Legittimazione attiva dell'amministratore

Massimo Ginesi
02 Ottobre 2017

La Cassazione affronta un tema su cui non risultano precedenti specifici, ovvero la capacità dell'amministratore di rappresentare il condominio nella stipulazione di contratti (e nelle relative controversie) che attengano a beni in uso al condominio ma non ascrivibili a quelli comuni ex art. 1117 c.c...
Massima

In tema di condominio, il contratto stipulato dall'amministratore, qualora implichi l'obbligo di sostenere le spese relative ad un bene non rientrante tra le parti comuni dell'edificio condominiale, assume efficacia vincolante nei confronti dei condomini solo in virtù di uno speciale mandato rilasciato da ciascuno di essi, ovvero della ratifica del pari proveniente da ognuno, atteso che, trattandosi di ipotesi estranea all'ambito di operatività dei poteri rappresentativi di cui agli artt. 1130 e 1131 c.c., è necessaria la sussistenza, in capo all'amministratore predetto, di un potere di rappresentanza convenzionale. (Fattispecie relativa ad un contratto avente ad oggetto l'assunzione di oneri di manutenzione di un cancello elettrico utilizzato dai condomini per il transito su di un'area di proprietà esclusiva di un terzo).

Il caso

Una società, proprietaria di un vicolo e annesso cancello automatizzato dal quale si transita anche per accedere agli spazi comuni di un vicino fabbricato condominiale, agisce dinanzi al Giudice di Pace per ottenere condanna del condominio al pagamento in suo favore delle quote pari a 5/11 del totale delle spese di manutenzione del cancello, che le sarebbero dovute dal condominio in forza di accordo raggiunto con l'amministratore del fabbricato. Il Tribunale di Bologna, in funzione di giudice di appello della sentenza di primo grado, ha ritenuto che il condominio si fosse obbligato a concorrere alle spese di manutenzione di tale cancello in forza di accordo che si sarebbe perfezionato tramite la sottoscrizione, da parte dell'amministratore, di una lettera pervenuta presso il suo studio, inviata dalla proprietaria del cancello e contenente le modalità di contribuzione alle spese. Risulta anche pacifico che l'amministratore del condominio ricevette in quell'occasione le chiavi e i telecomandi del cancello. Risulta altrettanto pacifico che sin dal 1991 il condominio diede pacifica esecuzione all'accordo, senza che ciascuno condomino lo abbia mai formalizzato personalmente. Il condominio ricorre per Cassazione avverso detta sentenza, ove la società proprietaria del cancello resiste con controricorso.

La questione

La questione da risolvere attiene alla legittimazione attiva dell'amministratore sotto il profilo sostanziale (cui si riconnette necessariamente, ai sensi dell'art. 1131 c.c., anche quella processuale) ed in particolare alla sua capacità di rappresentare i condomini nell'ambito delle attribuzioni allo stesso conferite dall'art. 1130 c.c., o in quelle più ampie conferite dalla assemblea o dal regolamento.

Ci si chiede in particolare se tali poteri (sia sotto il profilo sostanziale che sotto quello processuale) siano irrimediabilmente correlati e limitati alla funzione svolta dall'amministratore quale rappresentante degli interessi collettivi sottesi alla gestione e amministrazione dei beni comuni, oppure se la gestione di rapporti che non siano immediatamente riconducibili ai beni comuni - come delineati dall'art. 1117 c.c. - esuli in toto dai poteri dell'amministratore, seppure nella forma più ampia conferita da delibera assembleare.

Le soluzioni giuridiche

Il giudice di legittimità affronta e risolve una preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso, affrontando de plano e in maniera assolutamente conforme alla giurisprudenza ormai consolidata, la sussistenza della legittimazione in capo all'amministratore di condominio ad impugnare la sentenza sfavorevole. In particolare si osserva che ciò deriva testualmente dall'art. 1131 c.c. nell'interpretazione resa da Cass. civ., sez. un., 6 agosto 2010, n. 18331, ove si è osservato che l'amministratore convenuto può certamente in modo autonomo costituirsi in giudizio, così come impugnare la sentenza sfavorevole al condominio, è ciò nel quadro generale di tutela urgente di quell'interesse comune che è alla base della sua qualifica e della legittimazione passiva di cui è investito; tuttavia l'operato dell'amministratore deve poi essere sempre ratificato dall'assemblea, ove la controversia esuli dai poteri attribuiti dall'art. 1130 c.c., in quanto l'organo collegiale è l'unico titolare del relativo decisionale.

Allo stesso modo, come ha evidenziato più volte la giurisprudenza, l'amministratore può legittimamente e autonomamente proporre opposizione al decreto ingiuntivo notificato al condominio e impugnare la relativa sentenza che decida quel giudizio, senza necessità di autorizzazione assembleare, ove la causa non esorbiti dai sui poteri sostanziali (Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2016, n. 16260, Cass. civ., sez. II, 24 maggio 2010, n. 12622).

Nel caso di specie, il ricorso è stato dichiarato ammissibile poiché - aderendo al riportato orientamento - la Corte ha ritenuto che l'amministratore di condominio, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, possa impugnare la decisione che vede soccombente il condominio, e ciò per tutte le controversie che rientrino nell'ambito delle sue attribuzioni, quali quelle aventi ad oggetto il pagamento preteso da un terzo creditore in adempimento di un'obbligazione condominiale, l'esecuzione a delibere assembleari, l'erogazione delle spese occorrenti ai fini della manutenzione delle parti comuni o la misura dei servizi condominiali.

L'azione del condominio si rivela fondata anche nel merito, atteso che l'obbligazione azionata dal terzo creditore non può essere sorta in capo al condominio, difettando il potere dell'amministratore di contrarre in tal senso: osserva la corte che Il limite della rappresentanza sostanziale dell'amministratore di condominio è costituito dall'inerenza dell'affare alle parti comuni dell'edificio. Ne deriva che, ove l'amministratore del condominio intenda assumere l'obbligo dei partecipanti allo stesso di sostenere le spese relative ad un bene non rientrante tra le parti comuni, debba essere munito di mandato speciale da ciascuno dei singoli condomini, ovvero debba sussistere ratifica del pari effettuata da ciascuno. Nel caso di specie, trattandosi di oneri di manutenzione di un cancello elettrico utilizzato dai condomini per il transito su di un'area di proprietà esclusiva di un terzo, il bene non è in alcun modo riconducibile al novero di quelli comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c.

La corte ritiene dunque irrilevante la spendita della qualità di amministratore condominiale, poiché il giudizio tende a verificare la sussistenza di un potere di rappresentanza convenzionale estraneo all'ambito di operatività degli artt. 1130 e 1131 c.c.(Cass. civ., sez. II, 29 aprile 2013, n. 21826).

La pronuncia di appello è cassata con rinvio ad altra sezione del Tribunale, che dovrà attenersi a tali principi.

Osservazioni

Si tratta di pronuncia assolutamente condivisibile, su un caso specifico per il quale non constano precedenti negli esatti termini, ma che si accoda ad una nutrita serie di ipotesi in cui il giudice di legittimità ha sottolineato come la legittimazione dell'amministratore, sia essa sostanziale o processuale, presupponga necessariamente lo svolgimento della sua funzione di rappresentanza del condominio.

Egli dovrà pertanto agire quale soggetto deputato a veicolare le volontà del condominio, quale centro di imputazione di interessi, dalla soggettività autonoma, seppur imperfetta ed attenuata (Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2014, n. 19663).

Tale volontà potrà essere espressa in via autonoma, nei limiti delle funzioni elencate dall'art. 1130 c.c. oppure previa autorizzazione (o con successiva ratifica) dell'assemblea, ove la materia esorbiti dai suoi poteri.

Ove invece si verta su materie che riguardano vicende di interesse condominiale, ma non riconducibili alla sfera giuridica del condominio inteso come complesso disciplinato dalle norme del codice civile agli artt. 1117/1139 c.c., l'amministratore ben potrà agire quale rappresentante dei condomini per ogni atto necessario, ma in tal caso il suo potere non potrà più trovare legittimazione nella rappresentanza funzionale che gli è conferita ex lege e dovrà fondarsi su di un mandato espresso conferito da ciascun partecipante (o su una decisione unanime dell'assemblea composta dalla totalità dei condomini), sicché l'amministratore diverrà null'altro che un procuratore speciale dei singoli che espressamente lo hanno autorizzato (Cass. civ., sez. II, 3 marzo 2003, n. 5147; Cass. civ., sez. II, 3 agosto 1984, n. 4623; Cass. civ., sez. II, 29 febbraio 1988, n. 2129).

A tale ipotesi sono state ricondotte dalla giurisprudenza, ad esempio, le azioni volte alla declaratoria di appartenenza al condominio di un'area adiacente al fabbricato condominiale, acquistata per usucapione.

Guida all'approfondimento

Poli, Limiti della legittimazione processuale dell'amministratore condominiale nelle cause che non potrebbe autonomamente proporre, in Riv. trim. proc. civ., 2012, fasc. 2, 504;

Carbone, Costituzione in giudizio dell'amministratore, competenza dell'assemblea, in Corr. giur., 2010, 1137;

Izzo, L'amministratore e la difesa del condominio, in Giust. civ., 2006, I, 116;

Cianci, La soggettività dell'amministratore del condominio, in Giust. civ., 2002, I, 3;

Amadei, lI punto su rappresentanza di enti collettivi e interruzione del processo, con particolare riferimento all'amministratore di condominio, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1999, 1437;

Celeste, Liti condominiali e nuovo processo civile, Milano, 1999.

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