Processo telematicoFonte: D.Lgs. 7 marzo 2005 n. 82
08 Luglio 2015
Inquadramento BUSSOLA IN FASE DI AGGIORNAMENTO DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE Il Processo civile telematico (PCT) può essere definito come quell'infrastruttura, normativa e tecnica, che consente agli utenti di depositare con valore legale in via telematica gli atti del processo civile senza accedere fisicamente alla cancelleria purché quegli atti risultino firmati digitalmente e vengano trasmessi all'ufficio giudiziario attraverso il sistema di posta elettronica certificata tramite un punto di accesso che consente, poi, l'accesso al fascicolo informatico. Il Processo civile telematico consente, inoltre, alla cancelleria di effettuare le notificazioni e comunicazioni in via telematica, ai consulenti tecnici di depositare gli elaborati in via telematica nonché al giudice di redigere i provvedimenti in formato digitale nativo attraverso la propria consolle e depositarli telematicamente presso la cancelleria. Le norme del processo civile telematico si applicano al processo civile, contenzioso e di volontaria giurisdizione, davanti al Tribunale e alla Corte di appello nonché alle procedure esecutive e prevedono la consultazione dei registri di cancelleria (civile ed esecuzioni) e si estenderanno poi anche al Giudice di pace e alla Corte di Cassazione. Notificazioni e comunicazioni telematiche
Dopo l'informatizzazione dei registri di cancelleria, quella che possiamo definire come la prima fase del processo civile telematico è stata quella caratterizzata dalla previsione dell'obbligo di eseguire tutte le notificazioni e le comunicazioni per via telematica mediante la posta elettronica certificata previsto dall'art. 4 d.l. 29 dicembre 2009,n. 193 da parte della cancelleria e da parte dell'ufficiale giudiziario (art. 149-bis c.p.c.). A tal fine sono state introdotte alcune modifiche al codice di procedura civile prevedendo che negli atti processuali sia obbligatoria l'indicazione del codice fiscale delle parti e del difensore nonché l'indirizzo di posta elettronica certificata di quest'ultimo da utilizzare come chiave primaria per la loro identificazione al sistema informatico. Occorre, poi, ricordare alcune date che hanno rappresentato, per così dire, gli spartiacque in ordine all'obbligatorietà del deposito telematico degli atti civili. La norma principale è senz'altro l'art. 16-bis d.l. 179/2012 che aveva previsto che a decorrere dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Norma che, con riferimento alle procedure concorsuali, si applica esclusivamente al deposito degli atti e dei documenti da parte del curatore, del commissario giudiziale, del liquidatore, del commissario liquidatore e del commissario straordinario. Quanto ai processi esecutivi di cui al libro III del codice di procedura civile l'obbligatorietà si applica successivamente al deposito dell'atto con cui inizia l'esecuzione mentre, con riferimento al deposito nei procedimenti di espropriazione forzata della nota di iscrizione a ruolo, essa, a partire dal 31 marzo 2015, ha luogo esclusivamente con modalità telematica, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.
Inoltre, il comma 5 dell'art. 16-bis del d.l. 179/2012 ha previsto la possibilità che il Ministro della giustizia emani uno o più decreti nei quali può individuare i tribunali (ma anche le Corti di appello) nei quali viene anticipato, nei procedimenti civili iniziati prima del 30 giugno 2014 ed anche limitatamente a specifiche categorie di procedimenti, il termine fissato dalla legge per l'obbligatorietà del deposito telematico.
Ne deriva l'assoluta necessità per gli avvocati di consultare la banca dati dei decreti del Ministero della Giustizia al fine di verificare lo stato dell'arte del PCT presso il Tribunale ove deve essere compiuta l'attività processuale ( http://pst.giustizia.it/PST/it/pst_2_4.wp ) . Peraltro, una delle questioni che si è posta, specialmente dopo l'entrata in vigore dell'art. 16-bis, è stata quella di sapere quale sia il regime giuridico dell'atto introduttivo del giudizio ovvero dell'atto endo-processuale depositato in una causa anteriore al 30 giugno 2014. Orbene, a tal proposito, si deve registrare che la giurisprudenza si è divisa in ordine all'ammissibilità o no del deposito dell'atto telematico. L'orientamento maggioritario della giurisprudenza di merito ha ritenuto che, in assenza di uno specifico divieto, il deposito telematico degli atti introduttivi del giudizio nonché degli atti endo processuali relativi ai procedimenti instaurati prima del 30 giugno 2014, non comporta l'inammissibilità dell'atto telematico. Ed infatti, pur a voler ammettere l'invalidità dell'atto (ovvero del deposito) occorre comunque fare applicazione dei principi generali in materia di nullità degli atti processuali che impediscono, comunque, di pronunciare la nullità di un atto processuale se questo ha raggiunto il suo scopo (come avviene tutte le volte in cui l'atto telematico viene “caricato” sul sistema). Un orientamento minoritario della giurisprudenza, invece, ha ritenuto che il deposito di un atto in via telematica fuori dalle ipotesi previste dall'art. 16-bis è ammissibile soltanto nei limiti previsti dal decreto dirigenziale che riguarda un certo ufficio giudiziario a norma dell'art. 35 d.m. 44/2011. Conseguentemente, fuori da queste ipotesi, l'atto depositato telematicamente deve considerarsi inammissibile con ogni conseguenza (ad esempio, la comparsa di costituzione in giudizio depositata soltanto telematicamente determina la decadenza della parte dai poteri processuali previsti dall'art. 167 c.p.c.).
Da segnalare, poi, che una parte della giurisprudenza ha messo in evidenza come l'art. 16-bis non parli mai di atti introduttivi e di atti endo-processuali bensì del deposito di atti processuali e di documenti “da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite”. Sulla base di questa precisazione, ad esempio, il Trib. Torino con ordinanza del 6 marzo 2015 ha dichiarato l'inammissibilità di un reclamo cautelare depositato in formato cartaceo anziché in via telematica dall'avvocato precedentemente costituito (contra Trib. Asti, ord., 23 marzo 2015). La distinzione tra atti introduttivi e atti endoprocessuali (nonché le conseguenze sull'ammissibilità del deposito telematico di atti diversi da quelli previsti come obbligatori) è stata superata dall'art. 19 d.l. 83/2015 (attualmente in attesa di conversione) poiché ha espressamente previsto che nell'ambito dei procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione innanzi ai Tribunali e, a decorrere dal 30 giugno 2015, innanzi alle Corti d'Appello è sempre ammesso il deposito telematico dell'atto introduttivo o del primo atto difensivo e dei documenti che si offrono in comunicazione, da parte del difensore o del dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente. Il deposito telematico degli atti e dei documenti
Una volta individuati quali sono gli atti e i documenti che devono essere depositati in via telematica dobbiamo esaminare come avviene il deposito. Orbene, attualmente la modalità di deposito degli atti (con riferimento al flussi dall'esterno del sistema giustizia) è fondata sulla logica della posta elettronica certificata. Il che significa che per il deposito occorrerà che l'utente accreditato all'accesso al dominio giustizia prima di tutto formi un atto in formato PDF senza elementi attivi ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; senza poter effettuare alcuna scansione di immagini e poi sottoscriverlo con la propria firma digitale. La presenza di elementi attivi ovvero la realizzazione dell'atto tramite scansione, per la giurisprudenza maggioritaria renderebbe l'atto nullo. Così ha ritenuto, con riferimento alla presenza di collegamenti ipertestuali, Trib. Roma, 20 aprile 2015 e, con riferimento alla scansione di immagini, Trib. Livorno, 25 luglio 2014 dove si afferma che un atto così realizzato non raggiunge lo scopo di immediata leggibilità da parte di tutti gli utenti. Tuttavia, una parte minoritaria ha ritenuto che la scansione di immagini integri una mera irregolarità che non può portare alla nullità dell'atto: Trib. Vercelli, 4 agosto 2014. Una volta creato il file PDF (e, soprattutto, verificato con un apposito software l'assenza di elementi attivi nel file) e una volta sottoscritto con firma digitale, l'utente dovrà creare una busta telematica (avente formato .enc) e poi inviarla come allegato ad un messaggio di posta elettronica (o più messaggi nel caso il peso superi quello massimo consentito) avente come oggetto minimo la dizione “deposito” dal proprio indirizzo PEC (precedentemente accreditato al dominio giustizia) all'indirizzo di posta elettronica certificata dell'ufficio giudiziario presso il quale occorre effettuare il deposito.
La verifica del rispetto dei termini processuali
Una volta inviato il messaggio di posta elettronica certificata, nella “posta in arrivo” della casella di posta elettronica del mittente potremo avere (se tutto va a buon fine) quattro messaggi. Il primo messaggio darà conto dell'avvenuta “Accettazione” del messaggio da parte del gestore della posta elettronica. Il secondo messaggio darà, invece, conto dell'avvenuta “Consegna” del messaggio al dominio giustizia e, come vedremo tra poco, è il più importante (Ricevuta Avvenuta Consegna c.d. RAC). Il terzo messaggio comunicherà l'esito dei controlli automatici mentre il quarto ed ultimo messaggio darà conferma della “Accettazione del deposito” e il suo caricamento nel fascicolo informatico da parte del cancelliere. Orbene, non vi è dubbio che il secondo messaggio (e, cioè, quello attestante l'avvenuta consegna del messaggio) è quello rilevante al fine di verificare il rispetto dei termini processuali da parte del depositante. Ed infatti, l'art. 16-bis, comma 7, stabilisce che il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto nel momento in cui viene garantita la ricevuta di avvenuta consegna (RAC) da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero della giustizia, giacché è tale ricevuta che, secondo la previsione dell'art. 13 del D.M. n. 44 del 2011, attesta la ricezione del documento da parte del dominio giustizia. Peraltro, il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza. Del resto ciò è in linea con quanto previsto dall'art. 149-bis, comma 3, c.p.c. secondo cui “la notifica[a mezzo posta elettronica certificata] si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario”. Viceversa, è del tutto irrilevante, ai fini della valutazione circa la tempestività, l'eventuale scarto temporale tra il deposito in via telematica, la lavorazione della “busta” da parte della Cancelleria e la messa a disposizione di memorie e documenti poiché a tal fine non può che risultare rilevante il solo momento in cui è materialmente intervenuto il deposito, ossia la consegna della busta contenente costituzione e documenti (Trib. Milano, sez. lav., 31 ottobre 2014, n. 2824). Peraltro, in un caso, il Trib. Milano, sez. Lavoro, con sentenza 8 febbraio 2013 ha dichiarato improcedibile (sic!) l'azione proposta perché la cancelleria non aveva messo a disposizione (per difetto del sistema informatico) il ricorso e i documenti allegati alla controparte.
Nel caso in cui il sistema informatico non dovesse funzionare, il Presidente del Tribunale - dietro istanza di parte - può autorizzare il deposito degli atti con modalità non telematiche quando sussiste una indifferibile urgenza (Trib. Milano 12 gennaio 2015). In ogni caso, laddove il blocco del sistema si sia verificato in coincidenza con lo spirare del termine sarà sempre possibile chiedere, e ottenere, dal giudice la rimessione in termini ex art. 153, comma 2 c.p.c. (Trib. Trento, decr., 30 gennaio 2015). Nell'eventualità in cui la parte si trova nella necessità di dover effettuare un deposito cartaceo (ad esempio perché deve depositare l'originale della scrittura privata ai fini della verificazione) dovrà chiedere l'autorizzazione al giudice per procedere al deposito cartaceo del documento analogico originale. Resta, poi, fermo il potere del giudice di ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti “per ragioni specifiche”. No, esso non è obbligatorio e non può essere sanzionato nonostante la previsione di una copia di cortesia sia generalmente prevista dai Protocolli sul processo civile telematico. Ed infatti, i protocolli non sono dotati di forza cogente (Trib. Torino, 15 marzo 2015) ed inoltre, la previsione dell'obbligo di deposito della copia di cortesia si pone in insanabile contraddizione con l'informatizzazione del processo sia, con riferimento al profilo della riduzione dei costi (della carta in particolare) che a quello di non dover avere più necessità di accedere fisicamente alle cancellerie. Nonostante ciò occorre ricordare per la vasta eco che ha avuto (e per la successiva presa di posizione del Presidente del Tribunale di Milano) la sentenza del Tribunale di Milano 15 gennaio 2015 che ha sanzionato il comportamento della parte che non aveva depositato la copia di cortesia della memoria conclusiva ai sensi dell'art. 96, comma 3 c.p.c. In base al comma 9-bis dell'art. 16-bis , ad eccezione dei provvedimenti giudiziali che autorizzano il prelievo di somme di denaro vincolate all'ordine del giudice, il difensore, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore ed il commissario giudiziale possono estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche (anche per immagine) degli atti e dei provvedimenti di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest'ultimo, presenti nei fascicoli informatici attestandone la conformità delle copie estratti ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico. Le notificazioni telematiche in proprio degli avvocati
Il quadro del Processo civile telematico si completa, infine, con la nuova disciplina delle notificazioni in proprio degli avvocati che possono (e talvolta devono) utilizzare la notificazione a mezzo posta elettronica certificata. A tal fine il d.l. 90/2014 ha modificato, semplificandola, la disciplina della L. 53/1994 in quanto il difensore (e non il mero domiciliatario) potranno procedere alla notifica telematica senza necessità di previa autorizzazione del Consiglio dell'ordine e senza la previa iscrizione nel Registro cronologico. Sarà quindi sufficiente che l'avvocato disponga di una propria casella di posta elettronica certificata, della firma digitale e dell'indirizzo PEC del destinatario della notificazione estratto da un pubblico registro e che si premuri, ai fini della tempestività della notifica, che la Ricevuta di consegna venga generata entro le ore 21 del giorno di scadenza (altrimenti la notificazione si intenderà effettuata il giorno successivo). |