Locazione ad uso diverso dall’abitazione e patto occulto di maggiorazione del canone

Patrizia Petrelli
26 Ottobre 2017

La Corte di Cassazione, in una recente pronuncia resa a Sezioni Unite, uniformandosi all'orientamento espresso dalle medesime Sezioni Unite in tema di locazioni ad uso abitativo (Cass. S.U. 17 settembre 2015, n. 18213), ha ritenuto che è nullo il patto integrativo stipulato al contratto di locazione ad uso diverso dall'abitazione e...
Massima

È nullo il patto col quale le parti di un contratto di locazione di immobili ad uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato; tale nullità vitiatur sed non vitiat, con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone risulterà insanabilmente nullo, a prescindere dall'avvenuta registrazione.

Il caso

Una locatrice aveva intimato lo sfratto per morosità in relazione a due immobili dalla stessa concessi in locazione ad uso non abitativo ad una società, lamentando il mancato pagamento del canone concordato in un cd. «atto integrativo» coevo al contratto di locazione formalmente vigente tra le parti ma registrato successivamente allo stesso, in quanto aveva ricevuto dal conduttore la minor somma mensile, quale risultante dal contratto di locazione, rispetto a quella maggiore prevista nel cd. «atto integrativo».

La società conduttrice sosteneva di aver corrisposto il canone dovuto e risultante dal contratto di locazione, contestando la validità dell'accordo integrativo in quanto posto in essere in violazione dell'art. 79 della l. n. 392/1978, oltre che tardivamente registrato.

Il Tribunale accoglieva le domande della conduttrice ritenendo la nullità della pattuizione aggiuntiva, in quanto contenente la illegittima previsione di un aumento automatico del canone; inoltre, a seguito della tardività del pagamento di due canoni, dichiarava la risoluzione del contratto, ritenendo operativa la clausola risolutiva espressa contrattualmente pattuita.

La società conduttrice impugnava la sentenza di primo grado sostenendo, da un lato, che il ritardo nel pagamento dei canoni non era imputabile alla stessa ma all'istituto di credito che aveva accreditato le somme oltre il termine contrattualmente fissato e, dall'altro, la validità del contratto di locazione registrato e non anche dell'accordo integrativo registrato successivamente.

La locatrice contestava le avverse difese e proponeva appello incidentale in ordine alla ritenuta nullità della clausola contenuta nell'accordo integrativo, configurante, a suo dire, non già la previsione di un aumento automatico del canone, ma la determinazione reale del canone di locazione.

La Corte d'Appello, in accoglimento dell'appello incidentale ed in parziale riforma della sentenza di prime cure, affermava la natura di contratto simulato del primo contratto e la validità dell'accordo integrativo non essendo configurabile, nella specie, un illecito «aumento» del canone, nullo ex art. 79 l. n. 392/1978.

La società conduttrice proponeva ricorso in cassazione.

La terza sezione civile della Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 16604/2016, trasmetteva gli atti al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, ponendo una questione di massima di particolare importanza «in una materia connotata da diffusissima contrattazione e caratterizzata da un'accentuata litigiosità», quale quella concernente i contratti di locazione ad uso diverso da abitazione.

La questione

La questione rimessa alle Sezioni Unite nella presente fattispecie era di verificare se, in tema di contratti di locazione ad uso diverso da quello di abitazione, nell'ipotesi di tardiva registrazione (anche) del contestuale e separato accordo recante l'importo del canone maggiorato rispetto a quello indicato nel primo contratto registrato, sia configurabile un'ipotesi di sanatoria di tale nullità, ovvero se, anche per le locazioni ad uso diverso da abitazione, a prescindere dalla violazione o meno dell'art. 79 l. n. 392/1978, debba farsi - in ipotesi di atti negoziali integranti un mero escamotage per realizzare una finalità di elusione fiscale - applicazione del principio affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 18213/2015, con riferimento ai contratti di locazione ad uso abitativo, secondo cui è nullo il patto di maggiorazione del canone, con esclusione di qualsiasi efficacia sanante alla registrazione tardiva.

Le soluzioni giuridiche

Le Sezioni Unite, nel risolvere la questione di diritto posta, hanno accolto le doglianze della società conduttrice, sulla base delle seguenti considerazioni.

La Corte, attraverso una compiuta analisi delle varie disposizioni di carattere fiscale che si sono succedute nel tempo in tema di registrazione del contratto di locazioni di immobili (peraltro richiamate nell'ordinanza interlocutoria) nonché delle decisioni della Corte Costituzionale relative alla questione di legittimità costituzionale delle norme volte a riconoscere una rilevanza civilistica al difetto di registrazione, richiama gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità sul delicato rapporto fra diritto tributario e diritto privato in ordine alle conseguenze civilistiche che possono derivare dalle violazioni tributarie.

In questo contesto è d'obbligo il riferimento alla sentenza resa in tema di locazioni ad uso abitativo (la n. 18213 del 2015), anch'essa a Sezioni Unite, che, in un caso identico a quello che le Sezioni Unite sono chiamate a decidere nella pronuncia che si annota, ha modificato l'orientamento restrittivo sull'art. 13, comma 1, della legge n. 431/1998, sostenendo la nullità del patto occulto di maggiorazione del canone coevo e non solo successivo al contratto di locazione, oggetto di un procedimento simulatorio e la validità del contratto registrato e quindi come conseguentemente dovuto il canone apparente; la registrazione tardiva, vicenda extranegoziale, è inidonea ad influire sulla invalidità civilistica, non solo di natura testuale (per contrarietà a norma di legge, art. 13, comma 1, l. n. 431/1998) ma anche di natura virtuale, attesa la causa concreta del patto occulto, illecita perché caratterizzata dalla vietata finalità di elusione fiscale e, quindi, insuscettibile di sanatoria.

Le considerazioni svolte nella decisione sopra richiamata resa in un caso, lo si ripete, di locazione ad uso abitativo, vengono fatte proprie dalla Corte di Cassazione anche nella presente fattispecie relativa alla diversa ipotesi di locazione ad uso diverso da abitazione, nonostante le differenze funzionali tra locazioni abitative e non, per arrivare a ritenere che il patto occulto di maggiorazione del canone, proprio perché diretto a celare un canone maggiore rispetto a quello indicato nel contratto scritto e registrato, con evidente finalità di elusione ed evasione fiscale, è nullo perché ab origine caratterizzato da una causa illecita in quanto in contrasto con il generale principio antielusivo desumibile dall'art. 53 Cost., attesa la natura precettiva e di norma imperativa della disposizione costituzionale.

Né di ostacolo a tale soluzione sono, da un lato, la circostanza che, nelle locazioni ad uso diverso, non è prevista una norma analoga a quella contenuta nell'art. 13, comma 1, l. n. 431/1998 (che sanziona con la nullità il patto di maggiorazione del canone) e, dall'altro, la possibilità di una sanatoria con effetti ex tunc per effetto della tardiva registrazione del patto che, altrimenti, sarebbe nullo ai sensi dell'art. 1, comma 346, l. n. 311/2004.

Nel caso che occupa, avverte la Corte, la nullità deriva non dalla mancata registrazione (situazione suscettibile di essere sanata con il tardivo adempimento), ma, a monte, dall'illiceità della causa concreta del negozio, che una tardiva registrazione non è idonea a sanare.

Trattasi, in altre parole, di un vizio genetico dell'atto.

Così impostata la questione si tratta, poi, di vedere quale sorte debba avere il contratto di locazione regolarmente registrato, e contenente l'indicazione del canone simulato e se quindi la nullità possa essere riferita solo al patto occulto di aumento del canone, pur in assenza nelle locazioni ad uso diverso di una norma speculare a quella di cui all'art. 13 l. n. 431/1998.

La Corte, anche in questo caso, fa propria la scelta operata con la sentenza Sez. Un. n. 18213/ 2015 per affermare che nel caso di simulazione relativa del canone di locazione e di registrazione del contratto contenente la previsione di un canone inferiore per finalità di elusione fiscale, la nullità del cd. «accordo integrativo» non è idonea a travolgere l'intero rapporto, con conseguente validità del contratto registrato e dovuto il canone apparente.

Le Sezioni Unite pervengono a tale soluzione anche attraverso una nuova interpretazione dell'art. 79 l. n. 392/1978 secondo cui la sanzione della nullità colpisce, non solo, le maggiorazioni del canone previste nel corso del rapporto e diverse da quelle consentire ex lege ma, anche, quelle convenute al momento della conclusione del contratto, attinenti cioè al momento genetico, e non solo funzionale del rapporto, come nella presente fattispecie.

Osservazioni

La decisione è sicuramente da apprezzare, se non altro, per usare le stesse parole della Corte, perché ha «il pregio di ricondurre ad unità la disciplina delle nullità e della (eventuale) sanatoria di tutti i contratti di locazione, ad uso abitativo e non».

A fronte di due soluzioni possibili, la prima volta a ritenere ammissibile una sanatoria con effetti ex tunc dell'accordo integrativo registrato tardivamente, e la seconda diretta a sostenere la nullità del predetto accordo, in quanto affetto da un vizio genetico insanabile in quanto funzionalmente destinato a realizzare una finalità di elusione e di evasione fiscale, la Corte sposa la seconda soluzione facilitata in questo compito dalla precedente pronuncia resa, sempre a Sezioni Unite, nella diversa fattispecie della locazione ad uso abitativo.

In entrambe le ipotesi si era in presenza, da un lato, di un contratto registrato contenente un prezzo apparente e, dall'altro, di un accordo, anche esso registrato, contenente il prezzo effettivo e voluto dalle parti ma diretto a realizzare una finalità illecita.

In entrambe si trattava di stabilire se la registrazione tardiva del patto occulto di maggiorazione del canone potesse avere una efficacia sanante (salvo poi stabilire se con effetti ex nunc o ex tunc) oppure no.

La conclusione sarebbe stata diversa a seconda della soluzione prescelta per quanto concerne il canone effettivamente dovuto dal conduttore: quello apparente o quello reale.

In entrambe le fattispecie la Corte di Cassazione adotta la stessa soluzione portando chiarezza in un complesso e a volte disarmonico quadro normativo con possibile interferenza tra le regole di diritto tributario e quelle attinenti alla validità civilistica degli atti.

L'Identica soluzione prescelta sembra dettata soprattutto da considerazioni di tipo etico/costituzionale attinenti al corretto adempimento degli obblighi tributari.

In definitiva le diverse disposizioni sia di carattere tributario che civilistico succedutesi nel tempo sono state introdotte con l'evidente scopo di contrastare l'evasione fiscale venendo, poi, ad incidere sul profilo della validità, dal punto civilistico, degli atti.

In questo senso le Sezioni Unite sono concordi nel ritenere che non sia configurabile una possibile sanatoria della nullità conseguente a registrazione tardiva di un accordo in violazione di norme imperative e che si pone in contrasto con interessi generali.

Guida all'approfondimento

G. Buset , Alle Sezioni Unite il patto occulto di maggiorazione del canone e la locazione ad uso diverso, in La Nuova giurisprudenza civile commentata, 2017, fasc. 2, parte 1, pag. 224 e ss.

R. Calvo, Contratto di locazione, nullità erariale e arricchimento senza causa, in Corriere giuridico, 2017, fasc. 1, pag. 13

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