Sulla qualificazione di un’operazione come concessione di servizi o appalto pubblico di servizi

24 Aprile 2017

Ai fini della qualificazione di un'operazione come appalto pubblico di servizi o concessione di servizi si osserva che il primo comporta un corrispettivo che è pagato direttamente dall'amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi; è, invece, ravvisabile concessione di servizi allorquando le modalità di remunerazione pattuite consistono nel diritto del concessionario di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio, traendo la propria remunerazione dai proventi ricavati dagli utenti, di modo che sul concessionario finisca col gravare il rischio legato alla gestione del servizio.

La questione devoluta alle Sezioni Unite origina nell'ambito di un rapporto contrattuale tra un comune pugliese e una società, quest'ultima incaricata dello svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti urbani, spazzamento e complementari. Nel corso degli anni, la società ha più volte domandato all'amministrazione la revisione del canone annuo corrisposto. In conseguenza del rifiuto oppostole, si è rivolta al Tar della Puglia chiedendo la declaratoria di nullità della clausola del capitolato speciale del contratto, in cui erano indicati i criteri cui subordinare la revisione del canone. Il Tar qualifica il contratto in questione come appalto pubblico di servizi, affermando conseguentemente la giurisdizione del g.a. ex art. 133, comma 1, lett. e) n. 2 c.p.a. Avverso tale qualificazione il comune propone appello al Consiglio di Stato, il quale, al contrario, ritiene che la relazione contrattuale in questione sia riconducibile nell'alveo della concessione di servizi, affermando conseguentemente la giurisdizione ordinaria sulla controversia. La sentenza viene impugnata con ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Suprema Corte afferma, anzitutto, che la qualificazione di un'operazione come appalto o concessione di servizi va effettuata alla luce del diritto dell'Unione, in particolare della direttiva n. 50/1992 (vigente all'epoca dei fatti) e del d.lgs. n. 157/1995 di recepimento. Sulla base di ciò, si legge che “Ai fini del diritto dell'Unione, un appalto pubblico di servizi comporta un corrispettivo che è pagato direttamente dall'amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi (Corte giust. in causa C-382/05, cit.; conf., 7 dicembre 2000, causa C-324/98, Telaustria e Telefonadress e ordinanza 30 maggio 2002, causa C-358/00, Buchh.ndler-Vereinigung, nonché 13 ottobre 2010, causa C-458/03, Parking Brixen, punto 40). (…) È, invece, ravvisabile concessione di servizi allorquando le modalità di remunerazione pattuite consistono nel diritto del concessionario di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio, traendo la propria remunerazione dai proventi ricavati dagli utenti, di modo che sul concessionario finisca col gravare il rischio legato alla gestione del servizio.” In definitiva, dunque, l'elemento principale per operare la distinzione è rappresentato dall'assunzione, da parte del concessionario, del rischio e, quindi, della responsabilità della gestione. Questa impostazione è seguita anche dal legislatore nazionale. Si consideri, difatti, l'art. 3, comma 12, del d.lgs. n. 163/06 a mente del quale è “concessione di servizi un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformità all'articolo 30”. Ancora, la lettera vv) dell'art. 3 del d.lgs. n. 50/16 che definisce la concessione di servizi come il “contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale uno o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall'esecuzione di lavori di cui alla lettera II) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi”.

Nel caso di specie, la Suprema Corte osserva come il corrispettivo versato dal comune alla società copre e assorbe il rischio d'impresa, dovendo, dunque, qualificarsi la relazione contrattuale come appalto di servizi e non concessione, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo.

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