La sospensione cautelare nel processo tributario

Liliana Peruzzu
22 Ottobre 2015

In data 22 settembre 2015, il Governo ha approvato in via definitiva il decreto attuativo della delega fiscale sul contenzioso tributario (D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156). Detto decreto (assimilato, dai primi commentatori, a un timido intervento di manutenzione, piuttosto che all'invocata riforma del processo tributario) introduce novità circoscritte a taluni istituti del processo, tra cui la sospensione cautelare, di cui viene ampliato in misura non marginale l'ambito di operatività.
La vexata quaestio circa l'applicabilità, nell'ambito del processo tributario, della tutela cautelare nei gradi di giudizio successivi al primo

Con il decreto di riforma del contenzioso tributario (D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156), il legislatore ha proceduto, in attuazione dell'art. 10, comma 1, lett. b), n. 9), della legge 11 marzo 2014, n. 23, ad una estensione dell'ambito di operatività dell'istituto della sospensione cautelare, nel tentativo di rispondere così all'avvertita esigenza di “uniformazione e generalizzazione degli strumenti di tutela cautelare”, in un'ottica di corroboramento della tutela giurisdizionale riconosciuta al contribuente.

La necessità di operare in tal senso è stata determinata da un vulnus di tutela che per lungo tempo ha permeato il processo tributario.

Come noto, infatti, l'istituto in parola ha trovato ad oggi specifica disciplina normativa solo limitatamente alla fase di giudizio pendente dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale. Di fatti, il testo del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (nella versione tutt'ora vigente) non contiene disposizioni in ordine alla possibilità, per il contribuente soccombente, di richiedere la sospensione cautelare nei gradi successivi al primo.

In considerazione di tale carenza normativa, la dottrina e la giurisprudenza più avvedute hanno da tempo individuato soluzioni interpretative, attingendo ad istituti di matrice processual-civilistica e calandoli nell'ambito del processo tributario.

In particolare, la Corte Costituzionale con sentenza del 17 giugno 2010, n. 217, ha sancito l'esperibilità, anche nel processo tributario, dall'inibitoria cautelare di cui all'art. 373 c.p.c., superando così alcune vetuste posizioni che ne negavano l'operatività, in considerazione della preclusione contenuta nell'art. 49 del D.Lgs. n. 546/1992 che, testualmente, esclude l'applicabilità dell'art. 337 c.p.c. (cfr. altresì, Corte Cost., 26 aprile 2012, n. 109; id. n. 254/2012; id. n. 25/2014).

Nel solco interpretativo tracciato dalla Corte Costituzionale si sono, poi, inserite le pronunce della Corte di Cassazione, la quale ha precisato, claris verbis, l'applicabilità dell'istituto in parola anche dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale (cfr., Cass. civ., 24 febbraio 2012, n. 2845; SS.UU. 7 aprile 2014, n. 8053).

In tal modo, sono state progressivamente accantonate le pregresse preclusioni dogmatiche invocate dalla dottrina più risalente e dall'Amministrazione finanziaria, ed è stato riconosciuto, in capo al giudice del gravame, il potere cautelare di sospendere la sentenza impugnata (e per l'effetto, l'esecuzione del provvedimento autoritativo contestato), secondo un'ermeneutica del dato normativo conforme ai principi di garanzia e di effettività della tutela giurisdizionale.

Tuttavia, nonostante gli orientamenti sopra menzionati siano ormai consolidati, non sempre nella prassi operativa le Commissioni Tributarie Regionali hanno tenuto conto di detti principi, assumendo sovente posizioni opposte (cfr., ex multis, CTR Roma, 12 gennaio 2011, n. 3).

È stata pertanto avvertita e soddisfatta l'esigenza stringente di eliminare i profili di incertezza e irragionevolezza determinati dal permanere di un quadro normativo disorganico e dall'assenza di una disciplina specifica della tutela cautelare nelle fasi di giudizio successive al primo. Ciò in un'ottica di valorizzazione del ruolo preminente e centrale della tutela cautelare quale componente essenziale della tutela giurisdizionale, anche nel processo tributario, calato nell'ambito del diritto comunitario (cfr., Corte di Giustizia CE, 19 giugno 1990, in causa C-231/89; Corte di Giustizia CE, 21 febbraio 1991, causa n. C-143/88 e C-92/88; Corte di giustizia CE, 9 novembre 1989, causa n. C-465/92; Corte di Giustizia CE, 11 gennaio 2001, causa n. C-1/99, ).

La sospensione cautelare nella disciplina vigente

Come noto, la mera proposizione del ricorso avverso un atto notificato dall'Amministrazione finanziaria non produce, di per sé, la sospensione dell'atto impugnato. Il contribuente, destinatario dell'atto impositivo ha però facoltà di richiedere alla Commissione Tributaria Provinciale adita, con istanza motivata (da presentare congiuntamente al ricorso o con atto separato), la sospensione dell'atto impugnato (art. 47, D.Lgs. n. 546/1992), qualora dallo stesso possa derivare un danno grave ed irreparabile.

L'art. 47 cit., tuttavia, si riferisce, esclusivamente, alla sospensione degli effetti dell'atto impugnato nell'ambito del primo grado di giudizio e non vi è traccia di disposizioni analoghe che contemplino espressamente la possibilità, per il contribuente soccombente, di richiedere la sospensione (in pendenza di giudizio nei successivi gradi di impugnazione) delle sentenze tributarie favorevoli all'ente impositore.

Nel quadro normativo antecedente alla riforma, l'unica forma di sospensione cautelare in sede di appello è contemplata dall'art. 19, comma 2, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, con riferimento esclusivo alle sanzioni tributarie.

La sospensione ope iudicis dell'imposta e dei correlati interessi passa, invece, necessariamente, attraverso la sospensione della sentenza di primo grado, sfavorevole al contribuente (tenuto conto della natura “sostitutiva” delle sentenze tributarie rispetto all'atto impugnato, a tal proposito cfr. TESAURO F., Manuale del processo tributario, Torino 2014, 125; FALSITTA G., Manuale di diritto tributario - Parte generale, Padova, 2010, 504). Tale sospensione può essere richiesta, secondo la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie (cfr., paragrafo precedente), attingendo dalle norme del codice di procedura civile e, quindi, ai sensi dell'art. 283 c.p.c..

In base al tenore letterale di tale disposizione, con l'accoglimento dell'istanza (da presentare, improrogabilmente, congiuntamente all'atto di appelloil contribuente può ottenere la sospensione dell'“efficacia esecutiva” ovvero dell' “esecuzione” della sentenza, previa dimostrazione della sussistenza di “gravi e fondati motivi”, individuati nel fumus boni juris e nel periculum in mora. Valutata la sussistenza dei suddetti presupposti, il giudice del gravame decide con ordinanza non impugnabile che, in caso di accoglimento, esplica i suoi effetti sino al deposito della sentenza di appello, che sostituisce quella emessa nel precedente grado di giudizio (cfr. CARPI F., TARUFFO M., Commentario breve al codice di procedura civile, Padova, 2012, 1061).

Quanto, invece, alla tutela cautelare riconosciuta al contribuente in pendenza di giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione, il procedimento (incardinato dinanzi allo stesso giudice che ha emesso la sentenza impugnata, cfr Cass. civ., sez. un., 22 febbraio 2007, n. 4112; Cass. civ. n. 3371/1968; Cass. civ., n. 2697/1966) trova regolamentazione all'interno dell'art. 373 c.p.c. che, a sua volta, richiede, ai fini della concessione, la sussistenza di undanno grave e irreparabile”. In tal caso è opinione comune che risulti sufficiente la sola dimostrazione dell'elemento del periculum, e non già del fumus (cfr. ex multis CTR Milano, 18 gennaio 2011, n. 2; CTR Torino, 27 settembre 2010, n. 4), la cui valutazione sarebbe sottratta al giudice del merito (cfr., CHINDEMI D., La sospensione dell'atto impugnato a favore del contribuente, in “Corr. Trib.” n. 46/2014, 3598; RUSSO P., Manuale di diritto tributario/Il processo tributario, Milano, 2013, 355).

La sospensione cautelare nella “novella” contenuta nel decreto sul contenzioso tributario

Come detto pocanzi, in considerazione della disomogeneità del quadro sopra decritto, il legislatore delegato è intervenuto sull'istituto della sospensione cautelare, estendendo formalmente tale tutela anche ai gradi di giudizio successivi al primo.

In particolare, tramite la modifica dell'art. 52 del D.Lgs. n. 546/1992, è stata introdotta una specifica disciplina della sospensione in grado di appello, riconoscendo ad entrambe le parti la possibilità di richiedere, in presenza di “gravi e fondati motivi” (sulla falsariga di quanto già previsto dall'art. 283 c.p.c.), la sospensione della sentenza di primo grado.

È stata altresì prevista, per il contribuente soccombente la facoltà di domandare (analogamente a quanto disposto dall'art. 47 cit.) la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, previa dimostrazione dell'esistenza di un “danno grave e irreparabile”.

In entrambi i casi, il contribuente sarà tenuto alla presentazione (contestuale all'atto di appello – principale o incidentale – ovvero con separato atto) di apposita istanza motivata.

Il decreto in parola prevede anche l'introduzione, (nuovo art. 62-bis), di una disciplina specifica del procedimento cautelare in pendenza di giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione.

Le nuove disposizioni riconoscono infatti, alla parte che abbia proposto ricorso per cassazione, la possibilità duplice di richiedere alla Commissione Tributaria Regionale competente la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, ovvero la sospensione dell'esecutività della sentenza.

In entrambi i casi, a differenza di quanto previsto in sede di appello, la sospensione sarà subordinata, analogamente a quanto disposto dall'art. 373 c.p.c., unicamente alla dimostrazione della sussistenza di un danno grave e irreparabile.

Si è inteso, così, dare rilievo al solo elemento del periculum in mora in considerazione della natura della sospensione della sentenza di appello che viene richiesta allo stesso giudice che ha emesso la sentenza impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione.

Per il resto, la disciplina del rito è analoga a quella recata dall'art. 52 cit., con la differenza che in questo caso è necessaria l'allegazione di certificato di pendenza del giudizio incardinato dinanzi al giudice di legittimità.

In entrambe le procedure, è, invece, previsto che la concessione della sospensione cautelare in favore del contribuente possa essere subordinata alla prestazione di idonea garanzia, la cui disciplina di dettaglio è però rinviata ad un apposito decreto ministeriale di futura emanazione (ciò, allo scopo di limare il più possibile il rischio di contestazioni tra le parti in ordine all'idoneità della garanzia medesima).

Inoltre, entrambe le disposizioni contemplano la possibilità, nei casi di eccezionale urgenza, che il presidente, previa delibazione del merito e con decreto motivato, conceda la sospensione inaudita altera parte. Ciò nelle more della pronuncia del collegio che avviene con ordinanza motivata non impugnabile.

Sono poi da accogliere con favore le modifiche operate, in seconda lettura, tramite la rimozione della facoltà – originariamente accordata all'Amministrazione finanziaria – di richiedere la sospensione cautelare della sentenza (favorevole al contribuente) al fine di ottenere la riattivazione della riscossione delle somme dovute in pendenza del primo grado di giudizio.

Il testo approvato definitivamente riconosce infatti la possibilità, per la parte pubblica, di chiedere la sospensione solo in vista dell'arresto dell'esecuzione della sentenza di condanna, in tema di rimborso delle imposte già pagate dal contribuente.

Si aggiunga da ultimo che un ulteriore passo in avanti è stato compiuto tramite l'introduzione della tutela cautelare anche nell'ambito del giudizio di revocazione della sentenza, secondo le modalità meglio definite dall'art. 52 cit.. (art. 65).

Diversamente, l'istituto è rimasto pressappoco inalterato nella fase di giudizio dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale.

Il decreto si è, infatti limitato a introdurre la comunicazione in udienza del dispositivo dell'ordinanza e l'applicazione degli interessi al tasso previsto per la sospensione amministrativa (pari al 4,50 per cento annuo). È stato, vieppiù, previsto che il giudice si pronunci, in tale fase endoprocedimentale, anche sulle spese processuali alla stessa afferenti.

In conclusione

L'intervento operato dal legislatore delegato in relazione all'istituto dell'inibitoria cautelare, può ritenersi, nel suo complesso, apprezzabile. Con detto decreto, infatti, si è voluto attuare un recepimento degli orientamenti forniti dalla Corte Costituzionale e dalla giurisprudenza di legittimità, in modo tale da sopire qualsivoglia querelle in ordine all'operatività della tutela cautelare dinanzi al giudice del gravame.

Tuttavia, è il caso di osservare che il testo definitivo della “novella” normativa mantiene alcuni profili di criticità.

In primo luogo, occorre svolgere alcune riflessioni in ordine alla distinzione operata tra “sospensione della sentenza” e “sospensione dell'atto”.

Come accennato supra, i requisiti per la concessione delle due tipologie di sospensiva sono diversi: nel primo caso la parte è onerata della dimostrazione della sussistenza di gravi e fondati motivi, ovvero della compresenza del pericolo e della fondatezza nel merito; nel secondo caso, invece, il contribuente è tenuto unicamente a provare la ricorrenza di un danno grave e irreparabile.

Secondo l'interpretazione fornita da taluni autori (cfr., LODOLI L., SANTACROCE B., Liti, sospensiva ad ampio raggio, Milano 8 settembre 2015), anche gli effetti prodotti dalla concessione dell'una o dell'altra sospensiva sarebbero differenti:

  • in caso di ottenimento di sospensione cautelare della sentenza rimarrebbe comunque valida l'esecutività dell'atto prevista in pendenza del giudizio di primo grado (venendo inibita soltanto l'attivazione del meccanismo di riscossione frazionata di cui all'art. 68 del D.Lgs. n. 546/1992),
  • mentre, con la sospensione dell'atto diverrebbe possibile ottenere la sospensione dell'esecuzione in relazione all'intero importo richiesto.

Orbene, aderendo a detta impostazione, è evidente che per il contribuente si presenterebbe sconveniente chiedere al giudice la sospensione della sentenza, comportando, detta scelta, un duplice onere dimostrativo ed un minor vantaggio.

Ci si chiede inoltre se, dando seguito a detto indirizzo interpretativo, non possano crearsi dei problemi di coordinamento tra la nuova disciplina e le istanze cautelari interposte prima della sua entrata in vigore.

Considerato infatti che le nuove disposizioni troveranno applicazione, a partire dal 1° gennaio 2016, anche per i giudizi in corso, ci si interroga su quali saranno gli effetti connessi all'accoglimento delle istanze proposte, fino al 31 dicembre 2015, ai sensi degli art. 283 e 373 c.p.c. e se non sarà necessario, per il contribuente, proporre un'ulteriore istanza di sospensione dell'atto al fine di ottenere una copertura “totale”.

Ma questo è solo uno degli aspetti che destano perplessità. Autorevole dottrina (cfr., GLENDI C., Fermenti legislativi processualtributaristici: lo schema di Decreto delegato sul contenzioso, Milano, n. 32/33 2015) ha, infatti, sottolineato come con il decreto in commento il legislatore delegato abbia perpetrato un eccesso di delega sulle spese relative alla fase incidentale. È in effetti previsto che “con l'ordinanza che decide sulle istanze cautelari la commissione provvede sulle spese della relativa fase” e “la pronuncia delle spese conserva efficacia anche dopo il provvedimento che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza di merito”. Detta previsione collide, evidentemente, con la struttura del procedimento cautelare. Tale procedimento possiede infatti natura incidentale e si chiude con un'ordinanza non impugnabile, con conseguente impossibilità per la parte di contestare la condanna al pagamento delle spese relative a questa fase di giudizio e di ottenere tutela giurisdizionale in tal senso, se non tramite l'eventuale impugnativa della susseguente sentenza di merito.

Orbene, alla luce di questi elementi, è evidente che, per quanto pregevole, lo sforzo compiuto dal legislatore non appaia sufficiente. È pertanto auspicabile un successivo e ulteriore intervento di rimodulazione e affinamento dell'istituto della tutela cautelare calato, magari, in un intervento riformatore di più ampio respiro che potrebbe essere realizzato con l'approvazione del codice del processo tributario, rimasto arenato, da oltre due anni, nelle lungaggini parlamentari (cfr., GLENDI C., Processo tributario: delega fiscale e Codice in cerca di coordinamento, Milano, 10 giugno 2014).

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