Le aree esterne vincolate a parcheggio

Massimo Ginesi
29 Agosto 2017

La disciplina delle aree esterne agli edifici destinate a parcheggio ha visto una articolata evoluzione legislativa, che deve essere di volta in volta esaminata con riferimento all'epoca di costruzione del fabbricato...
Massima

La proprietà delle aree interne o circostanziali ai fabbricati di nuova costruzione su cui grava il vincolo pubblicistico di destinazione a parcheggio, può essere acquistata per usucapione, non comportando tale vincolo indisponibilità, inalienabilità e incommerciabilità.

Il caso

La massima ufficiale non rende giustizia ad una sentenza assai complessa, che trae origine da una vicenda altrettanto complessa in fatto.Alcuni condomini ne citavano in giudizio altri, assumendo che l'originario costruttore aveva violato gli atti di convenzione stipulati con il comune di Roma in sede di concessione edilizia, omettendo di destinare a parcheggio le aree in progetto, sulle quali erano stati realizzati box, posti auto e sottonegozi successivamente alienati ai condomini convenuti; chiedevano quindi la condanna dei convenuti al rilascio in loro favore di tali beni. La domanda si fondava anche su diversa sentenza della Corte d'appello di Roma, intervenuta in separato giudizio fra gli attori e la società costruttrice, nella quale era stato accertato il loro diritto reale di uso sulle aree a parcheggio e condannata la società a rilasciarle in loro favore. I convenuti si difendevano sostenendo di aver ritualmente acquistato dal costruttore i beni oggetto della domanda, chiedendo in via riconvenzionale che venisse riconosciuta in loro favore l'usucapione degli stessi, in tesi in via abbreviata ex art. 1159 c.c. e in ipotesi in via ordinaria. Chiedevano anche di chiamare in causa gli eredi dell'ultimo liquidatore della società costruttrice, cancellata da molti anni dal registro delle imprese e - in via subordinata - avanzavano domanda per la determinazione della integrazione del prezzo di acquisto (in caso di accoglimento) o della indennità per la perdita del diritto sui locali acquistati (in caso di rigetto). Il Tribunale di Roma dichiarava la nullità di tutti gli atti di acquisto dei convenuti, per violazione della normativa vincolistica, riconoscendo il diritto degli attori su tali spazi. Su impugnazione dei convenuti, la Corte di appello di Roma accoglieva la domanda riconvenzionale di primo grado e dichiarava che tutti gli appellanti principali ed incidentali avessero acquisito per usucapione decennale le unità immobiliari oggetto dei rispettivi atti d'acquisto, evidenziava come la sentenza fra attori e costruttore avesse effetto riflesso nei confronti degli appellanti e ribadiva il necessario riconoscimento di un diritto reale d'uso in favore dei condomini, affermava la natura condominiale degli spazi da riservare a parcheggio e individuava la superficie dell'area da destinare a tale utilizzo. Entrambe le parti ricorrevano al giudice di legittimità, svolgendo numerosi motivi di impugnazione, la Corte ha cassato la sentenza di secondo grado con rinvio.

La questione

I problemi sottoposti alla corte di legittimità attengono alla asserita violazione, sotto diversi profili, dell'art. 41-sexies della l. 17 agosto 1942, n. 1150, in particolare in ordine alle conseguenze della mancata realizzazione degli spazi a parcheggio, al sopravvenire di concessioni in sanatoria, alla qualificazione come area comune ex art. 1117 c.c.degli spazi a parcheggio, alla nullità degli atti di trasferimento in violazione del vincolo di destinazione, alla usucapibilità di tali aree e alla possibilità che l'acquisto a titolo originario avvenga con permanenza del vincolo pubblicistico, alla determinazione dell'area vincolata da parte del Tribunale in misura superiore a quanto richiesto dai ricorrenti; altro profilo di censura attiene invece alla applicabilità dell'art. 12, comma 9, della l. 28 novembre 2005, n. 246, invocato quale ius superveniens sulla possibilità di trasferire lo spazio in maniera autonoma rispetto alla unità cui si riferisce.

Le soluzioni giuridiche

Le questioni affrontate dalla Cassazione nella pronuncia sono molte e la motivazione è assai articolata, sicché gioverà soffermarsi solo sui passaggi di maggior rilievo. La Corte osserva che, secondo un consolidato orientamento, l'art. 41-sexies l. n. 1150/1942, così come introdotto dall'art. 18 della l. 6 agosto 1967, n. 765, laddove istituisce un vincolo di destinazione a parcheggio di una certa superficie in proporzione al volume edificato costituisce norma imperativa, che non può subire deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi spazi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla previsione legislativa. Tale vincolo si traduce in una limitazione legale della proprietà, che può essere fatta valere, con l'assolutezza tipica dei diritti reali, nei confronti dei terzi che ne contestino l'esistenza e l'efficacia. Quindi coloro che hanno acquistato da un costruttore che abbia eluso tale vincolo, possono agire direttamente nei confronti dei terzi acquirenti che su tali aree hanno acquistato diritti, al fine di accertare tale inderogabile destinazione e la nullità degli atti di trasferimento per la parte che viola tale obbligatoria funzione. La corte osserva ancora che è potere del giudice di merito determinare l'area effettiva vincolata, poiché la superficie deve essere individuata secondo la proporzione indicata dalla legge (1mq x 10mc), senza che abbia rilievo la difforme domanda della parte. Quanto alla ubicazione delle aree necessariamente destinate a parcheggio la corte osserva che è consentito chiederne al giudice la determinazione solo ove non sia stata individuata dalla Pubblica Amministrazione in sede di rilascio della concessione, o in successive sanatorie: l'art. 41-sexies è norma di relazione nei rapporti privatistici e norma di azione nel rapporto pubblicistico con la P.A. e quindi il giudice del merito deve preliminarmente verificare se l'area sia stata individuata dalla pubblica autorità (Cass. civ., sez. II, 13 gennaio 2010, n.378).

Tali spazi possono essere ubicati indifferentemente nelle nuove costruzioni o in aree di pertinenza delle stesse, essendo entrambe le soluzioni idonee a soddisfare l'esigenza pubblica sottesa alla norma: sotto tale profilo non è consentito la giudice sindacare le scelte della P.A.

In ordine alla l. n. 246/2005, la Corte ne rileva la pacifica irretroattività (Cass. civ., sez. II, 5 giugno 2012, n. 9090).

Quanto alla mancata realizzazione degli spazi pattuiti in sede di convenzione con la P.A., se l'obbligo non ha assunto anche veste contrattuale nei negozi di trasferimento della singola unità immobiliare, i singoli condomini non hanno alcuna azione, fermo il diritto al risarcimento del danno qualora l'inosservanza dell'obbligo concreti una violazione delle norme urbanistiche (Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 2012, n. 2742).

Sulla specifica questione della possibilità di usucapire dette aree, la Corte richiama una consolidata giurisprudenza volta a riconoscerla, sull'assunto che il vincolo non comporta indisponibilità, inalienabilità e incommerciabilità (Cass. civ., sez. II, 15 novembre 2002, n. 16053; Cass. civ., sez. II, 7 giugno 2002, n. 8262). La sentenza, tuttavia, seppur con una notazione interlocutoria, sembra discostarsi da tale orientamento, laddove rileva che l'acquisto a titolo originario comporterebbe ipso iure anche l'estinzione del vincolo pubblico di destinazione. La causa, cassata la pronuncia di appello, è rimessa al giudice di merito affinché accerti, mediante precisa comparazione delle aree, se effettivamente sussista violazione del vincolo e conseguente nullità degli atti di trasferimento, anche ai fini di valutare l'idoneità del titolo alla eventuale usucapione ex art. 1159 c.c. una volta accertato se tali spazi siano effettivamente compresi nei trasferimenti, prova il cui onere incombe agli attori.

Osservazioni

La pronuncia lascia aperto un grande interrogativo a proposito della possibile usucapione di tali aree, a differenza di quello che afferma apoditticamente la massima ufficiale. La precedente giurisprudenza sul punto aveva affermato che gli spazi di cui all'art. 18 della l. n. 765/1967 non rientrano nei diritti indisponibili ed inalienabili o nei beni fuori commercio, in quanto assoggettati soltanto al vincolo (inderogabile dai privati) di natura pubblicistica di destinazione a parcheggio, con diritto reale d'uso a favore dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, e quindi sono suscettibili di alienazione e contrattazione separata; tale inquadramento consente di ritenere che sia possibile l'acquisto per usucapione della proprietà di tali aree, non comportando il vincolo l'indisponibilità, l'inalienabilità e l'incommerciabilità di tali aree (Cass. civ., sez. II, 7 giugno 2002, n. 8262).

La pronuncia del 2016 discerne invece le conseguenze in forza del tipo di acquisto: la Corte afferma che se tale principio di libertà nei trasferimenti assiste con certezza gli acquisti a titolo derivativo, che avvengono fermo il diritto reale d'uso stabilito dalla norma imperativa a favore dei proprietari delle unità site nel fabbricato, gli acquisti a titolo originario - a differenza di quanto afferma la sentenza del giudice di merito capitolino - avrebbe effetto estintivo anche del vincolo pubblicistico di destinazione, in forza dell'efficacia retroattiva reale dell'usucapione stessa.

Guida all'approfondimento

De Giorgi, L'usucapione, aspetti sostanziali e profili processuali controversi, Milano, 2012;

Ruotolo, Area a parcheggio obbligatorio e sua estinzione per non uso, in Riv. notar., 2003, III, 797;

Sabatini, Aree vincolate a parcheggio e acquisto per usucapione, in Riv. notar., 2003, III, 241.

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