Esito della procedura esecutiva in caso di omesso invito a comparire al comproprietario ignoto del bene indiviso

Alberto Cardino
09 Ottobre 2017

In caso di pignoramento di bene immobile indiviso, l'omissione dell'invito a comparire nei confronti del comproprietario non identificato consente l'emanazione dei provvedimenti ex art. 600 c.p.c. oppure determina la chiusura anticipata della procedura esecutiva?
Massima

In tema di espropriazione di beni indivisi, deve essere dichiarata la cessazione anticipata della procedura esecutiva ove il creditore procedente non abbia notificato al comproprietario rimasto ignoto l'invito a comparire ai sensi dell'art. 180, comma 2, disp. att. c.p.c..

Il caso

Un creditore pignora la quota di 4/6 della proprietà di un bene immobile. Nonostante le ricerche effettuate sui registri immobiliari e presso il Catasto, non risulta possibile accertare chi sia comproprietario dei restanti 2/6.

Il giudice dell'esecuzione, rilevato che il creditore procedente non ha notificato l'invito a comparire di cui all'art. 180, comma 2, disp. att. c.p.c. al comproprietario, rimasto ignoto, dichiara la cessazione anticipata della procedura esecutiva, non essendo possibile assumere i provvedimenti previsti dall'art. 600 c.p.c., con conseguente “stallo” dell'esecuzione forzata.

La questione

La questione esaminata dal Tribunale di Benevento, che ha condotto all'emanazione della decisione sintetizzata dalla massima in epigrafe, attiene alle conseguenze dell'omessa notifica al comproprietario, nell'espropriazione dei beni immobili indivisi, dell'invito a comparire ex art. 180, comma 2, disp. att. c.p.c., per l'ipotesi in cui detto comproprietario sia rimasto ignoto.

La soluzione

Secondo la pronuncia in esame, ove il creditore abbia omesso la notifica al comproprietario, non individuato, del bene indiviso dell'avviso ex art. 180 disp. att. c.p.c., l'impossibilità di emanare i provvedimenti di cui all'art. 600 c.p.c. per la prosecuzione della procedura comporta che la stessa debba essere chiusa anticipatamente.

La decisione, sul piano del diritto sostanziale, si fonda sull'assunto, non esplicitato, che, alla mancata individuazione del proprietario di un immobile, non consegua una presunzione di appartenenza del bene allo Stato, ex art. 827 c.c.. Assunto già fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. II, 2 marzo 2007, n. 4975; Cass., sez. II, 27 gennaio 1976, n. 256).

Osservazioni

Sul piano processuale la decisione appare corretta.

L'invito a comparire costituisce atto diverso dall'avviso ai comproprietari, pur essendo prevista la possibile contestualità dei due adempimenti dall'art. 180, comma 2, disp. att. c.p.c..

L'omissione dell'avviso ai comproprietari non comporta alcuna conseguenza sulla prosecuzione dell'esecuzione forzata, trattandosi di adempimento posto unicamente a tutela del creditore procedente, volto ad impedire accordi divisori fra i comproprietari che potrebbero ledere la garanzia patrimoniale del credito (Cass., sez. I, 25 febbraio 2000, n. 2145; Cass., sez. I, 9 luglio 1996, n. 6253; Cass., sez. III, 11 novembre 1975, n. 3803; Trib. Perugia, 29 dicembre 1980, in Rass. giur. umbra, 1981, 261).

Diversamente occorre ragionare per l'invito a comparire, il quale ha lo scopo di creare il contraddittorio con quei soggetti che risentono dei c.d. effetti riflessi dell'espropriazione del bene indiviso, pur non essendo parti della procedura esecutiva. In primis, i comproprietari non esecutati, ma anche i creditori iscritti, anche sulle quote non pignorate, prima della trascrizione del pignoramento – contraddittori necessari nella divisione, ex art. 784 c.p.c. – e gli altri soggetti menzionati nell'art. 1113 c.c., che dallo scioglimento della comunione potrebbero ricavare pregiudizio.

Il contraddittorio viene ad attuarsi nell'udienza di comparizione degli interessati, di cui all'art. 600 c.p.c., nella quale il giudice dell'esecuzione deve disporre o la separazione della quota in natura (soluzione prediletta dal legislatore, ma di difficile applicazione pratica), ovvero la vendita della quota indivisa (soluzione negletta dal legislatore, stante l'evidente antieconomicità). O, ancora, ordinando che si proceda, in separato giudizio di cognizione, allo scioglimento della comunione. Si ritiene solitamente che, alla medesima udienza, il giudice dell'esecuzione possa procedere, sull'accordo delle parti, anche all'assegnazione della quota pignorata al comproprietario non esecutato che ne faccia richiesta, dietro pagamento del suo controvalore in danaro, come previsto dall'art. 720 c.c..

L'omissione dell'invito a comparire non permette agli interessati di interloquire sulla prosecuzione dell'esecuzione forzata e sulle opzioni che l'art. 600 c.p.c. pone davanti al giudice dell'esecuzione. Si tratta di atto di impulso, previsto per la regolarità dell'intera procedura, e del quale è onerato il creditore procedente. Nulla vieta che possa provvedere a tanto, come per ogni atto di impulso, il creditore intervenuto, munito di titolo esecutivo, o anche il comproprietario non esecutato, interessato, ad esempio, allo scioglimento della comunione o alla estromissione del comproprietario debitore dalla compagine dei comunisti (sia con la separazione della quota in natura che con la vendita della quota indivisa).

Trattandosi di atto di impulso, invece, esso non può gravare sull'ufficio esecutivo, il quale, d'altronde, ha l'obbligo non di identificare i destinatari dell'invito a comparire, ma di controllare che nei confronti degli stessi sia stato attuato il contraddittorio da parte di chi ne ha l'onere.

L'omissione di un atto di impulso gravante sulla parte non può che comportare l'impossibilità della prosecuzione della procedura; id est la sua chiusura anticipata. In passato, la Corte di cassazione si espresse in tal senso, peraltro senza distinguere chiaramente fra avviso ai comproprietari ed invito a comparire (Cass., sez. III, 27 gennaio 1999, n. 718).

A nulla rileva che l'omissione non sia imputabile a negligenza del creditore procedente, ma ad impossibilità di identificazione di un destinatario dell'invito. La chiusura anticipata dell'esecuzione forzata non deve essere intesa quale sanzione per un comportamento omissivo del procedente, ma quale oggettiva conseguenza di una situazione che non consente la regolare prosecuzione della procedura (vedi, ad esempio, il caso di infruttuosità dell'espropriazione, di cui all'art. 164-bis disp. att. c.p.c.).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.