Liquidazione equitativa pura del danno non patrimoniale: no grazie!

Redazione Scientifica
30 Ottobre 2015

Ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, in assenza di criteri stabiliti dalla legge, non è consentita la liquidazione equitativa c.d. pura, svincolata, cioè, da criteri obiettivi di liquidazione del danno, che analizzino le variabili del caso concreto. È, infatti, necessario che l'iter logico tramite il quale il giudice procede alla quantificazione sia verificabile a posteriori, soprattutto sotto il profilo dell'adeguata personalizzazione del danno.

L'incidente stradale. Due minori trasportati sull'automobile – priva di copertura assicurativa - di proprietà e condotta dalla loro madre, decedevano a seguito di un incidente stradale causato da quest'ultima. Il padre, in proprio e in qualità di rappresentante della figlia minore superstite, chiedeva il risarcimento dei danni subiti da lui e dalla figlia a seguito della morte dei due minori.
Il Tribunale accoglieva le domande di parte attrice e quantificava il danno in favore di ciascuno degli attori tenendo conto delle tabelle del Tribunale di Palermo allora vigenti. La Corte d'appello riformava parzialmente la sentenza di primo grado, ridimensionando il risarcimento del danno non patrimoniale.
La questione veniva quindi sottoposta al vaglio dei Giudici di legittimità. Sia il padre che la figlia lamentavano che la Corte d'appello, nel procedere alla quantificazione dei danni non patrimoniali da loro riportati, aveva fatto ricorso al criterio equitativo puro: la Corte di merito, infatti, non aveva fatto riferimento a nessuna delle tabelle in uso presso i tribunali, né aveva ancorato la propria liquidazione ad altri criteri obiettivi.

Il percorso della giurisprudenza per garantire la personalizzazione e l'uniformità del risarcimento del danno. In primis, gli Ermellini hanno ricordato che negli ultimi anni la giurisprudenza del Supremo Collegio, in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, ha seguito un percorso volto a garantire sempre più la personalizzazione del danno, ancorandone la quantificazione a parametri obiettivi, quali le tabelle in uso presso i vari tribunali.
Al fine di garantire il più possibile l'uniformità di giudizio, poi, il Supremo Collegio ritiene opportuno far riferimento non solo ad un criterio di quantificazione obiettivo, ma ad un criterio in assoluto preferibile, ovvero quello predisposto dal Tribunale di Milano - criterio considerato ottimale per svariate considerazioni, non ultima l'ampia diffusione sul territorio nazionale.
Premesso quanto sopra, la Suprema Corte precisa che non può più considerarsi legittima la liquidazione del danno non patrimoniale che, come nel caso di specie, faccia riferimento al criterio equitativo puro, svincolato da qualsiasi parametro di riferimento. Diversamente, si avallerebbe una quantificazione «arbitraria ed immotivata», che non rende evidente e controllabile l'iter logico seguito dal giudice di merito, impedendo la verifica dell'avvenuta adeguata personalizzazione del risarcimento.
Segue, quindi, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla Corte d'appello territoriale in diversa composizione.

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