Se le opere sono state realizzate nessuna condanna per operazioni inesistenti
28 Febbraio 2017
Se i lavori sono stati fatti evadendo le imposte, da imprese diverse da quelle che sono state indicate in dichiarazione, per evitare la condanna per fatture false è necessario che le opere siano state davvero portate a termine. Lo conferma la Corte di Cassazione con la recente sentenza del 24 febbraio 2017, n. 9139.
I Giudici della III Sezione Penale hanno annullato la sentenza della Corte di Appello, che condannava il titolare di una ditta per il reato di dichiarazione fraudolenta; per lui, erano stati comminati 9 mesi di carcere. Il giudice di merito sosteneva che i lavori non erano mai stati eseguiti dalle imprese indicate nelle fatture ma, secondo i giudici della Corte, questa analisi andava valutata sotto altra luce: vero era che le imprese erano altre, ma era anche vero che le opere erano state effettivamente realizzate. «Mentre la sentenza di primo grado – hanno asserito i Supremi Giudici – aveva concluso che i lavori, accertati nella loro materiale esistenza, erano stati verosimilmente eseguiti da imprese diverse […], la Corte di Appello ha negato tale assunto, affermando che le stesse opere non sarebbero mai state realizzate».
La sentenza di merito si era infatti concentrata sulla sola falsità delle fatture e «non anche sull'effettività delle opere in esse indicate». Argomenti, questi, che risultavano decisivi per affermare il giudizio di responsabilità. La Cassazione ha così annullato la sentenza di appello, con rinvio alla Corte d'Appello in diversa composizione. |