La forma scritta per i contratti di locazione conclusi dalla pubblica amministrazione

Roberta Nardone
28 Luglio 2017

La Suprema Corte evidenzia che la validità dei contratti per la cui stipulazione è prevista la forma scritta ad substantiam, non richiede affatto la contemporanea...
Massima

I contratti conclusi dalla P.A. richiedono la forma scritta ad substantiam e devono essere consacrati in un unico documento, ciò che esclude il loro perfezionamento attraverso lo scambio di proposta ed accettazione tra assenti (salva l'ipotesi eccezionale prevista ex lege per i contratti conclusi con ditte commerciali); tale requisito di forma deve ritenersi soddisfatto nel caso di c.d. elaborazione comune del testo contrattuale, e cioè mediante la sottoscrizione - sebbene non contemporanea, ma avvenuta in tempi e luoghi diversi - di un unico documento contrattuale il cui contenuto (nella specie, relativo ad un rapporto di locazione) sia stato concordato tra le parti.

Il caso

Il conduttore di un immobile di proprietà dell'INPDAP, adibito ad autorimessa, aveva agito in giudizio per ottenere la dichiarazione di nullità, o in subordine l'annullamento o la risoluzione per inadempimento, del contratto di locazione stipulato con l'Ente.

Nelle more del giudizio, il locatore aveva intimato sfratto per morosità al conduttore che si era opposto alla convalida. Riuniti i giudizi, il tribunale, con sentenza confermata in appello, dichiarava la nullità del contratto di locazione rilevando d'ufficio il difetto di consenso manifestato in forma scritta. In particolare entrambi i giudici di merito avevano ritenuta mancante la forma scritta ad substantiam in quanto il documento contrattuale non era stato sottoscritto dalle due parti contestualmente, ma il rappresentante dell'ente pubblico locatore vi aveva provveduto successivamente, sebbene in data anteriore alla registrazione.

L'INPDAP proponeva ricorso principale e il conduttore ricorso incidentale.

La questione

La questione esaminata dalla Corte attiene all'individuazione dei requisiti che consentono di ritenere assolta la prescrizione di forma nei contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione i quali devono anche essere consacrati in un unico documento, con particolare riferimento a quei casi in cui la sottoscrizione ad opera dei contraenti avvenga in momenti diversi.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte accoglie il ricorso principale dell'INPDAP ritenendo erronea la decisione di merito che aveva ritenuto il contratto oggetto del giudizio nullo per difetto di forma.

In particolare, la Corte evidenzia che la validità dei contratti per la cui stipulazione è prevista la forma scritta ad substantiam, non richiede affatto la contemporanea (o comunque contestuale) sottoscrizione dell'unico documento negoziale ad opera di tutte le parti. Argomentando dalla possibilità che la stipulazione, anche dei contratti formali come quelli della P.A., avvenga mediante scambio di proposta ed accettazione, ai sensi degli artt.1326 ss. c.c., il Collegio chiarisce la possibilità che le sottoscrizioni delle parti sull'unico documento negoziale possono anche essere poste in tempi e luoghi diversi, purché tra la prima e la successiva non sia espressamente revocato il consenso prestato dai primi sottoscrittori.

La Suprema Corte ritorna sulle prescrizioni di forma dei contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione.

Il contratto di locazione di bene immobile ad uso non abitativo (autorimessa) oggetto del giudizio, nonostante il principio della libertà della forma che lo regolerebbe ove stipulato tra privati, subisce la prescrizione della forma scritta ad substantiam in considerazione della qualifica pubblicistica di uno dei soggetti contraenti. Sulla base di tali principi la Suprema Corte, anche di recente - Cass. civ., sez. VI, 14 giugno 2016, n.12253 - ha ribadito la nullità del contratto di locazione stipulato da una P.A. in forma verbale, in violazione, a prescindere dalla natura della locazione, degli artt. 16 e 17 del r.d. n. 2440/1923 e la rilevabilità d'ufficio ove sia stata proposta domanda di risoluzione dello stesso.

La disciplina generale della forma dei contratti pubblici è contenuta nel decreto sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato (r.d. n. 2440/1923), agli artt. 16 (I contratti sono stipulati da un pubblico ufficiale delegato a rappresentare l'amministrazione e ricevuti da un funzionario designato quale ufficiale rogante, con le norme stabilite dal regolamento), 17 (I contratti a trattativa privata, oltre che in forma pubblica amministrativa nel modo indicato al precedente art. 16, possono anche stipularsi: per mezzo di scrittura privata firmata dall'offerente e dal funzionario rappresentante l'amministrazione; per mezzo di obbligazione stessa appiedi del capitolato; con atto separato di obbligazione sottoscritto da chi presenta l'offerta; per mezzo di corrispondenza, secondo l'uso del commercio, quando sono conclusi con ditte commerciali) e 18 (I contratti stipulati con ditte o società commerciali devono contenere l'indicazione delle persone legalmente autorizzate a riscuotere e quietanzare. L'accertamento della capacità dello stipulante ad impegnare legalmente la ditta o società, come pure il riconoscimento della facoltà delle persone che nei contratti vengono designate a riscuotere, incombe al funzionario rogante, nei contratti in forma pubblica amministrativa, ed al funzionario che stipula e riceve l'impegno contrattuale, nei contratti in forma privata).

Secondo tale disciplina tutti i contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione, anche quando quest'ultima agisce iure privatorum, richiedono la forma scritta ad substantiam.

È principio consolidato infatti che la volontà di obbligarsi della pubblica amministrazione non può desumersi per implicito da atti o fatti, dovendo essere manifestata nelle forme prescritte dalla legge, tra cui l'atto scritto, rispondendo al requisito all'esigenza di identificare con precisione il contenuto negoziale e consentire i controlli previsti dalla legge. Detta finalità resterebbe frustrata ove si ammettessero la validità di vincoli contrattuali implicitamente derivanti da atti non diretti a costituirli e non preceduti o seguiti, pertanto, dall'iter procedimentale previsto normativamente.

Né la forma è ritenuta surrogabile sulla base di comportamenti concludenti (Cass. civ., sez. un., 28 novembre 1991, n.12769; Cass. civ., sez.III, 1 ottobre 1994, n.7977; Cass. civ., sez.I, 12 luglio 2000, n.9246; Cass. civ., sez.III, 24 giugno 2002, n.9165, che escludono tutte un rinnovo tacito del contratto).

Nella pronuncia in commento, la Corte ribadisce, poi, richiamando anche le numerose pronunce in materia, la necessità della consacrazione della volontà delle parti in un unico documento, ricavata dal dato testuale desumibile dall'art. 16 del r.d. n. 2440/1923 e ritenuta strumento indefettibile di garanzia del regolare svolgimento dell'attività negoziale della P.A., nell'interesse sia del cittadino sia della stessa Amministrazione, giacché, si legge in Cass. civ., sez.I, 15 giugno 2015, n.12316 - solo tale forma solenne è in grado di agevolare l'espletamento della funzione di controllo e di garantire la concreta osservanza dei principi di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione, sanciti dall'art. 97 Cost.

Il principio, già ribadito dalle Sezioni Unite nella Cass. civ. n. 6827/2010 viene ripreso adesivamente dalle sezioni semplici (Cass. civ., sez.I, 20 marzo 2014, n.6555; Cass. civ., sez.I, 17 marzo 2015, n.5263; Cass. civ., sez.I, 22 dicembre 2015, n.25798). Infatti, con riferimento alla Pubblica Amministrazione, solo la legge può autorizzare espressamente la conclusione del contratto a distanza, a mezzo di corrispondenza, come nell'ipotesi, prevista dall'art. 17 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, di contratti con imprese commerciali, che possono essere conclusi attraverso atti non contestuali, a mezzo di corrispondenza «secondo l'uso del commercio», non essendo comunque sufficiente che da atti scritti risultino comportamenti attuativi di un accordo solo verbale. Operate dette premesse, la Corte, tuttavia, sottolinea come la prescrizione di forma non richieda anche la contemporanea o comunque contestuale sottoscrizione dell'unico documento negoziale ad opera di tutte le parti.

Anche per i contratti formali della pubblica amministrazione è possibile la stipula mediante scambio di proposta di accettazione, ai sensi degli artt. 1326 ss. c.c. applicabile in via analogica e con le dovute precisazioni (Cass. civ., sez.III, 17 giugno 2016, n.12540). Non si richiede, cioè, che la stipulazione si perfezioni uno actu e il requisito di forma si ritiene osservato anche quando il consenso si formi in base ad atti scritti in tempi successivi che si atteggino come proposta ed accettazione tra assenti, richiedendosi in questo caso, con riferimento alla Pubblica Amministrazione, che il contenuto del contratto sia elaborato congiuntamente dalle parti ed il consenso scritto manifestato, sia pure in tempi diversi, in relazione a tale contributo, con la sottoscrizione di un unico documento negoziale.

Osservazioni

In tema di attività jure privatorum della Pubblica amministrazione è noto il principio - che il Collegio ha inteso ribadire - secondo cui i contratti degli enti pubblici devono essere stipulati, a pena di nullità, in forma scritta, la quale assolve una funzione di garanzia del regolare svolgimento dell'attività amministrativa, permettendo d'identificare con precisione il contenuto del programma negoziale, anche ai fini della verifica della necessaria copertura finanziaria e dell'assoggettamento al controllo dell'autorità tutoria.

Ciò comporta non solo l'esclusione della possibilità di desumere l'intervenuta stipulazione del contratto da una manifestazione di volontà implicita o da comportamenti meramente attuativi, ma anche la necessità che, salvo diversa previsione di legge, l'intera vicenda negoziale sia consacrata in un unico documento, contenente tutte le clausole destinate a disciplinare il rapporto. Tale principio trova applicazione non soltanto alla conclusione del contratto, ma anche all'eventuale rinnovazione dello stesso, a meno che la stessa non sia prevista come effetto automatico da un'apposita clausola, nonché alle modificazioni successive che le parti intendano in seguito apportare alla disciplina concordata, le quali devono pertanto risultare da un atto posto in essere nella medesima forma del contratto originario, richiesta anche in tal caso ad substantiam, non potendo essere introdotte in via di mero fatto mediante l'adozione di pratiche difformi da quelle precedentemente convenute, ancorché le stesse si siano protratte nel tempo e rispondano ad un accordo tacitamente intervenuto tra le parti in epoca successiva.

Tale regime formalistico ha ricadute anche sul versante dell'interpretazione del contratto: la ricerca della comune intenzione delle parti, ove il senso letterale delle parole presenti un margine di equivocità, deve aver luogo - quanto alla Pubblica Amministrazione - con riferimento agli elementi essenziali del contratto, soltanto attingendo alle manifestazioni di volontà contenute nel testo scritto, mentre non è consentito valutare il comportamento complessivo delle parti, anche successivo alla stipulazione, in quanto la formazione del consenso non può spiegare rilevanza ove non sia stata incorporata nel documento scritto, prospettandosi altrimenti la vanificazione del requisito formale, imposto a garanzia dei canoni d'imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione.

Guida all'approfondimento

Mele, I contratti delle pubbliche amministrazioni, Milano, 2011;

Gabrielli, in Gabrielli - Padovini, La locazione di immobili urbani, Padova, 2005.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario