Comproprietà dell'unità immobiliare e delibere dell'assemblea del condominio minimo

19 Ottobre 2017

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha affrontato la tematica relativa alle delibere del condominio composto da due soli condomini - c.d. condominio minimo - con particolare riferimento al caso in cui ciascuna delle unità immobiliari interessate sia, a sua volta, oggetto di comunione comproprietaria e l'assemblea condominiale sia chiamata all'adozione di decisioni che richiedano l'unanimità dei consensi dei condomini...
Massima

Nel caso di condominio c.d. minimo, ossia composto di due soli partecipi che veda, a sua volta, ciascuna unità immobiliare interessata essere oggetto di comunione comproprietaria, qualora l'assemblea condominiale venga investita dell'adozione di decisioni - quali l'applicazione di criteri di ripartizione di spese comuni derogatori di quelli legali - richiedenti l'unanimità dei consensi dei condomini, ciascuna comproprietà, ai sensi dell'art. 67, comma 2, disp. att. c.c., può legittimamente designare il proprio rappresentante in seno all'assemblea condominiale con decisione assunta a maggioranza e il rappresentante designato può validamente esprimere il proprio voto nell'interesse della unità immobiliare mandante, dovendosi, quindi, escludere che la nomina del rappresentante della comunione comproprietaria debba intervenire con decisione unanime dei comproprietari e che alla decisione dell'assemblea condominiale debbano adesivamente prendere parte tutti i comproprietari di ciascuna unità immobiliare.

Il caso

Nel caso concreto, l'assemblea di un c.d. condominio minimo, composto da due soli partecipi costituiti, ognuno, da unità immobiliare in comproprietà indivisa, aveva proceduto all'applicazione di criteri di ripartizione di spese comuni differenti da quelli legali con deliberato assunto con l'avvallo approvativo dei rappresentanti di ciascuna unità immobiliare interessata che, ai sensi dell'art. 67, comma 2,disp. att. c.c., erano stati designati con relativi deliberati di ciascuna comunione assunti a maggioranza.

Una comproprietaria di un'unità immobiliare aveva, quindi, proposto giudiziale gravame - disatteso in primo grado e in appello - sia del deliberato con cui la comunione aveva designato il proprio rappresentante per l'assemblea condominiale, sia della delibera dell'assemblea condominiale che aveva adottato il criterio di ripartizione della spesa comune in deroga al parametro di legge, sostenendo che entrambe le determinazioni avrebbero richiesto l'unanimità dei consensi, nel primo caso dei comunisti della unità immobiliare interessata, nel secondo di tutti i comproprietari delle unità immobiliari componenti il condominio.

La questione

Si trattava, pertanto, di affrontare e risolvere una duplice problematica relativa sia alla maggioranza da ritenersi necessaria affinché una comunione comproprietaria riferibile ad una unità immobiliare facente parte di un condominio edilizio, secondo il meccanismo tipico previsto dall'art. 67, comma 2, disp. att. c.c., possa indicare il proprio rappresentante nell'assise condominiale che sia chiamata all'adozione di decisioni implicanti l'unanimità dei consensi dei condomini, sia delle modalità di conseguimento della totalità delle approvazioni dei condomini in seno a quest'ultima.

Le soluzioni giuridiche

La decisione del giudice di legittimità, relativamente alla quale non si riscontrano precedenti e reiettiva delle istanze della ricorrente, si fonda sul dato letterale normativo di riferimento e sulla ratio ad esso sottesa.

Muovendo dalla previsione dell'art. 1106 c.c., oggetto di espresso richiamo all'art. 67, comma 2, disp. att. c.c., la Corte ha ritenuto che la designazione del rappresentante della comunione comproprietaria possa legittimante intervenire con decisione assunta a maggioranza da parte dei comunisti e l'assemblea condominiale, alla quale prenda parte il designato, possa validamente assumere decisioni unanimitarie con il consenso da costui espresso in rappresentanza della comunione, senza necessità alcuna di partecipazione e di manifestazione di voto da parte degli altri comproprietari in entrambi i consessi.

Nella prospettiva motiva, detti assunti sono stati ancorati alle «evidenti finalità semplificatorie» che ispirano la previsione dell'art. 67, comma 2, disp. att. c.c.

Tale disposto, per il caso in cui l'unità immobiliare strutturalmente parte di un edificio in condominio sia oggetto di comproprietà indivisa, limita la partecipazione all'assemblea condominiale ad un solo rappresentante della comunione la cui designazione deve ordinariamente muovere dai comproprietari, secondo il meccanismo tipicamente previsto dall'art. 1106 c.c.

Ciò al fine di snellire l'attività di governo del condominio, di istituzionale spettanza assembleare, evitando che tutte le peculiarità afferenti la singola unità immobiliare, qualora in titolarità a più soggetti, possano negativamente condizionare tempi e modi delle relative decisioni gestorie, come sarebbe potuto accadere laddove fosse stata richiesta la necessaria partecipazione di tutti i comproprietari.

Con diretto riferimento al caso di specie deve, poi, rilevarsi che, secondo l'assestato pensiero esegetico nomofilattico, anche al condominio minimo si applica la disciplina speciale prevista dagli artt. 1117 ss. c.c. e non già quella generale della comunione di cui agli artt. 1100 ss. c.c. (così Cass. civ., sez. un., 31 gennaio 2006, n. 2046; Cass. civ., sez. II, 2 marzo 2017, n. 5329).

Pertanto, seguendo i principi interpretativi di legittimità, anche la delibera assembleare per la cui validità sia necessaria l'unanimità dei consensi dei componenti tutti la collettività condominiale può essere legittimante assunta, laddove la singola unità immobiliare sia oggetto di comproprietà indivisa, con il consenso espresso dal singolo rappresentante della comunione designato con votazione maggioritaria da parte dei comproprietari.

Osservazioni

La soluzione proposta impone alcune puntualizzazioni, in particolare in punto di tutela del singolo comproprietario dell'unità immobiliare interessata dalle decisioni dell'assemblea condominiale.

Nel caso affrontato dalla richiamata sentenza, le doglianze della comproprietaria proponente il (disatteso) gravame hanno avuto riferimento alla lamentata carenza di valido quorum a supporto delle decisioni sia della comproprietà che della assemblea condominiale e che era stato ravvisato nella unanimità in ragione del successivo oggetto del decisum assembleare.

Se si segue l'ordito normativo di disciplina appare opportuno, a tali fini, differenziare da un lato la delibera con cui la comproprietà designa il proprio rappresentante per la partecipazione all'assise condominiale da quella, invece, adottata da quest'ultima.

Quanto alla prima deve ritenersi necessario che essa rechi indicazione delle incombenze demandate al rappresentato; ciò può inferirsi da quanto riportato al comma 2 dell'art. 1106, c.c., il quale prevede che il designato deve attenersi agli obblighi e può esercitare i soli poteri che sono stati indicati nel deliberato di nomina.

Il rappresentante agisce, quindi, quale mandatario dei comproprietari e le facoltà conferitegli sono, di necessità, condizionate dalla loro corrispondente titolarità in capo ai deleganti.

Pertanto, laddove il rappresentante venga abilitato alla manifestazione, nell'assise condominiale, di consenso utile per l'adozione di decisioni importanti unanimità di approvazione senza, che però, la delibera di sua designazione sia stata assunta, a sua volta, in via totalitaria, in tal caso eventuali profili di illegittimità potranno afferire il deliberato assunto ai sensi dell'art. 1106, comma 2, c.c., con cui sarebbe stato conferito, al delegato, un potere dispositivo in difetto di relativa valida attribuzione.

Di contro, tali limitazioni devono ritenersi ininfluenti quanto alla validità della delibera assembleare condominiale assunta con l'apporto partecipativo del rappresentante della comunione, eventualmente anche eccedendo i poteri o violando gli obblighi conferitigli, in ciò esplicitandosi le esigenze di semplificazione dell'azione di governo del condominio cui il giudice di legittimità ha conferito primario rilievo.

Va escluso, infatti, che nel contesto dell'assemblea condominiale possa essere sindacata o apprezzata la legittimità del deliberato di designazione del rappresentante della comunione comproprietaria il quale, pertanto, può regolarmente prendere parte a detta assise.

Diversamente, nel caso in cui la delibera di designazione del rappresentante venga fatta oggetto di impugnativa giudiziale e venga annullata ovvero ne venga disposta l'interinale sospensione di efficacia ai sensi dell'art. 1109, comma 2, c.c., ciò impedirà la partecipazione del designato all'assemblea condominiale.

Qualora, poi, nelle more del giudizio promosso per l'impugnativa della delibera della comunione di designazione del rappresentante, l'assemblea di condominio assuma la decisione con l'apporto partecipativo del delegato illegittimamente speso, il successivo annullamento della prima dovrebbe importare l'invalidità della seconda perché conseguente ad irregolare costituzione dell'assise e/o incidente su diritto individuale sì da rientrare, comunque, in situazioni che, secondo il catalogo delle patologie dei deliberati condominiali stilato dai giudici di legittimità nella nota pronuncia Cass. civ., sez. un., 7 marzo 2005, n. 4806, ne condizionano la legittimità.

Sulla scorta di tali rilievi, pertanto, il ricorso proposto dalla comproprietaria si profilava meritevole di accoglimento poiché la delibera condominiale con cui erano stati assunti criteri ripartitori di spesa comune difformi da quelli legali era stata adottata con l'avvallo approvativo irregolarmente espresso dal rappresentante della propria comunione comproprietaria, poiché investito di tale mandato rappresentativo in carenza di proprio consenso che sarebbe stato necessario in considerazione del programmato contenuto del deliberato condominiale.

Deve, comunque, riconoscersi al comproprietario che lamenti l'insussistenza originaria di valida investitura rappresentativa ovvero di travalicamento o inosservanza dei poteri conferitigli, nei confronti del delegato che abbia speso tale qualità nel contesto assembleare condominiale, eventuale azione risarcitoria ai sensi dell'art. 1398 c.c. poiché falsus procurator.

Mette conto, da ultimo, evidenziare che l'esposta tematica è di stringente attualità, se si considera che la l. 11 dicembre 2012, n. 220, di riforma del condominio edilizio, riscrivendo l'art. 67 disp. att. c.c., ha previsto un meccanismo, apparentemente analogo a quello esaminato, per quel che riguarda la gestione ordinaria e la designazione dell'amministratore delle parti comuni nel caso del c.d. supercondominio, un novum normativo con il quale l'esegesi sia dottrinaria che giurisprudenziale dovrà di necessità confrontarsi ed accertarne eventuali profili di illegittimità costituzionale, originaria ovvero derivata per contrasto con i principi della Corte Europea dei diritti dell'uomo, in riferimento allo statuto della proprietà privata individuale.

Guida all'approfondimento

Morello, Condominio minimo: il problema è l'unanimità, in Dir.& gius., 2017, fasc. 41, 9;

Scalettaris, Qualche riflessione sul supercondominio prima e dopo la riforma, in Riv. giur. edil., 2013, fasc. 6, 1015;

Celeste - Scarpa, Le nuove norme in materia di assemblea e di amministratore nella riforma del condominio, in Giur. merito, 2013, fasc. 6, 1249;

Triola, Invio dell'avviso di convocazione a tutti i comproprietari di una unità immobiliare, in Vita notar., 1993, 715.

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