Accertamento con adesione e sospensione dei termini per ricorrere: una questione ancora aperta?

Pietro Rossomando
09 Novembre 2015

La cumulabilità della sospensione feriale dei termini processuali nell'ambito del procedimento di accertamento con adesione, soprattutto dopo un recentissimo arresto giurisprudenziale, si rivela una questione di non poco spessore dottrinale e di non trascurabile riflesso applicativo.
Per una corretta interpretazione delle norme: accertamento con adesione

L'istituto dell'accertamento con adesione è stato reintrodotto nell'ordinamento tributario ad opera del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218 (di seguito, il “Decreto” ), in attuazione dei principi e dei criteri direttivi impartiti dall'art. 3, co. 120, Legge 23 dicembre 1996, n. 662 (recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica), succedendo alla previgente disciplina con non pochi e rilevanti innesti innovativi (cfr. artt. 2-bis, D.L. 30 settembre 1994, n. 564, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e 3 D.L. 29 giugno 1996, n. 342, recante misure di completamento della manovra di finanza pubblica).

Rispetto al previgente istituto, il nuovo accertamento con adesione custodisce il pregio di aver superato i vecchi confini, ora sul piano strettamente applicativo, estendendone la riferibilità a tutte le tipologie di contribuenti, a tutte le categorie reddituali e modalità di determinazione del reddito, ora sul piano dell' ”interesse fiscale”, rilevando come più centrale e di pari validità l'interesse del contribuente che, al di là dell'esito, partecipa all'attività amministrativa volta ad una valutazione condivisa della pretesa (nel senso di un mutamento, seppur timido, del rapporto Stato-contribuente si esprimono MICCINESI M., Accertamento con adesione e conciliazione giudiziale, in Commento agli interventi di riforma tributaria, Padova, 1999; STIPO M., L'accertamento con adesione del contribuente ex D.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, nel quadro generale delle obbligazioni di diritto pubblico e il problema della natura giuridica, in Rass. trib. 1998. E d'altronde non può non rilevarsi che lo strumento in parola inauguri una nuova fase orientata ad una maggiore valorizzazione del contraddittorio nell'ambito del procedimento amministrativo, sulla scia dell'esperienza legislativa esplorata già con la Legge 7 agosto 1990, n. 241. Sul concetto di interesse fiscale, invece, si rinvia al contributo di DE MITA E., Interesse fiscale e tutela del contribuente. Le garanzie costituzionali, Milano, 2006).

Del resto, il dibattito sull'inquadramento della reale natura dell'istituto ha fatto emergere essenzialmente due orientamenti contrapposti. Una prima tesi assimila l'accertamento con adesione ad un contratto di transazione, utilizzando concetti ora privatistici ora di diritto pubblico (aderiscono a questo filone interpretativo, tra gli altri, MARELLO E., L'accertamento con adesione, Torino, 2009; RUSSO P., Manuale di diritto tributario, Milano, 2007).

Secondo altro orientamento, invece, il provvedimento emesso è riconducibile ad un atto unilaterale della Pubblica Amministrazione con l'assunzione dell'adesione del contribuente quale condicio iuris per la sua efficacia (ove l'atto dell'ufficio conserva comunque la natura di un accertamento, sebbene si ponga come la conseguenza di un accordo. In questo senso si vedano, in ordine di adesione, GIANNINI A.D., Istituzioni di diritto tributario, VII ed., Milano, 1957. A questo filone sembra aderire anche GALLO F., La natura giuridica dell'accertamento con adesione, in Riv. Dir. Trib., 2002. Per altro verso si orienta VERSIGLIONI M., Accordo e disposizione nel diritto tributario, Milano, 2001, al quale si rimanda per una completa ricostruzione della letteratura che tenta di disancorare l'accertamento del tributo dal vincolo dell'indisponibilità, legittimando un “accordo” con l'Amministrazione finanziaria).

L'accertamento con adesione, dunque, costituendo una mera esplicazione di una funzione pubblica, prevede sul piano funzionale l'avvio di un iter procedimentale finalizzato all'instaurazione di un contraddittorio e al perfezionamento della sua procedura.

La ratio dell'istituto non si esaurisce solo nell'obiettivo di prevenire l'impugnazione dell'atto impositivo (e il suo esito incerto), ma anche di rendere più celere la riscossione dell'imposta “accordata”, mantenendo comunque un ruolo centrale nel riesame dell'operato dell'ufficio impositore nel quadro degli schemi partecipativi del rapporto tributario (da ultimo, il D.L. 25 giugno 2008, n. 112 ha introdotto l'art. 5-bis nel corpo del D.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, riconoscendo al contribuente la facoltà di aderire al verbale di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto redatti ai sensi dell'art. 24, della L. 7 gennaio 1929, n. 4).

Quanto agli effetti, invece, punto cardine è quello della sospensione dei termini per l'impugnazione dell'atto impositivo per un periodo di 90 giorni, decorrenti dalla presentazione della relativa istanza da parte del contribuente. La lettera di cui all'art. 6, co. 3, del Decreto, infatti, dispone che Il termine per l'impugnazione (…) e quello per il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto accertata, (…) sono sospesi per un periodo di novanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza del contribuente; l'iscrizione a titolo provvisorio nei ruoli delle imposte accertate dall'ufficio, (…) è effettuata, qualora ne ricorrano i presupposti, successivamente alla scadenza del termine di sospensione (…)”.

La stessa Corte Costituzionale, in una pronuncia non molto risalente di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, co. 3, del Decreto, ha evidenziato che l'accertamento con adesione ha la finalità di prevenire l'impugnazione dell'atto tributario notificato, favorendo l'instaurazione di un proficuo esercizio del contraddittorio con il contribuente per giungere ad una definizione concordata e preventiva della controversia (cfr. Corte Cost., 15 aprile 2011, n. 140. In dottrina, con nota di INGRAO G., Accertamento con adesione e sospensione “fissa” dei termini per ricorrere: una norma ragionevole, in Riv. Dir. Trib., n. 7-8/2011; PICCIAREDDA F., La Corte costituzionale valorizza la funzione consensuale dell'accertamento con adesione, in Riv. Giur. Trib., n. 7/2011. In questi termini si veda anche la Risoluzione ministeriale, 11 novembre 1999, n. 159/E, nonché la Circolare ministeriale, 8 agosto 1997, n. 235/E, a tenore della quale l'accertamento con adesione è strumento che fornisce, per un verso, all'Amministrazione finanziaria ed al contribuente uno “strumento snello ma, al tempo stesso, garantista, per giungere ad una rapida definizione della pretesa tributaria” e, per l'altro, “di incrementare il gettito fiscale e ridurre drasticamente il contenzioso tributario”. In giurisprudenza si veda, per tutte, Cass. civ., sez. trib., 30 dicembre 2009, n. 28051, che inquadra la relativa sospensione come un ragionevole lasso di tempo per valutare la convenienza di aderire al concordato tributario dopo avere esaminato il carattere di decisività degli elementi posti a base dell'accertamento e l'opportunità di evitare una contestazione giudiziaria).

Sospensione feriale dei termini

La disciplina della sospensione feriale, originariamente introdotta dalla L. 14 luglio 1965, n. 818, è ancora oggi regolata dall'art. 1, co. 1, della L. 7 ottobre 1969, n. 742 (di seguito, la “Legge feriale”) che, come modificato dal cd. Decreto giustizia, dispone che “Il decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle amministrative è sospeso di diritto dal 1° al 31 agosto di ciascun anno, e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione” (cfr. art. 16, D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile).

Quanto all'ambito oggettivo di applicazione, è stata chiarita nel tempo la portata della locuzione “termini processuali”, ovvero, se dovesse riferirsi ai cc.dd. termini processuali in senso stretto oppure ai cc.dd. termini sostanziali con rilevanza processuale (tra i primi, quelli previsti per il compimento degli atti del processo ex art. 152 c.p.c. mentre, tra i secondi, quelli previsti a pena di decadenza per l'esercizio dell'azione che comunque presentano un legame con il processo).

Il Giudice delle leggi, intervenendo sul punto con un approccio invero più casistico che sistematico, ha disposto che la sospensione de qua si applica anche ai termini sostanziali con rilevanza processuale, sulla base del principio secondo il quale una diversa interpretazione comporterebbe una menomazione del diritto alla tutela giurisdizionale ex art. 24 Cost., ricorrendone, peraltro, la medesima ratio che informa la norma relativa alla sospensione dei termini processuali.

In evidenza
cfr. Corte Cost., nn. 13 febbraio 1985, n. 40; id. 13 luglio 1987, n. 255; 2 febbraio 1987, n. 49; 29 luglio 1992, n. 380. In tali pronunce la Corte ha fornito i criteri idonei a riconoscere con più precisione il confine tra le due tipologie di termini (ora richiamando la brevità del termine ora l'azione in giudizio quale rimedio per far valere un diritto), non risolvendo, però, la questione principale circa l'esatta portata della locuzione in parola.

Parimenti, con riferimento alla locuzione di “giurisdizioni ordinarie e amministrative”, la giurisprudenza ormai prevalente (cfr. Cass. civ., 3 giugno 2003, n. 8850 e, da ultimo, Cass. civ. 4 ottobre 2013, n. 22699; id. n. 4310/2015) e la prassi (cfr. le Circolari nn. 98/E del 1996 e 133/E del 1999) ne hanno esteso l'applicazione anche al processo tributario, ritenendosi esclusi tutti quei termini che risentono della loro natura prevalentemente amministrativa (tali sono, ad esempio, i termini per trasmettere memorie e osservazioni al processo verbale di constatazione ex art. 12, co. 7,L. 27 luglio 2000, n. 212, Statuto del contribuente o, ancora, il termine di trenta giorni per presentare i chiarimenti a seguito di una comunicazione di irregolarità in esito al controllo formale ex art. 36-ter, co. 4, del D.P.R. n. 600/1973 e quello di sessanta giorni per fornire i chiarimenti di cui all'art. 37-bis, co. 4, D.P.R. n. 600/1973).

La questione della (in)applicabilità della sospensione feriale al procedimento di accertamento con adesione

Come anticipato, la questione circa l'applicabilità della sospensione feriale al termine per ricorrere a seguito della presentazione di istanza con adesione affonda radici ormai risalenti, facendo registrare due contrapposti filoni giurisprudenziali.

Il primo, favorevole e maggioritario, muove dal presupposto per il quale il processo tributario è pacificamente sottoposto alla disciplina della sospensione feriale dei termini (cfr. CTP Massa Carrara, sez. I, 6 luglio 2010, n. 210; Cass. civ., 30 giugno 2006, n. 15171 e, da ultimo, Cass. civ., 3 giugno 2015, n. 11403) e che, conseguentemente, ne risulta consentita la cumulabilità con altri diversi termini di sospensione (cfr. Cass. civ., 4 febbraio 2011, n. 2682), operando essa, sia con riferimento al termine iniziale o finale, sia qualora il periodo feriale sia ricompreso in quello dei 90 giorni (cfr. CTR Puglia, Sez. XV, 10 giugno 2005, n. 67 e CTR Toscana, Sez. XXI, 4 gennaio 2013, n. 4).

Il secondo, invece, negativo e minoritario, è un orientamento inaugurato da pronunce di legittimità che, non espressamente riconducibili alla materia tributaria, introducono, da un lato, la distinzione degli atti da compiersi nell'ambito del processo e nell'ambito di un procedimento amministrativo (cfr. Cass. civ., 26 febbraio 2004, n. 3842); dall'altro, l'opinabile affermazione secondo la quale la sospensione del termine per impugnazione di atti d'imposizione tributaria prevista dal Decreto, va riferita al relativo procedimento, che ha esclusivamente natura amministrativa, con la conseguente non cumulabilità con la sospensione dei termini feriali (tra le pronunce appartenenti all'indirizzo che giustifica la non cumulabilità della sospensione con quella prevista in materia di condono, tra le altre, Cass. civ.,28 giugno 2013, n. 16347. Per la giurisprudenza di merito si veda CTP Pescara, Sez. III, 25 giugno 2009, n. 190, con nota di STEVANATO D., La sospensione feriale del termine per impugnare blocca quella derivante dall'istanza di adesione?, in Dial. Trib., n. 1/2010) (cfr. Cass. civ., 28 giugno 2007, n. 14898; id. n. 5924/2010; n. 23576/2012; n. 16876/2014).

In questo secondo filone si inserisce, da ultimo, una recente pronuncia (cfr. Cass. civ., 5 giugno 2015, n. 11632) che, superando con un vorticoso revirement un orientamento consolidato anche nella prassi, ha ritenuto che la sospensione feriale è istituto che deve applicarsi ai termini processuali, a nulla rilevando la lettera di cui all'art. 6, comma 3, del Decreto, avendo il relativo termine natura amministrativa (la vicenda ha addirittura necessitato un'interrogazione parlamentare che, con la risposta n. 5-06008, ha affermato che le previsioni normative di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 6, del Decreto, devono essere interpretate in combinato disposto con la Legge feriale, precisando che “la prima delle due disposizioni, richiamando espressamente i termini per le impugnazioni contiene un rinvio implicito alla sospensione feriale poiché i termini processuali, quelli il cui decorso è sospeso nel periodo dal 1° al 31 agosto, sono sospesi per 90 giorni in caso di presentazione di istanza di accertamento con adesione”).

In conclusione

Le considerazioni che precedono in questa breve e, necessariamente incompleta, analisi sulla questione in esame, sembrano poter suggerire alcune riflessioni.

Una prima di ordine (inevitabilmente) “tecnico”, in quanto il citato art. 6, del Decreto, non disciplina, esclusivamente, la sospensione del termine per impugnare: la definizione della pretesa in adesione, infatti, può concretizzarsi finché pende l'unico termine per proporre ricorso (diversamente opinando, infatti, dovrebbe ammettersi che il tempo utile per raggiungere una definizione in tale sede debba essere circoscritta ai soli 90 giorni della sospensione concessa dal citato art. 6 e non ai 150). È proprio in questo punto, pertanto, che si apprezza lo stretto legame del citato art. 6, del Decreto, con l'art. 21 del D.lgs. n. 546/1992. Ne deriverebbe, in questa prospettiva, una qualificazione del maggior termine come sostanziale a chiara rilevanza processuale, con la conseguenza di ritenere tale sospensione cumulabile con quella feriale.

Una seconda di tenore “politico-processuale”, in quanto la tendenza a considerare inapplicabile tale cumulabilità non si pone affatto in linea di coerenza con altri istituti simili (si pensi, a mero titolo esemplificativo, all'istituto della mediazione ex art. 17-bis del D.lgs. n. 546/1992) e, più in generale, rispetto alla ideologia “deflattiva” rimarcata anche dalla recente riforma in materia di contenzioso (D.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, in G.U. n. 233 del 7 ottobre 2015).

Il tema merita dunque attenzione e, a tal fine, si ritiene auspicabile un intervento risolutivo da parte delle stesse sezioni unite della Suprema Corte. Nel caso che ci occupa, infatti, sarebbe bastato, e basterà per il futuro, che il giudice tenga fede a quella funzione primaria e inderogabile che gli è propria, appunto, di “nomofilachia”.

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