l criteri di quantificazione del risarcimento del danno da privazione del rapporto parentale

26 Ottobre 2017

Le modifiche socioculturali intervenute negli ultimi decenni nel nostro Paese hanno sollecitato gli avvocati a proporre domande che miravano ad una interpretazione dell'art. 2059 c.c. costituzionalmente orientata anche sulla spinta dei padri che, essendo stati molto più presenti che in passato nella cura, crescita ed educazione dei figli, non accettavano più di essere privati del rapporto parentale.
Massima

La domanda riconvenzionale di risarcimento del danno proposta da un padre - evocato in giudizio dalla madre della minore per il riconoscimento di quest'ultima, che per due anni non era riuscito a riconoscere a causa del comportamento ostativo della madre - deve essere inquadrata come danno esistenziale. L'importo risarcitorio potrà essere liquidato assumendo come base l'ammontare riconosciuto per la perdita di un figlio secondo le tabelle del Tribunale di Milano, suddiviso per gli anni di vita media di una persona e successivamente moltiplicato per il periodo di durata del comportamento illecito; l'importo così ottenuto potrà essere aumentato in considerazione degli elementi caratterizzanti la singola fattispecie.

Il caso

Caia, madre di Sempronia, dopo aver preteso che Tizio, padre della stessa, non procedesse al riconoscimento della figlia prima di aver definito le modalità di incontro con la figlia e la contribuzione economica al mantenimento della stessa, dinanzi al rifiuto di Tizio di accettare le condizioni al riconoscimento, agisce in giudizio per ottenere il riconoscimento, l'affidamento congiunto della minore, la determinazione della contribuzione economica da parte del padre e la regolamentazione delle modalità di incontro. Tizio si costituisce, chiedendo al Tribunale di Milano l'autorizzazione a riconoscere la figlia, avanzando proprie richieste in ordine alle modalità di incontro nonché domanda riconvenzionale di risarcimento del danno esistenziale per non aver potuto instaurare subito il rapporto con la figlia. Trovato l'accordo sul riconoscimento, l'affidamento, le modalità di incontro e le modalità di contribuzione, il giudizio è proseguito per il risarcimento del danno.

La questione

La pronunzia in esame desta interesse per due ordini di motivi:

a) per l'approfondimento in tema di art. 2059 c.c., verificatosi nella giurisprudenza di merito a seguito di Cass. n. 26972/2008 che ha dato una interpretazione costituzionalmente orientata del suddetto articolo che prevede la risarcibilità del danno non patrimoniale nei soli casi previsti dalla legge;

b) per aver proposto un modello per la determinazione dell'importo risarcitorio del danno da privazione parentale.

Le soluzioni giuridiche

Come è noto l'art. 2059 c.c. prevede che il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge.

I casi di risarcimento del danno non patrimoniale, fino alla richiamata sentenza della Cassazione, erano dunque quelli che derivavano:

  • in forza dell'art. 89 c.p.c. spettante a chi era stato oggetto di espressioni sconvenienti od offensive in atti o difese pronunciate dalle parti davanti al Giudice;
  • dal comma 2 dell'art. 185 c.p. che prevede l'obbligo del risarcimento del danno non patrimoniale per il colpevole e le persone che, a norma della legge civile (art. 2017 c.c.) debbono rispondere per il fatto di lui;
  • dall'art. 187 c.p. per cui i condannati per uno stesso reato sono obbligati in solido al risarcimento del danno patrimoniale o non patrimoniale;
  • dall'art. 189, comma 1, n. 5, c.p. in forza del quale lo Stato ha ipoteca legale sui beni dell'imputato a garanzia del pagamento delle somme dovute a titolo di risarcimento del danno (art. 185 c.p.) comprese le spese processuali.

Questa formulazione rigida della norma in esame ha da tempo suscitato l'interpretazione costituzionalmente orientata della medesima sia da parte della Corte Costituzionale che da parte dei giudici di merito prima e di legittimità poi.

Interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c.: prime decisioni

Corte cost. n. 87/1979

La salute è diritto soggettivo autonomo, tutelato dalla Costituzione e tutelato ex art. 2059 c.c.

Corte cost. n. 88/1979

L'art. 2059 c.c. è espressione della discrezionalità del legislatore limitato solamente dai principi e diritti affermati in Costituzione

Trib. Genova 25 maggio 1974

Danno biologico risarcibile ex art. 2043 c.c. (parametri artt. 3 e 32 Cost.)

Corte cost. 14 luglio 1986 n. 184

In tema di rapporto tra danno biologico e principi costituzionali

Tali provvedimenti consentono di comprendere da dove si è partiti e quindi di seguire e capire lo sviluppo giurisprudenziale a riguardo.

La giurisprudenza di legittimità ha più volte (v. per tutte Cass. n. 10107/2011) evidenziato che il danno da lesione del rapporto parentale è sostanzialmente diverso dal danno biologico, quello cioè che consegue alla lesione della integrità psicofisica, ed è connesso alla violazione di un diritto di rilevanza costituzionale che non è il diritto alla salute tutelato dall'art. 32 Cost., ma entrambi sono aspetti del danno non patrimoniale regolato dall'art. 2059 c.c.. La Cassazione nella sentenza n. 2557/2011 ha definito il danno da lesione del rapporto parentale come quel danno che si concreta: «in una perdita, nella privazione di un valore non economico, ma personale, costituito della irreversibile perdita del godimento del congiunto, dalla definitiva preclusione delle reciproche relazioni interpersonali, secondo le varie modalità con le quali normalmente si esprimono nell'ambito del nucleo familiare; perdita, privazione e preclusione che costituiscono conseguenza della lesione dell'interesse protetto».

La giurisprudenza della Cassazione ha delimitato (v. tra tutte, Cass. 8 luglio 2014, n. 15491) i confini tra danno da lesione del rapporto parentale e danno morale rendendo così impossibile la duplicazione di quest'ultimo ed il danno morale così come sancito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass., S.U., sent., 11 novembre 2008, n. 26972).

Tali pronunce hanno chiarito come il procedimento di individuazione delle caratteristiche del danno da lesione del rapporto parentale e di quelle del danno morale consente di affermare che le stesse appartengono alla tipologia del danno non patrimoniale, ma il bene o l'interesse oggetto della lesione sono diversi (Cass. 9 giugno 2015, n. 11851; Cass. 8 maggio 2015, n. 9320).

La violazione dell'integrità delle relazioni familiari costituisce un illecito che se commesso all'interno del nucleo familiare dà luogo al cosiddetto illecito endofamilare, se commesso da un esterno darà luogo all'illecito esofamiliare.

In passato, non si considerava applicabile alle relazioni familiari l'art. 2043 c.c. e di conseguenza era esclusa la configurabilità negli illeciti endofamiliari della responsabilità aquiliana tra familiari; questo fino alla sentenza Cass. civ., sez. I, 10 maggio 2005, n. 9801 che ha riconosciuto la responsabilità civile risarcitoria in ambito endofamiliare. La Cassazione proseguendo su questa strada interpretativa ha riconosciuto la tutela risarcitoria anche alle famiglie non fondate sul matrimonio (v. Cass. civ., sez. I, sent., 20 giugno 2013, n. 15481).

In questo sviluppo interpretativo del risarcimento del danno nell'ambito delle relazioni familiari, la Corte EDU con l'interpretazione dell'art. 8 CEDU che tutela il diritto alla vita familiare, ha avuto una importanza decisiva quando ha chiarito che quella formulazione non si doveva ritenere applicabile solo alle famiglie fondate sul matrimonio ma anche ai legami familiari di fatto (v. per tutte, Corte EDU, sent., 24 giugno 2010).

Fermo restando che la l. n. 219/2012 e il d.lgs. n. 154/2013 hanno parificato il trattamento delle famiglie fondate sul matrimonio a quello delle famiglie non fondate sullo stesso, con la conseguenza che oggi tutti i nuclei familiari sono fondati sul diritto considerato che la regolamentazione giuridica dello status di figlio è la medesima sia che si tratti di figli nati nel matrimonio o al di fuori di esso. Tra le ipotesi di danno endofamiliare di maggiore diffusione spiccano: il danno da infedeltà consumata con modalità tali da pregiudicare l'onore e la salute del partner tradito; il danno da mancato riconoscimento del figlio; il danno da abbandono morale e materiale del familiare; il danno da privazione della sessualità coniugale; il danno da privazione del rapporto genitoriale.

Una volta accertato il comportamento illecito materno, il Tribunale di Milano, con la decisione in commento, propone un modello per la determinazione dell'importo risarcitorio. L'iter logico seguito si compone dei seguenti passaggi:

a) “il punto di partenza” deve essere individuato nell'importo minimo (€ 163.990,00) riconosciuto secondo le tabelle del Tribunale di Milano a titolo di «ristoro economico che (...) può essere corrisposto per la perdita di un figlio (...) con i necessari correttivi conseguenti al fatto che nella fattispecie in disamina in atti non si tratta della perdita ma del ristoro del danno che “dalla mancata/tardiva relazione con il medesimo” è derivata al genitore illegittimamente privato»;

b) l'importo sopra indicato deve essere diviso «per gli anni di vita media di una persona (...) al fine di poter calcolare il “valore” della perdita della relazione con il figlio, rapportato al singolo anno di vita del figlio di cui il genitore non ha potuto godere»; nel caso di specie, l'importo “base annuale” è stato fissato in € 2.050,00 circa (ovverosia 163.990,00 diviso 80 anni, aspettativa di vita media per un uomo);

c) all'importo unitario sopra determinato «dovranno essere apportati gli opportuni correttivi» tenuto conto, nel caso di specie che «non può non tenersi in considerazione che il convenuto è stato privato della possibilità di esercitare appieno il proprio ruolo di padre per i primi due anni di vita della piccola e quindi in un lasso di tempo particolarmente significativo nella vita di un bambino e dei propri genitori»; i Giudici milanesi, sottolineando proprio l'importanza della collocazione temporale dell'illecito, hanno dunque aumentato l'importo da quello astrattamente dovuto (€ 4.100,00) a quello, ritenuto più consono alla fattispecie (determinato necessariamente in via equitativa), di € 15.000,00.

Osservazioni

Le modificazioni socioculturali intervenute negli ultimi decenni nel nostro Paese hanno portato riflessi anche in questa materia sollecitando gli avvocati a proporre domande che miravano ad una interpretazione dell'art. 2059 c.c. costituzionalmente orientata anche sulla spinta dei padri che, essendo stati molto più presenti che in passato nella cura, crescita ed educazione dei figli, non accettavano più di essere privati del rapporto parentale.

Deve essere sottolineato che il nostro ordinamento riconosce una importanza primaria alla dignità della persona anche minore di età, alla quale viene finalmente riconosciuto di essere un soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti.

Nel diritto di famiglia vi sono principi fondamentali dell'ordinamento che trovano riconoscimento non solo nella Carta Costituzionale (artt. 2, 3, 29, 30 e 31 Cost.), che costituiscono il nucleo fondante del patrimonio etico-culturale del paese, ma anche nelle norme sovranazionali in cui il paese è inserito ed in quanto tali, come correttamente ha chiarito la Cass. pen., sez. VI, 17 dicembre 2009, n. 48272 non sono suscettibili di deroghe di carattere soggettivo e non possono essere oggetto nemmeno di valida eccezione di ignoranza scusabile.

Il diritto del figlio ad essere curato, educato, istruito e cresciuto dai genitori è quindi sostenuto e si fonda sulle richiamate norme sovranazionali e costituzionali, ed a questo sono tenuti tanto il padre che la madre che non hanno solo obblighi a contenuto economico, ma anche l'obbligo di costituire un punto di riferimento per i figli, consentendo loro di rendersi autonomi e di conseguenza inseriti nella società.

Per i genitori l'altra faccia della medaglia di questo obbligo è il diritto ad avere costanti e continui rapporti con i figli, di curarli, educarli, vederli crescere; pertanto né i genitori, né i figli, possono essere privati del diritto ad intrattenere relazioni parentali e di conseguenza tanto gli uni che gli altri - ove siano stati privati o limitati nell'esercizio di tali diritti per responsabilità di uno di loro o di un terzo, essendo le loro situazioni soggettive di rango primario - avranno diritto ad ottenere un risarcimento del danno anche non patrimoniale ex art. 2059 c.c..

L'elaborazione dei tipi di danno, da parte della giurisprudenza di merito e di legittimità, si è andata sensibilmente modificando ed ampliando anche ad esperienze di paesi stranieri, come è avvenuto per il cd. danno esistenziale. La sentenza in commento aggiunge un altro tassello, molto importante dal punto di vista pratico, indicando un percorso basato (anche ma non solo) su dati il più possibili oggettivo per la determinazione effettiva dell'importo dovuto a titolo risarcitorio.

Queste osservazioni ci chiariscono come la giurisprudenza abbia in tal senso svolto un compito fondamentale nel rendere le norme, tramite la loro interpretazione, il più possibili adeguate a fare fronte alle esigenze sorte in seguito ai cambiamenti socio-culturali; di questo cambiamento gli avvocati sono stati e debbono, ancora oggi, essere promotori.

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