Web reputation e motori di ricerca. Il prezzo della persona on line

24 Giugno 2015

La web reputation è il prezzo della persona on line. Volutamente provocatoria, questa frase deve imporre la riflessione sulla natura della persona digitale quale patrimonio informativo fluttuante nell'Internet. Questa caratteristica espone il soggetto ad un alto rischio di manipolazione da parte degli operatori della Rete (motori di ricerca, social network, aggregatori di notizie, ecc..). La disciplina Data Protection è fondamentale per garantire il bene-Persona nell'Internet. Violare la web reputation significa compiere violenza sul soggetto informativo acquisendone il controllo con gravissime implicazioni manipolatorie. La persona può trovarsi collocata in momenti temporali che non esistono più; può assistere incredula al disconoscimento pubblico di qualifiche professionali realmente possedute o viceversa vedersi attribuite qualifiche negative immeritate; può trovarsi spettatrice impotente ammantata da un'identità totalmente estranea alla propria; può a propria insaputa essere venduta per gli scopi più disparati. I danni subiti sono prevalentemente pregiudizi alla vita di relazione e/o danni psichici a cui sempre occorre aggiungere il danno patrimoniale calcolato nella misura del costo di una campagna reputazionale positiva. Il prezzo della persona on line finora stimato in via equitativa parte da un minimo di euro 2.000 fino a un massimo di euro 70.000. Il principio di integralità del risarcimento impone però l'applicazione del metodo tabellare sulla scorta di perizie condotte da collegi di esperti di psicologia giuridica, computer forensics e campagne reputazionali.
Web reputation. Inquadramento giuridico

Web reputation è un concetto ormai noto. Tutti noi siamo edotti sull'ingente entità dei danni cui possiamo essere soggetti nell'ipotesi di violazione della nostra reputazione on line.

Si tratta tuttavia di un fenomeno da tenere ben distinto dalla casistica sviluppatisi ormai da decenni nella nostra giurisprudenza in tema di diffamazione. Difendere la web reputation significa difendere il nostro corpo informativo elettronico dalle manipolazioni delle dinamiche della Rete.

La persona si sostanzia nel web sotto forma di patrimonio informativo digitale e riceve difesa solo quando l'Ordinamento giuridico gli permetta di mantenere il controllo sull'inalterabilità dei propri dati. Il diritto al controllo sul legittimo trattamento dati o diritto all'autodeterminazione informativa è il pilastro della tutela del soggetto on line e attiene essenzialmente all'applicazione delle adeguate misure di sicurezza nel bilanciamento degli interessi in gioco secondo il principio di proporzionalità sancito dalla giurisprudenza delle Corti UE.

La disciplina Data Protection coglie il fulcro della tutela della persona on line: si tratta essenzialmente di una questione di misure di sicurezza. Questa materia non si risolve unicamente nel dettato normativo della Direttiva 95/46/CE recepita negli Stati Membri (per noi italiani: Codice Privacy, d.lgs. n. 196/2003) ma si accresce progressivamente nel diritto vivente prodotto dalle Corti, dai Garanti Privacy nazionali e dal Gruppo dei Garanti Privacy UE. È una disciplina in continua evoluzione sempre alla rincorsa del progresso tecnologico.

L'internet è un luogo e non un semplice media come la stampa cartacea o la televisione: un luogo dove sotto forma di patrimonio informativo ciascuno di noi trascorre almeno tre quarti della giornata (PC, tablet, smartphone). Quando si verificano gravi violazioni alla libertà di autodeterminazione informativa nel web (impropriamente descritta come diritto all'oblio) queste si traducono in alterazioni della nostra presenza in Rete e della nostra identità. La mancata applicazione delle misure di sicurezza data protection (notizie di cronaca fluttuanti isolate nel web senza la misura della contestualizzazione e dell'aggiornamento; mancanza dell'indicazione della finalità trattamento; mancata deindicizzazione, ecc…) permette che la persona-patrimonio informativo venga “frullata” (manipolata) da tutti gli operatori del web: motori di ricerca, social network, aggregatori di notizie, blogosfera, forum, piattaforme media-audio-video (es. YOUTUBE). La disciplina sulla data protection è fondamentale per garantire il bene-Persona nell'internet. La data protection serve a costruire strutture di vetro a garanzia della trasparenza nel trattamento dei “corpi informativi digitali” naviganti sulla piattaforma web del titolare del trattamento. L'interfaccia sui nostri PC, tablet, smartphone, confonde le idee e lascia ipotizzare analogia tra internet e televisione. L'interfaccia invece è l'interpretazione dei codici informatici e informativi applicati dai tecnici al servizio dell'economia, della raccolta del consenso di massa, dello spionaggio collettivo (vedi il Caso Snowden), dell'elaborazione dei Big Data (per alcuni dati predittivi sulle tendenze del futuro prossimo della società. Pensiamo a derive sconvolgenti come l'“Unità Precrimine” nel film Minority Report). Si tratta di attività che non si pongono in un rapporto di alterità col soggetto ma tendono invece a fagocitarlo.

Alla luce di queste riflessioni possiamo osservare che gli illeciti ai danni della "persona informativa digitale" non possono risolversi unicamente in altrettanti casi di diffamazione on line ma ben più propriamente devono intendersi quali casi di violazione della Data Protection. Questo fenomeno implica conseguenze non indifferenti in termini di quantum del danno risarcibile come vedremo nel prosieguo.

Web reputation e motore di ricerca nelle Linee Guida dei Garanti UE su Corte di Giustizia UE, Costeja, 13 maggio 2014

Dopo la rivoluzionaria Corte di Giustizia UE, Costeja, 13 maggio 2014 sul rapporto tra diritto all'oblio e motori di ricerca, il Gruppo dei Garanti UE ha redatto le Linee Guida sull'interpretazione e sull'applicazione omogenea di tale pronunzia (Linee Guida Garanti Privacy UE, 26 novembre 2014. Interpretazione univoca e criteri di applicazione della CGUE Costeja).

La particolarità “rivoluzionaria” della CGUE Costeja ribadita dal Gruppo dei Garanti UE (Linee Guida “Executive Summary 1. Motori di ricerca titolari del trattamento”) attiene alla netta distinzione tra due diversi tipi di trattamento: quello eseguito dal motore di ricerca e quello eseguito dal publisher.

L'autore o l'editore (publisher) elaborano le informazioni e ne costituiscono dei contenuti: essi dunque compiono un trattamento del dato nel merito.

Invece il motore di ricerca, ad esempio Google, indicizza dei link e compie una raccolta a prescindere dal merito dei contenuti. Si tratta di una raccolta in ordine di popolarità e più puntualmente definita secondo la “wisdom of the crowd” (saggezza della folla). Esso dunque compie un trattamento del dato nella modalità di raccolta ovvero l'indicizzazione.

Pertanto le Linee Guida osservano in piena corrispondenza con la CGUE Costeja che«il trattamento dei dati personali effettuato nell'ambito delle attività del motore di ricerca può essere distinto da e aggiunto a quello effettuato dagli editori di siti web, che consiste nel caricare i dati in una pagina Internet (§35)».

Si tratta di una modalità di raccolta (lista/indice dei link) che aggregando dal “mare di Internet” tutti i contenuti relativi al nome della persona selezionato secondo la logica del “wisdom of the crowd” consente di ottenere una panoramica strutturata delle informazioni relative a quell'individuo - informazioni che riguardano potenzialmente un gran numero di aspetti della sua vita privata e che, senza l'attività del motore di ricerca, non avrebbero potuto essere interconnessi o solo con grande difficoltà - e quindi in definitiva si stabilisce un profilo più o meno dettagliato di quella persona (Linee Guida Garanti Privacy UE, 26 novembre 2014. Interpretazione univoca e criteri di applicazione della CGUE Costeja, §80)

È palese l'alto rischio di manipolazione di queste attività. Rischio che può essere gestito e ridimensionato solo grazie all'applicazione delle misure di sicurezza Data Protection.

La profilazione selvaggia, la manipolazione, dev'essere contenuta. Così come giustamente stabilisce la CGUE Costeja 13 maggio 2014, nessun titolare di trattamento può esimersi. Il motore di ricerca è il referente diretto per l'attività di indicizzazione. Tuttavia anche il publisher, ove richiesto dall'interessato, deve adottare tutte le misure di sicurezza necessarie per evitare la manipolazione. Tra queste misure la più usata è il NO-INDEX o de-listing.

La CGUE Costeja dunque non ha deresponsabilizzato l'editore e/o autore (publisher) ma ha aggiunto ad esso un altro titolare individuato in Google (paragrafo 35-39: «il trattamento dati del motore di ricerca si distingue e si aggiunge a quello effettuato dagli editori web»).

Le Linee Guida Garanti UE sostengono che l'interessato può esercitare il proprio diritto all'oblio come vuole e quindi anche nei confronti di uno solo dei titolari. Si vedano le Linee Guida Garanti UE 26 novembre 2014 al punto B.11: «Gli individui non sono obbligati a contattare il sito originale, sia in precedenza o contemporaneamente (alla richiesta di de-listing inoltrata al motore di ricerca), al fine di esercitare i propri diritti nei confronti dei motori di ricerca. Siamo in presenza di due trattamenti differenti, con motivi di legittimità differenziati e anche con impatti diversi sui diritti e gli interessi del soggetto. L'individuo può ritenere che sia meglio, date le circostanze del caso, prima contattare il webmaster originale per chiedere la cancellazione delle informazioni o l'applicazione dei protocolli di "no index ", ma la sentenza non specifica questo (ovvero la CGUE non specifica a quale titolare rivolgersi per primo. È una libera scelta dell'interessato a seconda delle circostanze)». Pertanto alla luce della nuova interpretazione della CGUE Costeja la richiesta di de-listing può essere rivolta sia unicamente all'editore, sia unicamente al motore di ricerca, sia contemporaneamente a entrambi.

Il danno alla web reputation non è solo diffamazione

Nell'Internet il soggetto registra violazioni di varia natura: può trattarsi di lesione dell'onore e della reputazione (diffamazione on line); può trattarsi di illegittimo trattamento dati (sinistro Data Protection); può trattarsi di entrambi o addirittura può trattarsi di manipolazione. Ecco perché non possiamo ridurre la violazione della web reputation unicamente alla fattispecie di diffamazione on line.

La diffamazione si circoscrive nell'ambito dell'offesa diretta o della campagna velatamente denigratoria. Giammai costituisce pieno possesso, gestione di vita e di morte sul soggetto.

Violare la web reputation significa invece compiere violenza sul soggetto informativo acquisendone il controllo con gravissime implicazioni manipolatorie. La persona può trovarsi collocata in momenti temporali che non esistono più; può assistere incredula al disconoscimento pubblico di qualifiche professionali realmente possedute o viceversa vedersi attribuite qualifiche negative immeritate; può trovarsi spettatrice impotente ammantata da un'identità totalmente estranea alla propria; può a propria insaputa essere venduta per gli scopi più disparati.

Pensiamo al caso dell'ex politico locale oggetto di inchiesta giudiziaria andato prosciolto che a distanza di anni vede ancora fluttuare nel web la notizia di cronaca giudiziaria priva di qualsiasi aggiornamento e contestualizzazione (Cass. n. 5525/2012).

Pensiamo al caso dell'imprenditore finanziario soggetto all'abbinamento ingiusto del proprio nome con la qualifica di “truffa”-“truffatore” operato da Google Suggest (Trib. Milano, ord.,1 aprile 2011, Pres. R. Bichi, Rel. M.L. Padova).

Pensiamo al caso della ragazza la cui identità elettronica è stata manipolata dall'ex vendicativo che le ha costruito degli account iscritti a siti di incontri a scopo sessuale indicando il vero numero di cellulare della malcapitata. Quest'ultima si è trovata in un vortice, inizialmente inspiegabile, di telefonate di uomini che le richiedevano prestazioni hard (Cass. pen. n. 5728/2005). Un'altra donna, sempre a causa della manipolazione della propria identità da parte dell'ex vendicativo che aveva postato on line il video di un suo spogliarello collegato con tutti i propri dati identificativi, si è trovata uomini sconosciuti appostati sotto casa ed è stata vittima di condotte di stalking (Cass. pen. n. 28680/2004).

Tra i minori il fenomeno del sexting e delle foto osè delle fidanzatine spedite quali pegni di amore sul cellulare dell'amato hanno scaturito fenomeni virali di violazione della web reputation della malcapitata la cui posa nuda è arrivata sui telefonini di mezza Italia. Qui la violazione si accompagna anche col reato di detenzione e diffusione di materiale pedopornografico. Nel mondo dei ragazzi la lesione della web reputation tipica degli atti di cyberbullismo conduce addirittura al suicidio. Come dimenticare la storia del “ragazzo dai pantaloni rosa”, suicidatosi dopo aver subito per mesi un profilo Facebook intitolato appunto “Il ragazzo dai pantaloni rosa” costruito ad arte da suoi compagni di scuola? Qui ogni giorno venivano postati messaggi denigratori in merito alle ipotetiche tendenze omosessuali della vittima. Vero e proprio episodio non tanto di diffamazione on line ma di manipolazione dell'identità del soggetto.

Il prezzo della persona on line. I casi

La persona on line è un patrimonio informativo elettronico ad alto rischio. L'impatto Data Protection cui può essere sottoposta la vittima a volte implica dei danni irreparabili talmente gravi da condurre a un radicale cambiamento di vita e della personalità.

Quanto costa allora la vita di una persona?

I casi sul quantum risarcitorio registrati nella nostra giurisprudenza non sono molti ma da quelli maggiormente significativi possiamo evincere elementi utili per il calcolo in via equitativa del danno da lesione della web reputation.

Il prezzo della persona on line: casi sul quantum risarcitorio

Euro 70.000 (in via equitativa)

Ad una famosa soubrette vengono attribuite da un giornale telematico delle foto saffico-pornografiche che l'attrice prontamente smentisce. La persona offesa, costituitasi parte civile nel processo penale, chiede il risarcimento del danno per lesione della propria reputazione sia sotto il profilo patrimoniale in termini di contratti di lavoro perduti sia sotto il profilo non patrimoniale in termini di peggioramento della qualità dell'esistenza e dei rapporti interpersonali (danno esistenziale)

Il Giudice ritiene che il danno patrimoniale non sia supportato da prove tali da renderlo configurabile e dunque non accoglie questa voce risarcitoria. Accoglie invece l'ipotesi risarcitoria del danno non patrimoniale sotto il profilo del pregiudizio all'esistenza della donna: «È stato invece provato che a seguito della diffusione della notizia per cui è causa l'attrice abbia passato un periodo di disagio e abbia condotto una vita diversa da quella vissuta in precedenza» (Trib. Roma 6 settembre 2005).

Euro 15.000 (in via equitativa)

«Non possono sussistere ragionevoli dubbi sull'affermazione di civile responsabilità del convenuto quanto agli effetti e ai pregiudizi arrecati dal messaggio del giorno 1 ottobre 2008 e dalla reale (e ancor potenziale) sua diffusione … alla luce del cennato carattere pubblico del contesto che ebbe a ospitare il messaggio de quo, della sua conoscenza da parte di più persone e della possibile sua incontrollata diffusione a seguito di tagging. Elemento quest'ultimo idoneo ad ulteriormente qualificare la potenzialità lesiva del fatto illecito».

Il magistrato della pronuncia in questione ha valutato molto grave il potenziale lesivo del messaggio proprio perché postato in questa modalità virale (tagging) che conferisce una risonanza micidiale alle offese e proprio per questo riconosce alla ragazza un danno non patrimoniale in via equitativa di euro 15.000,00 (Trib. Monza 2 marzo 2010)

Euro 2.000

Sulla pubblicazione e diffusione on line senza consenso dello spogliarello e dell'utenza cellulare della ex anche stalking di terzi sconosciuti: «con sentenza del 22 marzo 2002 la Corte d'appello di Torino ha integralmente confermato quella resa il 28 giugno 2001 dal GIP del Tribunale torinese che – procedendo col rito abbreviato – aveva condannato A.M. alla pena di quattro mesi di reclusione, con i doppi benefici di legge nonché al risarcimento dei danni a favore della parte civile avendolo riconosciuto colpevole in particolare dei seguenti reati: art. 35, commi 2 e 3, l. n. 675/1996 (attuale art. 167 Codice privacy – Trattamento illecito dati) perché allo scopo di recarle danno ed effettivamente procurandole un nocumento – aveva diffuso su un sito Internet, senza il consenso dell'interessata, immagini di (... Tizia) tratte da una videocassetta contenente un suo “spogliarello”, pubblicando altresì il numero telefonico dell'utenza cellulare della stessa».

Da segnalare che in questo caso la ragazza avrebbe potuto richiedere un danno maggiore (le venne riconosciuto un danno di circa 2.000 euro) perché a causa dell'evento lesivo aveva subito non solo un danno morale enorme ma anche un gravissimo danno esistenziale in quanto tutta la sua vita era stata sconvolta da questo episodio. Basti pensare che di solito si trovava sotto casa degli uomini sconosciuti ad attenderla e che per questo era costretta a farsi accompagnare ovunque dai familiari che addirittura andavano a riprenderla perfino a lavoro.

(Cass. pen., sez. III, 1 luglio 2004, n. 28680)

Danno web reputation. Tipologia e criteri di calcolo.

Le tipologie di danno derivanti dal web sono il danno alla vita di relazione e eventualmente il danno biologico-psichico.Il danno alla vita di relazione o danno esistenziale dopo le Sentenze gemelle di San Martino del 2008 non veniva più considerato in modo autonomo ma quale componente del danno alla persona nella propria integralità. Oggi questa tipologia di pregiudizio sta riaffiorando anche in forma autonoma (Cass. civ. sez. III, 3 ottobre 2013 n. 22585). Potremmo dunque tentare di calcolare il danno da lesione della web reputation o come danno alla vita di relazione in via autonoma o come danno biologico statico e/o dinamico.

I metodi di calcolo del pregiudizio alla web reputation possono individuarsi nel metodo tabellare e nel metodo equitativo. Ovviamente l'assunzione dell'uno o dell'altro dipende dalle risorse economiche impiegate dall'istante. L'applicazione delle tabelle Milanesi è più costosa perché presuppone la redazione di una perizia mentre la via equitativa è più economica in quanto conta sulle allegazioni e sulle presunzioni.

Metodo tabellare.

Questo metodo è il più costoso ma è anche quello che conferisce maggiori certezze.

In primis occorre richiedere una perizia di parte i cui esiti costituiranno la base di calcolo per la liquidazione o per la personalizzazione. Preme evidenziare che la perizia cui ricorrere non è la perizia redatta dal medico legale bensì la perizia redatta da una figura professionale apposita specializzata in psicologia giuridica (ad es.: AIPG, Linee Guida per l'accertamento e la valutazione psicologico-giuridica del danno alla persona). Unitamente a questa figura dovrà essere adottata anche la competenza di un esperto di Computer Forensics e di comunicazione on line in grado di avvalorare la gravità del pregiudizio e di stimare i costi di una campagna reputazionale positiva. In definitiva per ottenere una buona base di calcolo occorre consultare un collegio di periti. Parimenti il Tribunale quando dispone la CTU dovrebbe affidarla a un collegio peritale pena il vulnus al principio dell'integralità del risarcimento del danno.

Una volta stabilita in via peritale l'entità del nocumento, si procede alla relativa monetizzazione grazie all'applicazione delle Tabelle Milanesi. Poniamo ad esempio che la perizia abbia stabilito il danno in un livello gravissimo (classe V delle AIPG Linee Guida per l'accertamento e la valutazione psicologico-giuridica del danno alla persona) e lo abbia quantificato nella misura del 90%.

Se consideriamo il pregiudizio alla stregua di un danno alla vita di relazione in via autonoma applichiamo la liquidazione Tabelle Milanesi per medesima età dell'interessato corrispondente al 90%.

Se invece consideriamo il pregiudizio alla stregua di una danno biologico-psichico (evinto dalla perizia ad esempio nell'ordine del 18%) applichiamo la liquidazione Tabelle Milanesi per medesima età dell'interessato corrispondente al 18% unitamente alla personalizzazione nella misura massima consentita (perché il punteggio del danno alla vita di relazione era del 90%).

Metodo equitativo.

Questo metodo è più economico ma implica il rischio di non ottenere un risarcimento integrale del danno subito in quanto non sempre le vie presuntive rappresentate trovano conferma in aula.

In questo ambito occorre apparecchiare il tavolo del Giudice con tutto il possibile:

  • dati statistici;
  • testimonianze;
  • allegazioni scientifiche;
  • allegazioni tecnologiche;
  • evidenze informatiche;
  • documentazione.

Un utile strumentario di calcolo si ravvisa nei parametri di pregiudizio. Uno studio sul Tribunale di Milano può costituire un valido esempio anche se le statistiche riportate non possono essere di riferimento perché attinenti ai dati sulla diffamazione on line. Questo studio (Peron-Galbiati, 2010-2012. Diffamazione tramite mass-media: i nuovi orientamenti dei giudici di merito tra prova del danno e liquidazione del risarcimento) riporta i parametri utilizzati per calcolare il pregiudizio da diffamazione on line: mezzo di comunicazione utilizzato; divulgazione su quotidiani a diffusione solamente locale; qualità soggettive della persona danneggiata o ruolo da questa ricoperto; avvenuta rettifica e con quali modalità.

Unitamente a questi parametri occorre valutare degli indicatori precipui della web reputation e dell'ambiente Internet che potremmo definire “indicatori-web reputation”:

  • numero dei siti web in cui il contenuto lesivo è stato riprodotto;
  • grado di difficoltà per eliminare il contenuto lesivo dalla Rete;
  • tempo di permanenza del contenuto lesivo sulla rete: c.d. ultrattività;
  • gravità dell'effetto manipolatorio;
  • grado di difficoltà nella ricostruzione della propria reputazione on line;
  • somma preventivata per una campagna web di riabilitazione della reputazione.

Nel danno alla vita di relazione e/o alla psiche dell'interessato occorre considerare con particolare attenzione l'indicatore del grado dell'effetto manipolatorio. Maggiore è l'effetto manipolatorio evincibile dalle prove informatiche maggiore anche in via presuntiva dovrà essere il risarcimento. La liquidazione del pregiudizio di una ragazza oggetto di commenti lesivi su Facebook sarà minore di quella dovuta alla ragazza oggetto di manipolazione dell'identità costruita per sviluppare un determinato sentiment (disponibilità a relazioni sessuali) in una community di scambisti.

Il rilievo di livelli alti degli “indicatori-web reputation” dovrebbe condurre il Giudice in via equitativa a concludere per un congruo risarcimento considerato in una scala di valori assunti su base statistica in cui il minimo equivale a euro 2.000 e il massimo equivale a euro 70.000 come nei casi sopra menzionati.

Alla somma così individuata occorre aggiungere il costo della campagna reputazionale atta a riabilitare l'identità distorta dal sinistro Data Protection: considerando una cifra nei minimi per una fattispecie di media gravità possiamo stimare una spesa di circa euro 50.000. Così in via equitativa per un caso di media gravità potremmo calcolare euro 25.000 di danno non patrimoniale + euro 50.000 di campagna reputazionale (danno patrimoniale), il tutto per un totale di euro 75.000.

Conclusioni

La Società dell'Informazione ci ha ormai inquadrati tutti quali soggetti digitali. Non per questo tuttavia dobbiamo rinunciare al diritto di essere noi stessi e di autodeterminarci nonostante tutte le insidie del cyberspazio. In un contesto siffatto la web reputation necessita un grado di tutela costituzionale pari a quello della Persona. Valorizzare il soggetto nell'Internet significa anche riconoscere l'integralità del risarcimento in caso di sinistro-Data Protection (ovvero violazioni della reputazione-identità on line). La Società dell'Informazione si costituisce sulla certezza dei rapporti (firma digitale) e sulla sicurezza dei cittadini digitali (misure sicurezza Data Protection) in modo tale che nessuno acceda all'Internet civilizzato temendo di subire furti di identità o manipolazioni della propria esistenza elettronica. Ne conseguirebbe altrimenti un'involuzione di fiducia tale da rovinare l'economia. Pensiamo a uno Stato che permetta di viaggiare senza assicurazione sulle proprie strade. Chi vorrebbe avventurarsi in un luogo senza garanzie? Parimenti la Società dell'Informazione deve rendere l'Internet un posto sicuro in cui chi viene danneggiato sia certo di ottenere un congruo risarcimento e chi commette illeciti sia altrettanto certo che dovrà pagarne le conseguenze. I tempi sono maturi per una RC Internet e chissà…anche per una polizza assicurativa contro i sinistri web reputation.

Guida all'approfondimento

- Garante Privacy, Archivi storici on line dei quotidiani e reperibilità dei dati dell'interessato mediante motori di ricerca esterni, 24 gennaio 2013;

- Garante Privacy, Archivi storici on line dei quotidiani: accoglimento dell'opposizione dell'interessato alla reperibilità delle proprie generalità attraverso i motori di ricerca, 11 dicembre 2008.

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