Indagini penali e processo tributario, non occorre esibire l’autorizzazione del Giudice
09 Aprile 2015
Il materiale probatorio raccolto dalla GdF nel corso di indagini penali, può essere utilizzato nel processo tributario anche se la relativa autorizzazione non è stata prodotta o riprodotta testualmente. E non solo. È utilizzabile anche se l'indagine penale non si sia svolta nei confronti del contribuente ma di altro soggetto. Questo il principio che la Corte di Cassazione, restando fedele alla propria giurisprudenza passata, ha ribadito nella sentenza del 2 aprile scorso, n. 6796, annullando la pronuncia di merito che (più garantista nei confronti del contribuente) bocciava l'accertamento in difetto della menzionata autorizzazione.
I fatti di causa La società contribuente riceveva avviso di accertamento, scaturito da due PVC della GdF con cui venivano disconosciuti costi contabilizzati e recuperati ricavi non contabilizzati. Proposto ricorso dinanzi alle Commissioni Tributarie, l'atto veniva annullato dalla CTR perché in difetto della preventiva autorizzazione dell'AGO ad utilizzare i reperti delle indagini penali nel processo tributario.
La decisione della Suprema Corte Impugnata vittoriosamente la sentenza d'Appello, l'Amministrazione lamentava agli Ermellini, l'assenza di prova del fatto che le indagini penali fossero preesistenti rispetto a quelle tributarie, dunque l'insussistenza del dubbio circa la necessità dell'autorizzazione. Come chiarito dai Supremi Giudici, l'autorizzazione ex art. 33, comma 3, D.P.R. 600/73, non è posta a tutela del contribuente ma della riservatezza delle indagini penali, dunque, la mancata produzione o riproduzione testuale della medesima, di cui siano indicati gli estremi, “non determina in alcun modo la nullità dell'accertamento e ciò neppure nel caso in cui l'attività di polizia giudiziaria riguardi soggetti diversi dal contribuente”. |