Quali rimedi per la sentenza contraria alla Convenzione Edu? L'ultimo capitolo del caso Contrada

Redazione Scientifica
02 Ottobre 2017

La Corte di cassazione, Sez. I, sentenza n. 43112, depositata il 20 luglio 2017, ha affrontato le questioni relative all'obbligo di conformazione dell'ordinamento interno alla decisione emessa dalla Corte Edu ai sensi dell'art. 46 Cedu e all'individuazione ...

La Corte di cassazione, Sez. I, sentenza n. 43112, depositata il 20 luglio 2017, ha affrontato le questioni relative all'obbligo di conformazione dell'ordinamento interno alla decisione emessa dalla Corte Edu ai sensi dell'art. 46 Cedu e all'individuazione degli strumenti in concreto attivabili per eliminare le conseguenze di una sentenza emessa in violazione dell'art. 7 Cedu.

Nello specifico, trattasi della sentenza della Corte Edu emessa il 14 aprile 2015 nel caso Contrada c. Italia con cui la Corte Edu ha condannato lo Stato italiano per violazione dell'art. 7 Cedu affermando che «la fattispecie di concorso esterno in associazione di tipo mafioso era il risultato di una evoluzione giurisprudenziale iniziata verso la fine degli anni ottanta e consolidatosi nel 1994 con la sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione del 5 ottobre 1994, Demitry […] e che all'epoca in cui erano stati commessi i fatti ascritti al ricorrente (1979-1988), il reato in questione non era sufficientemente chiaro e prevedibile da quest'ultimo».

La Cassazione afferma anzitutto che la previsione dell'art. 46 Cedu, Forza vincolante ed esecuzione delle sentenze, nelle ipotesi di violazioni delle norme del testo convenzionale, impone al giudice nazionale, limitatamente al caso di cui si controverte, di conformarsi alle sentenze definitive della Corte Edu, i cui effetti si estendono sia allo Stato sia alle altre parti coinvolte dalla decisione che tale violazione ha censurato.

In merito all'eliminazione delle conseguenze della sentenza di condanna, invece, i giudici della prima Sezione penale, preso atto della rinunzia dell'imputato al ricorso contro la decisione della Corte di appello che aveva rigettato l'istanza di revisione della sentenza di condanna (proposta ai sensi dell'art. 630 c.p.p., come vigente a seguito della sentenza n. 113 del 2011, con la quale la Corte costituzionale aveva dichiarato «la disposizione costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede un diverso caso di revisione della sentenza [...] al fine di conseguire la riapertura del processo, quando ciò sia necessario, ai sensi dell'art. 46, § 1, della Convenzione Edu, per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte Edu»), hanno ritenuto applicabili i poteri legittimati in capo al giudice dell'esecuzione dagli articoli 666 e 670 c.p.p.: «non sussistendo alcun limite letterale o sistematico all'applicazione al caso in esame di detti poteri, gli artt. 666 e 670 c.p.p. non possono che essere interpretati nel senso di consentire l'eliminazione degli effetti pregiudizievoli derivanti da una condanna emessa dal giudice italiano in violazione di una norma della Convenzione Edu, dovendosi ribadire che garante della legalità della sentenza in fase esecutiva è il giudice dell'esecuzione, cui compete, se necessario, di ricondurre la decisione censurata ai canoni di legittimità». Nel caso di specie, dunque, a seguito della decisione emessa dalla Corte Edu il 14 aprile 2015, la quale ha dichiarato che la sentenza di condanna emessa nei confronti di Contrada, divenuta irrevocabile il 10 maggio 2007, violerebbe l'art. 7 Cedu, tale pronuncia non è suscettibile di ulteriore esecuzione e non è produttiva di ulteriori effetti penali.

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