Scelta del regime patrimoniale e matrimonio concordatario

Alberto Figone
12 Ottobre 2017

La Cassazione ha affermato che la scelta del regime di separazione dei beni, espressa in forma scritta alla presenza di due testimoni davanti al sacerdote in sede di matrimonio concordatario, benchè non annotata nell'atto trascritto nei registri dello stato civile, mantiene la sua validità nei rapporti interni tra i coniugi.

È assai singolare la fattispecie in esame: i coniugi davanti al sacerdote, al momento della celebrazione del matrimonio concordatario, avevano optato per il regime di separazione dei beni, con dichiarazione scritta alla presenza di due testimoni, ma l'atto di matrimonio fu trasmesso e trascritto dall'ufficiale dello stato civile italiano, privo della relativa annotazione. Dopo un lungo periodo, fu effettuata l'annotazione, ma anteriormente la moglie aveva acquistato un immobile. Si controverte sul regime patrimoniale relativo ad esso.

La Corte di Cassazione chiarisce al riguardo che è bensì vero che solo con l'annotazione il regime patrimoniale prescelto e le convenzione stipulate tra i coniugi sono opponibili ai terzi e tuttavia, «non si potrebbe certo parlare di invalidità (..) della scelta del regime, nei rapporti interni tra i coniugi ove l'atto di matrimonio sia stato regolarmente trascritto, ma privo dell'annotazione».

Come è noto, in base all'art. 162 c.c., le convenzioni matrimoniali sono stipulate per atto pubblico, ma esso – aggiunge la sentenza in esame – non è solo quello notarile: la volontà può manifestarsi, nelle forme prescritte, pure davanti all'ufficiale dello stato civile, ovvero al sacerdote officiante le nozze, destinatario di una sorta di delega dello Stato secondo il Concordato lateranense, come modificato dagli Accordi di Villa Madama del 1984. Nella specie, quindi, pur senza annotazione, vigeva il regime di separazione e non quello di comunione dei beni.

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