L'esclusione per grave errore professionale tra i principi di proporzionalità, trasparenza e parità di trattamento
30 Marzo 2017
Massima
Il diritto dell'Unione europea – e, in particolare, l'art. 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18/CE – non ostano a che una normativa nazionale obblighi un'amministrazione aggiudicatrice a valutare, applicando il principio di proporzionalità, se debba essere effettivamente escluso un offerente in una gara d'appalto pubblico che ha commesso un grave errore nell'esercizio della propria attività professionale. Le disposizioni normative della direttiva 2004/18/CE – e, nel dettaglio, quelle contenute nell'art. 2 e nell'allegato VII A, punto 17 – lette «alla luce del principio della parità di trattamento, nonché dell'obbligo di trasparenza che ne deriva, devono essere interpretate nel senso che ostano a che un'amministrazione aggiudicatrice decida di attribuire un appalto pubblico a un offerente che ha commesso un grave errore professionale, per il fatto che l'esclusione di tale offerente dalla procedura di gara sarebbe stata contraria al principio di proporzionalità, mentre, secondo le condizioni della gara d'appalto in questione, un offerente che avesse commesso un grave errore professionale avrebbe dovuto necessariamente essere escluso, senza tener conto del carattere proporzionato o meno di tale sanzione». Il caso
Il Ministero della sanità dello Stato olandese affidava il servizio di trasporto, relativo a persone con mobilità ridotta, ad un concorrente che aveva subito delle ammende, dall'Autorità garante della concorrenza, per accordi anticoncorrenziali precedentemente conclusi con altre imprese. In particolare il Ministero – sebbene riconoscesse come tali accordi configurassero un grave errore professionale – considerava sproporzionata l'eventuale esclusione del concorrente e, pertanto, gli aggiudicava l'appalto. Tale decisione veniva però contestata, da un altro concorrente, davanti agli organi giurisdizionali: cosicché, mentre il giudice per le misure cautelari riteneva che il Ministero avrebbe dovuto escludere il concorrente una volta accertata nei suoi confronti la sussistenza del grave errore professionale, la Corte d'appello annullava detta pronuncia e rilevava la correttezza dell'operato del Ministero, precisando come il diritto dell'Unione europea non impedisse ad un'amministrazione aggiudicatrice di tener conto del principio di proporzionalità laddove volesse applicare la causa di esclusione de qua. Contro tale decisione veniva, poi, proposto ricorso dinanzi alla Corte suprema dei Paese Bassi la quale sospendeva il giudizio, sottoponendo alla Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali. Le questioni
Per quanto qui interessa, la Corte di Giustizia è stata chiamata a valutare: (i) «se il diritto dell'Unione, e segnatamente l'articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18, osti a che il diritto nazionale obblighi un'amministrazione aggiudicatrice a valutare, applicando il principio di proporzionalità, se un offerente che ha commesso un grave errore nell'esercizio della propria attività professionale debba essere effettivamente escluso»; (ii) «se al riguardo sia rilevante la circostanza che un'amministrazione aggiudicatrice abbia incluso, nelle condizioni della gara d'appalto, che un'offerta alla quale è applicabile un motivo di esclusione non viene presa in considerazione e non può essere oggetto di un ulteriore esame di merito». Le soluzioni giuridiche
Come noto, l'art. 45, par. 2, della direttiva 2004/18 inserisce tra le cause di esclusione facoltative anche quella del grave errore professionale, attribuendo agli Stati membri il potere di precisarne le condizioni di applicazione. In quest'ottica, il Regno dei Paesi Bassi ha recepito la direttiva limitandosi a ribadire il contenuto della causa di esclusione ivi prevista, prevedendo che «L'amministrazione aggiudicatrice può escludere dalla partecipazione all'appalto ogni operatore economico: […] che, nell'esercizio della propria attività professionale, abbia commesso un errore grave, accertato con un mezzo di prova dall'amministrazione aggiudicatrice» (art. 45, par. 3, lett. d, decreto 16 luglio 2005, recante disposizioni in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi). Tale disposizione è stata, poi, oggetto di una nota esplicativa (di per sé non vincolante) in cui si è stabilito che «La valutazione se procedere effettivamente all'esclusione, e per quanto tempo, deve sempre essere proporzionata e non discriminatoria, in considerazione dei principi generali stabiliti dalla direttiva», precisandosi ulteriormente che (i) «Il termine “proporzionata” significa che l'esclusione e la sua durata devono essere proporzionali alla gravità dell'errore commesso»; (ii) «Allo stesso modo, l'esclusione e la sua durata devono essere proporzionali alla rilevanza dell'appalto pubblico»; (iii) «La fissazione di un termine assoluto entro il quale un'impresa che abbia agito in maniera illecita è esclusa da tutte le procedure di appalti pubblici indette dallo Stato non è pertanto conforme al principio di proporzionalità»; (iv) «Ciò significa altresì che si tratta sempre di un lavoro su misura, poiché l'amministrazione aggiudicatrice deve sempre verificare caso per caso, per ogni appalto pubblico, se escludere, in un caso concreto, una determinata impresa (a seconda del tipo e della rilevanza dell'appalto, del tipo e della rilevanza dell'illecito e delle misure nel frattempo adottate dall'impresa)». Sembra quindi che l'amministrazione aggiudicatrice sia effettivamente chiamata a valutare, in base al principio di proporzionalità, se escludere o meno il concorrente macchiatosi di un grave errore professionale. Secondo il ragionamento della Corte, il citato art. 45, par. 2, non osta infatti a che una normativa nazionale, come quella di specie, obblighi un'amministrazione aggiudicatrice a valutare, applicando il principio di proporzionalità, se debba essere effettivamente escluso un offerente in una gara d'appalto pubblico per aver commesso un grave errore nell'esercizio della propria attività professionale. Del resto, la stessa direttiva 2004/18 ha evidenziato l'importanza di un simile principio, stabilendo che «L'aggiudicazione degli appalti negli Stati membri […] è subordinata al rispetto dei principi del trattato ed in particolare ai principi […] di proporzionalità e di trasparenza.». Occorre tuttavia verificare cosa accada nel caso in cui l'amministrazione aggiudicatrice preveda negli atti di gara l'esclusione del concorrente (per grave errore professionale) senza imporre alcuna valutazione circa la proporzionalità dell'esclusione stessa. In altri termini, ci si dovrebbe domandare se, una volta accertata la sussistenza del grave errore professionale, l'esclusione debba essere “automatica” o subordinata ad una valutazione ispirata al principio di proporzionalità. Orbene, secondo il ragionamento della Corte, la «valutazione alla luce del principio di proporzionalità dell'esclusione di cui trattasi, mentre le condizioni della gara di appalto considerata prevedono il rigetto, senza una valutazione che tenga conto di tale principio, delle offerte che presentano una siffatta causa di esclusione, può mettere gli operatori economici interessati in una situazione di incertezza e violare il principio della parità di trattamento ed il rispetto dell'obbligo di trasparenza». Una siffatta situazione potrebbe, invero, creare delle incertezze interpretative tra coloro che, macchiatisi di un errore professionale qualificabile come “grave”, intendessero partecipare ad una gara, giacché mentre alcuni operatori, facendo affidamento sulla normativa nazionale (richiedente una valutazione proporzionale dell'esclusione), sarebbero tentati di presentare l'offerta nella speranza di non essere esclusi in forza del principio di proporzionalità, altri operatori potrebbero invece scegliere di non depositare l'offerta, pensando di essere esclusi a fronte di atti di gara che non menzionano un simile principio con riferimento alla causa di esclusione de qua. Quest'ultima ipotesi, inoltre, potrebbe verificarsi nei confronti degli operatori economici appartenenti ad una Stato membro diverso (rispetto a quello dove viene bandita la gara), i quali probabilmente avrebbero un grado di esperienza inferiore sull'applicazione della normativa nazionale di riferimento. Di tal ché, «le disposizioni della direttiva 2004/18, in particolare quelle dell'articolo 2 e dell'allegato VII A, punto 17, della medesima, interpretate alla luce del principio della parità di trattamento, nonché dell'obbligo di trasparenza che ne deriva, devono essere interpretate nel senso che ostano a che un'amministrazione aggiudicatrice decida di attribuire un appalto pubblico ad un offerente che ha commesso un grave errore professionale, per il fatto che l'esclusione di tale offerente dalla procedura di gara sarebbe stata contraria al principio di proporzionalità, mentre, secondo le condizioni della gara d'appalto in questione, un offerente che avesse commesso un grave errore professionale avrebbe dovuto necessariamente essere escluso, senza tener conto del carattere proporzionato o meno di tale sanzione». Osservazioni
Dopo aver valorizzato il principio di proporzionalità per affermare che l'amministrazione aggiudicatrice deve farne applicazione nel valutare se escludere o meno un concorrente macchiatosi di un grave errore professionale, la Corte sembra far “retrocedere” tale principio dinanzi a quello di certezza, trasparenza e parità di trattamento. La sentenza pare infatti subordinare l'operatività del principio di proporzionalità, nell'esercizio del potere espulsivo per grave errore professionale, al richiamo espresso di detto principio negli atti di gara, lasciando intendere che, ove l'amministrazione non effettui un simile richiamo, l'esclusione a causa di un grave errore professionale debba essere automatica. Sicché, solo la presenza negli atti di gara di una specifica clausola, che imponga di valutare l'esclusione per errore professionale alla luce del principio di proporzionalità potrà evitare un'esclusione automatica del concorrente al quale sia ascrivibile la fattispecie espulsiva de qua. Del resto, oltre al fatto che l'amministrazione aggiudicatrice deve osservare rigorosamente i criteri da essa stabiliti (CGUE, 10 ottobre 2013, Manova, C-336/12), la stessa Corte, per avvalorare la sua tesi, ricorda come: (i) il principio della parità di trattamento esiga che gli operatori economici interessati da un appalto pubblico dispongano delle stesse opportunità nella formulazione delle loro offerte e possano conoscere esattamente i vincoli procedurali ed essere assicurati del fatto che gli stessi requisiti valgono per tutti i concorrenti (CGUE, 2 giugno 2016, Pizzo, C-27/15, pt. 36); (ii) l'obbligo di trasparenza implichi che tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d'oneri, così da permettere a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l'esatta portata e di interpretarle allo stesso modo (CGUE, 2 giugno 2016, Pizzo, C-27/15, pt. 37 e giurisprudenza citata).
- D.U. GALETTA, Il principio di proporzionalità, in AA.VV., M.A. SANDULLI (a cura di), Il Codice dell'azione amministrativa, 2017, 111; - D.U. Galetta, I principi di proporzionalità e ragionevolezza, in AA.VV., M.A. SANDULLI (a cura di), Principi e regole dell'azione amministrativa, 2015, 69. |