Commercialista condannato a pagare 1.000.000 di € al cliente per il parere sbagliato

Redazione Scientifica
27 Luglio 2016

Il commercialista che non conclude il mandato conferitogli raggiungendo lo specifico obiettivo (nel caso di specie la realizzazione di una ristrutturazione societaria esente da imposta) deve risarcire il cliente della somma versata all'Erario.

Il caso. Tizio e Caia, al fine di realizzare una ristrutturazione di un gruppo societario, si rivolgevano ad un commercialista per affidargli la gestione dell'operazione. Nonostante il professionista avesse assicurato che tale operazione non avrebbe comportato esborsi fiscali, poiché i conferimenti sarebbero rientrati nel regime di sospensione d'imposta, Tizio e Caia furono costretti a versare 1.000.000 di euro di imposte. Veniva pertanto proposta domanda di inadempimento e di risarcimento del danno nei confronti del commercialista.

I giudizi di merito. Il Tribunale di primo grado accoglieva in parte la domanda. Nel dettaglio riteneva che l'inadempimento del professionista fosse soltanto parziale e non così grave da giustificare la risoluzione del contratto di mandato professionale. La Corte d'appello, invece, accertava e dichiarava il grave e totale inadempimento del professionista per l'assunta obbligazione di progettare una ristrutturazione del gruppo societario esente da tasse. Il commercialista veniva quindi condannato al risarcimento del danno cagionato alla società, in misura pari a quanto versato per oneri fiscali (un milione di euro).

Il soccombente ricorreva allora in Cassazione lamentando la mancanza di prova circa la realizzabilità di una ristrutturazione del gruppo societario senza oneri fiscali e la conseguente mancanza di prova del nesso causale tra inadempimento e danno.

Il mandato e gli obiettivi: la specifica riorganizzazione esente da tassazione. I motivi di ricorso non sono fondati, dal momento che – spiega la Cassazione – si infrangono contro il corretto impianto motivazionale del giudice di seconde cure «nella parte in cui ha ritenuto che il rapporto contrattuale fra committente e professionista venne regolato sulla base della precisa individuazione di alcuni obiettivi da raggiungere (…) e, in particolare, quello della sospensione d'imposta, assicurata erroneamente» dal professionista, «ciò rendeva la sua obbligazione strumentale al conseguimento di quel preciso risultato, nella specie non raggiunto per causa imputabile al debitore, inadempiente in toto all'obbligo assunto ex contractu», ossia la riorganizzazione del gruppo societario in esenzione di imposta.

In conclusione è del tutto inconferente l'argomentazione del commercialista per cui l'incarico di ristrutturazione sarebbe stato conferito anche nel caso di irraggiungibilità dell'obiettivo della neutralità fiscale.

La Cassazione pertanto rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

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