La giurisdizione in materia di appalti sotto soglia comunitaria

28 Febbraio 2017

La giurisdizione in materia di procedure di affidamento di lavori sotto soglia è oscillata per lungo tempo fra G.A. e G.O. sulla base di diversi criteri interpretativi dell'art. 6, l. 21 luglio 2000, n. 205, elaborati sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza. Il Codice dei contratti pubblici ed il Codice del processo amministrativo sembrano aver spostato l'ago della bilancia in favore della giurisdizione del Giudice Amministrativo privilegiando la discriminante del rispetto, da parte dell'amministrazione, dei principi di evidenza pubblica comunitaria e statale; criterio, quest'ultimo accolto anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato
Il quadro normativo

Il riparto di giurisdizione tra Giudice Amministrativo e Giudice Ordinario rappresenta da sempre una questione complessa e in continuo mutamento, fondandosi, inizialmente con la l. 31 marzo 1889, n. 5992, sulla distinzione tra interessi legittimi e diritti soggettivi, per poi evolversi nell'individuazione di “blocchi di materie” e nella valutazione della natura del potere esercitato dall'amministrazione in un dato momento storico o in una particolare situazione. Le procedure di affidamento degli appalti, a seguito del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, sono state devolute al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva.

È poi seguita la l. 21 luglio 2000 n. 205, al cui art. 6 devolve alla giurisdizione esclusiva del G.A.,

tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale.

Le varie tesi dottrinarie e giurisprudenziali

La predetta disposizione di legge ha dato luogo ad una serie di interpretazioni, talvolta di segno diametralmente opposto, in particolare su quale tipo di affidamento dovesse essere portato a conoscenza del Giudice amministrativo e quale, invece, fosse sottratto alla cognizione di quest'ultimo, per essere, invece, portato alla sola cognizione del giudice ordinario.

Andava, inoltre, verificato cosa significasse quell'inciso “soggetti comunque tenuti”, in quanto l'uso dell'avverbio apriva ampi spazi interpretativi, tanto che si è parlato di evidenza pubblica “comunitaria”, prevista per i soprasoglia, ed evidenza pubblica “nazionale”, prevista per i soggetti comunque tenuti a prescindere dalla soglia comunitaria vera e propria.

Ma anche nel caso dell'evidenza pubblica nazionale, si sono presto contrapposti due orientamenti: uno a favore del G.A, secondo cui non doveva operarsi distinzione tra sopra o sottosoglia, in quanto anche in quest'ultimo caso avrebbero trovato applicazione i principi fondamentali del Trattato e pertanto si sarebbe rientrati nella nozione di appalto “lato sensu” comunitario; l'altro a favore del G.O, in base al quale per gli appalti in cui non vi era applicazione della disciplina comunitaria né di evidenza pubblica, non avrebbe trovato applicazione l'art. 6 l. n. 205 del 2000 (né la situazione cambiava, secondo tale orientamento, nel momento in cui la stazione appaltante, sua sponte, sceglieva di applicare una procedura di evidenza pubblica, pur non essendone tenuta per legge).

A favore della prima tesi militava una ricca giurisprudenza che traeva le mosse dalla convinzione secondo la quale, anche quando un soggetto pubblico non è direttamente tenuto all'applicazione di una disciplina specifica per la scelta del contraente, il rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento comunitario (ritraibili principalmente dagli artt. 43 e 45 TCE) nonché dei principi generali che governano la materia dei contratti pubblici, impone all'amministrazione procedente di operare con modalità che preservino la pubblicità degli affidamenti e la non discriminazione delle imprese, mercé l'utilizzo di procedure competitive selettive. (Cons. St., Sez. VI, n. 6368 del 2005 che a sua volta richiama Cons. St., Sez. VI, n. 1206 del 2001; Cons. St., Sez. VI, n. 253 del 2002; Cons. St., Sez. V, n. 2294 del 2002).

L'altra tesi riteneva, invece, che sia il dato soggettivo (gestori di pubblici servizi, società partecipate), che quello oggettivo (importo sottosoglia) dovessero avere un significato preciso e che non poteva sacrificarsi tutto sull'altare di una presunta maggiore efficienza, ovvero sulla migliore scelta possibile e sulle maggiori garanzie che offriva l'evidenza pubblica rispetto ad altri tipi di affidamento (cfr. TAR Emilia-Romagna, Parma, Sez. I, 6 dicembre 2006 n. 592; TAR Puglia Bari, Sez. I, 8 gennaio 2007 n. 16).

La Cassazione a Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. un., n. 17635 del 2003) aveva stabilito l'impossibilità di lasciare alla stazione appaltante (talvolta, sostanzialmente privata), la scelta del Giudice, adoperando la procedura ad evidenza pubblica anche per affidamenti sottosoglia.

Secondo tale orientamento – seguito anche da una parte dei Giudici amministrativi (Cons. St., Sez. V, n. 7554 del 2004), in riforma di una sentenza del TAR Campania (la n. 5868 del 20 maggio 2003) ritenutosi titolare della giurisdizione – il richiamo ai principi era sufficiente, ma occorreva in ogni caso fare i conti con la soglia, espressione della direttiva ed unico strumento in grado di orientare anche la competenza giurisdizionale.

Mentre, quindi, il giudice ordinario al massimo livello rivendicava la propria giurisdizione sugli appalti sottosoglia, il TAR partenopeo sosteneva che detti appalti dovevano rientrare comunque nella cognizione del Giudice amministrativo e il medesimo, al di là del merito della questione (accolse il ricorso), si ritenne munito di giurisdizione, pur trattandosi di un appalto sottosoglia, richiamando i principi del Trattato istitutivo della Comunità europea, di parità di trattamento, di concorrenza e di libera circolazione delle merci.

Si sostenne che, se è vero che esiste la soglia comunitaria, è altrettanto vero che nella trattativa privata relativa al caso specifico vi era stato un tale richiamo ai principi comunitari che non poteva porsi una distinzione così netta e non si poteva attribuire al giudice ordinario la competenza a decidere su un simile appalto.

Il G.O. tendeva ad occuparsi di aspetti sicuramente marginali non essendo giudice dell'evidenza pubblica, ad eccezione di tutta la fase di esecuzione del contratto che restava di sua competenza; il G.A., invece, aveva più mezzi a disposizione ed una sensibilità maggiore nel decidere su appalti che, pur trovandosi sotto il limite quantitativo prescritto, fondamentalmente risentivano sempre dei principi di evidenza pubblica e di quelli del Trattato. A tale proposito, apparve assai saggia, la pronuncia dei Giudici di Palazzo Spada (Cons. St., Sez. VI, n. 6368 del 2005), secondo cui occorreva valutare se la scelta della stazione appaltante fosse stata ben ponderata e motivata ovvero fosse solo il frutto di un calcolo finalizzato anche alla scelta del Giudice. Tale indagine poteva essere più facile di quanto potesse sembrare, anche perché la trattativa privata (poi procedura negoziata) era strumento ben lungi dall'essere posto a pieno titolo nell'ambito dell'autonomia negoziale, con esclusione di qualsiasi forma di interesse legittimo (cfr. Cons. St., Sez. V, n. 1577 del 1996; Cons. St., Sez. IV n. 125 del 1997; Cons. St., Sez. V, n. 112 del 1999; Cons. St., Sez. VI, n. 1018 del 1999; Cons. St., Sez. V, n. 2079 del 2000; Cons. St., Sez. VI, n. 1206 del 2001 e Cass. civ., Sez. Un., n. 11619 del 1998).

Quando l'amministrazione, in attuazione dell'art. 97 Cost. (e quindi dei principi quali l'imparzialità e il buon andamento) decida di adottare la procedura della trattativa privata, il successivo provvedimento di aggiudicazione assumerà il connotato di atto amministrativo ed andrà ad incidere su interessi legittimi. Ciò, già di per sé, radica la competenza in capo al G.A. La chiave di lettura della querelle, forse, è offerta proprio dalla piana lettura dell'art. 6 l. n. 205 del 2000, secondo cui il G.A. è competente, in sede esclusiva, per tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi, forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale.

Il Codice degli Contratti pubblici e il Codice del Processo Amministrativo

Il vecchio codice dei contratti pubblici, all'art. 244, ha riproposto il testo dell'art. 6 della l. n. 205 del 2000, con l'aggiunta dell'inciso importante “anche risarcitorie”, prevedendo che sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo tutte le controversie, anche risarcitorie (a scanso di qualsiasi equivoco, visti i conflitti G.O.- G.A.) relative a procedure di affidamento di lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale.

L'articolo 121 del Codice prevede che ai contratti pubblici aventi per oggetto lavori, servizi, forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria si applichino anche le disposizioni della parte quarta, ossia quella relativa al contenzioso.

Va da sé che, nel momento in cui, anche per gli appalti sottosoglia, si richiama la normativa sul contenzioso, e in particolare si opera un rinvio all'art. 244 del codice (che, a sua volta, riprende l'art. 6 della legge n. 205 del 2000), si fornisce una sorta di sponda anche agli appalti sottosoglia, poiché si dice, con sufficiente chiarezza, che ad essi è applicabile la medesima disciplina, in materia di contenzioso, degli appalti soprasoglia.

Tale collegamento è stato trattato e analizzato dal Tar Puglia (Tar Puglia, Bari, Sez. I, n. 1480 del 2008), che proprio fondandosi sull'estensione della disciplina del contenzioso anche agli appalti sottosoglia, ha concluso per la giurisdizione amministrativa.

A mettere ulteriormente ordine nella materia degli appalti è intervenuto poi il codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 104 del 2010) che ha introdotto l'art. 133, destinato a segnare definitivamente (o quasi) la linea di confine fra la giurisdizione del Giudice ordinario e quella del Giudice amministrativo.

Posizione, fra l'altro, già avallata anche dalla Corte di Cassazione, Sez. un., ord. 26 ottobre 2009, n. 22584, che aveva affermato la giurisdizione del g.a. relativamente a controversie insorte nel corso di un appalto “sottosoglia” indetto da un soggetto tenuto al rispetto delle norme sull'evidenza pubblica.

Orientamento poi confermato dal TAR Puglia, Lecce, Sez III, 25 febbraio 2010, n. 632 secondo cui a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 244 del codice dei contratti pubblici tutte le controversie inerenti ad appalti pubblici rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, anche se di importo inferiore alla soglia comunitaria.

Ne consegue che anche negli appalti sottosoglia sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, poiché l'amministrazione è comunque tenuta a rispettare i principi di evidenza pubblica comunitari e statali.

Nello stesso senso si è espressa la Corte di Cassazione, Sez. Un. 9 maggio 2011, n. 10068.

La sentenza Cons. St., Ad. Plen., n. 16 del 2011

La questione della giurisdizione è stata affrontata dalla Adunanza Plenaria n. 16 del 2011 del Consiglio di Stato, che riprendendo i principi sopra richiamati ha rilevato che il rispetto dei principi di natura comunitaria, recte del trattato CE in tema di appalti, rientra nella sfera di applicabilità dell'art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 c.p.a., norma speciale attributiva della giurisdizione e, quindi, conclusivamente, è stata affermata la giurisdizione esclusiva del g.a.

La procedura di affidamento ha in sé natura neutra, e si connota solo in virtù della natura del soggetto che la pone in essere, essendo indispensabile, sia per la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, sia per l'applicazione del diritto pubblico degli appalti, che il soggetto procedente sia obbligato al rispetto delle procedure di evidenza pubblica, in base al diritto comunitario o interno.

Nel ricercare la disciplina applicabile al caso di specie, il Collegio ha individuato quattro possibili alternative: a) applicazione della disciplina dei settori ordinari; b) applicazione dell'art. 27 cod. contratti; c) applicazione dei principi a tutela della concorrenza contenuti nei Trattati UE; d) applicazione del diritto privato. In quest'ultimo caso, peraltro, difetterebbe la giurisdizione del giudice amministrativo, rientrando in quella del giudice ordinario.

È stata esclusa, in prima battuta, l'applicazione della disciplina dei settori ordinari. Al di fuori dei settori speciali, infatti, non vi è sostituzione all'attività amministrativa e pertanto non sorge la necessità di assicurare normativamente la garanzia della concorrenza dei potenziali contraenti, mediante l'imposizione di scansioni particolari del processo di formazione contrattuale.

In secondo luogo, il Consiglio di Stato, ragionando sull'applicabilità dell'art. 27 cod. contratti, secondo il quale l'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall' applicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, ha rilevato che, lo stesso, letto alla luce della giurisprudenza della C. giust. CE, impone il rispetto dei principi del Trattato a tutela della concorrenza, ai soggetti tenuti al rispetto del codice, in relazione ai contratti ma non anche agli scopi e all'oggetto del codice e delle direttive comunitarie.

A tal riguardo, il Consiglio di Stato ha escluso che agli appalti dei settori speciali, di cui all'art. 217, posti in essere da imprese pubbliche, siano estensibili i principi dei trattati a tutela della concorrenza.

Per contro, essendo l'appalto per cui è processo estraneo sia ai settori speciali, sia ai settori ordinari, sia all'art. 27, di cui al d.lgs. n. 163 del 2006, ed essendo altresì sottratto ai principi dei Trattati, va affermato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e per converso la giurisdizione del giudice ordinario.

I profili di giurisdizione nel d. lgs. n. 50 del 2016

Il nuovo codice degli appalti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016) abrogando il precedente decreto, ha agito nell'ottica di ridurre il contenzioso e di definire velocemente le liti attraverso strumenti preventivi e alternativi alla tutela giurisdizionale (art. 204-220). Non ha affrontato in maniera “diretta” la problematica del riparto di giurisdizione. Tuttavia, sembrerebbe orientato alla giurisdizione del G.A., non solo perché occupandosi di “ricorsi giurisdizionali” (art. 204), rinvia espressamente solo al codice del processo amministrativo ma anche perché, l'art. 36 d.lgs. n. 50 del 2016, che, al primo comma, in tema di affidamento ed esecuzione di lavori sotto soglia, richiama espressamente l'art. 30 della medesima normativa ovvero il rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità, esigendo, dunque, anche per tali lavori, quelle garanzie nazionali e comunitarie da cui la giurisprudenza desume la giurisdizione del giudice amministrativo. Una novità da segnalare, nella ridefinizione delle competenze giurisdizionali appalti pubblici in generale, consiste nelle modifiche che l'art. 204, ha apportato all'art. 120 del codice del processo amministrativo, delineando un nuovo rito abbreviato in camera di consiglio, che si aggiunge a quello già esistente, sull'impugnativa del provvedimento, che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all'esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali. Parliamo di un rito ad hoc “super accelerato” per l'impugnazione delle esclusioni e ammissioni, da impugnare in un termine breve (30 giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante), pena la incontestabilità dei medesimi vizi in sede di eventuale impugnazione dell'aggiudicazione.

In conclusione

Ripercorrendo i passaggi della citata pronuncia del Consiglio di Stato può dirsi che la giurisdizione del Giudice Amministrativo in caso di lavori sotto soglia dipenderà, oltre che dalla natura giuridica dei soggetti contraenti e dall'oggetto della procedura di affidamento, soprattutto dalla applicazione al contratto dei principi dei Trattati, quali la trasparenza, la pubblicità, l'imparzialità e, dunque, dall'assoggettamento dello stesso a fonti eteronome, prescindendo dalla dichiarazione della stazione appaltante.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario