Scatola nera e questione di legittimità costituzionale dell’art. 145-bis cod. ass.

11 Ottobre 2017

Il Giudice di pace di Barra ritiene che la previsione dell'art. 145-bis, comma 1, d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209 sia in contrasto con i principi del giusto processo. Il fatto che una parte privata possa produrre nel processo le risultanze della “scatola nera” contenenti il registro delle attività del veicolo incidentato e che alle stesse venga conferito il valore di prova legale violerebbe il principio della “parità delle armi”.

LA SCATOLA NERA La scatola nera è un dispositivo elettronico mobile dotato di rilevatore GPS che, montato su un veicolo, registra in tempo reale una grande quantità di dati inerenti la condotta e lo stile di guida del conducente, sinistri inclusi.

La scatola nera, in particolare, registra:

  • la localizzazione geografica del veicolo;
  • la percorrenza (tempi di marcia e di sosta);
  • i chilometri totali percorsi;
  • gli eventi crash (a partire da una certa soglia) e tutte le relative informazioni inerenti (data, orario, luogo, tipo di crash, accelerazione massima, ultima velocità rilevata, marcia inserita);
  • l'eventuale attivazione dei dispositivi di sicurezza presenti sul veicolo (airbag).

Se dotata di sistema video la scatola nera, in caso di crash, registra anche le immagini.

LA NORMATIVA L'art. 145-bis, comma 1, d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209 - inserito dall'art. 1, comma 20, l. 4 agosto 2017 n. 124, rubricato “Valore probatorio delle cosiddette scatole nere e di altri dispositivi elettronici” - attribuisce, nei procedimenti civili, il valore di prova legale alle risultanze della scatola nera e di altri dispositivi elettronici montati sui veicoli in caso di incidente.

La norma fa salva la prova contraria, che pone a carico della parte contro la quale le risultanze sono state prodotte, limitata a due sole ipotesi:

  • che la parte dimostri il mancato funzionamento del dispositivo;
  • che la parte dimostri la manomissione del dispositivo.

IL CASO Il proprietario di un veicolo rimasto danneggiato in un incidente stradale avvenuto il 27 luglio 2016 richiedeva il risarcimento all'impresa di assicurazione del veicolo danneggiante. Rimaste inevase le richieste stragiudiziali risarcitorie il danneggiato conveniva in giudizio, innanzi al Giudice di pace di Barra, il proprietario e l'impresa di assicurazione del veicolo danneggiante con atto notificato il 13 aprile 2017.

Radicatasi così la lite si costituiva tempestivamente in giudizio, all'udienza di prima comparizione del 20 settembre 2017 - e, cioè, nella vigenza della norma di cui all'art. 145-bis d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209 - la sola impresa di assicurazione che contestava la storicità dell'evento ex adverso allegato e depositava, a sostegno dell'impugnativa, le risultanze della scatola nera installata sul veicolo (presunto) danneggiante dalle quali non si evinceva alcun “evento crash” verificatosi il giorno ed all'ora dell'evento indicato.

L'attore contestava le risultanze della scatola nera ed insisteva nell'ammissione della prova orale per testi sulle circostanze allegate in fatto nel libello introduttivo relative al verificarsi dell'evento dannoso.

La convenuta si opponeva all'ammissione della prova e rivendicava il valore di prova legale attribuito alle risultanze della scatola nera dall'art. 145-bis d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209.

Il Giudice di pace, sulle richieste delle parti, si riservava.

I DUBBI DEL GIUDICE DI MERITO Il Giudice di pace dubita della legittimità costituzionale della norma di cui all'art. 145-bis, comma 1, d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209 in relazione agli artt. 24 comma 2, 111 comma 2, 117 comma 1 e 10 comma 1, Cost. e art. 6 CEDU.

IL PROFILO DI RILEVANZA COSTITUZIONALE DELLA QUESTIONE Il Giudice di pace rileva che la questione di legittimità costituzionale della norma è rilevante nel giudizio posto al suo esame in quanto giustificata:

  • in primis dall'obbligo di applicare immediatamente la norma al giudizio in corso (anche se non vigente al momento del verificarsi dell'evento e della proposizione della domanda);
  • in secundis dal valore di prova legale attribuita dalla norma alle risultanze della scatola nera che non consente l'ammissione della prova orale per testi sulle circostanze relative al verificarsi dell'evento dannoso.

Il Giudice di pace, pertanto, ritiene che sussiste il nesso di pregiudizialità tra il giudizio in corso e quello promosso innanzi alla Corte Costituzionale, dove il tasso di concretezza del controllo di costituzionalità sulla norma censurata è direttamente collegato alla soluzione concreta della controversia.

IL PROFILO DI NON MANIFESTA INFONDATEZZA Il Giudice di pace ritiene che la previsione dell'art. 145-bis, comma 1, d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209 - nella parte in cui prevede che «le risultante del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti a cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo» - sia in contrasto con i principi del giusto processo sanciti dagli artt. 111, comma 2, Cost. e art. 6 comma 1 CEDU.

Secondo il Giudice di pace, infatti, la suddetta previsione normativa - in base alla quale una parte privata possa produrre nel processo le risultanze della “scatola nera” contenenti il registro delle attività del veicolo incidentato e che alle stesse venga conferito il valore di prova legale - viola il principio della “parità delle armi” in quanto è rimesso all'attore l'onere di dimostrare «il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo».

Le anomalie, a parere del Giudice di pace, sono le seguenti:

  • non è la parte che deposita il documento a dover dimostrare la legittimità delle acquisizioni e la correttezza delle risultanze della scatola nera, bensì quella contro la quale il documento è prodotto che deve fornire la prova contraria relativa al solo malfunzionamento o manomissione del dispositivo;
  • non è prevista alcuna forma di contraddittorio nella formazione della prova in sede precontenziosa;
  • allo stato attuale non sono ancora previsti e disciplinati i controlli necessari al perfetto funzionamento dei dispositivi.

Il Giudice di pace rileva, ancora, che:

  • l'art. 132-ter, lett. b, d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209 prevede l'emissione, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della disposizione, di un apposito decreto ministeriale per «i soli requisiti funzionali minimi necessari per garantire l'utilizzo dei dati raccolti»;
  • l'art. 145-bis, comma 1, d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209 fa tuttavia salvi, «in quanto equiparabili, i dispositivi elettronici già in uso alla data di entrata in vigore delle citate disposizioni».

La conclusione, secondo il Giudice di pace, è che alle risultanze dei dispositivi elettronici già in uso è conferito il valore di prova legale pur in assenza di adeguata copertura regolamentare. Il Giudice di pace rileva, ancora, che suscita ulteriori perplessità la previsione dell'art. 145-bis, comma 2, d..lgs. 7 settembre 2005 n. 209 nella parte in cui prevede che l'interoperabilità e la portabilità dei meccanismi elettronici saranno garantiti da non meglio precisati «provider di telematica assicurativa», i cui dati identificativi sono comunicati all'IVASS «da parte delle imprese assicurative che ne utilizzano i servizi», i quali provvederanno anche alla gestione “in sicurezza” dei dati sull'attività del veicolo. Il Giudice di pace, pertanto, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, per violazione degli artt. 24, comma, 2, 111, comma 2, 117, comma 1 e 10, comma 1 Cost. (anche in riferimento all'art. 6 della CEDU), la questione di legittimità costituzionale dell'art. 145-bis, comma 1, d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209 nella parte in cui prevede che «le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti a cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo».

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