Lecita l’azione revocatoria nei confronti di trasferimenti immobiliari in sede di separazione

26 Ottobre 2017

L'accordo con il quale i coniugi, nel quadro della complessiva regolamentazione dei loro rapporti in sede di separazione consensuale, stabiliscono il trasferimento di beni immobili o di diritti reali minori sui medesimi rientra nel novero degli atti suscettibili di revocatoria.

Il caso. Una Banca, a tutela del proprio credito, cita in giudizio due coniugi al fine di ottenere la dichiarazione di inefficacia ex art. 2901 c.c. della cessione di cinque immobili da parte del marito a favore della moglie di cui agli accordi della separazione consensuale omologata dal Tribunale.

Costituitosi in giudizio, il marito chiede il rigetto della domanda, replicando che la cessione dei beni alla moglie ha natura solutoria in quanto risulta esser il corrispettivo per il contributo al suo mantenimento; la moglie, benché ritualmente citata in causa, non si costituisce ed il processo continua in sua contumacia. Il Tribunale accoglie la domanda attorea e dichiara l'inefficacia, nei confronti della Banca, dell'atto di trasferimento immobiliare intervenuto fra i coniugi in sede di separazione personale.

L'azione revocatoria ordinaria. Il Tribunale di Taranto, sezione I civile, con la sentenza del 4 aprile 2017, n. 1005, aderendo all'indirizzo giurisprudenziale prevalente, dà risposta affermativa al quesito circa la possibilità per il creditore di uno dei coniugi di impugnare con l'azione revocatoria il trasferimento di immobili effettuato a favore dell'altro coniuge in sede di separazione.

Infatti, l'art. 2740 c.c. dispone che il debitore risponde con tutti i suoi beni dell'adempimento delle proprie obbligazioni; contemporaneamente, l'art. 2901 c.c. tutela il creditore, rispetto agli atti di disposizione del proprio patrimonio posti in essere dal debitore, senza alcun discrimine circa lo scopo ulteriore avuto di mira dal debitore nel compimento dell'atto dispositivo; sono pertanto soggetti all'azione revocatoria anche gli atti aventi un profondo valore etico e morale, come quello con cui il debitore, per adempiere il proprio obbligo di mantenimento nei confronti dei figli e del coniuge, abbia trasferito a quest'ultimo, a seguito della separazione, la proprietà di un bene (Cass. 26 luglio 2005, n. 15603).

In altri termini, l'azione revocatoria non trova ostacolo né nell'avvenuta omologa, che lascia inalterata la natura negoziale della pattuizione, né nell'intangibilità della separazione, essendo detta statuizione non oggetto della domanda revocatoria e logicamente scindibile dalla stipulazione del trasferimento immobiliare; né è di ostacolo alla revocatoria il fatto che il trasferimento immobiliare o la costituzione del diritto reale minore siano pattuiti in funzione solutoria dell'obbligo di mantenimento del coniuge o di contribuzione al mantenimento dei figli, venendo nella specie in considerazione non già la sussistenza dell'obbligo in sé, avente fonte legale, ma le concrete modalità del suo assolvimento (Trib. Reggio Emilia 5 novembre 2013).

In tale azione, la cognizione del giudice deve riguardare anche il contenuto obbligatorio degli accordi separativi, anche quando sia stato espressamente impugnato soltanto il contratto di cessione immobiliare (Cass. 13 maggio 2008, n. 11914).

Dunque, il creditore - se, naturalmente, ricorrono anche gli altri presupposti necessari per agire in revocatoria – prevale sul coniuge beneficiario.

A tal proposito, la giurisprudenza ha precisato che la prova della “partecipatio fraudis” del terzo, necessaria ai fini dell'accoglimento dell'azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l'atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, può essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore ed il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente (Cass. 26 gennaio 2016, n. 1404).

Al fine di individuare le norme applicabili, il giudice investito della domanda di inefficacia dell'atto dispositivo proposta dal creditore dovrà pertanto accertare, caso per caso, se l'attribuzione del cespite debba ritenersi compiuta a titolo oneroso od a titolo gratuito (in tal senso Cass. 10 aprile 2013 n. 8678; Cass. 14 marzo 2006, n. 5473; Cass. 23 marzo 2004, n. 5741; Trib. Milano, 29 gennaio 1996).

Tale verifica non è sempre agevole in considerazione della particolare causa “familiare” che connota tali negozi e degli interessi (non meramente patrimoniali ma anche e soprattutto) di carattere personale coinvolti.

Sul punto, è stato affermato che l'attribuzione di un immobile in sede di separazione consensuale è atto da considerarsi a titolo gratuito essendo difficilmente riscontrabile una funzione realmente solutoria di un oggettivo obbligo di mantenimento (Trib. Reggio Emilia 5 novembre 2013).

L'azione revocatoria può colpire anche il trasferimento immobiliare effettuato da un genitore in favore della prole in ottemperanza ai patti assunti in sede di separazione consensuale omologata, poiché esso trae origine dalla libera determinazione del coniuge e diviene “dovuto” solo in conseguenza dell'impegno assunto in costanza dell'esposizione debitoria nei confronti di un terzo creditore, sicché l'accordo separativo costituisce esso stesso parte dell'operazione revocabile e non fonte di obbligo idoneo a giustificare l'applicazione dell'art. 2901, comma 3, c.c. (Cass. 22 gennaio 2015, n. 1144).

Osserviamo che, laddove il trasferimento fosse inequivocabilmente ed effettivamente a titolo gratuito, il creditore potrà anche evitare di far ricorso all'azione revocatoria ordinaria ed avvalersi del più veloce ed efficace strumento rappresentato dall'esecuzione forzata ai sensi dell'art. 2929-bis c.c. Tale norma, infatti, non parla di “donazioni” ma utilizza una espressione più ampia (“alienazioni a titolo gratuito”) nella quale possono senz'altro essere eventualmente compresi, laddove ne fosse accertata la gratuità, anche i trasferimenti in parola.

La revocatoria fallimentare. Con specifico riferimento all'azione revocatoria fallimentare, la Suprema Corte (Cass. 12 aprile 2006, n. 8516), ha affermato che l'accordo con il quale i coniugi, nel quadro della complessiva regolamentazione dei loro rapporti in sede di separazione consensuale, stabiliscano il trasferimento di beni immobili o la costituzione di diritti reali minori sui medesimi, rientra nel novero degli atti suscettibili di revocatoria fallimentare ai sensi degli artt. 67 e 69 l. fall., non trovando tale azione ostacolo né nell'avvenuta omologazione dell'accordo stesso, cui resta estranea la funzione di tutela dei terzi creditori e che, comunque, lascia inalterata la natura negoziale della pattuizione; né nella pretesa inscindibilità di tale pattuizione dal complesso delle altre condizioni della separazione; né, infine, nella circostanza che il trasferimento immobiliare o la costituzione del diritto reale minore siano stati pattuiti in funzione solutoria dell'obbligo di mantenimento del coniuge economicamente più debole o di contribuzione al mantenimento dei figli, venendo nella specie in contestazione, non già la sussistenza dell'obbligo in sé, di fonte legale, ma le concrete modalità di assolvimento del medesimo, convenzionalmente stabilite dalle parti. Tale conclusione si impone a fortiori allorché il trasferimento immobiliare o la costituzione del diritto reale minore non facciano parte delle originarie condizioni della separazione consensuale omologata, ma formino invece oggetto di un accordo modificativo intervenuto successivamente fra i coniugi, del quale esauriscano i contenuti.

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