Il contraddittorio preventivo in materia doganale

Fabiola Del Torchio
29 Ottobre 2015

Il tema del contraddittorio preventivo - ossia del diritto del soggetto destinatario degli effetti di un atto di essere “sentito” prima dell'emissione dell'atto stesso – è argomento che ha interessato, e continua ad interessare, dottrina e giurisprudenza.
Inquadramento

Il legislatore nazionale ha regolato l'istituto del contraddittorio prevedendone l'obbligatorietà solo in relazione ad un limitato numero di ipotesi che riguardano rettifiche particolari, basate tutte su criteri presuntivi - più o meno qualificati - in relazione ai quali l'intervento preventivo del contribuente appare fondamentale per poter collegare le disposizioni astratte al caso concreto. Ci si riferisce, in particolare, alle fattispecie di accertamento previste dall'art. 37-bis, D.p.r. 29 settembre 1973, n. 600 (abrogato a far data dal 1° ottobre 2015 e sostituito con l'art. 10-bis inserito nel testo dello Statuto dei diritti del contribuente - L. 212/2000) e dall'art. 38 del D.p.r. n. 600/1973 che regolano, rispettivamente, l'accertamento legato ad ipotesi di violazione di disposizioni antielusive e l'accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche, così come agli accertamenti che si basano su indagini bancarie e finanziarie o sugli studi di settore, ove è previsto che, prima della notifica dell'avviso di accertamento, “l'ufficio invita il contribuente a comparire”.

Oltre a questa normativa “casistica”, un principio di portata generale può essere rinvenuto nello Statuto dei diritti del contribuente il cui art. 12, al comma 7, prevede che “nel rispetto del principio di cooperazione tra Amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori”.

La previsione dell'art. 12 cit. costituisce una chiara espressione del principio di cooperazione cui è ispirato tutto lo Statuto, e si inserisce altresì nel quadro generale del principio di difesa costituzionalmente garantito, che non può essere inteso solo come garanzia di parità nella fase processuale, ma è volto ad assicurare al cittadino la possibilità di esporre e far valere le proprie ragioni e di conoscere le opposte argomentazioni anche nella fase precedente la formazione dell'atto impositivo.

Fase preliminare di contraddittorio

Nella materia doganale, con evidente influenza della giurisprudenza europea, é solo a far data dal 2012 che è stato espressamente introdotto l'obbligo di una fase di contraddittorio preventivo.

Ricordo, in sintesi, che i controlli dell'Agenzia delle Dogane possono essere svolti o “in loco”, per il tramite di accessi, ispezioni e verifiche presso la sede dell'operatore doganale oppure “in ufficio”, con i controlli di documenti e merce previsti dagli articoli 68, 70 e 71 del Codice Doganale Comunitario.

In generale, ai sensi dell'art. 14 CDC (che dal 1° giugno 2016 sarà sostituito dall'art. 15 CDU così come previsto dal Reg. UE 952/2013) ogni persona direttamente od indirettamente interessata alle operazioni doganali fornisce all'autorità doganale, su richiesta e nei termini da essa stabiliti, tutta la collaborazione e le informazioni necessarie.

Evidente è la differenza tra il diritto del contribuente a partecipare alla fase endo-procedimentale previsto dallo Statuto e l'obbligo per l'operatore doganale di partecipare ove richiesto dall'Agenzia.

Nella fase dell'accertamento doganale l'art. 11 del D.Lgs. n. 374/1990 al comma 2 prevede la possibilità di una fase preliminare di contraddittorio tra l'importatore e l'Agenzia delle Dogane, stabilendo che “l'ufficio doganale, ai fini della revisione dell'accertamento, può invitare gli operatori, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, indicandone il motivo e fissando un termine non inferiore a quindici giorni, a comparire di persona o a mezzo di rappresentante, ovvero a fornire, entro lo stesso termine, notizie e documenti, anche in copia fotostatica, inerenti le merci che hanno formato oggetto di operazioni doganali”.

Anche in questo caso, come per la disposizione del CDC, la lettera dell'art. 11 citato suggeriva solo la possibilità (come si evince, chiaramente, dall'utilizzazione del verbo “può”) di invitare gli operatori a fornire chiarimenti prima della rettifica e della notifica del relativo avviso, prevedendo un contraddittorio meramente facoltativo per l'Ufficio, lasciando alla sua discrezionalità la decisione di attivare o meno una procedura di consultazione del contribuente.

Come anticipato, per effetto dell'art. 92 del c.d. Decreto Liberalizzazioni del 2012 (D.L. n. 1/2012, convertito nella Legge n. 27/2012) che ha novellato l'art. 11 con l'inserimento del comma 4-bis - a far data dal 2012, è stata introdotta anche nell'ambito doganale l'obbligatorietà del contradditorio preventivo con l'Agenzia.

La norma, richiamando espressamente il principio di cooperazione di cui all'art. 12 dello Statuto, prevede che dopo la notifica all'operatore interessato, qualora si tratti di revisione eseguita in ufficio, o nel caso di accessi - ispezioni - verifiche, dopo il rilascio al medesimo della copia del verbale delle operazioni compiute, l'operatore interessato può comunicare osservazioni e richieste, nel termine di 30 giorni decorrenti dalla data di consegna o di avvenuta ricezione del verbale, osservazioni che sono valutate dall'Ufficio doganale prima della notifica dell'avviso di revisione di cui al successivo comma 5.

La disposizione ha previsto anche la modifica dell'art. 12 dello Statuto, che esplicitamente richiama l'obbligo dell'audizione preventiva anche per le controversie doganali, ma con termine dimezzato rispetto a quello di 60 giorni previsto per gli altri settori.

Significativa la novella: dalla facoltà lasciata alla Dogana (comma 2 art.11) che “può invitare” l'operatore, si è passati alla facoltà lasciata al contribuente (comma 4-bis art.11) che “può comunicare” osservazioni e richieste, che “devono” essere valutate dall'ufficio doganale prima della notifica dell'avviso di revisione.

Profili giurisprudenziali

La giurisprudenza nazionale considerava sufficiente la tutela offerta dall'art. 11, comma 2, (Cass. civ., sez. trib., 28 maggio 2008, n. 13890), mentre un momento di partecipazione era ritenuto indispensabile solo nei casi in cui la nuova liquidazione fosse stata determinata da una diversa qualificazione delle merci importate in relazione alla loro intrinseca natura e non invece quando la stessa originava da una diversa qualificazione tariffaria o da un diverso regime daziario ritenuto applicabile (Cass. civ., 6 luglio 1983, n. 4527; Cass. civ. n. 236/1984; Cass. civ. n. 1380/1992; Cass. civ. n. 4892/1994), od ancora in ipotesi di fatti penalmente rilevanti, come il contrabbando (Cass. civ., sez. trib., 10 settembre 2009, n. 19540 ha ritenuto che, nell'ipotesi di contrabbando, il recupero dei diritti doganali evasi non dovesse sottostare a preventiva revisione).

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea è intervenuta in numerose occasioni sul tema, affermando il diritto del contribuente a contraddire in via preventiva rispetto all'emissione dell'atto impositivo: si ricorda la sentenza Cipriani (Corte di Giustizia dell'Unione Europea, 12 dicembre 2002, causa C 395/2000) per cui “il principio del diritto di difesa impone che i destinatari di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di formulare utilmente le proprie osservazioni”.

Fondamentale, sul tema, la sentenza Sopropè che, per la sua incisività, ha introdotto una nuova visione dei rapporti tra il contribuente e gli Uffici delle Dogane (Corte di Giustizia dell'Unione Europea, 18 dicembre 2008, causa C 349/07), influenzando la giurisprudenza nazionale e, come anticipato, anche la scelta legislativa del 2012.

I giudici europei hanno espresso il fondamentale principio secondo cui il diritto di difesa, in quanto principio generale del diritto comunitario, deve trovare applicazione ogni volta che l'Amministrazione si proponga di adottare un atto capace di produrre effetti rilevanti nella sfera giuridica del destinatario.

In forza di tale principio, si legge nella sentenza, “i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l'Amministrazione intende fondare la sua decisione. A tal fine essi devono beneficiare di un termine sufficiente” (punti 36 e 37). Ed ancora, “la regola secondo cui il destinatario di una decisione a esso lesiva deve essere messo in condizione di far valere le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata ha lo scopo di mettere l'autorità competente in grado di tener conto di tutti gli elementi del caso. Al fine di assicurare una tutela effettiva della persona o dell'impresa coinvolta, la suddetta regola ha in particolare l'obiettivo di consentire a queste ultime di correggere un errore o di far valere elementi relativi alla loro situazione personale, tali da far sì che la decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero abbia un contenuto piuttosto che un altro” (punto 49).

Dopo diverse decisioni contrastanti, seppur senza richiamare espressamente l'orientamento emerso in sede comunitaria, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con tre decisive sentenze (Cass. civ., sez. un. 18 dicembre 2009, n. 26635, Cass. civ. 26636/2009, Cass. civ.26637/2009; Cass. civ. 26638/2009), si è espressa con precisione - trattando di accertamenti basati sull'applicazione di parametri o studi di settore - attribuendo al contraddittorio preventivo l'importanza, già esplicitata dai giudici della Corte Europea, di momento di garanzia del giusto procedimento, ed affermando un importante principio di diritto - con portata generale - in tema di contraddittorio, definito dai giudici quale “elemento essenziale ed imprescindibile (anche in assenza di una espressa previsione normativa) del giusto procedimento che legittima l'azione amministrativa” (punto 2.4), “dal quale possono emergere elementi idonei a commisurare alla concreta realtà economica dell'impresa la presunzione indotta dal rilevato scostamento del reddito dichiarato dai parametri”(punto 5).

Anche l'Agenzia delle Entrate ha recepito tale principio, e con Circolare del 14 aprile 2010 n. 19/E - relativa agli accertamenti da studi di settore, come le sentenze della Corte di legittimità dell'anno precedente - ha riconosciuto la rilevanza e l'indefettibilità del contraddittorio con il contribuente, invitando gli uffici ad abbandonare le liti in cui il contraddittorio non fosse stato attuato come prescritto, precisando tuttavia che il difetto di contraddittorio non potrebbe essere rilevato d'ufficio ma dovrebbe sempre essere oggetto di una specifica eccezione formulata avanti il giudice di primo grado (vedi MARCHESELLI A., L'Agenzia delle Entrate abbandona le liti sugli studi di settore non precedute dal contraddittorio, Milano 2010).

L'approccio dell'Agenzia delle Dogane

Nella specifica materia doganale, tuttavia, l'Amministrazione ha mantenuto una posizione più rigida, considerando l'obbligo di contraddittorio applicabile solo alle ipotesi di procedimenti che comportano un'effettiva ingerenza nella sfera personale del contribuente e non nei casi, come tipicamente avviene nel procedimento di revisione doganale, dove la procedura si svolge “a tavolino” presso gli uffici doganali, senza accessi o verifiche nella sede degli affari del contribuente (Nota Agenzia delle Dogane 12 marzo 2010, n. 29694, Milano, 2010 con commento di CERIONI L., La revisione dell'accertamento doganale).

I più recenti e precisi interventi di dottrina e giurisprudenza, volti a riconoscere un diritto generale al contraddittorio, hanno tuttavia portato anche l'Agenzia delle Dogane a rivedere il proprio orientamento: dalla “chiusura” della nota n. 29694/2010 già citata per cui il meccanismo partecipativo poteva trovare applicazione solo nei procedimenti che, tramite attività esterne quali accessi, ispezioni o verifiche, toccavano direttamente la sfera privata del destinatario, all'“apertura” della nota n. 34631 dell' 8 aprile 2011 che estende la garanzia di partecipazione nella fase istruttoria anche ai casi di revisione dell'accertamento, e questo tenuto anche conto delle disposizioni del CDC aggiornato (Reg. n. 450/2008) che espressamente prevede all'art. 16 l'obbligo generale di “audizione” dell'interessato entro un dato termine per rispondere sulle motivazioni dell'adottando provvedimento prima di assumere qualsiasi decisioni a lui sfavorevole (nello stesso senso, per il futuro, art. 22 CDU).

La legge non specifica espressamente quali siano le conseguenze sul provvedimento impositivo nel caso in cui manchi l'invito al contraddittorio: certamente l'omissione inficia la correttezza dell'atto amministrativo, ma resta da appurare la portata invalidante di tale difetto.

Conseguenza del mancato invito al contraddittorio: nullità ab origine o vizio da valutare in relazione alle singole controversie?

Secondo una tesi più rigorosa e formale, l'atto emesso dovrebbe essere considerato nullo ab origine, improduttivo di qualunque effetto, e tale vizio potrebbe farsi valere con l'impugnazione dinanzi le commissioni tributarie, le quali dovrebbero provvedere senza nemmeno entrare nel merito della controversia (MARONGIU G., Lo Statuto dei diritti del contribuente, Torino, 2010), mentre secondo un'opinione meno radicale lo stesso sarebbe da considerarsi viziato nella parte motivazionale e, pertanto meramente annullabile, mancando nel provvedimento emesso dall'ufficio qualunque riferimento circostanziato all'esito del contraddittorio - per l'evidente ragione che non vi è stato - e di conseguenza mancando la compiuta descrizione del processo logico e giuridico che ha condotto l'ufficio a determinare la base imponibile nella misura indicata nell'atto notificato al contribuente.

I motivi a sostegno della nullità assoluta dell'atto sono molteplici; il tenore letterale dell'art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000 a mente del quale “l'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza …” ha indotto parte della dottrina a parlare di atto emanato in carenza di potere, e come tale radicalmente nullo; in senso contrario si sono inizialmente espressi i Supremi Giudici (Cass. civ. 6 settembre 2006, n. 19195; id. n. 10280/2008, id. n. 19875/2008) secondo i quali il mancato esperimento dell'istruttoria amministrativa preventiva non avrebbe comunque come conseguenza la caducazione ipso iure della pretesa impositiva, non rinvenendosi nell'ordinamento alcun diritto soggettivo in tal senso capo al contribuente, mentre, negli anni successivi, la stessa Corte ha mutato il suo orientamento, affermando la nullità dell'atto impositivo non preceduto da idoneo contraddittorio, a prescindere da ogni valutazione in merito alle difese che il contribuente avrebbe potuto svolgere in tale sede, considerando illegittima l'ingiunzione doganale emessa senza l'osservanza del diritto al contraddittorio dell'importatore (Cass. civ., n. 14105/2010, in L'IVA, 2011, con commento di Armella).

Interessante, sul punto, il principio che emerge da un'altra sentenza della Corte di Giustizia, la sentenza Kamino (cause C-129/13 e C-130/13 del 3 luglio 2014) per cui non si ha nullità dell'atto impositivo qualora il soggetto passivo eccepisca la violazione al diritto di essere sentito ma non alleghi alcuna difesa nel merito.

Secondo i giudici, il diritto al contraddittorio “ha l'obbiettivo di consentire alla persona coinvolta di correggere un errore o far valere elementi relativi alla sua posizione tali da far si che la decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero abbia un contenuto piuttosto che un altro” (punto 38).

In altri termini, la sentenza Kamino conferma il diritto del soggetto coinvolto di partecipare all'attività endo-procedimentale ma solo per manifestare utilmente ed efficacemente il suo punto di vista (punto 39).

La Corte propone un risultato che si allontana da un eccessivo formalismo, e prevede la sanzione della nullità solo nel caso in cui il risultato avrebbe potuto essere diverso: ciò non significa dimostrare che la documentazione che si sarebbe prodotta in sede preventiva avrebbe portato ad una vittoria nel merito, ma solo che sarebbero state sollevate obbiezioni ragionevoli e meritevoli di apprezzamento.

Importante, in tal senso, il dato letterale della sentenza, ove si utilizza la proposizione “might have been” e non “should have been” (the out come of the procedure might have been different) od il verbo francese “pouvait” (cette procèdure pouvait aboutir à un rèsultat diffèrent).

In conclusione

In conclusione, notiamo che con orientamento opposto rispetto alla sentenza n. 14105 già citata, ove si è ritenuto l'atto nullo a prescindere da ogni valutazione relativa alla potenziale difesa preventiva del contribuente, anche la Cassazione (Cass. civ. 9 aprile 2010, n. 8481, Milano, 2010, con nota di MARCHESELLI A., L'indefettibilità del contraddittorio tra principi interni e comunitari) ha esteso l'indagine verificando il concreto “danno alla difesa” patito in conseguenza del mancato contraddittorio; secondo i Supremi Giudici, in caso di omesso contraddittorio, l'invalidità dell'atto sussiste solo se il contribuente dimostra che “nel contraddittorio avrebbe avuto qualcosa di decisivo da dire” secondo il medesimo principio espresso dalla Kamino, mentre, con altra decisione, è stato considerato sufficientemente tutelato il diritto al contraddittorio attraverso la semplice partecipazione del contribuente alla fase di indagine compiuta dalla Guardia di Finanza (Cass. civ. 3 aprile 2013, n. 8060).

Tale soluzione prevede un'applicazione non automatica ma valutativa, che la Suprema Corte (Cass. civ. n. 527/2015) ha ritenuto elemento da valutare attentamente nell'individuazione della soluzione da dare alla questione.

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