; Cass. civ., sez. III, 25 maggio 2000, n. 6866).

Si richiede che l'istruttore disponga delle cognizioni tecniche necessarie per l'esercizio della sua attività e che sia in grado di valutare la preparazione, la capacità e l'attitudine degli allievi, anche in rapporto alle condizioni atmosferiche. La lezione deve, altresì, svolgersi su piste proporzionate al livello tecnico degli allievi.

Questi ultimi, dal canto loro, sono tenuti a corrispondere il compenso pattuito e a collaborare con il maestro di sci, rispettandone le direttive e osservando le regole di prudenza e diligenza nello svolgimento dell'attività sportiva sciistica. Sarà possibile escludere una responsabilità in capo al maestro di sci, qualora il danno non si sarebbe verificato con l'osservanza dell'ordinaria diligenza da parte dell'allievo.

È stato rilevato in dottrina che l'obbligo di protezione gravante sul maestro di sci, da rapportarsi alle caratteristiche dell'allievo, in relazione all'esperienza e all'età, è da considerarsi obbligazione di risultato, con la conseguenza che l'allievo è tenuto solo a fornire la prova della sussistenza del rapporto contrattuale (P.F. Dagasso, La responsabilità del maestro di sci tra onere della prova e contatto sociale, in Diritto e Fiscalità dell'assicurazione, fasc.1, 2013, pag. 73).

La scuola di sci è responsabile ai sensi dell'art. 1228 c.c. dell'attività svolta dai maestri, quali ausiliari nell'adempimento della prestazione, cui può aggiungersi una responsabilità autonoma della scuola, derivante dalla funzione organizzativa da essa ricoperta (P.F., Dagasso op. cit.).

Responsabilità del gestore dell'impianto di risalita e della pista da sci

La responsabilità del gestore di un impianto di risalita e della pista da sci ha natura contrattuale, affermata in giurisprudenza talvolta sulla scorta del contratto atipico di skipass, che consente agli sciatori l'accesso, dietro corrispettivo, ad un complesso sciistico al fine di utilizzarlo liberamente e illimitatamente per il tempo convenzionalmente stabilito (Trib. Venezia, sez. III, 17 ottobre 2008, n. 2404; Cass. civ., sez. III, 6 febbraio 2007, n. 2563; Cass. civ., sez. III, 19 luglio 2004, n. 13334; v, inoltre, D. D'angelo, Qualche notazione sulla responsabilità del gestore di piste da sci, in Giurisprudenza di Merito, fasc. 9, 2009, pag. 2153, nota a Trib. Avezzano, 23 aprile 2009 e Trib. Cuneo, 14 gennaio 2009), talaltra ai sensi del contratto di trasporto (Tar Torino, Piemonte, sez. I, 4 marzo 2015, n. 404; Cass. civ., sez. III, 15 febbraio 2001, n. 2216; Trib. Torino, 8 luglio 1999).

In particolare, secondo la Corte di legittimità, il contratto di skipass presenta i caratteri propri di un contratto atipico nella misura in cui il gestore dell'impianto di risalita assume anche, come solitamente accade, il ruolo di gestore delle piste da sci servite da tale impianto, con conseguente obbligo a suo carico della manutenzione in sicurezza delle piste medesime e la possibilità che lo stesso gestore sia chiamato a rispondere dei danni prodotti ai contraenti determinati da una cattiva gestione/manutenzione delle piste, in base alle norme disciplinanti la responsabilità contrattuale per inadempimento; sempre che l'evento dannoso sia eziologicamente dipendente dalla suddetta violazione e non, invece, ascrivibile al caso fortuito (art. 2051 c.c.) riconducibile a un fatto esterno al sinallagma contrattuale (Cass. pen., sez. IV, 11 luglio 2007, n. 39619, inoltre, Cass. civ., sez. III, 19 febbraio 2013, n. 4018, in Diritto & Giustizia 2013, 20 febbraio, che ha escluso la responsabilità del gestore dell'impianto, avendo il sinistro coinvolto uno sciatore, il quale procedeva, a velocità non consona, lungo una pista di media difficoltà, larga circa trenta metri, e che, dopo essere caduto, aveva urtato contro la staccionata in legno che delimitava la pista, in prossimità di una scarpata, in zona ad ampia visibilità, in assenza di curve e senza pendenza verso l'esterno e, quindi, in assenza di quelle condizioni particolari che, secondo la normativa di settore, impongono misure protettive al gestore della pista).

È stato peraltro affermato in giurisprudenza che, se è vero che con il contratto atipico di skipass il gestore dell'impianto offre non solo la funzione del servizio di risalita, ma altresì quella di servizio di pista, con conseguente obbligo a suo carico di manutenzione in sicurezza della pista medesima, tale obbligo contrattuale non può estendersi anche al «fuori pista», specie ove, come nella vicenda per cui era causa, le piste erano ben delimitate dalla battitura della neve, con conseguente esclusione della responsabilità del gestore dell'impianto (Trib. Venezia, sez. III, 17 ottobre 2008, n. 2404).

In taluni casi, il contratto di risalita in seggiovia è stato inquadrato nel contratto tipico di trasporto di persone, non escluso dalla necessaria collaborazione dell'utente, con la conseguenza che il trasportato, il quale abbia subito danni a causa di una caduta successiva al suo distacco, possa invocare in proprio favore la norma di cui all'art. 1681 c.c., sulla particolare responsabilità del vettore, sempreché fornisca la prova che la caduta sia avvenuta prima della cessazione degli effetti residui del moto impresso dal mezzo, che costituisce il momento oltre il quale la prestazione contrattuale del vettore deve considerarsi esaurita (Cass. civ., sez. III, 23 maggio 1997, n. 4607, in Resp. civ. e prev. 1998, 91, nota di C. Ferri, Il contratto di risalita in seggiovia e il danno dell'utente).

In altro caso di uno sciatore che aveva intrapreso la discesa di una pista classificata «nera», perdendo il controllo degli sci e andando ad urtare violentemente contro alcuni alberi a lato della pista (priva in quel punto della rete di contenimento), riportando gravissime lesioni, si è ritenuta configurabile la responsabilità del gestore di aree sciabili attrezzate sia sulla base del contratto atipico di skipass, sia per cosa in custodia, con conseguente onere della prova liberatoria, in entrambi i casi, a carico del gestore. Più precisamente, in termini contrattuali, incombe sul gestore, ai sensi dell'art. 1218 c.c., l'onere di provare l'impossibilità oggettiva della prestazione, individuandone la causa precisa a lui non imputabile; in termini extracontrattuali, ai sensi dell'art. 2051 c.c., in ragione del potere di controllo quale custode riconducibile in capo al gestore, incombe sul danneggiato, alla stregua del consueto criterio della normalità statistica, il rapporto di causalità tra la cosa e il danno, mentre sul gestore grava la prova liberatoria, particolarmente onerosa, costituita dal caso fortuito (Trib. Bolzano, 21 maggio 2007, nota di S. Vernizzi, Sinistro nella fase di discesa a valle e responsabilità del gestore di aree sciabili attrezzate, in Resp. Civ. e Prev., fasc.4, 2008, pag. 0905B, v., inoltre, Cass. civ., sez. III, 10 dicembre 2012, n. 22383, nota di T. Vincenti, Incidente sugli sci: spetta al gestore della pista offrire la prova liberatoria, in Diritto & Giustizia, fasc.0, 2012, pag. 1165)

Ai sensi dell'art. 4, L. 24 dicembre 2003, n. 363 («Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo», pubblicata in G.U. n. 3 del 05/01/2004) è previsto l'obbligo per i gestori delle aree sciabili attrezzate, civilmente responsabili della regolarità e della sicurezza dell'esercizio delle piste, di stipulare un contratto di assicurazione «ai fini della responsabilità civile per i danni derivanti agli utenti ed ai terzi per fatti derivanti da responsabilità del gestore in relazione all'uso di dette aree».

Scontro tra sciatori e presunzione di pari responsabilità nella causazione dei danni

L'art. 19, L. 24 dicembre 2003, n. 363 riproduce la disposizione dell'art. 2054, comma 2, c.c. relativa alla presunzione di pari responsabilità in caso di sinistri stradali, con effetti sul piano probatorio quando non sia agevole ricostruire l'esatta dinamica dell'incidente sciistico. Prevede tale norma che, in caso di scontro tra sciatori, «si presume, fino a prova contraria, che ciascuno di essi abbia concorso ugualmente a produrre gli eventuali danni».

È imposto alle Regioni l'obbligo di adeguare la loro normativa alle disposizioni di cui alla legge stessa «e a quelle che costituiscono principi fondamentali in tema di sicurezza individuale e collettiva nella pratica dello sci e degli altri sport della neve» (art. 22, comma 1L. 24 dicembre 2003, n. 363).

Le regole di comportamento contenute nella L. n. 363/2003 sono state integrate dal decreto del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, pubblicato in G.U. n. 299 del 24 dicembre 2005.

Prima dell'intervento del legislatore l'attività sciistica era disciplinata dalle regole di buona condotta e correttezza elaborate dal Comitato giuridico della F.I.S. - Federazione

Internazionale dello Sci (cd. Decalogo dello sciatore).

In passato, la giurisprudenza maggioritaria ha individuato quale criterio di imputazione della responsabilità nell'ambito dell'attività sciistica l'art. 2043 c.c., con conseguente onere del danneggiato di provare la colpa del danneggiante.

È stato così affermato che, in mancanza di espressa previsione legislativa, la condotta degli sciatori sulle piste innevate deve rispettare le regole di prudenza, in osservanza al precetto del neminem laedere ex art. 2043 c.c., senza che sia applicabile per analogia la disciplina sulla circolazione stradale (Cass. pen., sez. IV, 6 maggio 1986, in Cass. pen. 1988, 285; Cass. pen., sez. IV, 12dicembre 1996, n. 1258, in Giust. pen. 1998, II, 46; v., inoltre, Cass. civ., sez. III, 30 luglio 1987, n. 6603, in Giust. civ. Mass. 1987, fasc. 7; Trib. Monza, 2 aprile 2007, in Giur. merito 2007, 10, 2633).

A seguito dell'entrata in vigore della L. n. 363/2003, se non è possibile stabilire in quale misura ciascuno degli sciatori coinvolti nel sinistro abbia contribuito a determinare l'evento dannoso oppure restino ignote le modalità del sinistro, vale la presunzione di pari responsabilità ai sensi dell'art. 19, per il superamento della quale, diversamente da quanto previsto in caso di scontro tra veicoli, è sufficiente anche il solo accertamento di una colpa particolarmente pregnante di uno dei due sciatori, pur in mancanza di elementi istruttori precisi sulla condotta posta in essere dall'altro (App. Milano, sez. II, 29 ottobre 2014, n. 3857, nota di A. Zabbia, Profili di responsabilità civile nello scontro tra sciatori: la regola del concorso presuntivo di colpa, in Ri.Da.Re.; v., inoltre, Trib. Rovereto, 9 agosto 2012, in Redazione Giuffrè 2012; Trib. Rovereto, 9 agosto 2010, in Redazione Giuffrè 2010; Trib. Sulmona, 21 luglio 2010).

È stato, tuttavia, affermato che la presunzione di pari responsabilità prevista dall'art. 2054, comma 2, c.c. nonostante l'assonanza letterale non può essere trasposta negli scontri tra sciatori, ove si consideri la netta distinzione di contesti normativi di riferimento: mentre il conducente del veicolo è sottoposto ad un criterio di responsabilità aggravato, espresso dalla formula «se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno» (art. 2054, comma 1,c.c), lo sciatore è, al contrario, sottoposto all'ordinario criterio di responsabilità di cui all'art. 2043 c.c.(Trib. Rovereto, 21 ottobre 2009).

Il disposto dell'art. 19 va coordinato con le altre norme disciplinanti il comportamento degli utenti nelle aree sciabili previste dal Capo III della L. n. 363/2003, tra cui gli artt. 9, L. n. 363/2003 (velocità), art. 10, L. n. 363/2003 (precedenza), art. 11, L. n. 363/2003 (sorpasso), art. 12 L. n. 363/2003 (incrocio) e art. 13, L. n. 363/2003 (stazionamento). L'accertata violazione di tali norme di comportamento da parte di uno degli sciatori può far ritenere vinta la presunzione a carico dell'altro, in assenza di elementi probatori che depongano per una sua condotta parimenti colposa.

Poiché non è sempre agevole ricostruire la dinamica dell'incidente attraverso i segni sulla pista da sci, assumono particolare rilevanza sul piano probatorio gli elementi raccolti dai soccorritori e dalle forze dell'ordine intervenute sul posto, nonché l'individuazione e l'identificazione di eventuali testimoni.

Profili penalistici

Dall'esercizio delle attività sciistiche può derivare una responsabilità anche di carattere penale.

La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata in un caso di responsabilità colposa per le lesioni riportate da uno sciatore, cagionate dall'omessa delimitazione della pista al fine di proteggere gli utenti anche da possibili invasioni da fuori pista da parte di altri sciatori (nella fattispecie, uno sciatore aveva tagliato la pista provenendo dall'esterno, scontrandosi con altro sciatore). I Giudici di legittimità hanno affermato che la posizione di garanzia che assumono il gestore e il responsabile della sicurezza di un impianto sciistico origina dal contratto concluso con lo sciatore, il quale utilizza l'impianto e le piste dallo stesso servite, e non dalla presunta intrinseca pericolosità dell'attività svolta, atteso che pericolosa è in realtà la pratica sportiva dello sci (Cass. pen., sez. IV, 30 settembre 2015, n. 44796).

La Suprema Corte ha precisato che il pericolo da prevenire, oggetto della posizione di garanzia, non è soltanto quello interno alla pista, dal momento che l'obbligo di protezione (che è proiezione della posizione di garanzia) riguarda anche i pericoli atipici, vale a dire quelli che lo sciatore non si attende di trovare, differenti quindi da quelli connaturati a quel quid di pericolosità insito nell'attività, con esclusione dei c.d. pericoli esterni (Cass. pen., sez. IV, 30 settembre 2015, n. 44796, cit.).

Ciò nondimeno, è posto a carico del gestore dell'impianto l'obbligo di porre in essere ogni cautela atta a prevenire quei pericoli esterni alla pista ai quali, tuttavia, lo sciatore può andare incontro nel caso fuoriesca dalla pista stessa, allorquando la situazione naturale dei luoghi renda altamente probabile, per conformazione naturale del percorso, siffatta evenienza accidentale (Cass. pen., sez. fer., 13 agosto 2015, n. 37267, in Diritto & Giustizia 2015, nota di L. Piras, Obbligo di garanzia del direttore di una pista di sci: quando è responsabile?; conformi, Cass. pen., sez. IV, 19 marzo 2015, n. 15711; Cass. pen., sez. IV, 25 febbraio 2010, n. 10822.

È stata, inoltre, ravvisata la responsabilità del gestore e del responsabile della sicurezza di un impianto sciistico per le lesioni letali riportate da uno sciatore che aveva praticato volontariamente il «fuori pista» in un passaggio altamente pericoloso, ove, nel punto in cui era possibile abbandonare la pista battuta, non era stato idoneamente segnalato un pericolo, costituito dalla presenza, esternamente alla medesima, di un torrente occultato alla vista, precipitando in una scarpata e battendo il capo contro le rocce affioranti che delimitavano il corso del torrente (Cass. pen., sez. IV, 11 luglio 2007, n. 39619).

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che ha ritenuto responsabili del reato di omicidio colposo il direttore tecnico della società che aveva l'incarico di gestire l'impianto e il capo addetto alla sicurezza dell'impianto stesso, ai quali, sotto il profilo colposo, era stato imputato di non avere interdetto agli sciatori, in modo idoneo, il varco di uscita dalla pista, mediante palinatura e, comunque, con l'apposizione di un cartello di divieto, essendosi i medesimi limitati, nonostante la verificazione di incidenti e la conoscenza della situazione di pericolo, ad apporre un cartello di pericolo scarsamente visibile e allocato a valle del pericolo da scongiurare (Cass. pen., sez. IV, 11 luglio 2007, n. 39619, cit.).

È stata, inoltre, affermata la responsabilità del guidatore di una motoslitta, essendo egli tenuto, particolarmente in presenza di sciatori, ad impiegare la massima prudenza ed attenzione al fine di evitare incidenti, tenendosi pronto a porre in essere, anche in considerazione delle condizioni climatiche e delle condizioni del terreno innevato, tutte le manovre di emergenza idonee ad evitare lo scontro. Hanno affermato gli Ermellini: «Il dipendente dell'impresa di gestione degli impianti sciistici risponde colposamente delle lesioni provocate ad uno sciatore il quale, avendo tracciato a bordo del suo "snowboard" una anomala traiettoria sulla pista lasciata semideserta a fine giornata, non sia riuscito ad evitare l'impatto con la motoslitta guidata dal dipendente dell'impresa di gestione nonostante la segnalazione acustica da questi operata, atteso che il comportamento dello sciatore non è sufficiente a determinare l'interruzione del nesso causale e che incombe comunque sul dipendente un obbligo di garanzia avente ad oggetto l'incolumità dei fruitori degli impianti» (Cass. pen., sez. IV, 1 marzo 2011, n. 25654).

In conclusione

La crescente diffusione delle attività sportive che si praticano sulla neve impone, da un lato, una sempre maggiore responsabilizzazione di tutti i soggetti coinvolti sia nell'organizzazione/gestione sia nell'esercizio di tali attività ricreative, cosicché le stesse siano svolte in sicurezza e, dall'altro, la stipula di polizze per coloro che operano in questo settore, che offrano adeguata copertura assicurativa in caso di incidenti che possano verificarsi nell'esercizio di tali pratiche sportive, dai quali può derivare un obbligo risarcitorio.

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