Il regolamento di condominio non può vietare le opere volte ad agevolare l'accessibilità alle unità immobiliari

Franco Petrolati
12 Ottobre 2017

Sul presupposto che la legislazione relativa ai portatori di handicap riveste una valenza generale per la costruzione di edifici privati e la ristrutturazione di quelli preesistenti, il Supremo Collegio ha statuito che...
Massima

L'eliminazione delle barriere architettoniche - nella specie, mediante la sopraelevazione del preesistente impianto di ascensore e della scala condominiale al piano superattico - corrisponde a finalità di carattere pubblicistico volte a favorire l'accessibilità agli edifici; può, quindi, realizzarsi a spese del condomino interessato nel rispetto dei limiti previsti dall'art. 1102 c.c. (da definirsi tenendo conto del principio di solidarietà condominiale), e non può essere preclusa da una disposizione del regolamento di condominio che subordini all'autorizzazione dell'assemblea qualunque opera che interessi le strutture portanti, modifichi impianti generali od alteri comunque l'aspetto architettonico dell'edificio.

Il caso

La proprietaria e l'anziana conduttrice di un appartamento al piano superattico convengono in giudizio il Condominio per l'accertamento del diritto all'esecuzione delle opere relative al prolungamento, sino al rispettivo piano, dell'impianto di ascensore e della scala condominiale; il Tribunale riconosce tale diritto.

La sentenza è, tuttavia, impugnata dal condominio nei confronti della proprietaria del superattico e degli eredi della conduttrice, nelle more deceduta. La Corte d'Appello, in accoglimento del gravame, pronuncia condanna alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi. Si ritiene, al riguardo, che: la normativa sull'eliminazione delle barriere architettoniche non può trovare applicazione in difetto di prova che l'originaria conduttrice avesse gravi difficoltà di deambulazione; le nuove realizzazioni contravvengono al regolamento di condominio laddove è vietata, senza l'autorizzazione dell'assemblea, l'esecuzione di qualunque opera interessante le strutture portanti od idonea ad alterare l'aspetto architettonico dell'edificio nonché ogni modifica agli impianti di uso generale; tale divieto assoluto esclude che possa invocarsi la disciplina codicistica sull'uso dei beni comuni. Avverso tale sentenza viene proposto ricorso per cassazione da parte degli eredi della conduttrice ed aventi causa della proprietaria dell'unità immobiliare al piano superattico. I primi due motivi del ricorso sono accolti.

La questione

La Suprema Corte risponde essenzialmente a due quesiti:

1) l'applicazione della normativa sulla eliminazione delle barriere architettoniche in ciascun edificio è subordinata alla dimostrazione che taluno degli utilizzatori delle unità immobiliari abbia gravi difficoltà di deambulazione?

2) Il diritto di ogni condomino a realizzare a proprie spese, ai sensi dell'art. 1102 c.c., un accesso agevole alla sua proprietà può essere escluso dal regolamento condominiale?

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione osserva che secondo quanto già da tempo affermato dalla Corte Costituzionale (sent. 10 maggio 1999 n. 167) la legislazione relativa ai portatori di handicap - in particolare la l. 9 gennaio 1989, n. 13 e la l. 5 febbraio 1992, n. 104 - ha una valenza generale per la costruzione di edifici privati e la ristrutturazione di quelli preesistenti, in quanto volta ad assicurare l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità delle unità immobiliari a prescindere dalla effettiva utilizzazione da parte delle persone disabili; in particolare l'ascensore rientra tra le dotazioni imprescindibili per gli edifici - nuovi o ristrutturati ex art. 1 l. n. 13/1989 - con più di tre livelli fuori terra. Le prescrizioni costruttive imposte da tale normativa forniscono, inoltre, anche il criterio per risolvere gli eventuali conflitti tra i condòmini in ordine all'adattamento degli edifici preesistenti alle esigenze di reale abitabilità di ogni appartamento nell'ambito del diritto di ciascuno di servirsi della cosa comune, ai sensi dell'art.1102 c.c., purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri contitolari di farne parimenti uso.

Il regolamento di condominio può, in linea di principio, prevedere limiti ulteriori rispetto a quelli stabiliti dalla disciplina codicistica; tuttavia gli eventuali divieti regolamentari sono da ritenersi recessivi rispetto ai diritti sanciti dalla legislazione in materia di eliminazione delle barriere architettoniche, venendo in conflitto con norme imperative ed inderogabili direttamente attuative degli artt. 32 e 42 Cost.

Al fine, poi, di verificare la compatibilità tra i concorrenti diritti dei condòmini ex art. 1102 c.c. deve tenersi conto del principio di solidarietà condominiale, vale a dire dell'esigenza di contemperare i contrapposti interessi, nell'àmbito dell'edificio ove coesistono più appartamenti, ivi compresi quelli delle persone disabili alla eliminazione delle barriere architettoniche.

Tra i disabili devono, inoltre, considerarsi non solo coloro che siano portatori di handicap, ma tutti i soggetti che, anche in ragione della sola età avanzata, abbiano comunque disagi fisici e difficoltà motorie, in conformità alla più estesa nozione di salute riconosciuta dalla giurisprudenza, intesa non già quale mera assenza di malattia ma quale stato di completo benessere fisico e psichico.

Nel caso di specie, infine, non assume rilievo la morte della originaria conduttrice dell'unità immobiliare al piano superattico in quanto il mantenimento di opere volte all'abbattimento delle barriere architettoniche non corrisponde ad un diritto personale ed intrasmissibile del condomino disabile - suscettibile di estinguersi con la sua morte - bensì è conforme ad un principio di solidarietà sociale e persegue uno scopo di interesse generale, di carattere pubblicistico, inerente alla accessibilità degli edifici.

Osservazioni

La sentenza si inscrive nell'indirizzo giurisprudenziale che riconosce all'impianto dell'ascensore i connotati dell'opera che elimina le barriere architettoniche in conformità ad un interesse generale, inerente alla obiettiva accessibilità degli edifici, che prescinde da quello eventualmente personale di coloro via abitano. Si è già affermato, infatti, che la compatibilità del deliberato nuovo impianto nell'atrio dell'edificio, con i limiti legali previsti in tema di innovazioni ex art.1120, comma 4, c.c., deve essere accertata tenendo conto del principio di solidarietà condominiale e delle utilità compensative dell'eventuale modesto impatto sul decoro architettonico (Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2012, n. 18334).

E' stato, inoltre, pure riconosciuto il diritto del singolo condomino alla realizzazione dell'ascensore su parte del cortile e del muro perimetrale nel rispetto dei soli limiti generali fissati dall'art.1102 c.c. ed in deroga anche al vincolo delle distanze minime dalle vedute ex art. 907 c.c. (Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2012, n. 14096; in senso conforme: Cass. civ., sez. II, 16 maggio 2014, n. 10852; Cass. civ., sez. II, 30 giugno 2014, n. 14809).

Nella pronuncia in esame, tuttavia, si affronta l'ulteriore profilo relativo alla compatibilità della nuova opera, volta ad abbattere le barriere architettoniche, con i limiti più estesi di quelli legali imposti dal regolamento di condominio, in quanto volti al salvaguardare la conservazione della struttura e della conformazione originarie dell'edificio; anche i limiti del regolamento sono, quindi, considerati recessivi rispetto al diritto di ogni condomino all'uso dei beni comuni, ai sensi dell'art. 1102 c.c., costituzionalmente orientato secondo il principio di solidarietà condominiale e di tutela del benessere abitativo.

Residua, invero, un dubbio sulla fonte di tali limiti regolamentari poiché dalla motivazione della sentenza non emerge se il regolamento avesse efficacia contrattuale, in quanto accettato da tutti i partecipanti, o fosse un mero atto normativo di gestione, approvato a maggioranza (c.d. regolamento in senso stretto); tuttavia il rango assegnato alle norme volte ad agevolare l'accessibilità agli edifici, quali strumenti immediatamente attuativi di principi costituzionali inerenti alla tutela della salute e della funzione sociale della proprietà, inducono ad escludere che possano essere ammesse deroghe pur convenzionali nei rapporti tra i condòmini. In tal senso la disciplina volta alla eliminazione delle barriere architettoniche si aggiunge a quel nucleo essenziale di disposizioni che «le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare» ai sensi dell'art.1138, comma 4, c.c.

E' da osservare, infine, che il rilievo obiettivo e generale delle prescrizioni costruttive volte a favorire l'accesso alle unità immobiliari non esclude affatto un ulteriore ponderazione dei concreti contrapposti interessi dei condomini di un determinato edificio, in ragione del parametro della solidarietà condominiale, che implica comunque una valutazione commisurata a tutte le circostanze, anche soggettive, relative al caso di specie.

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