Violenza sessuale: non è necessario che l'atto sia volto a soddisfare i desideri dell'agente

Paolo Pittaro
23 Ottobre 2017

L'imputato viene condannato per il reato di violenza sessuale. Ricorre per Cassazione adducendo due ordini di motivi, relativi il primo al mancato esame della attendibilità della persona offesa, l'altro alla qualificazione giuridica del fatto.
Massima

L'elemento soggettivo del reato di violenza sessuale è integrato dal dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della persona offesa non consenziente, sicché non è necessario che detto atto sia diretto al soddisfacimento dei desideri dell'agente né rilevano possibili fini ulteriori – di concupiscenza, di gioco, di mera violenza fisica o di umiliazione morale – dal medesimo perseguiti.

Il caso

L'imputato viene condannato, sia pure con la sospensione condizionale della pena e la concessione delle attenuanti generiche, per il reato di violenza sessuale di cui all'art. 609-bis c.p. Ricorre per Cassazione adducendo due ordini di motivi. Il primo concerne il mancato esame della attendibilità della persona offesa, delineando il contesto del fatto, invero non proprio lineare, al quale avrebbe dovuto rapportarsi, ossia nell'ambito di un'accesa lite fra le due famiglie (del reo e della persona offesa) svoltasi sia all'interno che all'esterno di una chiesa.

Nel secondo motivo viene censurata la qualificazione giuridica del fatto, posto che esso era «connotato da una fugacità del toccamento del seno laddove dalla stessa dichiarazione della donna sarebbe stato più logico pensare ad un gesto inconsulto non diretto volontariamente verso i seni». Pertanto, non vi sarebbe stato alcun riferimento, diretto o indiretto, alla sfera sessuale della persona offesa.

La Cassazione respinge la prima doglianza affermando che la ricostruzione del fatto e l'apprezzamento del materiale probatorio è rimesso all'esclusiva competenza dei giudici di merito. Ed invero, tenuto conto che le censure ora prospettate erano state già puntualmente presentate e disattese nei due gradi del giudizio, le relative motivazioni non presentano errori giuridici e manifeste illogicità. Peraltro, al di là di questo rilievo, ed in una pronuncia dal doppio conforme, dal ricorso non appare precisata quale fosse la circostanza, rapportabile alle scansioni della citata lite, che i giudici di merito non avrebbero rievocato in modo compiuto al fine della credibilità del racconto stesso.

Per quanto riguarda il secondo motivo del ricorso, il fatto, quale traspare dalla prospettazione della Suprema Corte, appare meno lineare. Se nella doglianza si parlava di un fugace toccamento del seno, nella parte motiva gli ermellini parlano di palpeggiamento dei glutei e toccamento del seno della persona offesa posti in essere al fine di intimorire ed umiliare la persona offesa. Peraltro, successivamente viene ricordato che l'atto sessuale è stato individuato nella forte stretta dei seni della ragazza, tant'è che la sensazione dolorosa si era protratta per un paio di giorni, ed il tutto a prescindere dall'intento dell'aggressore di soddisfare il proprio piacere.

Comunque sia, secondo la Cassazione la fattispecie criminosa non richiede che l'atto sessuale sia finalizzato al soddisfacimento del piacere erotico, essendo necessario e sufficiente, al fine del dolo generico del reato, che l'agente abbia coscienza e volontà di realizzare gli elementi costitutivi del medesimo (quale, nella fattispecie, il palpeggiamento ed il toccamento). In definitiva, quindi, l'elemento soggettivo del reato di violenza sessuale è integrato dal dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della persona offesa non consenziente, sicché non è necessario che detto atto sia diretto al soddisfacimento dei desideri dell'agente né rilevano possibili fini ulteriori – di concupiscenza, di gioco, di mera violenza fisica o di umiliazione morale – dal medesimo perseguiti.

Donde la dichiarazione di inammissibilità

La questione

Prescindendo da un'esposizione del fatto non proprio lineare nelle varie scansioni della pronuncia, potremmo dare per scontato che, nel contesto di un'ampia ed accesa lite fra due gruppi familiari, durata per un apprezzabile lasso di tempo (all'interno della chiesa prima e proseguita poi all'esterno della stessa), ad un certo punto il ricorrente abbia con forza stretto i seni della ragazza, appartenente al gruppo avversario, causandone una sensazione dolorosa protrattasi per alcuni giorni, al fine proprio di ritorsione e di atto ostile rapportabile al litigio in atto.

La questione giuridica che, pertanto, può porsi sorge in ordine alla configurazione del reato di violenza sessuale, scilicet se questo possa ritenersi allorché l'atto violento sia sostenuto non dalla volontà di appagare la propria concupiscenza od il proprio istinto sessuale, ma come mera violenza fisica ovvero destinato ad umiliare la vittima.

I riferimenti normativi. Il riferimento normativo è costituito dall'art. 609-bis c.p., in forza del quale (comma 1) chiunque con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o a subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Ricordiamo, inoltre, il terzo comma della medesima disposizione, il quale stabilisce che nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.

Scontata la vicenda di tale fattispecie illustrata da massiccia dottrina e qui anche di recente (E. CONFORTI, Violenza sessuale), come introdotta dall'art. 3 della legge 15 febbraio 1996, n. 66, collocandola correttamente fra i delitti contro la persona, in sostituzione degli abrogati delitti di violenza carnale di atti di libidine violenti contemplati dal codice Rocco (artt. 519 e 521) nell'ambito dei delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume.

Le soluzioni giuridiche

Il bene tutelato è la libertà della persona nella sua sfera sessuale senza che altri possano invaderla senza il suo consenso: non a caso la norma è situata, nell'ambito dei delitti contro la persona (Titolo XII), nel Capo III, dedicato al delitti contro la libertà individuale. Il punto, pertanto, sta nell'individuare i connessi atti sessuali che, se subìti, porterebbero all'incriminazione dell'aggressore.

La giurisprudenza aveva sin dall'inizio inteso per atto sessuale, in riferimento all'art. 609-bis c.p., non solo ogni forma di congiunzione carnale, com'era scontato, ma anche qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo fra soggetto attivo e soggetto passivo, ancorché fugace ed estemporaneo, o comunque coinvolgendo la corporeità sessuale di quest'ultimo, sia finalizzato e normalmente idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale. In questa prospettiva, i palpeggiamenti ed i toccamenti possono costituire un'indebita intrusione nella sfera sessuale altrui, tenendo conto che il riferimento al sesso non deve limitarsi alle zone genitali ma comprende pure quelle ritenute erogene (id est stimolanti dell'istinto sessuale) dalla scienza medica, psicologica e antroposociologica (Cass. pen., Sez. III, 26 gennaio 2006 n. 19807).

Questa visione del contatto con le zone erogene del corpo altrui si è ulteriormente approfondito. Trascurando l'eventualità del caso fortuito, ossia se avvenuto inavvertitamente (ad esempio nella calca di un mezzo di trasporto molto affollato), si è sostenuto che tale intrusione nella sfera sessuale altrui deve ritenersi a prescindere dalla durata dell'azione, potendo ben sussistere in un comportamento insidiosamente rapido e tale da sorprendere la vittima in maniera tale da impedirle di attivare una reazione difensiva che ne evidenzi il dissenso (cfr., di recente, Cass. pen., Sez. III, 24 luglio 2017, n. 36628, nonché, nello stesso senso, per tutte, Cass. pen., Sez. III, 15 aprile 2010, n. 21336). Ed è irrilevante che la zona presa di mira non sia a corpo nudo, ma coperta da abito, biancheria intima o costume da bagno (Cass. pen., Sez. III, 3 ottobre 2017, n. 45531; Cass. pen., Sez. III, 14 gennaio 2016, n. 5515,).

La definizione di atti sessuali. Invero, le zone erogene devono considerarsi non solo quelle proprie degli organi sessuali (le c.d. pudenda) in quanto, secondo una costante giurisprudenza della Suprema Corte, rimane indubbio che fra gli atti suscettibili ad integrare la fattispecie delittuosa va anche ricompreso l'interno delle cosce (Cass. pen., Sez. III, 9 febbraio 2017, n. 29235), nonché il bacio sulla bocca, compreso il mero sfioramento con le labbra sul viso altrui per dare un bacio, «allorché l'atto, per la sua rapidità ed insidiosità, sia tale da sovrastare e superare la contraria volontà del soggetto passivo» (Cass. pen., Sez. III, 26 settembre 2012, n. 44480; Cass. pen., Sez. III, 15 novembre 2005, n. 549; Cass. pen., Sez. III, 18 gennaio 2001, Casolaro; Cass. pen., sez. III, 4 dicembre 1998, De Marco, in Cass. pen., 2000, p. 93; Cass. pen., Sez. III, 27 aprile 1998, n. 6651, Di Francia), anche se il bacio viene poi a posarsi sulle gote (Cass. pen., Sez. III, 26 settembre 2012, n. 44480; Cass. pen., Sez. III, 18 gennaio 2001, in Foro it., 2002, II, c. 502), ovvero sul collo del soggetto preso di mira (Cass., Sez. III, 26 gennaio 2006, n. 19808). Ovviamente, se il soggetto non riesce a concretizzare il suo intento si rientrerebbe, ove ne ricorrano gli estremi, nella fattispecie del tentativo (Cass. pen., Sez. III, 24 settembre 2009, n. 41536; Cass. pen., Sez. III, 23 maggio 2006, n. 34128).

Inoltre, si è affermato che il c.d. succhiotto – consistente in un livido causato dalla suzione con le labbra di una parte dell'epidermide o da un bacio molto aggressivo – ha natura di atto sessuale, in quanto provocato da un'attività prolungata delle labbra sul corpo altrui, che, per la relativa durata ed intensità, è espressione di carica erotica (così Cass. pen., Sez. III, 8 settembre 2016, n. 47265).

Può sorgere la questione di un contatto su una zona classicamente non erotica secondo la definizione anatomico-antropologica della scienza medica, ma sorretto da una volontà di soddisfacimento sessuale: si pensi, ad esempio, alle estremità, specie se calzate, oggetto delle attenzioni di un feticista (Cass. pen., Sez. III, 15 novembre 1996, n. 1040, in Giust. pen., 1998, II, c. 25). A tale proposito si è affermato che non possono considerarsi come atti sessuali nel senso preteso dalla norma incriminatrice quegli atti i quali, pur essendo espressivi di concupiscenza sessuale, siano però inidonei ad intaccare la sfera della sessualità fisica della vittima, comportando essi soltanto offesa alla libertà morale di quest'ultima (Cass. pen., Sez., III, 26 gennaio 2006, n. 19808), ossia potendo costituire il diverso reato di violenza privata di cui all'art. 610 c.p. (Cass. pen., Sez, III, 19 novembre 2015, n. 18679).

In tale quadro si situa la rilevanza o meno, in riferimento al delitto di cui all'art. 609-bis c.p., non solo del bacio ma anche dell'abbraccio, ex se potenziale manifestazione di amicizia, familiarità, affetto, ma anche di concupiscenza da parte del soggetto agente. In altri termini, una topica situazione reale, ove potrebbe rilevare non il gesto considerato nella sua essenza, ma la intenzione, ossia la finalità, che lo sorregge, posto che solo quella rivolta al soddisfacimento sessuale rientrerebbe nella fattispecie incriminatrice in oggetto.

Tale ipotesi valutativa viene, tuttavia, decisamente respinta. Si è così affermato che, non essendo possibile classificare aprioristicamente come atti sessuali tutti quelli che, in quanto non direttamente indirizzati a zone chiaramente individuabili come erogene, possono essere rivolti al soggetto passivo con finalità diverse, come nel caso del bacio o dell'abbraccio, la loro valutazione deve essere effettuata mediante accertamento in fatto da parte del giudice di merito, evitando improprie dilatazioni nell'ambito di operatività della fattispecie penale contrarie alle attuali condizioni di sviluppo sociale e culturale ma valorizzando ogni altro elemento significativo, tenuto conto della condotta nel suo complesso, nel contesto in cui l'azione si è svolta, dei rapporti intercorrenti tra le persone coinvolte ed ogni altro elemento eventualmente sintomatico di una indebita compromissione della libera determinazione della sessualità del soggetto passivo (Cass. pen., Sez. III, 12 febbraio 2014, n. 10248; Cass. pen., Sez. III, 26 novembre 2014, n. 964; Cass. pen., Sez. III, 12 febbraio 2014, n. 10248). In altri termini, la classica concezione “anatomica” degli atti sessuali si allarga ad una valutazione “contestuale” del fatto.

Il dolo generico. In definitiva, viene costantemente ribadito che il bene tutelato dalla norma in oggetto, ossia l'oggetto giuridico del reato, è la libertà sessuale del soggetto passivo. L'elemento soggettivo del delitto consiste, pertanto, nel dolo generico di voler compiere quegli atti, anche se fugaci, che vanno a limitare tale libertà sessuale della vittima non consenziente, essendo tutto ininfluente la finalità che il soggetto si propone, che potrebbe essere anche ulteriore o diversa da quella della mera concupiscenza (ex plurimis, di recente, Cass. pen., Sez. III, 28 ottobre 2014, n. 21020; Cass. pen., Sez. III, 22 ottobre 2014, n. 4013; Cass. pen., Sez. III, 17 aprile 2013, n. 20754; Cass. pen. Sez. III, 17 giugno 2009, n. 39718,). Irrilevante, pertanto, ad esempio, la finalità dell'atto ioci causa (Cass. pen., Sez. III, 4 marzo 2009, n. 20927; Cass. pen., Sez. III, 17 giugno 2009, n. 39718), ovvero determinato per ritorsione e gelosia (Cass. pen., Sez. III, 5 ottobre 2011, n. 619), oppure ancora per sopraffazione ed umiliazione (Cass. pen., sez. III, 22 ottobre 2014, n. 4913).

Osservazioni

La decisione in oggetto si riallaccia e riassume, nella massima riportata, l'impostazione di tale giurisprudenza, venendo correttamente ad escludere il rilievo della volontà di ritorsione, nel contesto dell'ampia lite sviluppatesi fra i due gruppi, da parte dell'imputato allorché aveva stretto con forza i seni della ragazza della famiglia avversa, essendo sufficiente il dolo generico della fattispecie ed escludendo la volontà ulteriore distinta da quella della concupiscenza o del soddisfacimento dell'istinto sessuale.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.