Riserve
23 Maggio 2016
Inquadramento
Le riserve sono un istituto che risale al R.d. 25 maggio 1895, n. 350 («Regolamento per la direzione, la contabilità e la collaudazione dei lavori dello Stato che sono nelle attribuzioni del Ministero dei lavori pubblici») e non è oggetto di specifica considerazione da parte delle direttive euro comunitarie, ivi comprese le recentissime direttive 2014/23, 2014/24 e2014/25 del 26 febbraio 2015. Originariamente proprio dei soli lavori pubblici, l'istituto è stato sostanzialmente esteso anche agli appalti di servizi dal più recente Regolamento di esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui al d.P.R. 207 del 2010, il quale, perseguendo la medesima finalità sottesa alla formulazione di una riserva begli appalti pubblici di lavori, ha introdotto l'istituto negli appalti di servizi nelle vesti della “contestazione scritta”, che può essere formulata in “occasione dei pagamenti” disposti dalla Stazione Appaltante in favore dell'esecutore ai sensi dell'art. 307, comma 2, d.P.R. 207 del 2010. Con l'iscrizione delle riserve nel registro di contabilità (o negli altri atti idonei a riceverli) l'appaltatore fa constare il proprio dissenso (di qui il sostantivo riserva) rispetto ad un fatto tecnico od economico verificatosi nel corso dell'appalto e rappresentato negli atti contabili dell'appalto e dal quale, per la maggior parte dei casi, si fonda una richiesta di maggior compenso per l'appaltatore. I fatti dai quali può sorgere la necessità o l'opportunità di iscrivere una riserva sono di solito individuati nella consegna ritardata o parziale dei lavori, nella sospensione illegittima e tardiva della ripresa dei lavori, nella contestazione della contabilizzazione dei lavori, nella legittimità delle varianti (soprattutto quelle in diminuzione), nelle proroghe e nelle penali, nell'andamento anomalo dei lavori, nei fatti che danno luogo allo scioglimento del contratto (es. la risoluzione), ed avverso le risultanze del collaudo tecnico amministrativo. In definitiva, le riserve o le domande dell'appaltatore nei confronti dell'Amministrazione possono discendere da comportamenti dell'amministrazione (come ad esempio la contestazione sulle registrazioni contabili, o il rilevamento dei lavori eseguiti) o dell'Appaltatore (come ad esempio quei comportamenti con cui l'appaltatore dà esecuzione agli obblighi a lui imputabili per l'esecuzione del contratto) e possono essere connesse a fatti del tutto imponderabili (come ad esempio la sospensione lavori per eventi naturali) e connessi all'esecuzione dell'opera (come ad esempio la sorpresa geologica o l'esistenza della necessità di procedere alle varianti). Le disposizioni speciali in tema di riserve ed eccezioni dell'appaltatore si sono date carico di disciplinare solo la proposizione delle pretese dell'appaltatore verso l'amministrazione. Non è prevista una procedura particolare per la proposizione delle pretese dell'Amministrazione nei confronti dell'appaltatore.
La disciplina dell'istituto ha trovato la sua attuale collocazione nel Regolamento di esecuzione del codice dei contratti pubblici (d.P.R. n. 207 del 2010) agli artt. 190 e 191, che regolano rispettivamente le «eccezioni e riserve dell'esecutore sul registro di contabilità» e «la forma e contenuto delle medesime riserve». Invero la disciplina di questo istituto è ben più diffusa nel Regolamento rispetto a queste sole due norme. Ed anzi la disciplina delle riserve trascende l'ambito di applicazione del solo Regolamento trovando ampio richiamo nel codice ed in particolare nei metodi di soluzione delle controversie con l'appaltatore e precisamente nell'accordo bonario ex artt. 240 e 240-bis, d.lgs. n. 163 del 2006 e nella transazione ex art. 239, d.lgs. n. 163 del 2006. Nell'ambito dello stesso regolamento si fa rinvio alle riserve (in senso negativo, per escluderne la necessità) per ottenere la computazione ed il versamento degli interessi per ritardato pagamento delle rate di acconto (si veda in proposito art. 142). Le riserve sono richiamate – sotto il profilo dell'onere di iscriverle nel registro di contabilità – nell'ambito della disciplina degli ordini di servizio ex art. 143 Regolamento. Sono altresì richiamate nella disciplina della documentazione da consegnare al collaudatore (art. 217 Regolamento). Un riferimento specifico alle riserve è effettuato nella disciplina delle valutazioni dell'organo di collaudo (art. 225), il quale con apposita relazione riservata espone il proprio parere sulle riserve e domande dell'esecutore e sulle eventuali penali sulle quali non sia già intervenuta una risoluzione definitiva. Un ampio richiamo alla disciplina delle riserve è effettuata per quanto concerne le richieste dell'esecutore da avanzare con riferimento alle operazioni di collaudo disciplinate nell'art. 233 del Regolamento. In ogni caso, la disciplina generale delle riserve ruota attorno agli artt. 190 e 191, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207. L'art. 190 del Regolamento che disciplina le eccezioni e riserve dell'esecutore sul registro di contabilità ripete sostanzialmente la disciplina di cui all'art. 165 del Regolamento di esecuzione della l. n. 109 del 1994 (la c.d. Merloni ter) ovvero del d.P.R. n. 544 del 1999 ed a sua volta con gli opportuni e potremmo definire lievi adattamenti la disciplina del R.d. n. 350 del 1895 e segnatamente dell'art. 54 del decreto in parola. L'art. 191 del Regolamento che disciplina la forma ed il contenuto delle riserve ripete una norma del Capitolato Generale delle Opere Pubbliche Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici n. 145 del 2000 ed in particolare l'art. 31, la quale costituisce la summa di ulteriori affermazioni già presente nel R.d. n. 350 del 1895 e di molteplici indirizzi giurisprudenziali maturati nel corso dell'applicazione della disciplina nazionale.
I termini riserva e domanda dell'appaltatore vengono utilizzati di solito come sinonimi. In realtà la riserva e la domanda sono nettamente distinte e si pongono in rapporto di strumentalità della prima nei confronti della seconda. La riserva ha lo scopo di accettare la contabilizzazione in forma condizionata (appunto con riserva) e non definitiva ai fini contrattuali e nomativi, in modo da consentire all'appaltatore, esplicando le proprie riserve, di proporre le proprie domande e contestazioni per gli interessi, che si assumono lesi da parte dell'operato dell'amministrazione. Le domande e le contestazioni sono le richieste formulate dall'appaltatore di maggiori compensi ed indennizzi, che non necessariamente devono essere precedute da riserve sui registri di contabilità.
Per lunghi anni si è dibattuto soprattutto in dottrina – con scarsissime ricadute sul piano pratico – sulla natura giuridica delle riserve. Si è passati dal qualificare le riserve talvolta quale ricorso gerarchico e talvolta quale atto amministrativo, talaltra quale manifestazioni di volontà avente valore negoziale (cfr. in tal senso anche se isolata Cass. civ., Sez. I, 20 settembre 1991, 9854, contra App. Cagliari, 13 novembre 1992, n. 253) e talvolta anche quale proposta per la conclusione di un negozio di accertamento. La giurisprudenza esclude invece che le riserve possano valere altre volte quale atto di costituzione in mora ex art. 1219 c.c., difettandone plurimi presupposti tra cui il fatto che le stesse sono iscritte nel registro di contabilità tenuto dal direttore dei lavori, il quale non può considerarsi legale rappresentante della stazione appaltante (cfr. Cass. civ., Sez. I, 10 novembre 2008, n. 26916, sulla esclusione del direttore dei lavori quale rappresentante legale dell'Amministrazione committente cfr. Cass. civ, Sez. II, 16 gennaio 1987, n. 292). Infine si è teorizzato – e questa è la tesi predominante – che la riserva debba essere assunta quale atto giuridico ovvero quale atto volontario, cui la legge ricollega effetti giuridici determinati, che sono quelli stabiliti dalle norme del regolamento (artt. 190 e 191, d.P.R. n. 207 del 2010), impedendo la decadenza dell'appaltatore dal proporre ed ottenere la soddisfazione delle proprie domande e che la rappresentazione contenuta nella contabilità ed effettuata dalla Amministrazione diventi incontrovertibile.
La finalità della riserva ha importanti ricadute sul connesso onere di iscrizione e di esplicazione delle riserve. Fino agli anni ‘60 la giurisprudenza arbitrale ha ritenuto che la funzione della riserva fosse quella di consentire l'accertamento di fatti controversi, la cui mancata denuncia avesse precluso il definitivo accertamento (Cass. civ., Sez I, 4 dicembre 1967, n. 2869, in Arbitrati ed Appalti, 1968, 198; Coll. Arb. 15 marzo 1961, in Rass giur. edilizia, 1962, I, 1015). Ad esempio sono da considerare fatti oggetto di accertamento irripetibile il consolidamento statico di strutture portanti o di muri portanti, il cui accertamento successivo avrebbe comunque determinato lo smantellamento delle opere effettuate sul muro e/o sulla struttura. Oppure ed anche il prosciugamento della falda nelle opere di scavo. Ciò determinava che l'onere di iscrizione della riserva riguardasse solo quei fatti controversi, e non per dedurre quelle circostanze pacificamente certe, o sempre accertabili nel corso dell'appalto e fino al conto finale dei lavori, e che riguardasse non una singola lavorazione, ma categorie generali di lavoro o l'opera nel suo complesso (Coll. Arb. 16 giugno 1065, in Rass. Avv. Stato, 1966, I, 1146). Con la sentenza della Corte di Appello di Roma del 19 ottobre 1966, il cui indirizzo non è stato sconfessato fino ai giorni nostri, la ratio delle riserve da strumento di accertamento di fatti non altrimenti accertabili, diviene strumento per l'Amministrazione di controllo del costo dell'opera e per il controllo della relativa spesa. Ciò consente all'amministrazione di avere una esatta cognizione della spesa necessaria per la realizzazione dell'opera, per assumere delle decisioni corrispondenti e consapevoli, che vanno dal recupero di ulteriori somme fino alla decisione di recedere dal contratto, qualora la spesa per la realizzazione dell'opera sia giudicata insostenibile (App. Roma, sez. I, 13 luglio 2009).
Le conseguenze di tale indirizzo si riverbera sull'onere dell'iscrizione delle riserve e sulla tempestività.
L'art. 190, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 stabilisce l'esatto onere dell'appaltatore per evitare che si verifichino le decadenze dello stesso esecutore nell'avanzare le proprie domande di maggior compensi o di indennizzi, connessi all'esecuzione dell'appalto. L'art. 190 del regolamento regola i seguenti casi: i) il registro di contabilità è stato firmato dall'appaltatore senza riserve (comma 1); ii) il registro di contabilità è stato firmato dall'appaltatore con riserva (comma 1); iii) il registro di contabilità non è stato firmato dall'appaltatore nel giorno in cui gli viene sottoposto. L'appaltatore è invitato a farlo entro il termine perentorio di quindici giorni e, qualora persista nell'astensione o nel rifiuto, se ne fa espressa menzione nel registro (comma 2, con la conseguenza del verificarsi della decadenza v. infra par. «Tempestività e fatti continuativi»); iv) quando nel caso di cui sopra ii) l'esecutore ha firmato con riserva, qualora l'esplicazione e la quantificazione non siano possibili al momento della formulazione della stessa, egli esplica - a pena di decadenza nel termine di quindici giorni - le sue riserve, scrivendo e firmando nel registro le corrispondenti domande di indennità e indicando con precisione le cifre di compenso cui crede aver diritto, e le ragioni di ciascuna domanda (comma 3);
L'onere per l'appaltatore insorge solo dal momento in cui gli viene sottoposto per la sottoscrizione il registro di contabilità. Oppure nel caso in cui viene invitato a sottoscriverlo ai sensi dell'art. 190 comma 2 del Regolamento. Prima di questo momento non sorge alcun onere e nessuna decadenza può verificarsi, salvo per quelle riserve che devono essere iscritte su atti diversi dal registro di contabilità, come ad esempio i verbali di sospensione e di ripresa lavori. Il principio affermato dalla giurisprudenza è quello per cui la riserva deve corrispondere ad ogni singola partita iscritta e contabilizzata all'epoca in cui il registro di contabilità gli è sottoposto (Cass. civ., Sez. I, 29 giugno 1981, n. 4206). L'appaltatore non è tenuto in alcun modo ad iscrivere riserve con riguardo a fatti dannosi o dilatori sulla stessa sorte del contratto, ossia sulla stessa validità del contratto, che possono essere oggetto di accertamento in sede di giudiziale anche per la prima volta (cfr. Cass. civ., Sez. I, 1° marzo 1982, n. 1728). Del pari è stato sostenuto in giurisprudenza che soggiacciono all'onere di iscrizione solo quelle domande (e dunque di quelle riserve) che attengono al quantum contabilizzato e che lo mettano in discussione, essendo esclusa ogni altra domanda (App. Roma, 14 novembre 1983, n. 2319). Altro presupposto che fa sorgere l'onere di iscrizione della riserva è che vi sia un regolare registro di contabilità. L'inesistenza di un regolare registro di contabilità impedisce la decadenza eccepita dall'Amministrazione. L'accertamento dell'esistenza di un regolare registro di contabilità è accertamento rimesso al giudicante e può essere rilevato d'ufficio dal giudice a cui è devoluta la controversia (Lodo Arbitrale, Roma, 9 novembre 2010, n. 135).
In definitiva non può considerarsi quale registro di contabilità da cui sorge l'onere per l'appaltatore di iscrivere riserva un «registro di contabilità» costituito da un insieme di fogli separati, solo spillati tra loro, non sottoscritti preventivamente dall'Impresa e dal Direttore dei lavori né preventivamente vidimati.
Le domande oggetto di riserva ed a cui si riferisce l'onere possono essere contestative oppure integrative. Le prime (i.d. le contestative) sono dirette a far valere pretese che traggano origine dal modo di rilevamento e di registrazione dei lavori eseguiti in contabilità o di pretese implicate o disconosciute dalle singole poste contabili. Le pretese integrative sono quelle che si staccano dalla singola partita iscritta in contabilità, ma concernono il corrispettivo nel complesso e la necessità dell'integrazione discende per lo più da comportamenti dell'amministrazione oppure che riguardano il lavoro nel suo insieme (riserve di carattere generale). La regola da seguirsi circa l'onere di iscrizione sarà diversa a seconda che la pretesa sia contestativa o integrativa. Se la pretesa dell'appaltatore è implicata o disconosciuta da una iscrizione in contabilità intermedia prima del conto finale dei lavori sussiste l'onere di immediata iscrizione della riserva all'atto della prima presentazione del registro di contabilità; se tale disconoscimento o implicazione non si verifica si potrà attendere la chiusura del registro di contabilità con la formazione del conto finale dei lavori per procedere all'iscrizione.
La giurisprudenza più risalente riteneva che non sorgesse l'onere per l'appaltatore d'iscrizione e di esplicazione delle riserve in contabilità in presenza del fatto continuativo o di fatti continuativi.
La categoria dei fatti continuativi ha assunto rilevanza (soprattutto in passato) per stabilire il momento in cui sorgeva l'onere in capo all'appaltatore di procedere all'iscrizione. Secondo l'indirizzo più isolato e datato la domanda connessa ad un fatto continuativo influente su tutta la durata dell'appalto è sottratta al regime delle riserve (cfr. Coll. Arb. Roma, 30 aprile 1997). Altra parte e meno recente della giurisprudenza ha ritenuto che l'onere di iscrivere la riserva sorge solo nel momento in cui è cessata la continuazione (cfr. Cass. civ., 3 marzo 1983, n. 963), oppure nel conto finale dei lavori (cfr. Cass. civ., Sez. I, 1° dicembre 1999, n. 1339 ) oppure solo nel momento in cui l'appaltatore avesse disposto di dati sufficienti per la determinazione presumibile dell'onere economico.
Tutti questi indirizzi sono stati abbandonati in favore della più restrittiva e rigorosa interpretazione (cfr. Cass. civ., Sez. I, 7 ottobre 2010, n. 20828) che stabilisce come «l'appaltatore che richieda maggiori compensi, rimborsi o indennizzi, per qualsiasi titolo e in relazione a qualsiasi situazione nel corso dell'esecuzione dell'opera, è tenuto a iscrivere nel registro di contabilità la riserva “immediatamente”: e quindi contestualmente all'insorgenza e percezione del fatto dannoso. Per cui – siccome l'impresa ha lamentato il prolungarsi dei tempi di esecuzione dell'appalto per le continue integrazioni e/o variazioni del progetto, nonché per gli altrettanto numerosi rallentamenti o interruzioni dei lavori che le stesse avevano cagionato – è in occasione di ciascuna di esse che insorgeva per l'impresa l'onere di iscrivere la riserva: salvo poi a precisarne la relativa entità nelle registrazioni successive – o in sede di chiusura del conto finale – se la quantificazione fosse stata al momento impossibile o estremamente difficoltosa (Cass. civ., Sez. I, 02 aprile 2088, n. 8512; Cass. civ., Sez. I, 10 agosto 2007, n. 17630)».
Secondo la giurisprudenza anche stabile ci sono altri fatti che sebbene possano avere un effetto sull'aumento della spesa connessa all'esecuzione dei lavori non sono sottoposti all'onere di immediata iscrizione od addirittura sottratti al regime delle riserve. Il primo caso sono i fatti estranei all'oggetto dell'appalto, che esclude l'applicabilità della disciplina stessa delle riserve, come nel caso della richiesta degli interessi per ritardato pagamento (cfr. Cass. civ., Sez. I, 19 marzo 1991,n. 2933). In particolare, questo caso ricorre, quando la pretesa della parte privata trae origine da fatti estranei all'oggetto dell'appalto od estranei alla finalità di documentazione cronologica dell' esecuzione dei lavori (cfr. Cass. civ., Sez. II, 8 ottobre 1981, n. 5300; Lodo Collegio Arbitrale, 14 maggio 1985, in Archivio Giuridico Opere Pubbliche, 1986, 778; Lodo Collegio Arbitrale, 9 luglio 1983, in Archivio Giuridico Opere Pubbliche, 1984, 524; Cass. civ., Sez. I, 9 aprile 1988, n. 2814). Il secondo caso di esenzione dal regime delle riserve trae origine da comportamenti dolosi o gravemente colposi della stazione appaltante nell' eseguire adempimenti amministrativi, purché essi non incidano in modo diretto sulla realizzazione dell'opera (Cass. civ., 25 luglio 1973, n. 2168, in Giustizia Civile, 1973, 1, 1878; Lodo Collegio Arbitrale, 9 luglio 1983, in Archivio Giuridico Opere Pubbliche, 1984, 524; Cass. Civ,, Sez. II, 8 ottobre 1981, n. 5300; Cass. Civ. Sez. I, 9 aprile 1988, n. 2814; Lodo Camera Arbitrale, 8 aprile 1999, n. 25 in Archivio Giuridico Opere Pubbliche, 2001, 181). È certamente sottratta all'onere di iscrizione della riserva il pregiudizio derivante all'appaltatore da errori materiali contenuti nella contabilità, poiché in questa ipotesi l'amministrazione può e deve provvedere d'ufficio a rettificarli e, se non vi provvede, l'appaltatore mantiene il diritto all'azione giurisdizionale pur in assenza di iscrizione di riserva (Cass. civ., Sez. I, 6 aprile 1982, n. 2102). Per quanto concerne le riserve di carattere generale in cui la doglianza dell'appaltatore non involge uno specifico fatto, bensì la generalità dell'appalto a fronte di un isolato indirizzo arbitrale che escludeva la necessità della iscrizione immeditata (cfr. Coll. Arbtr. 16 marzo 1941 e Coll. Arbtr. 5 aprile 1982) della riserva, si è fatto largo lo stesso canone ermeneutico giurisprudenziale valevole per i fatti continuativi per cui anche per quelli di carattere generale, sussiste l'onere di iscrizione immediata e l'insorgenza va valutata alla luce della buona fede e della diligenza media (cfr. Cass. civ. Sez. I, 11 gennaio 1988, n. 68). Sussistono casi in cui l'onere dell'iscrizione viene meno per il prevalere di una disciplina speciale su quella che regola le riserve (cfr. Trib. Roma 13 maggio 2015, n. 10383). Nel caso di specie si fronteggiava la disciplina fallimentare con quella delle riserve. Si è ritenuto dunque che «le detrazioni (operate dall'Amministrazione) cui si riferivano le riserve, essendo state effettuate dopo la comunicazione della risoluzione del contratto e dunque dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza, sono inefficaci nei confronti della massa dei creditori risultando in capo all'amministrazione il diritto ad insinuarsi al passivo». Sono escluse dalla disciplina delle riserve e dal corrispettivo onere di iscrizione tutta la disciplina della revisione prezzi (Cass. civ.,Sez. I, 16 giugno 1997, n. 5373), lo stesso dicasi per le domande relative agli interessi da ritardato pagamento degli importi dei singoli SAL (cfr. art. 142, comma 4, d.P.R. n. 207 del 2010 e Cass. civ., Sez. I, 15 ottobre 2015, n. 20873), nonché la disciplina della compensazione dei prezzi e di cui all'art. 133 commi, 4, 5, 6, 6 bis e 7, d.lgs. n. 163 del 2006, che come noto è attratto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr. art. 133, comma 2, d.lgs. n. 104 del 2010). Forma e luogo di iscrizione delle riserve: il registro di contabilità e gli altri atti idonei a ricevere le iscrizioni
Costituisce principio assolutamente inconfutabile in giurisprudenza come in dottrina quello per cui la riserva «costituisce atto a forma vincolata quanto a tempo e modalità di formulazione nel senso che la stessa deve essere necessariamente contenuta nel documento e nel contesto previsto dalla legge, senza possibilità di equipollenti, quali diffide, pur tempestive ed atti di costituzione in mora, essendo rilevante al fine indicato esclusivamente il rituale compimento dell'atto come richiesto dalla norma» (Cass. civ.,Sez. I, 3 marzo 2006, n. 4702; Cass. civ., Sez. I, 4 agosto 2000, n. 10261; Cass. civ., Sez. I,24 marzo 2000, n. 3525). Si è ritenuto che la forma vincolata delle riserve discende dalla corretta lettura dell'art. 2966 c.c. per cui la decadenza connessa alla mancata iscrizione di riserve nel registro di contabilità è impedita solo «dal compimento dell'atto previsto dalla legge o dal contratto». Per cui il mancato rispetto delle forme dell'iscrizione e dalla sua successiva esplicazione non impediscono la decadenza (Cass. civ.,Sez. I, 2 maggio 2006, n. 10120, Cass. civ., Sez. I, 10 novembre 2006, n. 24060). Si è anche ritenuto come lo stesso avvio di trattative per il componimento bonario della lite (e tale potrebbe essere l'avvio della procedura di accordo bonario) di per sè non è indice sintomatico del compimento dell'atto impeditivo della decadenza (cfr. Cass. civ., Sez. III, 26 giugno 2012, n. 10617, si veda, su un caso diverso dall'argomento delle riserve, Cass. civ., Sez. III, 13 novembre 2003,n. 17134). Dunque avendo appurato che le forme delle riserve sono vincolate oltre che nei tempi anche nel contenuto è necessario intendere quale sia il concetto espresso dall'art. 191 del Regolamento per cui «le riserve sono iscritte a pena di decadenza sul primo atto dell'appalto idoneo a riceverle, successivo all'insorgenza o alla cessazione del fatto che ha determinato il pregiudizio dell'esecutore». La circostanza non è di poco rilievo, dal momento che se la riserva risulta iscritta sul registro di contabilità, ma non sul diverso atto precedente “idoneo a riceverla”, si verificherà la decadenza dalla riserva. Il caso simbolo è quello della decadenza dalla riserva derivante dalla mancata iscrizione della stessa sul verbale di ripresa lavori, ma solo sul registro di contabilità presentato successivamente alla ripresa degli stessi (cfr. Cass. civ., Sez. I, 1 aprile 1982, n. 2006). In ogni caso, si è ritenuto che l'idoneità degli atti diversi dal registro di contabilità a ricevere l'iscrizione delle riserve si possa individuare in tutti quegli atti che sono sottoposti alla firma dell'appaltatore (cfr. Coll. Arb. 5 maggio 2014). Dove invece l'atto non è sottoposto alla firma dell'appaltatore l'apposizione della riserva risulterà impossibile. Deve trattarsi di atto di natura contabile a firma del direttore dei lavori e dunque uno di cui all'elenco di cui all'art. 181 d.P.R. n. 207 del 2010 (cfr. Coll. Arb. 8 giugno 1991) e non deve trattarsi di atto avente natura negoziale come ad esempio l'atto aggiuntivo o l'atto di sottomissione nell'ambito della variante. Per cui della semplice sottoscrizione di tali atti non si può far discendere la rinuncia alla precedente riserva formulata (cfr. Coll. Arb. Roma, 2 agosto 2007, n. 120; Coll. Arb. Roma, 26 settembre 2008, n. 125). Gli atti idonei a ricevere le riserve oltre al registro di contabilità sono stati indicati nel:
In ogni caso va precisato che la riserva iscritta su atti diversi dal registro di contabilità per spiegare effetto devono essere pertinenti con i fatti cui si riferisce l'atto che le riceve. Nel caso del verbale di sospensione lavori dovranno essere iscritte tutte le riserve pertinenti ai fatti che hanno dato luogo alla sospensione. Inoltre, la domanda inserita in tali atti deve rispettare la disciplina dell'atto che la riceve. Per esempio in caso si voglia contestare la legittimità della sospensione le domande risarcitorie devono essere corrispondenti a quelle riconosciute come ammissibili dalla disciplina (ex. art. 160, d.P.R. n. 207 del 2010).
Il contenuto della riserva: la specificità, la precisone delle ragioni dell'iscrizione e l'esatta quantificazione
L'art. 191, comma 3, del Regolamento stabilisce come: «Le riserve devono essere formulate in modo specifico ed indicare con precisione le ragioni sulle quali esse si fondano. In particolare, le riserve devono contenere a pena di inammissibilità la precisa quantificazione delle somme che l'esecutore, ritiene gli siano dovute». Si è sostenuto in giurisprudenza (cfr. Coll. Arb., 17 giugno 2009, n. 88) come «la menzionata disposizione (artt. 203 e 165, d.P.R. n. 554 del 1999) imponga la formulazione di una riserva per ogni pretesa che l'appaltatore avanzi, in modo che non siano consentite riserve cumulative, aventi cioè ad oggetto una pluralità di pretese. La esplicazione della riserva, inoltre, anche se formulata in modo sintetico, deve avere ad oggetto la indicazione delle ragioni della contestazione, che a loro volta non possono non riferirsi che ad una prestazione oggetto dell'appalto, della quale si censura l'esatto adempimento. Ne consegue che non sono ammissibili contestazioni generiche, o aventi ad oggetto fatti diversi dall'esatto adempimento delle prestazioni oggetto dell'appalto (Cass. civ., Sez. I, 21 dicembre 2007, n. 27086; Cass. civ., Sez. I, 4 settembre 2004, n. 17906; Cass. civ., Sez. I, 4 agosto 2000,10261; Cass. civ., Sez. I, 3 marzo 1983, n. 1575). Tuttavia ricollegandosi alla natura della riserva che non è quella di essere atto di costituzione in mora dell'amministrazione né atto giudiziale la riserva deve solo individuare e portare a conoscenza della stazione appaltante immediatamente i fatti che aumentano la spesa (Coll. Arb. 20 marzo 2012, n. 22), la sua formulazione non deve consistere in un'ampia diffusa e dettagliata esposizione delle ragioni, ma può anche consistere in una sintetica esposizione delle ragioni e degli elementi che possano identificare la pretesa, le ragioni su cui si fonda e la sua quantificazione (cfr. Coll. Arb. 27 novembre 1989, Coll. Arb. 28 febbraio 1986). In definitiva per essere ammissibile la riserva deve indicare la ragione per la quale si presenta la domanda di maggiori compensi (causa petendi) e il suo importo (petium) (cfr. Coll. arb. 16 dicembre 1986). Non è necessario che nell'esposizione delle ragioni si indichi il fondamento giuridico delle ragioni. Non è necessario in ordine all'importo richiesto che si indichino tutti i passaggi logico-aritmetici che hanno condotto al quantum della richiesta, l'importante è la sola indicazione dei «criteri in forza dei quali» si è determinato l'importo (Coll. Arb. 2 dicembre 2005, n. 71).
La conferma delle riserve presentate sui vari stati di avanzamento lavori, sul conto finale dei lavori e l'iscrizione di riserve sul collaudo finale
Costituisce prassi vieppiù consolidata quella di ripetere con formule sintetiche in occasione agli stati di avanzamento successivi quello di prima formulazione le precedenti riserve. La mancata conferma non determina alcuna decadenza e nessun effetto preclusivo per l'appaltatore. Diversamente vige la regola inversa per cui all'art. 191, comma 4, del Regolamento in base al quale: «La quantificazione della riserva è effettuata in via definitiva, senza possibilità di successive integrazioni o incrementi rispetto all'importo iscritto». Tuttavia è consentito l'aggiornamento dei fatti e l'emendatio della riserva con l'introduzione di ragioni a sostegno delle domande oggetto di riserve, anche prendendo posizione sulle deduzioni del direttore dei lavori. Opposta è la regola per quanto concerne la conferma delle riserve sul conto finale. L'art. 191, comma 2, per cui «Le riserve non espressamente confermate sul conto finale si intendono abbandonate». La norma va letta in coordinazione con quella di cui all'art. 201 del Regolamento che afferma – per converso – come «l'esecutore all'atto della firma (del conto finale) […] deve confermare le riserve già iscritte sino a quel momento negli atti contabili per le quali non siano intervenuti la transazione di cui all'articolo 239 del codice o l'accordo bonario di cui all'articolo 240 del codice, eventualmente aggiornandone l'importo» e del successivo comma dello stesso art. 201 che stabilisce come «Se l'esecutore non firma il conto finale nel termine sopra indicato, o se lo sottoscrive senza confermare le domande già formulate nel registro di contabilità, il conto finale si ha come da lui definitivamente accettato». Dunque, la giurisprudenza consolidata ha ritenuto che la mancata conferma delle riserve sul conto finale ha come effetto – non l'abbandono delle riserve – bensì fa insorgere solo una presunzione iuris tantum di accettazione del conto finale; con la conseguenza che l'appaltare potrà superare tale presunzione fornendo – in ogni momento – la prova positiva di aver manifestato il proprio dissenso rispetto al conto finale (cfr. Cass. civ., Sez. I, 24 novembre 2005, n. 24825; Cass. civ., Sez. I, 28 maggio 2003, n. 8532; App. Genova, Sez. I, 30 marzo 2006). Tale prova potrebbe essere data dalla notifica di un atto introduttivo di un giudizio incompatibile con la volontà di riconoscere il conto finale (Cass. civ., Sez. I, 20 dicembre 1994, n. 10949). Una conferma solo parziale invece ha l'effetto di rinuncia implicita alle riserve non espressamente confermate nel conto finale (App. Roma, 23 marzo 1998). È possibile iscrivere riserve nuove sul conto finale, in deroga alla regola di cui all'art. 201, comma 2, del Regolamento (per cui «L'esecutore, all'atto della firma, non può iscrivere domande per oggetto o per importo diverse da quelle formulate nel registro di contabilità durante lo svolgimento dei lavori»), allorché concernano lavori e partite verificatisi successivamente all'ultimo stato di avanzamento lavori e prima della presentazione del conto finale. Non vi è alcun onere di ripetere le riserve sulla relazione di collaudo finale. E' invece facoltà dell'esecutore, ai sensi dell'art. 233 del Regolamento, presentare richieste (e dunque anche iscrivere domande e riserve) che ritiene opportune, rispetto alle operazioni di collaudo, e devono essere specificamente attinenti ai tempi e modalità di svolgimento del collaudo, non potendo essere attinenti ai lavori, le quali vanno necessariamente iscritte sul conto finale (Coll. Arb. 7 aprile 1998).
Deduzioni del direttore dei lavori
L'art. 190 comma 4 del Regolamento stabilisce che «il direttore dei lavori, nei successivi quindici giorni, espone nel registro le sue motivate deduzioni. Se il direttore dei lavori omette di motivare in modo esauriente le proprie deduzioni e non consente alla stazione appaltante la percezione delle ragioni ostative al riconoscimento delle pretese dell'esecutore, incorre in responsabilità per le somme che, per tale negligenza, la stazione appaltante dovesse essere tenuta a sborsare». La norma ha la finalità di evitare l'utilizzo da parte del Direttore dei Lavori di avvalersi di quelle formule di stile come «perché infondate in fatto ed in diritto« oppure «perché contrarie ai patti contrattuali», imponendo al Direttore dei lavori uno specifico obbligo di motivazione sulle ragioni che lo portano a ritenere non accogliibili le domande dell'esecutore. L'infelice formulazione della seconda parte del comma 4 dell'art. 190 potrebbe far ritenere – ma così non è – che il Direttore Lavori incorre in responsabilità se ritiene fondate le richieste dell'esecutore, dovendo – quasi si trattasse di un atto a contenuto vincolato – dover respingere le richieste dell'appaltatore. Invero l'onere della specifica motivazione, come in tutti gli atti anche se di natura privata (come quelli del direttore dei lavori che vengono in rilevo nella fase esecutiva del contratto), si verifica solo per quelli a contenuto negativo, mentre tale onere è molto meno pesante per gli atti che accolgono le istanze del privato. In ogni caso anche l'accoglimento nella relazione del Direttore dei lavori delle richieste dell'esecutore non fa insorgere alcun obbligo giuridico in capo all'amministrazione (cfr. Cass. civ., Sez. I, 12 maggio 2004, n. 8969). Tuttavia si è da sempre sostenuto in giurisprudenza la tesi per la quale se nella relazione il direttore dei lavori non fa riferimento alcuno alla tardività, ciò non può far presumere che sia precluso (per rinuncia) dell'Amministrazione la presentazione della corrispettiva eccezione in sede giudiziale (cfr. Cass. civ., Sez. I, 10 agosto 2007, n. 17630, Cass. civ., Sez. I, 26 gennaio 2006, n. 1637). L'obbligo di dedurre si pone in capo alla direzione dei lavori su tutte le riserve, purché formulate sul registro di contabilità. Mentre su quelle formulate su atti diversi, l'onere di controdedurre si pone esclusivamente quando queste verranno riproposte nel registro di contabilità. Si deve precisare altresì come tale deduzione del Direttore dei lavori si distingue dalla relazione riservata che lo stesso Direttore formula in sede di accordo bonario ex art. 240, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006. Mentre la prima essendo contenuta nel registro di contabilità è accessibile all'appaltatore tutte le volte in cui gli verrà sottoposto il registro per la firma, la seconda essendo riservata è sottratta all'accesso:
Rinuncia alle riserve e rinuncia alla decadenza
Le riserve come tutti i diritti disponibili possono essere oggetto di rinuncia espressa, per la quale nulla quaestio, e tacita o per fatti concludenti o in presenza di fatti e comportamenti dell'appaltatore del tutto incompatibili con la volontà di ottenere il diritto a cui si è inteso rinunciare. Si è ritenuto che la sottoscrizione di un patto aggiuntivo o di un atto di sottomissione senza riserva non possa integrare una rinuncia tacita alle riserve precedentemente iscritte. Dalla sottoscrizione del Patto aggiuntivo non può desumersi alcuna rinunzia alla riserva, né incompatibilità in ordine alla formulazione delle altre riserve, poiché la rinunzia deve essere precisa, espressa e circostanziata e la semplice sottoscrizione di un atto aggiuntivo non comporta rinunzia alle riserve in precedenza iscritte. In tale senso la copiosa giurisprudenza che ha affermato che «In occasione della stipulazione di atti e/o patti aggiuntivi al contratto, gli atti di definizione di specifiche questioni e il concordamento di nuovi prezzi non comportano rinuncia alle riserve e le eventuali rinunce in essi effettuate per accadimenti futuri non adeguatamente noti o prevedibili sono nulle» (così Coll. Arb. Roma, 24 luglio 2002); che «La stipulazione di un distinto atto di sottomissione o di una appendice al contratto principale non comporla, a meno di contrarie ed univoche indicazioni espresse in senso diverso, rinuncia alle riserve in precedenza formulate, in quanto l'atto in questione non costituisce, di regola, fatto genetico di un nuovo rapporto, ma semplicemente patto aggiuntivo dell'originario contratto, che si inserisce automaticamente in quest'ultimo divenendone parte integrante, con la conseguenza che, data l'unicità del fatto genetico, si è in presenza di un unico rapporto contrattuale modificato e non di un nuovo rapporto sostituitosi a quello originario estinto per novazione» (così Coll. Arb., 24 maggio 1988; conformi Coll. Arb. Roma, 28 luglio 1998; Coll. Arb. Roma, 5 novembre 1997; Coll. Arb. Roma, 28 febbraio 1995; Coll. Arb., 2 luglio 1987; Coll. Arb., 13 febbraio 1988; Coll. Arb., 24 maggio 1988; Coll. Arb., 13 giugno 1985; App. Roma, 16 luglio 1979). È possibile anche procedere alla rinuncia alle riserve future che restano da formulare, purché queste riserve siano determinate o determinabili nel loro contenuto ed estensione (cfr. Cass. sez. Un.8 gennaio 1992, n. 104). È stato sostenuto che «Il danneggiato, anche dopo aver transatto la lite col danneggiante, può sempre domandare il risarcimento dei danni sopravvenuti e non ragionevolmente prevedibili al momento della transazione, a nulla rilevando che la transazione abbia previsto l'estinzione del diritto al risarcimento anche dei danni futuri, potendo tale previsione riguardare solo quelli, tra i danni futuri, ragionevolmente prevedibili al momento della stipula; stabilire, poi, se un determinato tipo di danno sia o meno prevedibile all'epoca della transazione è accertamento di fatto riservato al giudice di merito» (cfr. Cass. civ., Sez. III, 12 ottobre 2011, n. 20981).
Casistica
Aggiornamento ai sensi del Codice del 2016
Ai sensi dell'art. 216, comma 17, Codice 2016, in attesa dell'emanazione di apposito decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, (recepimento delle Linee guida ANAC), di cui all'art. 111, comma 1, del medesimo Codice 2016, la disciplina delle riserve è da rinvenirsi ancora nel d.P.R. n. 207 del 2010 e segnatamente negli artt. 190 e 191. Così, infatti, prevede l'art. 216, comma 17, d.lgs. n. 50 del 2016, in forza del quale «Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 111, comma 1, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla Parte II, Titolo IX, capi I e II, nonché gli allegati e le parti di allegati ivi richiamate, del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207», cui appartengono gli artt. 190 e 191 d.P.R. n. 207 del 2010 che disciplinano – a tutt'oggi – le riserve. L'art. 111, comma 1, Codice 2016 stabilisce come a tale Decreto Ministeriale di approvazione delle Linee Guida dell'ANAC sia rimessa l'individuazione delle «modalità e, se del caso, la tipologia di atti, attraverso i quali il direttore dei lavori effettua l'attività di cui all'articolo 101, comma 3». L'art. 101, comma 3, Codice 2016, conferma che il Direttore lavori sia il soggetto «preposto al controllo tecnico, contabile e amministrativo dell'esecuzione dell'intervento affinché' i lavori siano eseguiti a regola d'arte ed in conformità al progetto e al contratto»: da ciò si evince che la disciplina delle riserve sarà rimessa al citato decreto ministeriale. Il combinato disposto appena ricordato pone notevoli dubbi interpretativi in considerazione di quanto disposto dall'art. 1, comma 1, lett. ll), legge delega n. 11 del 2016 sulla base della quale il codice 2016 è stato adottato. La citata disposizione non fa alcun esplicito riferimento alle riserve e alla contabilità, ma fa un generico riferimento alla necessità di «rafforzamento delle funzioni di organizzazione, di gestione e di controllo della stazione appaltante sull'esecuzione delle prestazioni, attraverso verifiche effettive e non meramente documentali, con particolare riguardo ai poteri di verifica e intervento del responsabile del procedimento, del direttore dei lavori nei contratti di lavori e del direttore dell'esecuzione del contratto nei contratti di servizi e forniture». Quest'ultima previsione della Legge delega si è in parte trasfusa nei commi 2 e 5 dell'art. 101 del Codice 2016 ove si è stabilito che il direttore dei lavori (o il direttore dell'esecuzione per gli appalti di servizi e forniture) può essere coadiuvato, in relazione alla complessità dell'intervento, da uno o più direttori operativi e da ispettori di cantiere. Al comma 5, lett. g) dell'art. 101 Codice 2016, tra i compiti delegabili dal direttore dei lavori agli ispettori di cantiere, rientra proprio quello della «predisposizione degli atti contabili e l'esecuzione delle misurazioni quando siano stati incaricati dal direttore dei lavori». Per cui, appare evidente che la tenuta degli atti contabili ove procedere all'iscrizione delle riserve rientrano tra le competenze del direttore dei lavori e sono eventualmente delegabili agli ispettori di cantiere.
La scelta della composizione dell'organo di collaudo incide anche sulla stessa corretta applicabilità del codice 2016. L'art. 26 dispone, infatti, come nella verifica preventiva della progettazione (da svolgersi prima dell'”inizio delle procedure di affidamento”, ovvero prima di bandire la gara) la stazione appaltante debba «verificare la coerenza e la completezza del quadro economico in tutti i suoi aspetti» e dunque e anche la coerenza delle somme a disposizione dell'amministrazione per remunerare i soggetti incaricati della fase esecutiva e che verranno investiti dall'analisi delle riserve. L'unico vero riferimento alle riserve nel nuovo codice 2016, si rinviene solo nell'ambito della procedura di accordo bonario ex art. 205. Si muta la soglia di rilevanza delle riserve che passa dal dieci percento del valore dell'opera (ex art. 240, comma 1, codice 2006) ad una forbice compresa tra il cinque e il quindici percento del valore dell'opera (art. 205 comma 1 codice 2016). Lo stesso art. 205 al comma 2 del Codice 2016, nello stabilire la misura massima delle riserve pari ad un aumento del valore dell'opera pari al quindici percento (a fronte del precedente limite fissato al venti percento), stabilisce che non possono essere oggetto di riserva gli aspetti progettuali sui quali si è svolta la verifica di cui all'art. 26. Tale norma ricalca sostanzialmente, il disposto dell'art. 106, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010.
In definitiva si deve attendere l'adozione delle linee guida per conoscere le disciplina complessiva delle riserve, che si auspica terrà conto di tutti gli indirizzi maturati dalla giurisprudenza arbitrale e della Cassazione. |