Molestie di fatto e di diritto nel rapporto di locazione

Giorgio Grasselli
11 Settembre 2017

Che senso ha la garanzia del locatore per le molestie al conduttore da parte di terzi di cui tratta l'art. 1585 c.c.? E' un rafforzamento dell'obbligo di cui al n. 3) dell'art. 1575 c.c. che già obbliga il locatore a garantire il pacifico godimento della cosa locata per tutta la durata del contratto? Questa sentenza non chiarisce del tutto la questione, e trascura, tra l'altro, una descrizione della fattispecie...
Massima

Costituiscono molestie di diritto, per le quali il locatore è tenuto a garantire il conduttore ai sensi dell'art. 1585, comma 1, c.c., le pretese di terzi che accampino diritti contrastanti con quelli del conduttore, contestando il potere di disposizione del locatore, o rivendicando un diritto che infirmi o menomi quello del conduttore; sono invece molestie di fatto, quando il terzo non avanzi pretese di natura giuridica ma arrechi, col proprio comportamento illecito, pregiudizio al godimento materiale del conduttore, e in tal caso il conduttore può agire direttamente contro di lui ai sensi dell'art. 1585, comma 2, c.c.

Il caso

Nel corso di un rapporto di locazione con una società di professionisti, con oggetto un locale ad uso di ufficio, nell'appartamento contiguo a quello della conduttrice, il vicino dava inizio a lavori di ristrutturazione a causa dei quali l'ufficio locato subiva danni, tali da rendere difficoltoso il proseguimento del rapporto.

La società conduttrice, a fronte dell'inerzia del locatore nell'effettuare le riparazioni, ometteva il pagamento del canone, ragion per cui le era intimato lo sfratto per morosità, al quale si opponeva lamentando il menomato godimento dell'immobile che il locatore non aveva provveduto a riparare.

Il Tribunale adito, in prima istanza rigettava l'opposizione e dichiarava risolto il contratto per inadempimento della società di professionisti, e la sentenza era confermata dalla Corte d'Appello di Venezia, che ritenne la condotta del vicino costituire una molestia di fatto, e conseguentemente la garanzia del locatore doveva ritenersi esclusa ai sensi del comma 2 dell'art. 1585 c.c.

La conduttrice proponeva ricorso avanti la Cassazione.

La questione

Il codice civile, dopo avere preso in esame e disciplinato il caso in cui la cosa locata abbisogni di riparazione che diminuiscano il godimento del conduttore (artt. 1583 e 1584 c.c.), affronta la questione se e quando sia efficace la garanzia del locatore che deve assicurare il buon godimento della cosa locata allorquando la molestia proviene da terzi estranei al rapporto (art. 1585 c.c.).

Secondo questo articolo, che distingue due tipologie di molestie, quelle di diritto e quelle di fatto, solo per le prime e non per quelle di fatto, la garanzia sarebbe dovuta. La questione che sorge, tuttavia, è proprio nel trasferire queste due tipologie nella realtà, avvalendoci dell'imprecisa e oscura definizione che ne dà l'art. 1585 c.c., secondo il quale, il requisito differenziatore consisterebbe nella pretesa del terzo di avere diritti sulla cosa locata, requisito non presente nelle molestie di fatto.

La molestia di diritto ha quindi a che fare con la cosa locata, e, di riflesso, riduce il godimento del conduttore, ovverosia quel pacifico godimento cui il locatore si è obbligato ad assicurare al conduttore (art. 1575 c.c.). Pertanto, qualora la molestia non possa essere riferita alle posizioni accordate dal locatore sulla cosa locata, ma riguardi altre autonome situazioni di godimento dello stesso conduttore, non giustificate dalla specifica detenzione autonoma derivante dal contratto di locazione, si versa in ipotesi diversa da quella disciplinata dalla norma di cui all'art. 1585 c.c. (Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2006, n. 2531).

Tuttavia, ed è questo un aspetto sul quale si è spesso sorvolati, altra caratteristica delle molestie di fatto è di non aver a che fare con una diminuzione di godimento, ovverosia di quella prestazione che i il locatore è tenuto a garantire.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione, con la sentenza in commento, condivide le motivazioni della Corte di merito e rigetta il ricorso.

La decisione in commento si è richiamata ad un orientamento pressoché costante della giurisprudenza e della dottrina maggioritaria, in forza del quale, quando il terzo non accampi pretese di natura contrattuale, ma arrechi, con il proprio illecito comportamento, un pregiudizio al godimento materiale del conduttore, la molestia sarebbe di fatto e quindi il locatore, ai sensi del citato comma 2 dell'art. 1585 c.c., non avrebbe l'obbligo di garantire il conduttore per il fatto del terzo, facendo salva la sua facoltà di agire direttamente e in nome proprio contro quest'ultimo (Cass. civ., sez. III. 9 maggio 2008, n. 11514; Cass. civ., sez. III, 27 gennaio 2010, n. 1693).

Nel caso di specie, ha osservato la Suprema Corte, era pacifico che i danni riportati dall'immobile locato erano stati causati da lavori di ristrutturazione compiuti dal terzo sull'appartamento confinante di sua proprietà, in completa assenza di pretese di diritti sull'immobile del locatore.

La Corte ha poi escluso che, negli stessi lavori concretanti attività edilizie del terzo, potesse ravvisarsi una pretesa di diritto, che, anche se avessero riguardato una porzione di proprietà condominiale «erano idonei a concretare, appunto, una turbativa di mero fatto al pieno e pacifico godimento dell'immobile».

Secondo il suddetto principio, al conduttore spetterebbe, quindi, ogni azione, anche di carattere petitorio, tendente a reintegrare la sua posizione, lesa nel diritto al pacifico godimento della cosa locata, anche nei confronti del terzo, pur non essendovi un obbligo contrattuale di quest'ultimo, ma in virtù, appunto, del principio generale del neminem laedere.

La molestia di fatto verrebbe, di conseguenza, a contraddistinguersi, qualora il pregiudizio al conduttore medesimo derivi da un atto illecito aquiliano del terzo, senza che venga posto in questione, né direttamente né indirettamente, il diritto del conduttore stesso al godimento della cosa locata(Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 1995, n. 939).

In questo percorso interpretativo si pone, come abbiamo ricordato, la giurisprudenza dominante, alla quale la Cassazione si è richiamata.

Osservazioni

La non chiara dizione dell'art. 1585 c.c., ha posto seri problemi di interpretazione, a cominciare con l'elemento che appare come pregiudiziale per aversi molestie di diritto, che per essere tali debbono «diminuire l'uso o il godimento della cosa», e debbono provenire da terzi «che pretendono di avere diritti» sulla cosa locata. Già al primo passo, la pretesa di avere un diritto costituisce un confine che potrebbe essere certo se non presentasse problemi nel momento in cui si va nel contesto della realtà, inducendo l'interprete a chiedersi se sia egualmente una molestia di diritto quella posta in essere dal terzo che non manifesta alcuna pretesa, ma egualmente diminuisce il godimento del conduttore sulla cosa locata.

La Cassazione, in considerazione dell'aspetto pratico del problema, ha, invero, rilevato che per aversi una molestia di diritto non è indispensabile che il terzo manifesti espressamente e formalmente la pretesa di un proprio diritto sulla cosa locata, e che la pretesa può essere anche individuata nell'azione di disturbo al godimento, essendo sufficiente che il comportamento del terzo si ponga in antitesi con il diritto del proprietario-locatore, contrapponendovi, anche implicitamente, un diritto proprio (Cass. civ., sez. III, 9 marzo 1973, n. 652; Cass. civ., sez. III, 20 dicembre 1991, n. 13774).

Faccio l'esempio del vicino che sposta il muro di recinzione occupando parte del giardino che è pertinenza dell'alloggio condotto in locazione. Il vicino opera in silenzio e senza affermare alcun diritto, ma è evidente che l'ipotesi rientra tra le molestie di diritto con il conseguente obbligo del conduttore di darne pronto avviso al locatore (art. 1586 c.c.).

A questo punto, la linea di demarcazione tra molestie di fatto e molestie di diritto, si può presentare più labile, tanto più che, nel comma 2 dell'art. 1585 c.c., la pretesa di diritti viene ribadita come elemento essenziale di differenziazione, di talché, la sua mancanza, attesterebbe che la molestia del vicino non è molestia di diritto, bensì di fatto.

Da ciò si comprende che, se si vuole pervenire ad un risultato concreto, le parole usate dal legislatore vanno valutate con particolare attenzione; non può quindi sfuggire all'interprete che le molestie di fatto, non solo sono immuni da pretese di diritti, ma nemmeno diminuiscono il godimento del conduttore, perché sono estranee all'immobile sul quale il conduttore esercita il proprio diritto per tutta la durata del contratto

Le molestie di fatto sono, quindi, dirette, esclusivamente, nei confronti della persona fisica del conduttore ed esulano dal rapporto di questi con la cosa locata, nel senso che non hanno alcuna relazione con essa, come, ad esempio, il tenere radio o Tv accese e ad alto volume nelle ore destinate al riposo, fare del terrazzino la dimora abituale della griglia dove cuocere le costolette, inondando di fumo e di cattivi odori il vicino appartamento del conduttore.

Le molestie di fatto consisterebbero così in impedimenti concreti o attività materiali ostative, riconducibili nel concetto di atto illecito in senso lato, per le quali la garanzia del locatore non é dovuta ed il conduttore può agire direttamente contro i terzi ai sensi del comma 2 dello stesso art. 1585 c.c. (Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 1987, n. 7609).

Non è infatti concepibile che il locatore possa garantire il conduttore dall'assenza di frastuoni o schiamazzi di terzi, nei confronti dei quali non avrebbe alcuna legittimazione ad agire, mentre è assai diversa l'ipotesi in cui l'azione del vicino, sebbene non sia contraddistinta da una pretesa di diritto, si manifesti come illecita e produttiva di un danno all'immobile di proprietà del locatore, per negligenza, dolo o colpa. In questo caso, il danno è arrecato, non alla persona del conduttore, bensì alla cosa locata e non essendo dovuto a suo dolo o colpa, il locatore, qualora il danno incida sul godimento della cosa locata, sarà obbligato a porvi rimedio, non già perché responsabile ai sensi dell'art. 2043 c.c., bensì in forza del contratto di locazione che lo obbliga a garantire al conduttore il pacifico godimento dell'immobile per tutta la durata del rapporto (art. 1575, n. 3, c.c.).

Si ha quindi molestia di fatto - contro la quale il locatore non è tenuto a garantire il conduttore, ai sensi del comma 2 dell'art. 1585 c.c. - qualora il pregiudizio al conduttore medesimo derivi da un atto illecito aquiliano del terzo, senza che venga posto in questione, né direttamente né indirettamente, il diritto di quello al godimento della cosa locata (Cass. civ., sez. III, 8 novembre 1985, n. 5450; Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 1995, n. 939).

La lesione al godimento è invece un effetto estraneo alla molestia di fatto, che riguarda la sola sfera personale del conduttore, ancorché si verifichi nell'ambito della cosa locata.

La prevalente giurisprudenza della Suprema Corte, non sembra abbia sempre interpretato esattamente l'art. 1585 c.c., nel senso che gli effetti delle molestie di diritto e di quelle di fatto, sarebbero poste sullo stesso piano, mentre, da un lato, le molestie di diritto inferiscono sull'immobile locato e le sue pertinenze, ovvero sul compendio del quale il locatore si è obbligato a garantire al conduttore il pacifico godimento, d'altro lato, le molestie di fatto sono principalmente dirette nei confronti della persona del conduttore, e incidono sul benessere della sua vita privata, sia pure nell'ambito della cosa locata, ma in un settore, quello personale appunto, per il quale il locatore non ha offerto alcuna garanzia, né poteva farlo in quanto al di fuori della sua disponibilità.

Molestia di fatto è quindi un atto o un comportamento, reiterato, di un estraneo al rapporto di locazione – un coinquilino o un vicino di casa, ma anche una persona di passaggio - che, rivolto alla persona del conduttore, arreca un pregiudizio al suo modo di vivere.

Trattasi di comportamenti che chiaramente esulano dall'ambito del rapporto locatizio e quindi dal dovere del locatore che va inteso nel senso di garantire il pacifico godimento della cosa, e non della vita privata del conduttore; pertanto, i rimedi, repressivi e risarcitori utilizzabili dal soggetto che ne è vittima, trovano corrispondente titolo e azione nell'art. 2043 c.c. nei confronti del terzo autore della molestia.

Non è senza significato che, ai sensi del comma 1 dell'art. 1585 c.c., la garanzia dovuta dal locatore ricorra ogni qual volta la molestia del terzo diminuisca l'uso e il godimento della cosa, mentre il comma 2 dello stesso articolo esclude la garanzia del locatore per la pura e semplice molestia del terzo, senza alcun cenno all'ipotesi della diminuzione di godimento, il che giustifica la facoltà concessa al locatore di agire contro il terzo.

L'omissione, che qualifica la natura della molestia, ha un indubbio rilievo, poiché la garanzia di cui all'art. 1585 c.c., va letta come una garanzia aggiuntiva rispetto a quella prevista in via generale dall'art. 1575, n. 3), c.c., che è una garanzia con valenza oggettiva, non necessariamente congiunta ad una responsabilità per colpa.

Ad un attento esame si deve quindi convenire che la disposizione di cui all'art. 1585 c.c., non fa che confermare che la garanzia del pacifico godimento della cosa locata o di una parte di essa, è dovuta dal locatore anche se la diminuzione dell'uso e del godimento è attribuibile al fatto di un terzo, come ad un qualsivoglia evento esterno, garanzia che, in assenza di colpa, non dà luogo ad ipotesi risarcitorie, bensì a provvedere alle necessarie riparazioni.

Il locatore, infatti, ai sensi dell'art. 1576 c.c., è obbligato a ripristinare l'immobile e ad eseguire le necessarie riparazioni, anche se i guasti dipendono da un caso fortuito del quale egli non è responsabile, in quanto trattasi di obbligo di natura contrattuale.

Altro aspetto che conviene chiarire è quello che riguarda l'attività riparatoria e non risarcitoria cui è tenuto il locatore: questi non risponde dei danni materiali eventualmente subiti dal conduttore sulle cose mobili di sua proprietà (imbrattamento o altro di mobili e arredi a seguito di un'infiltrazione di acqua o altro), danni che non rientrano nel diritto al pacifico godimento e che il conduttore può chiedere al terzo ai sensi dell'art. 2043 c.c. Solamente nel caso in cui la molestia abbia arrecato danni all'immobile, così da diminuire il godimento del conduttore, il locatore, pur non responsabile, sarà tenuto a riparare quei danni ai sensi dell'art. 1575 c.c., essendo legittimato a farlo in quanto proprietario e titolare di un interesse qualificato ex art. 100 c.p.c. e non di mero fatto, come invece ha il conduttore.

Premesso ciò, il tratto distintivo, secondo la dottrina, è individuato nella considerazione che la molestia di fatto colpisce il conduttore, non in quanto parte del rapporto locativo, ovvero nella sua veste specifica di creditore della prestazione di godimento nei confronti della controparte, sebbene nella sua veste generica di soggetto giuridico (di quidam e populo) (Cosentino - Vitucci).

Ben diversa è dunque la fattispecie presa in esame dalla sentenza che commentiamo, in cui l'inquilino dell'appartamento attiguo, nel corso di alcuni lavori edilizi interni, danneggiò un muro divisorio tra il proprio appartamento e quello locato al conduttore, fattispecie che non rientra nella ipotesi di molestia, ma di danno da illecito alla cosa locata, nella sua materialità e consistenza.

In questo caso, l'azione del terzo, non solo diminuisce il godimento, che il comma 2 dell'art. 1585 esclude per le molestie di fatto, ma attenta anche al diritto di proprietà del locatore sulla cosa locata, ed è lui, pertanto, l'unico soggetto legittimato ad agire per far cessare l'abuso ed a ripristinare lo stato di manutenzione quale era al momento della consegna.

In questo senso si è affermato che nel caso in cui nell'immobile locato l'utilizzazione dei locali divenga inagibile a causa di infiltrazioni di acqua provenienti da parti comuni dell'edificio, sussiste l'obbligazione principale del locatore in ordine al mantenimento della cosa locata in stato da servire all'uso convenuto.

Il conduttore dispone pertanto di un'azione risarcitoria consequenziale all'inadempimento, potendo richiedere il ripristino dei locali per utilizzarli secondo l'uso convenuto e il maggior danno da inadempimento (Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2010, n. 15372).

In questo senso, in tema di immissioni, si è pronunciata la giurisprudenza che ha ritenuto che nel caso in cui gli accorgimenti tecnici da adottare per ricondurre le immissioni nei limiti della normale tollerabilità, comportino la necessità di modificazioni di strutture dell'immobile da cui le propagazioni derivano, si deve escludere che il titolare di diritto personale di godimento sia legittimato a chiedere le modificazioni medesime, così come è privo di legittimazione passiva alla stessa azione il soggetto che, non essendo eventualmente proprietario del fondo da cui provengono le immissioni, non è in grado di provvedere a quelle modifiche della propria struttura che sia condannato a effettuare (Cass. civ., sez. II, 22 dicembre 1995, n. 13069; Cass. civ., sez. II, 11 novembre 1992, n. 12133).

Sembra quindi di poter concludere che, laddove la reazione alla molestia comprometta un diritto reale, legittimato all'azione è sempre il proprietario-locatore, salva l'azione risarcitoria del conduttore nel caso in cui egli risenta un danno alle cose di sua proprietà.

Guida all'approfondimento

Catelani, Manuale della locazione, Milano, 2001, 238;

Cosentino - Vitucci, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, Torino, 1986, 101;

Gabrielli - Padovini, La locazione di immobili urbani, Padova, 2001, 305;

Tabet, La locazione-conduzione, Padova, 1972, 366.

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