Se le fatture sono incomplete, la legittimità dell’accertamento induttivo non è automatica

La Redazione
19 Gennaio 2017

Con la sentenza n. 1119/2017, i Giudici della Corte di Cassazione confermano che l'incompletezza delle fatture non determina automaticamente la legittimità dell'accertamento induttivo.

L'incompletezza delle fatture non determina automaticamente la legittimità dell'accertamento induttivo. Lo specifica la Corte di Cassazione con la sentenza del 18 gennaio 2017, n. 1119. I Supremi Giudici hanno infatti respinto il ricorso del Fisco avverso una S.r.l..

Secondo l'Agenzia delle Entrate l'accertamento era legittimo, in quanto le fatture erano incomplete e in quanto erano emersi in via induttiva ricavi non contabilizzati. La S.r.l. aveva impugnato l'atto e la vicenda era finita davanti al Giudice provinciale.

Per la Suprema Corte, l'accertamento analitico-induttivo, infatti, è consentito anche nei casi di contabilità formalmente corretta ma, “nel caso concreto, l'Agenzia delle Entrate ha proceduto al suddetto accertamento induttivo, muovendo dalla oggettiva incompletezza delle fatture indicate nell'avviso impugnato e valorizzando l'omessa consegna – a seguito di apposita richiesta dell'ufficio – da parte del contribuente delle schede tecniche di lavorazione, dei listini prezzi 2002 e di informazioni tecniche circa la composizione delle commesse fatturate e delle manutenzioni effettuate”.

La Cassazione specifica che pur se sussistevano i presupposti per l'accertamento induttivo, tuttavia “esso ha condotto ad un risultato non considerato plausibile dal giudice di appello, che ha esposto in maniera esauriente e chiara i motivi di dissenso delle conclusioni raggiunte dal verificatore”.

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