Elezione di domicilio del difensore esercente extra districtum

Sergio Matteini Chiari
20 Ottobre 2017

La portata dell'art. 82 R.d. 37/1934 deve ritenersi significativamente ridotta nell'attualità in ragione dell'introduzione del «domicilio digitale», prevista dall'art. 16-sexies d.l. n. 179/2012, conv. con modif. nella l. n. 221/2012 (norma introdotta dal d.l. n. 90/2014, conv. con modif. nella l. n. 114/2014), sicché il domicilio deve ritenersi in ogni caso «eletto» presso l'indirizzo PEC comunicato al Consiglio dell'Ordine, così che la vigenza appare odiernamente limitata ai casi in cui la notifica presso tale indirizzo sia impossibile per ragioni imputabili al destinatario.
Inquadramento

Ai sensi dell'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. nella l. n.111/2011, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa, devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio.

Pertanto, l'elezione di domicilio va fatta nella citazione, nel ricorso, nella comparsa, nel controricorso, nel precetto.

Qualora la parte stia in giudizio personalmente è da ritenere parimenti obbligatoria, ai fini processuali, l'elezione di domicilio (di norma presso la medesima parte, quale difensore di se stessa).

Sino a tempi assai recenti, era consolidata l'opinione secondo cui, in caso di mancata elezione di domicilio, il luogo nel quale le notificazioni si sarebbero dovute eseguire andasse individuato nel domicilio effettivo dello stesso difensore, quale risultante dall'albo professionale, peraltro a condizione che tale domicilio risultasse collocato nella circoscrizione dell'autorità giudiziaria procedente.

Nel caso in cui, invece, tale coincidenza non si fosse avverata, era parimenti consolidata l'opinione secondo cui, in forza del disposto dell'art. 82 r.d. n. 37/1934, il domicilio dovesse intendersi eletto presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria innanzi a cui il giudizio era in corso.

Tale opinione deve essere attualmente, almeno in cospicua parte, rivista.

In forza dell'introduzione del «domicilio digitale», prevista dall'art. 16-sexiesd.l. n. 179/2012, conv. con modif. nella l. n.221/2012 (norma introdotta dal d.l. n. 90/2014, conv. con modif. nella l. n. 114/2014), in ragione del quale il domicilio deve ritenersi in ogni caso «eletto» presso l'indirizzo di PEC, l'operatività della suddetta norma (art. 82 r.d. cit.) è da ritenere odiernamente limitata ai casi in cui la notifica presso il suddetto indirizzo sia impossibile per ragioni imputabili al destinatario.

Oneri del difensore esercente intra oppure extra districtum

Ciò che segue è da ritenere valevole per tutte le situazioni in cui le notifiche degli atti processuali siano state eseguite precedentemente alla data di entrata in vigore del d.l. 24 giugno 2014, n 90, conv. con modif. nella legge 11 agosto 2014, n. 114 – da fissare nel 25 giugno 2014, essendo stato l'art. 16-sexies introdotto dal d.l. e non avendo subito modifiche ad opera della legge di conversione.

Come chiarito nel precedente paragrafo, stando alla lettera dell'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. con modif. nella l. n. 111/2011, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa deve essere indicato, fra l'altro, il «domicilio eletto presso il difensore».

Sino a tempi assai recenti, nei casi di mancata elezione di domicilio da parte dell'avvocato nel luogo sede dell'autorità giudiziaria presso cui il giudizio fosse in corso, sono state distinte due diverse fattispecie:

  1. avvocato esercente il proprio ministero intra districtum, vale a dire nell'ambito della circoscrizione del Tribunale di assegnazione e che non avesse eletto domicilio in tale luogo;
  2. avvocato esercente il proprio ministero extra districtum, vale a dire al di fuori dell'ambito sub a) e che non avesse eletto domicilio in tale luogo.

Con riguardo al caso sub 1) (si rammenta incidentalmente che il domicilio si sarebbe potuto eleggere in qualunque luogo ricompreso nella circoscrizione di assegnazione e perciò anche in un Comune diverso da quello sede del Tribunale), si riteneva che le notifiche potessero validamente eseguirsi solo nel luogo di domicilio effettivo del difensore, quale risultante dall'albo dell'Ordine professionale, in cui il procuratore ufficialmente risiedeva in ragione del suo ufficio a norma degli artt. 10 e 17, comma 1, n. 7, del r.d.l. n. 1578/1933, convertito nella l. n.36/1934 (v., ex multis, Cass., sez. III, 17 gennaio 2017, n. 920; Cass. civ., sez. II, 6 dicembre 2016, n. 24956; Cass., sez. I, 15 ottobre 2013, n. 23384).

Invece, con riguardo al caso sub 2), veniva ritenuto applicabile il disposto dell'art. 82 r.d. n 37/1934, conseguendone che la notifica si sarebbe dovuta eseguire presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria procedente.

Secondo l'orientamento assolutamente prevalente, tale disposizione doveva ritenersi operativa non soltanto con riguardo al giudizio di primo grado, ma anche con riguardo al giudizio di appello (è stato precisato che il riferimento generico all'«autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso», contenuto nella norma, comprende sia il giudice di primo grado che quello dell'impugnazione e che il riferimento al Tribunale, contenuto nell'art. 82 r.d. n 37/1934, vale ad individuare, non già l'autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, bensì l'albo professionale al quale l'avvocato è iscritto).

Di conseguenza, anche nel caso in cui il giudizio fosse in corso innanzi alla Corte d'appello e l'avvocato fosse iscritto all'Ordine di un Tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione fosse ricadente la sede della suddetta Corte, ancorché appartenente allo stesso distretto di quest'ultima, avrebbe avuto l'onere di domiciliarsi nello stesso Comune sede della Corte (v., in tal senso, ex multis, Cass., sez. L, 30 agosto 2016, n. 17415; Cass., sez. III, 19 novembre 2015, n. 23662; Cass., sez. VI, 1 giugno 2015, n. 11333; Cass., Sez. Un., 20 giugno 2012, n. 10143; contra, episodicamente, Cass., sez. L, 11 giugno 2009, n. 13587, secondo cui, in caso di giudizio innanzi alla Corte d'appello, doveva ritenersi rituale l'elezione di domicilio in uno qualsiasi dei Comuni del distretto).

Ciò che segue è da ritenere valevolenell'attualità a far tempo dalle notifiche eseguite successivamente al 25 giugno 2014.

L'art. 125 c.p.c. ha subito molteplici modifiche, negli anni 2011 e 2014.

Con il d.l. n. 138/2011, conv. con modif. nella l. n. 148/2011 (art. 2, comma 35-ter), fra le incombenze da osservare nella stesura degli atti di prima difesa veniva inclusa l'indicazione dell'indirizzo di PEC.

Con la l. 12 novembre 2011, n. 183 (art. 25), a tale indicazione veniva aggiunta la locuzione «comunicato al proprio ordine».

Con sentenza della Cassazione 20 giugno 2012, n. 10143, le Sezioni Unite affermarono che esigenze di coerenza sistematica e d'interpretazione costituzionalmente orientata inducevano a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria innanzi alla quale era in corso il giudizio, ai sensi dell'art. 82 r.d. n. 37/1934, dovesse conseguire soltanto ove il difensore, non adempiendo all'obbligo prescritto dall'art. 125 c.p.c. (che, all'epoca, statuiva che, fra gli altri adempimenti, negli atti difensivi introduttivi dovesse essere indicato anche l'indirizzo di PEC comunicato dal legale al proprio Ordine), non avesse indicato l'indirizzo di PEC.

Successive pronunce di Sezioni semplici della Suprema Corte, afferenti a fattispecie nei cui ambiti era ancora operativo il disposto dell'art. 125 appena sopra riportato, ridimensionando il rilievo della «elezione» del domicilio telematico, hanno affermato che, mentre l'indicazione della PEC senza ulteriori specificazioni doveva ritenersi idonea a far scattare l'obbligo del notificante di utilizzare la notificazione telematica, non altrettanto poteva affermarsi nell'ipotesi in cui l'indirizzo di posta elettronica fosse stato indicato per le sole comunicazioni di cancelleria (v., in motivazione, Cass., sez. VI, ord., 3 febbraio 2016, n. 2133).

L'art. 125 c.p.c. è stato nuovamente rielaborato, ad opera dell'art. 45-bis,comma 1, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, conv. con modif. nella l.11 agosto 2014, n. 114.

La modifica è consistita nella soppressione dell'obbligo di indicare negli atti di parte l'indirizzo di PEC del difensore.

La medesima fonte normativa ha, inoltre, aggiunto al d.l. n. 179/2012, conv. con modif. nella l. n.221/2012, l'art. 16-sexies, rubricato «Domicilio digitale», ove viene disposto che, salvo quanto previsto dall'art. 366 c.p.c., quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l'indirizzo di PEC, risultante dagli elenchi di cui all'art. 6-bis d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'amministrazione digitaleCAD), nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia.

L'art. 6-bis CAD prevede l'istituzione, presso il Ministero per lo sviluppo economico, di un pubblico elenco denominato «Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti», realizzato a partire dagli elenchi di indirizzi PEC costituiti presso gli ordini professionali.

Oneri del difensore nei giudizi innanzi alla Corte di Cassazione

Come visto nel precedente paragrafo, l'operatività del più volte citato art. 16-sexies è limitata ai giudizi di merito, venendo, nel relativo disposto, fatto salvo quanto previsto nell'art. 366 c.p.c..

Tale norma (nel testo introdotto dallalegge 12 novembre 2011, n. 183)dispone che, se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma ovvero non ha indicato l'indirizzo di PEC, le notificazioni «gli sono fatte» presso la cancelleria della Corte di Cassazione.

Fra i casi che si sono prospettati, quelli di maggiore rilevanza sono i seguenti:

  • è stato affermato che allorché il ricorrente abbia eletto domicilio in Roma, indicando altresì l'indirizzo di PEC, il controricorso può essere indifferentemente notificato sia presso il detto domicilio, sia a mezzo PEC, giacché l'art. 366, comma 2, c.p.c. consente le notificazioni in via alternativa - con l'uso della disgiuntiva «ovvero» - nell'uno o nell'altro luogo (Cass., sez. VI, 10 marzo 2014, n. 5457);
  • è stato precisato che laddove il ricorrente non abbia eletto domicilio in Roma ed abbia indicato l'indirizzo di PEC ai soli fini delle comunicazioni di cancelleria, è valida la notificazione del controricorso presso la cancelleria della Corte di Cassazione, perché, mentre l'indicazione della PEC senza ulteriori specificazioni è idonea a far scattare l'obbligo del notificante di utilizzare la notificazione telematica, non altrettanto può affermarsi nell'ipotesi in cui l'indirizzo di posta elettronica sia stato indicato in ricorso per le sole comunicazioni di cancelleria (Cass., sez. VI, 27 novembre 2014, n. 25215);
  • è stato anche affermato che è valida la notificazione del controricorso effettuata presso la cancelleria della Corte di Cassazione, quando il ricorrente abbia volontariamente eletto domicilio in Roma, presso la stessa cancelleria, senza che rilevi l'indicazione, nel ricorso, dell'indirizzo di PEC comunicata al proprio Ordine, poiché la notificazione a questo indirizzo presuppone che non vi sia contestuale volontaria elezione di domicilio in Roma (Cass., sez. VI, ord., 16 luglio 2015, n. 14969).
Conclusioni

Nell'attualità – così come autorevolmente statuito da Cass., sez. III, 11 luglio 2017, n. 17048 e ribadito da Cass., sez. VI, ord., 11 ottobre 2017, n. 23919 –, a seguito dell'introduzione del «domicilio digitale» previsto dall'art. 16-sexies d.l. n. 179/2012, conv. con modif. nella l. n. 221/2012 (introdotto dal d.l. n. 90/2014, conv. con modif. nella l. n. 114/2014), il solo domicilio rilevante ai fini processuali e da ritenere «eletto» è quello corrispondente all'indirizzo di PEC che il difensore ha indicato al Consiglio dell'Ordine di appartenenza.

Il disposto dell'art. 82 r.d. n. 37/1934 resta applicabile nelle sole ipotesi in cui l'indirizzo di PEC non sia accessibile per cause imputabili al destinatario oppure nelle ipotesi in cui, non essendo tale indirizzo accessibile ma per ragioni non imputabili al destinatario, quest'ultimo, ove esercente extra districtum, abbia omesso di eleggere domicilio nel luogo costituente sede dell'autorità giudiziaria procedente.

Tutto ciò vale, ovviamente, a far tempo dall'entrata in vigore della suddetta norma, vale a dire per tutte le notifiche eseguite successivamente al 25 giugno 2014.

Resta, invece, ferma la disciplina dettata per il giudizio innanzi alla Suprema Corte dall'art. 366, comma 2, c.p.c..

Infine, per quanto inerente al giudizio innanzi al Giudice di pace, limitatamente ai casi in cui la parte stia in giudizio personalmente, si rammenta che l'art. 58 disp. att. c.p.c. prevede che, in mancanza della dichiarazione di residenza o elezione di domicilio a norma dell'art. 319 del codice di rito, le notificazioni e le comunicazioni durante il procedimento possono essere fatte presso la cancelleria, salvo contrarie disposizioni di legge.

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