Limiti del giudicato di convalida di sfratto

18 Ottobre 2017

Con la pronuncia in commento la Suprema Corte di Cassazione ha delineato i confini dell'efficacia di cosa giudicata dell'ordinanza di convalida di sfratto per morosità.
Massima

L'ordinanza di convalida dello sfratto per morosità ha efficacia di cosa giudicata sostanziale su ogni questione in merito alla risoluzione del contratto ed al possesso di fatto della cosa locata, ma non preclude, nell'autonomia dei rispettivi e correlativi diritti, né al locatore di instaurare separato giudizio per il pagamento dei canoni, né al conduttore di chiedere in giudizio l'accertamento dell'obbligo del pagamento e di eccepire e contrastare, nell'indagine sui rapporti di dare e di avere in relazione ai canoni, la misura di questi, tranne il caso in cui allo sfratto per morosità si sia accompagnata contestualmente l'ingiunzione di pagamento per i canoni, risultando, in tale ipotesi, coperti dal giudicato anche i fatti impeditivi/estintivi del relativo obbligo.

Il caso

La società conduttrice di un immobile chiedeva, nell'ottobre del 1993, la risoluzione della locazione ad uso diverso per gravi vizi dell'immobile, nonchè il risarcimento dei danni; nel febbraio del 1994 i locatori ottenevano l'ordinanza di convalida di sfratto per morosità della conduttrice; successivamente, nell'ottobre del 1994, la conduttrice proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo, emesso nell'agosto del 1994, con cui i locatori le avevano intimato il pagamento dei canoni rimasti insoluti.

Dopo aver riunito i due giudizi, quello di risoluzione della locazione e di opposizione a decreto ingiuntivo, entrambi introdotti dalla conduttrice, il Tribunale dichiarava preclusa da giudicato esterno la domanda di risoluzione per inadempimento dei locatori, assumendo che la stessa, pur essendo anteriore, avrebbe dovuto essere riproposta ai sensi dell'art. 1460 c.c. in sede di opposizione allo sfratto per morosità, e rigettava nel merito l'opposizione a decreto ingiuntivo per insussistenza dei lamentati vizi.

La conduttrice proponeva appello avverso la sentenza, deducendo che la convalida di sfratto per morosità non precludeva la pronuncia di risoluzione del contratto per un inadempimento dei locatori per gravi vizi dell'immobile dedotti in un giudizio anteriore.

La Corte d'appello rigettava il gravame, ribadendo che la convalida di sfratto per morosità precludeva l'esame di fatti non dedotti, come eccezione ex art. 1460 c.c., in sede di opposizione nel procedimento speciale ex art. 657 c.p.c..

Avverso la sentenza la conduttrice proponeva ricorso per cassazione.

La Suprema Corte, correggendo sul punto la motivazione della sentenza di merito, ha escluso che vi fosse alcuna preclusione, derivante dal passaggio in giudicato dell'ordinanza di convalida di sfratto per morosità, riguardo all'esame dell'anteriore domanda di accertamento degli inadempimenti del locatore, né che potesse ritenersi assorbita l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., dedotta dal conduttore anteriormente all'intimazione della convalida, ancorché non riproposta nel successivo giudizio di sfratto per morosità.

La questione

Il passaggio in giudicato dell'ordinanza di convalida di sfratto per morosità preclude al conduttore la possibilità di ottenere, in separato ed anteriore giudizio, l'accertamento dell'inadempimento del locatore?

Le soluzioni giuridiche

Ai sensi dell'art. 669 c.p.c., se il locatore non chiede il pagamento dei canoni, la pronuncia sullo sfratto risolve la locazione, ma lascia impregiudicata ogni questione sui canoni stessi. Partendo dal dato normativo, la Suprema Corte, nella pronuncia in esame, ha ritenuto che erroneamente il giudice d'appello avesse affermato che la convalida di sfratto per morosità precludesse la controversia sulla domanda di risoluzione per inadempimento del locatore, e ciò in quanto, da un lato, la convalida non includeva la questione relativa all'inadempimento del locatore alle proprie obbligazioni e, dall'altro, l'intimazione di sfratto non imponeva al conduttore, che aveva già proposto domanda di risoluzione in un anteriore giudizio, di sollevare l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. nell'ambito del procedimento speciale di convalida.

Per costante giurisprudenza di legittimità, infatti, l'ordinanza di convalida dello sfratto per morosità ha efficacia di cosa giudicata sostanziale con preclusione di ogni questione in merito alla risoluzione del contratto ed al possesso di fatto della cosa locata, ma non preclude, tuttavia, nell'autonomia dei rispettivi e correlativi diritti, né al locatore di instaurare separato giudizio per il pagamento dei canoni, né al conduttore di chiedere in giudizio l'accertamento dell'obbligo del pagamento, e di eccepire e contrastare, nell'indagine sui rapporti di dare e di avere in relazione ai canoni, la misura di questi (Cass. civ., 17 novembre 1976, n. 4292).

In sostanza, poiché accanto alla morosità possono verificarsi altre, molteplici, fattispecie di inadempimento, è possibile riaprire e ridiscutere fra le parti in altro giudizio la questione dell'imputabilità della risoluzione all'una od all'altra, anche agli effetti del risarcimento dei danni, in relazione alle complesse posizioni di dare ed avere, diverse dalla morosità, che possono venirsi a creare nel corso del rapporto, sicché, anche dopo lo sfratto per morosità, può permanere l'interesse di una parte a coltivare la domanda volta all'accertamento dell'inadempimento della controparte.

A diversa conclusione si perviene, però, nel caso (non ricorrente nella fattispecie esaminata dalla pronuncia in commento) in cui nel giudizio di convalida di sfratto per morosità sia stato proposto ricorso per l'ingiunzione di pagamento di canoni scaduti, in quanto il provvedimento destinato a concluderlo può assumere l'efficacia di cosa giudicata, non soltanto circa l'esistenza e validità del rapporto corrente inter partes e sulla misura del canone preteso, ma anche circa l'inesistenza di tutti i fatti impeditivi o estintivi, anche non dedotti, ma deducibili nel giudizio d'opposizione, come l'insussistenza, totale o parziale, del credito azionato in sede monitoria dal locatore, per effetto, ad es., di controcrediti del conduttore per somme indebitamente corrisposte a titolo di maggiorazioni contra legem del canone (Cass. civ., 26 giugno 2015, n. 13207; Cass. civ., 24 maggio 2013, n. 12994; Cass. civ., 24 luglio 2007, n. 16319).

Pertanto, l'ordinanza di convalida dello sfratto per morosità rende incontrovertibile la risoluzione contrattuale per inadempimento ed il diritto del locatore alla restituzione del bene locato, ma non preclude al conduttore, come anche si desume dalla facoltà del predetto di opporsi al decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell'art. 664 c.p.c., la possibilità di contestare in un separato giudizio la misura del canone e, più in generale, l'indagine fra i rapporti di dare ed avere fra le parti (Cass. civ., 23 ottobre 1968, n. 3429). Il locatore potrà, invece, invocare, in un diverso processo, la convalida, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti per effetto della ritardata restituzione della cosa da parte del conduttore (Cass. civ., 17 aprile 1968, n. 1152).

Osservazioni

In tema di limiti del giudicato di convalida, la giurisprudenza ha chiarito che l'ordinanza ex art. 663 c.p.c., una volta preclusa l'opposizione tardiva di cui all'art. 668 c.p.c., fa stato tra le parti (nonché fra i loro eredi ed aventi causa ex art. 2909 c.c.) in ordine all'esistenza del rapporto locativo (Cass. civ., 1 dicembre 1994, n. 10270), alla qualità di locatore e di conduttore dei contendenti ed alla data di cessazione o risoluzione del rapporto locativo, con conseguente impossibilità dell'intimato di contestare, in sede di opposizione all'esecuzione o con autonoma azione di accertamento negativo, il diritto del locatore ed il rapporto sostanziale dedotto, essendogli precluso di rimettere in discussione la risoluzione del rapporto di locazione e di proporre azione di danni per inadempimento contrattuale fondato sul mancato godimento dell'immobile già locato (Cass. civ., 11 gennaio 1967, n. 114).

Occorre, tuttavia, operare una distinzione, quanto ai limiti oggettivi di efficacia del giudicato sostanziale, tra i vari tipi di convalida.

Invero, l'ordinanza di convalida di licenza o sfratto per finita locazione, preclusa l'opposizione tardiva, acquista efficacia di cosa giudicata sostanziale non solo sull'esistenza della locazione, sulla qualità di locatore dell'intimante e di conduttore dell'intimato, sull'intervento di una causa di cessazione o risoluzione del rapporto, ma altresì sulla qualificazione del rapporto locativo, solo se la scadenza del medesimo, richiesta e accordata dal giudice, è strettamente correlata alla tipologia di contratto dedotto in giudizio (Cass. civ., 11 gennaio 2017, n. 411; Cass. civ., 4 febbraio 2005, n. 2280). In proposito, si è, altresì, precisato che l'ordinanza di convalida di sfratto per finita locazione emessa a seguito di citazione per convalida deducente la scadenza della locazione sulla base della sua qualificazione alla stregua degli artt. 27 e ss. l. n. 392/78, ove il contratto prevedesse che la destinazione dell'immobile non comportava contatti diretti con il pubblico, non determina alcun giudicato sull'effettività di tale destinazione e, quindi, sulla inesistenza del diritto all'indennità ex art. 34 l. n. 392/78. Ne deriva che infondatamente il locatore, convenuto dal conduttore in un successivo giudizio di opposizione all'esecuzione per rilascio con invocazione come fatto ostativo al rilascio della debenza dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale e richiesta di accertamento della stessa, sostiene che la convalida abbia determinato cosa giudicata in senso opposto (Cass. civ., 28 settembre 2012, n. 16528).

Invece, l'ordinanza di convalida di sfratto per morosità ed il decreto ingiuntivo concesso per il pagamento di canoni locatizi insoluti, una volta divenuti inoppugnabili, acquistano, come già detto, l'efficacia del giudicato sull'esistenza del contratto di locazione inter partes, sull'inadempimento del conduttore giustificativo della disposta risoluzione in suo danno, sulla sussistenza del credito per il pagamento dei canoni, nonché sull'inesistenza di fatti impeditivi, modificativi od estintivi di tali circostanze che non siano stati dedotti nel corso del giudizio, ma non possono, invece, fare stato sulla qualificazione del contratto, ed in particolare sulla sua assoggettabilità o meno alla disciplina di cui alla l. n. 392/78, che non abbia formato oggetto di accertamento, nemmeno sommario, da parte del giudice (Cass. civ., 2 aprile 2009, n. 8013).

Inoltre, l'ordinanza di convalida di sfratto per morosità non preclude la pronuncia, in un successivo e distinto giudizio, della sentenza di risoluzione del medesimo contratto per inadempimento anteriormente verificatosi, la cui domanda ha contenuto e presupposti diversi, e tale pronuncia, sebbene di carattere costitutivo, avendo efficacia retroattiva al momento dell'inadempimento, ai sensi dell'art. 1458 c.c., prevale rispetto alle altre cause di risoluzione del medesimo rapporto contrattuale per la priorità nel tempo dell'operatività dei suoi effetti (Cass. civ., 17 luglio 2008, n. 19695; nonché Cass. civ., 9 luglio 2009, n. 16110, in relazione alla sentenza di accertamento della risoluzione della locazione per recesso unilaterale ex art. 1373 c.c. o per diniego di rinnovazione alla prima scadenza ex art. 29 l. n. 392/78).

Si è, altresì, precisato che, una volta introdotta – sia con le forme speciali del procedimento per convalida sia con quelle ordinarie – l'azione di risoluzione del contratto per inadempimento dell'obbligazione di pagamento del canone, retroagendo l'effetto risolutivo del rapporto contrattuale al momento della litispendenza, il diritto potestativo di recedere dal contratto può essere esercitato da parte del conduttore anche durante la pendenza del giudizio, ma, essendo il recesso destinato a produrre, ove legittimo, l'effetto di cessazione del contratto al momento in cui è per convenzione o per legge efficace e, quindi, in un momento successivo a quello in cui dovrebbero prodursi gli effetti dell'azione di risoluzione proposta, la sua concreta idoneità a determinare la cessazione del rapporto dipende dall'eventuale rigetto della domanda di risoluzione, ma non può produrre alcun effetto sulla fondatezza di essa e sulla prosecuzione del relativo giudizio (Cass. civ., 28 marzo 2008, n. 8071).

Guida all'approfondimento
  • A. Carrato - A. Scarpa, Le locazioni nella pratica del contratto e del processo, Milano, 2015;
  • G. Grasselli - R. Masoni, Le locazioni, II, Padova, 2013, 221;
  • M. Sinisi – F. Troncone, Il Processo delle locazioni, Napoli, 2010, 261;
  • C. Taraschi, Il procedimento per la convalida di sfratto, Piacenza, 2016, 42 e ss..

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