Codice Civile art. 2054 - Circolazione di veicoli (1).

Cesare Trapuzzano
aggiornato da Francesco Agnino

Circolazione di veicoli (1).

[I]. Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno [2056 ss.] prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno [2947 2].

[II]. Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli (2).

[III]. Il proprietario del veicolo, o, in sua vece, l'usufruttuario [978 ss.] o l'acquirente con patto di riservato dominio [1523 ss.], è responsabile in solido [1292] col conducente, se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà.

[IV]. In ogni caso le persone indicate dai commi precedenti sono responsabili dei danni derivati da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo [2053].

(1) V. d.lg. 7 settembre 2005, n. 209.

(2) La Corte cost., con sentenza 29 dicembre 1972, n. 205 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma «limitatamente alla parte in cui nel caso di scontro tra veicoli esclude che la presunzione di egual concorso dei conducenti operi anche se uno dei veicoli non abbia riportato danni».

Inquadramento

La norma stabilisce che, nel caso di danni a persone o cose avvenuti durante la circolazione di veicoli, la responsabilità ricade sul conducente, salvo che quest'ultimo provi che si è prodigato, secondo tutte le sue possibilità, per impedire la verificazione del danno. E ciò in ragione della specifica pericolosità della circolazione dei veicoli, che connota una sotto-ipotesi di responsabilità per i danni cagionati nello svolgimento di un'attività pericolosa (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 761; Peccenini, 3). Il terzo comma aggiunge che, qualora il nocumento si sia determinato nel corso della circolazione veicolare, è altresì responsabile in solido il proprietario del veicolo o, in sua vece, l'usufruttuario o l'acquirente con riserva della proprietà, salvo che tali soggetti qualificati dimostrino che la circolazione del mezzo è avvenuta contro la loro volontà. In ogni caso, siffatti soggetti, ossia sia il conducente sia il proprietario, sono responsabili dei danni che siano conseguiti a difetti costruttivi o manutentivi del veicolo.

Nella recentissima giurisprudenza di legittimità, enunciando un principio di diritto nell’interesse della legge ex art. 363 c.p.c., si è affermato che qualunque danno causato da un veicolo senza guida di rotaie è un danno causato dalla "circolazione", senza che rilevi che il veicolo sia fermo o in movimento, né che il danno sia arrecato dallo spostamento del mezzo o di sue parti, né, infine, che si sia verificato su area pubblica o privata (Cass. n. 1812/2025).

Ove il danno sia disceso dallo scontro tra veicoli, il secondo comma stabilisce una presunzione relativa di pari responsabilità dei conducenti per i danni subiti dai singoli veicoli o da un solo veicolo, che può essere superata dalla prova contraria. Alcuni esponenti della dottrina qualificano la fattispecie di responsabilità del conducente, enucleata dalla disposizione in commento, quale ipotesi di responsabilità oggettiva, poiché la prova liberatoria avrebbe per oggetto l'esistenza di un fatto idoneo a troncare il nesso causale tra la circolazione e il danno (Rodotà, 163; Visintini, 1996, 681; Castronovo, 478). Altri autori, invece, affermano che la responsabilità del conducente è fondata su una presunzione di colpa e dunque la relativa responsabilità non è oggettiva (Bianca, 750; Alpa-Bessone, 14; Rovelli 465; De Cupis, 1971, 100; Scognamiglio, 629; Salvi, 1247); in questo senso, la prova liberatoria consisterebbe nel fatto di aver impiegato la massima diligenza, quella cioè tale da escludere qualsiasi colpa (De Cupis, 1971, 102), ovvero la perizia e la prudenza normalmente necessarie alla guida del veicolo, rispettando le norme giuridiche regolanti la circolazione (Bianca, 752). Per converso, la responsabilità del proprietario o dei soggetti alternativamente indicati è considerata quale fattispecie di responsabilità obiettiva per fatto altrui e così la responsabilità in ogni caso del conducente e del proprietario per vizi di costruzione o difetti di manutenzione è ricondotta nell'alveo della responsabilità oggettiva (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 743, 756). Per l'effetto, si è osservato che l'introduzione della norma risponde all'esigenza di garantire una più sicura tutela per i terzi, prevedendo una deroga alla regola della responsabilità fondata sulla colpa (Franzoni, 1993, 643). Il diritto al risarcimento dei danni da circolazione di veicoli si prescrive in due anni ai sensi dell'art. 2947, secondo comma.

La presunzione di responsabilità del conducente non è derogatoria dei principi che esigono il nesso di causalità tra condotta ed evento. In conseguenza, l'infrazione di norme sulla circolazione non dà luogo a responsabilità se non si inserisce nel processo causativo dell'evento dannoso (Cass. n. 8386/1987). Il rapporto di causalità tra la circolazione e il danno può sussistere anche ove manchi la collisione materiale tra il veicolo e la persona o la cosa danneggiata (Cass. n. 124/1967). La previsione non preclude l'indagine circa l'eventuale concorso di colpa del danneggiato (Cass. n. 2216/1987). Tale presunzione è vinta solo allorché risulti con certezza dalle modalità del sinistro che non vi era alcuna possibilità da parte del conducente di evitare l'incidente (Trib. Torino 11 febbraio 2022).  Con riferimento allo scontro tra veicoli, che presuppone una collisione, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità di tale norma nella parte in cui esclude che la presunzione di uguale concorso dei conducenti operi anche se uno dei veicoli non abbia riportato danni (Corte cost. 205/1972). In tema di risarcimento del danno da circolazione dei veicoli a motore, l'applicazione del principio solidaristico di rilievo sovranazionale vulneratus ante omnia reficiendus, impone in sede sostanziale l'interpretazione delle norme di legge che disciplinano l'assicurazione r.c.a. in modo coerente con la finalità di tutela della vittima, e comporta in sede processuale che il giudice deve compiere ogni sforzo, nei limiti del principio dispositivo e dei poteri attribuitigli dall'ordinamento, per l'accertamento della verità e la liquidazione del danno patito dalla vittima (Cass. n. 23621/2019Cass. n. 24469/2014). In applicazione di questo principio, in tema di responsabilità solidale del proprietario e del conducente per i danni derivanti dalla circolazione di veicoli non assicurati, nella regolazione dei rapporti interni tra i coobbligati, occorre distinguere l'obbligazione solidale risarcitoria verso il terzo danneggiato, ex art. 2054, terzo comma (che trova fondamento nella posizione di garanzia attribuita ope legis al proprietario per il debito risarcitorio derivante dall'illecito commesso dal conducente), dall'obbligazione solidale verso l'impresa designata ex art. 292 c. ass. (che trova fondamento nella violazione dell'obbligo assicurativo, parimenti imputabile al conducente e al proprietario); ne consegue che, nei rapporti interni tra coobbligati, l'obbligazione risarcitoria ex art. 2054, terzo comma, grava esclusivamente sul conducente, attribuendosi al proprietario un diritto di regresso integrale, mentre l'obbligazione solidale ex art. 292 c. ass. si ripartisce secondo la regola generale di cui all'art. 2055 (Cass. n. 40592/2021).

Nozione di veicolo

Per veicolo si intende qualsiasi macchina intesa a realizzare, sotto la guida dell'uomo, la locomozione di cose e persone (Scognamiglio, 628). Deve trattarsi di veicoli su strada e senza guida di rotaie, ossia di veicoli di trasporto terrestre a guida libera, come automobili, camion, carrozze, velocipedi (Bianca, 748); dei veicoli che circolano per mare e per cielo si occupa il c.n. Il codice della strada esclude dalla definizione di veicoli quelli per uso di bambini o di invalidi, anche se asserviti da motore, le cui caratteristiche non superano i limiti stabiliti dal regolamento (art. 46). I veicoli, inoltre, sono classificati in: veicoli a braccia; veicoli a trazione animale; velocipedi; slitte; ciclomotori; motoveicoli; autoveicoli; filoveicoli; rimorchi; macchine agricole; macchine operatrici; veicoli con caratteristiche atipiche (art. 47). Pertanto, fra i veicoli cui si riferisce la norma rientrano anche i filobus (Pogliani, 203). Sono, per converso, esclusi treni, tram, metropolitane, in quanto veicoli con guida di rotaie, cui si applica, secondo la giurisprudenza, la generale clausola dell'art. 2043 e non la speciale responsabilità dell'art. 2050 (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 761).

L'art. 2054 si riferisce ai veicoli soggetti alla disciplina del codice della strada ai sensi del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393. Ricade nel generale concetto di veicolo senza guida di rotaie, secondo il significato proprio e tecnicamente corretto di tale espressione, in relazione altresì alla finalità della norma, qualsiasi mezzo che, sia mediante apposito organo di movimento (trazione meccanica o autolocomozione), sia altrimenti (trazione animale o dovuta all'azione diretta dell'uomo), abbia la potenziale idoneità a circolare liberamente su strade ed aree pubbliche. E la norma suddetta si applica ogni qual volta il veicolo, nel senso suesposto, effettivamente circoli e produca danno alle cose o alle persone dei terzi, indipendentemente dal fatto che il circolare ne sia la destinazione unica ed esclusiva ovvero sia in relazione meramente strumentale rispetto all'utilizzazione di esso (Cass. n. 44/1962, in Resp. civ. e prev., 1962, 258). Rientrano in tale nozione, a titolo esemplificativo, oltre ai veicoli a motore, pure i filobus (Cass. n. 1519/1949), i velocipedi e, in specie, le biciclette (Cass. n. 10304/2009; Cass. n. 12524/2000; Cass. n. 921/1972; Cass. n. 3746/1971; Trib. Roma 11 febbraio 1988), ancorché spinte a mano (Cass. n. 1464/1968, in Resp. civ. e prev., 1969, 354; in senso contrario Cass. n. 57/1991, in Arch. giur. circ. sinistri, 1991, 4, 305, che ha escluso l'integrazione di uno scontro nel caso di bicicletta condotta a mano; diverso è il caso in cui si tratti di pedone fermo sul ciglio della strada ed appoggiato ad una bicicletta: v. Cass. n. 1027/1981, in Riv. giur. circ. e trasp., 1981, 604), e in genere i veicoli spinti a braccia (App. Milano 13 ottobre 1961), come i motocicli che, per mancanza di carburante, vengano spinti a mano dal conducente, che li regga per il manubrio (Cass. n. 678/1966), i carrettini adibiti al trasporto di giornali (Cass. n. 4965/1978), i rulli compressori (Cass. n. 4376/1976), le macchine industriali dotate di organo di locomozione e, per mezzo di questo, circolanti su strade pubbliche (Cass. n. 44/1962), come le macchine scavatrici (Cass. n. 1378/1980), i carrelli dei supermercati (Pret. Pistoia 30 dicembre 1983), i go-kart destinati alle gare, competizioni od esibizioni di carattere sportivo, allorché vengano, sia pure per brevi percorsi ed occasionalmente, posti in circolazione su strada di uso pubblico (Cass. n. 1877/1992), i pattini a rotelle (Cass. pen. 12 febbraio 1990), i locomobili, i trattori, i carri-attrezzi e simili (Cass. n. 1783/1953). Nella categoria degli autoveicoli sono compresi gli autotreni; dunque, l'assicurazione obbligatoria della r.c.a. è funzionale alla copertura dei rischi, attuali o anche solo potenziali, connessi alla loro circolazione, così che essa, ancorché stipulata per il solo autoveicolo o per la sola motrice, deve ritenersi estesa al complesso unitario circolante, comprendente anche il carrello o il rimorchio agganciati (da ritenere parti integranti del veicolo marciante), mentre per i carrelli ed i rimorchi non agganciati (cioè fermi su strade di uso pubblico ed aree equiparate, ovvero manovrati a mano), la ricordata assicurazione obbligatoria è destinata a coprire esclusivamente il c.d. rischio statico. Conseguentemente, operando, in caso di danno prodotto da motrice trainante un rimorchio od un carrello, la sola assicurazione obbligatoria del rischio dinamico del complesso unitario circolante, e non anche la (distinta) assicurazione obbligatoria del rischio statico del veicolo inerte, deve ritenersi consentita alle parti la stipula di altra ed apposita convenzione assicurativa relativa al rischio dinamico del rimorchio e del carrello separatamente considerati rispetto alla motrice, versandosi, peraltro, in tal caso, nella (diversa) ipotesi di assicurazione volontaria, destinata ad operare cumulativamente con quella obbligatoria qualora il rischio dinamico abbia a trovare concreta attuazione (Cass. n. 1012/2006, in Foro it., 2006, 7-8, I, 2059; Cass. n. 9574/1997). Non rientrano, invece, nella categoria dei veicoli senza guida di rotaie gli sci (Cass. n. 21254/2016; Cass. n. 6603/1987, in Riv. dir. sport., 1988, 3, 394; Pret. Bolzano 17 gennaio 1981), i carrettini a mano non abilitati ad andare su strada, le carriole e, in genere, i veicoli da considerare come giocattoli (App. Milano 18 aprile 1958; App. Torino 22 febbraio 1954), quali i veicoli sprovvisti di motore per uso di bambini (automobiline a pedali, biciclette a rotelle, tricicli, monopattini, eccetera e carrozzine per trasporto di infanti), così come quelli per gli invalidi e quelli a braccia di piccole dimensioni (cestelli a ruote per la spesa, attrezzature che permettono di trasportare a mano per corte distanze materiali sfusi oppure oggetti pesanti ed ingombranti, ecc.), essendo questi veicoli funzionalmente e strutturalmente concepiti e costruiti non per circolare sulle carreggiate, tanto che ad essi è, in modo espresso, consentito di utilizzare liberamente e senza alcuna limitazione la parte di strada (marciapiede o banchina) riservata ai pedoni (Cass. n. 3617/1972, in Resp. civ. e prev., 1973, 94). Il basamento di una gru strutturalmente non idoneo ad effettuare lavori di sollevamento o di spostamento di carichi, né funzionalmente destinato a circolare su strade, per mancanza di dispositivi, che ne rendano possibile il controllo durante gli spostamenti e ne assicurino l'arresto, non può essere considerato veicolo (Cass. n. 4607/1990). Qualora nel sinistro sia coinvolto un animale, ai fini della discriminazione tra azione ex art. 2052 c.c. e azione ex art. 2054, l'azione de pauperie va ammessa tutte le volte che il danno sia stato prodotto, con diretto nesso causale, dal fatto proprio dell'animale secundum naturam o contra naturam, in senso lato, compresi in tali concetti qualsiasi atto o moto dell'animale stesso quod sensu caret, il quale fatto dipenda esclusivamente dalla natura dell'animale e prescinda dall'agire dell'uomo. Non trova, pertanto, applicazione la norma dell'art. 2052, bensì quella dell'art. 2054, in ipotesi che l'evento dannoso sia collegabile all'agire dell'uomo anche se materialmente il danno sia stato arrecato dal fatto dell'animale (Cass. n. 13848/2020). Così ove un cavallo, che traini un carro, al quale sia agganciato un rullo compressore, lasciato fermo sul bordo della strada dal conducente che si sia temporaneamente allontanato, sia stimolato dal colpo che una ruota di una bicicletta, montata da un ragazzo, abbia dato al timone collegante il carro con il rullo, tanto da muoversi trascinando il traino e provocando la caduta del ragazzo che rimanga ferito, va considerato che il conducente del traino ha, sia pure per breve tempo, trascurato il controllo e la vigilanza del veicolo, affidato alla sua custodia e, pertanto, la fattispecie rientra nella previsione dell'art. 2054 e non dell'art. 2052 (Cass. n. 2933/1968).

Significato di circolazione

Affinché un veicolo possa considerarsi in circolazione è indifferente che sia in marcia o sia fermo in un luogo idoneo al traffico (Pogliani, 189). È necessario però che si trovi su strade o su aree pubbliche o aperte al pubblico (Bianca, 749) mentre, ove il danno si verifichi su luoghi chiusi, come un'autorimessa, si applicano i principi generali in tema di responsabilità aquiliana (De Cupis, 1971, 105; Pogliani, 186). Una parte della dottrina ammette l'applicabilità della norma anche alla circolazione su aree private, purché in presenza di un traffico di pedoni e veicoli paragonabile al traffico stradale (Rovelli, 459). La norma non trova applicazione alle gare di velocità che si svolgono in circuito chiuso (Peretti Griva, Concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in Giur. it., 1951, I, 2, 289; contra Cigolini, 847). Non si ricade nel concetto di circolazione qualora il veicolo non sia in grado di esplicare la sua potenzialità dannosa, come nei casi di veicoli trasportati su altri veicoli o travolti da forze naturali, quali alluvioni o frane (Bianca, 750).

Il concetto di circolazione deve essere inteso come la predisposizione al movimento di veicoli e persone sulla strada per spostarsi da un luogo ad un altro, in relazione a soggetti, utenti della strada, che questa utilizzino autonomamente l'uno dagli altri per la detta funzione di circolare, senza che abbia rilevanza il fatto che uno dei veicoli sia fermo o stia per fermarsi al momento del sinistro (Cass. n. 445/1963, in Resp. civ. e prev., 1963, 473). Pertanto, tale concetto include non solo i veicoli in moto, ma anche quelli momentaneamente in sosta su strada o altra area pubblica, come una banchina portuale (Cass. n. 2206/1967), indipendentemente dalla ragione della sosta, ivi compresa l'ipotesi dell'arresto per la riparazione di un guasto (Cass. n. 542/1967, in Resp. civ. e prev., 1968, 149). A fronte di un veicolo con motore in efficienza, si può avere circolazione anche quando il conducente proceda sulla pubblica strada a motore spento per forza d'inerzia o in discesa o per spinta a mano (Cass. pen. 29 ottobre 1984). La posizione di arresto del veicolo  (c.d. circolazione statica da veicolo fermo o in sosta) è significativa a tali fini in relazione sia all'ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, sia alle operazioni propedeutiche alla partenza (ovvero prodromiche alla messa in marcia) o connesse alla fermata, sia, ancora, rispetto a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale può circolare sulle strade (Cass. n. 3257/2016; Cass. S.U., n. 8620/2015; Cass. n. 2660/1980; Pret. Vallo della Lucania 28 ottobre 1985). Peraltro, tale ipotesi non ricorre nel caso di veicoli (come carro-botte e carovana-attrezzi per riparazioni stradali) che non si trovino in sosta momentanea sulla strada pubblica, bensì depositati, per esigenze di lavori stradali in corso, in un tratto laterale della strada stessa, temporaneamente sottratto, mediante ripari e segnalazioni, al transito di tutti gli altri veicoli (Cass. n. 1783/1953). E così non riguarda la circolazione il sinistro procurato dal conducente del veicolo di soccorso verso il conducente di un veicolo arenato nel greto di un fiume, che sia rimasto ferito dall'uso della catena con la quale il primo abbia provveduto a collegare il veicolo incagliato con quello di soccorso, nell'atto in cui quest'ultimo iniziava a muoversi (Cass. n. 1592/1972). È invece afferente alla circolazione la chiusura intempestiva dello sportello da parte del conducente, che abbia arrecato danno ad un soggetto intento a salire sul veicolo (Cass. n. 18618/2005; Cass. n. 12284/2004). Dei danni cagionati da questi veicoli il conducente risponde anche se si è allontanato dal posto di guida (Cass. n. 6445/1987, in Riv. giur. circ. e trasp., 1988, 1, 100). Affinché la sosta possa essere equiparata alla circolazione è comunque necessario che il sinistro sia eziologicamente ricollegabile ad essa e non ad una causa autonoma — ivi compreso il fortuito — di per sé sufficiente a determinarlo, sicché non rientra nella circolazione l'incendio di un mezzo in sosta determinato da cause esterne (Cass. n. 5398/2013). Viceversa, sono riconducibili alla “circolazione” i danni cagionati da un incendio propagatosi da un autocarro parcheggiato in sosta immediatamente dopo il manifestarsi di alcune avarie al motore (Cass. n. 3108/2010), indipendentemente dal lasso di tempo intercorso tra l'inizio della sosta e l'insorgere dell'incendio (Cass. n. 14998/2004). Costituisce danno derivante da circolazione anche quello provocato da struttura seagente che costituisce parte del veicolo assicurato e, in specie, dal braccio meccanico di un autocarro, poiché non è dato distinguere tra movimento dell'intera massa del veicolo e movimento di una sua parte (Cass. n. 24622/2015). Rientrano nella circolazione i danni derivati: dal trasporto di merci situate all'esterno, sul piano d'ingombro della sagoma del veicolo, ancorché quest'ultimo sia stato classificato, nella polizza, con il codice numerico riservato ai veicoli per trasporto di persone (Trib. Roma 16 giugno 1989); dal distacco di una ruota successivamente ad una riparazione (Cass. n. 1538/1983, in Riv. giur. circ. e trasp., 1983, 4, 706); da un improvviso spostamento in avanti del veicolo durante le operazioni di scarico di un camion (App. Roma 12 settembre 1979); dall'improvvisa ed incauta apertura dello sportello destro dell'auto, a cura del terzo trasportato (Cass. n. 8216/2002). In caso di sinistro stradale avvenuto su via pubblica (nella specie, comunale), l'esistenza di un divieto di transito sulla stessa non ne elimina il carattere di strada pubblica, con la conseguenza che dei danni prodotti dalla circolazione di un veicolo, per quanto vietata, rispondono il conducente ed il proprietario ai sensi dell'art. 2054, comma terzo, nonché l'assicuratore, ove si tratti di un veicolo a motore soggetto al regime di assicurazione obbligatoria (Cass. n. 13393/2001, in Arch. giur. circ. sinistri, 2002, 3, 201). Per converso, l'art. 2054 non è applicabile nel caso di danno prodottosi su un'area privata (Cass. n. 2885/1977; App. Milano 16 dicembre 1988), salvo che questa ospiti un traffico interno paragonabile per pericolosità a quello stradale (Cass. n. 2881/1976; Cass. n. 2997/1973), ovvero salvo che si tratti di area privata accessibile indiscriminatamente al pubblico (Cass. n. 8846/1995, in Arch. giur. circ. sinistri, 1996, 7, 547). Pertanto, presupposto per l'applicazione dell'art. 2054 e della correlata normativa sull'assicurazione obbligatoria per la r.c.a., nonché del codice della strada, è che il sinistro avvenga in un'area stradale o ad essa equiparata – intendendosi per circolazione su aree equiparate alle strade quella effettuata su ogni spazio ove il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale (CassS.U., n. 21983/2021) – con la conseguenza che deve escludersi che un fondo agricolo possa essere oggetto della suddetta equiparazione, ove manchi l'accertamento che tale area privata sia aperta all'uso del pubblico ed ordinariamente adibita a traffico veicolare (Cass. n. 10513/2017; Cass. n. 3780/1969). Hanno natura di area privata le piazzole di distribuzione di carburanti (Cass. pen. 18 aprile 1990; Cass. pen. 15 luglio 1987), le cave private all'interno delle quali non sia consentita la libera circolazione (Cass. n. 3785/1989), le aree site all'interno di stabilimenti industriali, cui possa accedersi solo in funzione dell'attività che in essi si svolga (Trib. Milano 10 marzo 1986), i cortili di una caserma (App. Milano 16 dicembre 1988). Allo stesso modo, la norma non si applica ove il sinistro (nella specie, cagionato da un'elica di aereo da diporto, già atterrato) si sia verificato in una zona interna dell'aeroporto adibita per la sosta e le manovre degli aeromobili, poiché tale normativa presuppone che il sinistro sia avvenuto in strade od aree ad uso pubblico, o a queste equiparate, che siano accessibili ad una molteplicità indifferenziata di persone (Cass. n. 5854/2015). Viceversa, sono equiparate alle aree pubbliche le superfici private all'interno delle quali si trova un circolo golfistico (Trib. Milano 26 maggio 1994), i cortili di una fabbrica, dove si svolga un traffico di pedoni e di veicoli tale da determinare una situazione di pericolosità paragonabile a quella propria del traffico su strada pubblica (App. Roma 12 settembre 1979), le aree di un giardino pubblico adiacenti ad una strada pubblica, alle quali tutti possono liberamente accedere (Cass. n. 2477/1982), le aree di parcheggio destinate agli utenti di un ipermercato, alle quali chiunque abbia la possibilità di accedere, ancorché siano di proprietà privata, siano incluse per intero in uno stabile di proprietà privata (come, ad esempio, al piano interrato dell'edificio ove ha sede l'ipermercato) e siano delimitate da strutture destinate a regolare l'accesso dei veicoli, come le sbarre di ingresso (Cass. n. 17279/2009). Le gare automobilistiche non sono riconducibili alla nozione di circolazione stradale se avvengano su un circuito chiuso; viceversa, ricadono nel concetto di circolazione se avvengano su una strada pubblica non chiusa al traffico (Cass. n. 14815/2012; Cass. n. 1896/1981; Cass. n. 2386/1967; Trib. Perugia 1 dicembre 1987). Lo svolgimento di una gara ciclistica su strade aperte al pubblico transito non sospende l'obbligo di osservare le norme sulla circolazione da parte dei corridori e degli altri utenti della strada né preclude l'applicazione dell'art. 2054 (Cass. n. 1896/1981); e così per ogni gara che si svolga in circuito aperto al traffico (Cass. pen. 11 gennaio 1961; in senso parzialmente difforme Cass. pen. 10 marzo 1965), diversamente dalle gare di velocità che si svolgano in circuito chiuso (Cass. n. 1511/1950).

Concetto di conducente

Si considera conducente colui il quale abbia effettiva disponibilità dei congegni meccanici atti a determinare il movimento, ossia dei comandi di guida, indipendentemente dal fatto di aver ricevuto per la manovra segnalazioni da altra persona (Bianca, 750; Sica, 144). Pertanto, la nozione di conducente postula la guida del veicolo, anche se questo al momento del sinistro sia in sosta e benché il suo guidatore se ne sia momentaneamente allontanato (Scognamiglio, 630). La norma è applicabile anche all'allievo conducente, ma non anche all'istruttore, salvo che non sussistano doppi comandi di guida (Pogliani, 194). L'aspirante alla guida assistito da un istruttore risponderebbe però, secondo alcuni, solo in base all'art. 2043 (Visintini, 1967, 541). La norma trova applicazione anche qualora il conducente guidi senza patente (Sica, 146).

Secondo la giurisprudenza, si considera conducente colui il quale, collocato al posto di guida, abbia la effettiva disponibilità dei congegni meccanici atti a determinare il movimento e, agendo su di essi, sia in grado di provvedere allo spostamento dell'autoveicolo. Per cui non può definirsi conducente chi da terra fornisca indicazioni all'addetto alla guida (Cass. n. 1475/1966). Anche la giurisprudenza estende la responsabilità all'allievo conducente (Cass. pen. 26 gennaio 1965; Cass. pen. 17 marzo 1961); altro indirizzo addebita la responsabilità all'allievo, purché questi abbia violato le istruzioni impartitegli dall'insegnante o non abbia rispettato le regole basilari della circolazione (Cass. n. 1954/1971, in Giur. it., 1972, 1, I, 768). Ricade nel concetto di conducente anche il guidatore dotato solo del c.d. foglio rosa (Cass. n. 14699/2016). Gli istruttori di guida, ancorché non dipendenti da una scuola, rispondono ai sensi dell'art. 2048  (Cass. n. 1293/1979). Ma nel senso che anche gli istruttori siano equiparabili ai conducenti, con la conseguente responsabilità ai sensi dell'art. 2054, si è espressa la giurisprudenza prevalente, poiché l'istruttore ha il potere ed il dovere di assistere l'allievo — conducente non solo con consigli e direttive verbali, ma anche con interventi diretti sui comandi di guida (volante, freno a mano), partecipando al complesso di attività che concorrono a far sì che il veicolo si muova seguendo un determinato percorso, con l'osservanza delle norme di comune prudenza e delle regole di comportamento previste dal codice della strada (Cass. n. 11744/1998, in Ass., 1999, 2, 2, II, 194; Cass. n. 11296/1992, in Riv. giur. circ. e trasp., 1993, 1, 95). Anche il conducente di autoveicoli della polizia, dei vigili del fuoco o di ambulanze, il quale circoli per servizio urgente di intervento o di pronto soccorso e con l'azionamento delle sirene, non deve anteporre il proprio diritto di urgenza o di precedenza alla sicurezza e alla vita degli utenti della strada, sicché è tenuto a contemperarlo con l'esigenza di non nuocere gravemente agli altri, attentandone l'integrità fisica. Una responsabilità del suddetto conducente può, peraltro, ricorrere per la violazione di questo dovere solo nel caso in cui essa sia concretamente riconducibile ad una condotta omissiva o fattiva del medesimo, tale da configurare concausa o fattore determinante dell'incidente (Cass. n. 23218/2005, in Arch. giur. circ. sinistri, 2006, 3, 249; Cass. n. 11323/1996, in Riv. giur. circ. e trasp., 1997, 1, 98). In tema di circolazione dei veicoli, all'interno della fattispecie astratta delineata dal legislatore nel terzo comma dell'art. 2054, l'attribuzione della qualità di "proprietario" o di "conducente", costituisce oggetto di accertamento da parte del giudice del merito, censurabile per cassazione solo in presenza di vizi della motivazione. Così la S.C. ha confermato la sentenza della corte di merito che, in relazione ad un sinistro stradale, aveva ritenuto conducenti di un veicolo adibito a scuola-guida e munito di doppi comandi sia l'allievo che l'istruttore (Cass. n. 10121/2011).

Responsabilità del conducente

Secondo un filone della dottrina, la dimostrazione fornita dal conducente di essersi attenuto alle norme del codice della strada non costituisce condizione sufficiente affinché questi sia liberato da responsabilità, essendo altresì necessario dimostrare che, secondo il parametro della diligenza esigibile, sia stato fatto tutto il possibile per impedire l'integrazione dell'evento dannoso, tanto da ritenere integrata l'esimente del caso fortuito quale causa efficiente del processo causale (Salvi, 1247; Castronovo, 478; Scognamiglio, 647). In questa logica il caso fortuito e la forza maggiore, quali cause di esonero della responsabilità dell'agente, debbono possedere i caratteri dell'eccezionalità, dell'inevitabilità e dell'imprevedibilità; sicché ogni volta che l'evento sia inevitabile manca il rapporto di causalità tra fatto e danno ed il risarcimento non è dovuto dal soggetto agente, sebbene materialmente partecipi all'azione (Franzoni, 1993, 655). In senso contrario altra tesi reputa che, affinché il conducente vada esente da responsabilità, basti la prova di aver osservato tutte le norme sulla circolazione e di aver adoperato la normale dirigenza, sicché la prova liberatoria non attiene all'elemento oggettivo causale ma all'elemento soggettivo della colpa, che deve essere esclusa (Rovelli, 470). Per l'effetto, la norma amplierebbe il contenuto della diligenza richiesta al conducente, fino a sanzionare la colpa lievissima, salvo che non si dimostri che anche tale soglia minima di colpa sia esclusa nel caso concreto, avendo il conducente fatto tutto il possibile per evitare il danno, pur rimanendo fermo il nesso causale tra condotta del conducente ed evento dannoso (De Cupis, 1979, 159); per altri il senso della locuzione adoperata dalla disposizione per escludere la responsabilità del conducente deve essere ricondotto alla previsione di un'inversione dell'onere probatorio, quale conseguenza della presunzione di colpa a carico del conducente danneggiato (Rovelli, 467). Non integra caso fortuito l'abbagliamento da luce solare (Sica, 155), lo slittamento su strada bagnata, la raffica di vento (purché non ciclonica), l'improvviso scoppio di un pneumatico, il colpo di sonno fisiologico, l'arresto improvviso di un automezzo antistante, e simili (Scalfi, 154; Franzoni, 1988, 144). L'imputazione della responsabilità non è altresì esclusa dalla sonnolenza o dal malore improvviso, salvo che quest'ultimo non rivesta carattere di assoluta imprevedibilità (Sica, 156; Visintini, 1967, 500).

La presunzione stabilita dalla norma non configura a carico del conducente un'ipotesi di responsabilità oggettiva, ma una responsabilità presunta da cui il medesimo può liberarsi dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero dimostrando non l'impossibilità di una condotta diversa o la diligenza massima, bensì di avere osservato, nei limiti della normale diligenza, un comportamento esente da colpa e conforme alle regole del codice della strada, da valutarsi dal giudice con riferimento alle circostanze del caso concreto (Cass. n. 4130/2017; Cass. n. 10031/2006). Affinché possa liberarsi dalla responsabilità prevista dalla norma, il conducente deve dimostrare di avere osservato tutte le disposizioni sulla circolazione stradale, ivi comprese le regole di comportamento imposte dal regolamento per l'esecuzione del codice stradale (Cass. n. 2834/1988; Cass. n. 5857/1984). Anche la mancata previsione dell'altrui imprudenza può fondare la responsabilità (Cass. pen. 1 febbraio 1965). Nondimeno, l'obbligo imposto ai conducenti di attuare misure di precauzione deve ritenersi correlato alla prevedibilità dell'evento da parte di una persona di media avvedutezza, senza potersi estendere anche alla considerazione ed attuazione di condotte di terzi del tutto irrazionali, e al di fuori di ogni logica prevedibilità (Cass. n. 3991/1999, in Arch. giur. circ. sinistri, 1999, 11, 899). Tra le norme che il conducente deve dimostrare di aver rispettato vi è anche quella che prescrive l'obbligo di circolare a velocità adeguata, per evitare pericolo a persone o cose con riguardo alle specifiche contingenze di tempo e di luogo (Cass. n. 3542/2013; Cass. n. 5321/1980, in Foro it., 1981, I, 1675). L'omessa osservanza dell'obbligo di moderare la velocità in modo consono alle insufficienti condizioni di visibilità può essere desunta dall'entità delle lesioni riportate dalle persone e dai veicoli coinvolti (Cass. n. 2985/1987). Altre norme suscettibili di essere considerate sono quelle che prevedono: l'obbligo di facilitare le manovre di sorpasso (Cass. n. 2834/1988); l'obbligo di arrestare il proprio veicolo tempestivamente in caso di avvistamento di autoambulanza con dispositivo di allarme attivato o di percezione del relativo segnale acustico (Cass. n. 1180/1980); l'obbligo di non creare situazioni di pericolo o di intralcio alla circolazione; l'obbligo di adottare una condotta particolarmente diligente e di assicurare ogni cautela nel caso di manovra in retromarcia, per la difficoltà di percepire gli ostacoli e le insidie sulla strada, quale operazione anomala, anche avvalendosi della collaborazione di terzi che, da terra, possano fornire indicazioni, segnalazioni ed istruzioni (Cass. n. 3367/2015). Così non è conforme al codice stradale, e costituisce oggetto di contravvenzione, il comportamento dell'automobilista che usi il cellulare durante la guida, impegnando uno degli arti superiori. Nondimeno, secondo un diverso indirizzo, la prova del rispetto delle norme relative alla circolazione non è di per sé sufficiente a liberare il conducente, il quale deve comunque dimostrare di essersi trovato nell'oggettiva impossibilità di evitare la produzione del danno (Cass. n. 5667/1986) e dunque di essersi attenuto nella sua condotta ai più assoluti e rigorosi canoni di diligenza (Cass. n. 1429/1970), di modo che la causazione del danno debba ascriversi a caso fortuito (Cass. n. 6225/1984). In conseguenza, il conducente sarebbe liberato da responsabilità solo qualora dimostri che il comportamento del danneggiato o di un terzo sia stato fattore causale esclusivo dell'evento dannoso, così da assumere, rispetto alla sua posizione, i caratteri del caso fortuito (Cass. n. 3439/1989). La prova del fortuito può essere fornita dal danneggiante anche a mezzo di presunzioni, purché gravi, precise e concordanti (Cass. n. 13268/2006). In correlazione con tale onere probatorio si è ritenuto che gravi su chi circola con autoveicolo anche l'obbligo di prevedere la colpa altrui e quello di ricorrere con diligenza e perizia alle manovre di fortuna richieste dalla situazione concreta (Cass. n. 2834/1988; App. Perugia 2 maggio 1988). Le modificazioni ambientali prevedibili, come quelle cagionate al fondo stradale da fango, ghiaccio o macchie di olio, non integrano caso fortuito e, dunque, non esimono il conducente da responsabilità (Cass. n. 5574/1984). Il caso fortuito non è integrato dal colpo di vento, salvo che assuma carattere ciclonico (Pret. Bassano del Grappa 24 novembre 1977), né dall'abbagliamento solare (Cass. n. 3455/1982). Nel caso di scoppio di un pneumatico il conducente ha l'onere di provare, sia che lo scoppio non sia dovuto a difetto di manutenzione, sia che lo sbandamento seguito allo scoppio sia stato inevitabile ed abbia precluso qualsiasi manovra di emergenza (Cass. n. 14959/2012).

Investimento del pedone

In materia di responsabilità civile da sinistri stradali, stante la presunzione di colpa esclusiva in capo al conducente del veicolo di cui all'art. 2054, comma 1, c.c., ai fini della valutazione e quantificazione di un concorso del pedone investito occorre accertare, in concreto, la sua percentuale di colpa e ridurre progressivamente quella presunta a carico del conducente (Cass. n. 20137/2023; Cass. n. 2241/2019).

In caso di investimento di pedone la responsabilità del conducente è esclusa quando risulti provato che l'automobilista non aveva alcuna possibilità di prevenire l'evento, situazione questa ricorrente allorché il pedone tenga una condotta imprevedibile ed anormale, sicché l'automobilista si trovi nell'oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti (Cass. n. 4551/2017; Cass. n. 24472/2014; Cass. n. 3964/2014; Cass. n. 27134/2006; Cass. n. 9620/2003). E ciò anche nell'ipotesi in cui il pedone attraversi la strada sulle strisce pedonali (Cass. n. 14064/2010). Si è altresì escluso che l' improvviso attraversamento della sede stradale da parte di un pedone fuori delle strisce pedonali  sia di per sé sufficiente ad escludere la responsabilità del conducente, essendo invece necessario che quest'ultimo dimostri la  ricorrenza di un comportamento imprevedibile ed anormale dell'investito , tale che l'investitore non abbia l'oggettiva possibilità di avvistarlo e di evitare l'evento, ricorrendo ad una manovra salvifica e sempre che all'investitore non sia rimproverabile la violazione delle regole della circolazione stradale e quelle di comune prudenza (Cass . n. 8940/2022Cass . n. 8487/2022Cass . n. 5957/2022Cass. n. 4370/1987Trib . Savona 28 gennaio 2022; Trib . Milano 9 dicembre 2021).

In conseguenza, la presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana, e, dunque, non preclude, anche nel caso in cui il conducente non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione, l'indagine sull'imprudenza e pericolosità della condotta del pedone investito, che va apprezzata ai fini del concorso di colpa (Cass. n. 842/2020Cass. n. 24204/2014). L'accertamento del comportamento colposo del pedone investito da veicolo non è sufficiente per l'affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l'investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall'art. 2054, primo comma, dimostrando di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno (Cass. n. 2241/2019).Pertanto, anche nel caso in cui il pedone — nell'atto di attraversare la strada in un punto privo di strisce pedonali — abbia omesso di dare la precedenza ai veicoli che sopraggiungevano ed abbia iniziato l'attraversamento distrattamente, sussiste comunque una concorrente responsabilità del conducente del veicolo investitore, ove emerga che costui abbia tenuto una velocità eccessiva o non adeguata alle circostanze di tempo e di luogo (Cass. n. 5399/2013; Cass. n. 3542/2013; Cass. n. 24689/2009). Sicché, ai fini della dimostrazione di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, neanche rileva l'anomalia della condotta del pedone, ma occorre la prova che la stessa non fosse ragionevolmente prevedibile e che il conducente avesse adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto, anche sotto il profilo della velocità di guida mantenuta (Cass. n. 8663/2017). All'ipotesi dell'investimento del pedone è equiparata la fattispecie relativa all'investimento di un ciclista (Cass. n. 9278/2017). Sul piano processuale, con riferimento all'investimento stradale, anche se il conducente del veicolo non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione di colpa che l'art. 2054, primo comma, pone nei suoi confronti, non è preclusa l'indagine, da parte del giudice di merito, in ordine al concorso di colpa del pedone investito, con la conseguenza che, allorquando siano accertate la pericolosità e l'imprudenza della condotta del pedone, la colpa di questo concorre, ai sensi dell'art. 1227, comma primo, con quella presunta del conducente (Cass. n. 2127/2006, in Arch. giur. circ. sinistri, 2006, 6, 593). Sicché la S.C. ha confermato la sentenza della corte di merito che aveva ritenuto sussistere — nella misura del 50 per cento — il concorso di colpa del pedone, investito dall'autobus, perché questi aveva attraversato la carreggiata senza dare la precedenza al veicolo, in un momento di intenso traffico e in un punto dove l'attraversamento, pure se non vietato, doveva considerarsi altamente sconsigliabile (Cass. n. 11873/2007, in Arch. giur. circ. sinistri, 2007, 12, 1306).

Scontro tra veicoli

Costituisce scontro tra veicoli qualsiasi impatto che avvenga frontalmente o di fianco o a tergo tra due veicoli in marcia o tra uno in moto e uno fermo. È comunque necessaria una collisione materiale, dovendosi altrimenti ricorrere alla presunzione di cui al primo comma (Cian, 530). Ove si realizzi tale urto, la norma prevede una presunzione iuris tantum di uguale concorso dei conducenti nella produzione del danno (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 762). La norma intende specificare che in caso di scontro tra veicoli il concorso di colpa, nel dubbio, si presume; così come, sempre nel dubbio, le colpe si presumono uguali (Salvi, 1248; contra Scognamiglio, 649). La norma mira a risolvere la questione della responsabilità in caso di scontro, eliminando le difficoltà di prova circa la ricostruzione delle precise modalità di svolgimento del sinistro (Pogliani, 203). È ammessa la prova del difetto di concor s o, ossia della colpa esclusiva di uno dei conducenti, o della diversa misura del concorso (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 763).

La presunzione di uguale concorso di colpa, stabilita per il caso di scontro tra veicoli, opera solo qualora non sia possibile accertare in concreto in quale misura la condotta dei due conducenti abbia concorso a cagionare l'evento: per l’effetto, si sostiene che essa abbia carattere sussidiario (Cass. n. 7061/2020Cass. n. 9353/2019;  (Cass. n. 18479/2015; Cass. n. 8409/2011;Cass. n. 6696/1986). Pertanto, da un lato, la presunzione di corresponsabilità prevista dall'art. 2054, secondo comma, è applicabile soltanto in ipotesi di scontro tra veicoli e non quando sia mancata la collisione fisica tra gli stessi (Cass. n. 5433/2020Cass. n. 12370/2006; Cass. n. 10026/1998; Cass. n. 8249/1998). Dall'altro, la presunzione di pari responsabilità stabilita dal secondo comma dell'art. 2054, in caso di scontro di veicoli, ricorre non solo nei casi in cui sia certo l'atto che ha causato il sinistro ma sia incerto il grado di colpa attribuibile ai diversi conducenti, ma anche quando non sia possibile accertare il comportamento specifico che ha causato il danno, con la conseguenza che, in tutti i casi in cui sia ignoto l'atto generatore del sinistro, causa presunta dell'evento devono ritenersi in eguale misura i comportamenti di entrambi i conducenti coinvolti nello scontro anche se solo uno di essi abbia riportato danni; detta presunzione può essere superata unicamente dalla duplice prova, posta a carico del danneggiato, che lo scontro è dipeso dal solo comportamento colposo dell'altra parte e che il danneggiato medesimo ha fatto tutto il possibile per evitare il verificarsi dell'evento dannoso (Cass. n. 26523/2007App. Genova 1° febbraio 2022Trib. Novara 28 gennaio 2022). La prova liberatoria per il superamento di detta presunzione può essere acquisita anche indirettamente tramite l'accertamento del collegamento eziologico esclusivo o assorbente dell'evento dannoso col comportamento dell'altro conducente (Cass. n. 13672/2019Cass. n. 9550/2009). La presunzione trova applicazionre anche in caso di collisione tra autovettura e bicicletta (Cass. n. 31702/2018Trib. Taranto 10 febbraio 2022). Per converso, non si rientra nello scontro tra veicoli nell'ipotesi in cui nell'incidente sia rimasta coinvolta una bicicletta condotta a mano da un pedone, non potendo quest'ultimo essere considerato conducente del veicolo (Cass. n. 57/1991; contra Cass. n. 1464/1968). L'accertamento della colpa di uno dei conducenti non esonera l'altro dalla presunzione di responsabilità di cui al secondo comma, ma impone comunque la verifica in concreto circa il fatto che l'altro conducente abbia o meno tenuto una condotta di guida corretta (Cass. n. 7479/2020Cass. n. 12444/2008; Cass. n. 3193/2006); in difetto di tale ulteriore verifica, l'accertamento della colpa del primo conducente è perciò compatibile con l'attribuzione all'altro, a tale titolo, di una residua area di responsabilità (Cass. n. 124/2016; Cass. n. 23431/2014; Cass. n. 25620/2013; Cass. n. 5250/1997; Cass. n. 8386/1987). Tale presunzione non opera, allorquando risulti che uno dei conducenti abbia determinato lo scontro con dolo, non potendosi configurare un concorso tra una condotta colposa, da una parte, e una dolosa, dall'altra (Cass. n. 14834/2007, in Arch. giur. circ. sinistri, 2007, 12, 1293). Va qualificato come scontro qualsiasi urto tra due (o più) veicoli in marcia ovvero tra uno in moto ed uno fermo (Cass. n. 281/2015; Cass. n. 3437/2006). L'attraversamento ad un incrocio regolato da semaforo emittente luce rossa comporta il superamento della presunzione di concorrente responsabilità (Cass. n. 18497/2013; Cass. n. 4653/1999). Parimenti la presunzione è superata se il conducente di un veicolo a motore che ad un crocevia fra strade pubbliche che dovendo svoltare a sinistra ha l'obbligo di dare la precedenza ai veicoli provenienti da destra nonché quello, derivante dalla comune prudenza, di assicurarsi, prima di svoltare, che non sopraggiungano veicoli da tergo (ai quali pure spetta la precedenza, ancorché si trovino in una illegittima fase di sorpasso),  non rispetta tali regole (Cass. n. 30070/2022).

L'affidarsi passivamente, da parte del conducente di un autoveicolo, alle direttive o all'ausilio di un terzo nell'esecuzione di una manovra costituisce comportamento incauto, facendo pur sempre carico al conducente l'obbligo di verificare l'esistenza delle condizioni che, in rapporto alla situazione dei luoghi, possano consentire il compimento, senza pericolo, di quella manovra. Così il conducente di un autoveicolo che si sia affidato, nel superare la mezzeria della strada per sorpassare un veicolo in sosta sulla destra, alla segnalazione di via libera datagli dal conducente del veicolo fermo, risponde dei danni ove, durante la fase di sorpasso, sia sopravvenuto un veicolo in direzione contraria e vi sia stata collisione (Cass. n. 377/1974). Il conducente di un veicolo, nell'accingersi ad un sorpasso - che costituisce manovra pericolosa e complessa - non solo deve attivare la propria attenzione, ma altresì constatare che vi sia spazio libero sufficiente perché detta manovra possa avvenire senza alcun pericolo, dovendo soprassedere laddove, in relazione alle circostanze contingenti, non abbia la certezza della sussistenza di spazio sufficiente ad escludere ogni possibilità di collisione (Cass. n. 31009/2018; Cass. n. 5505/2008). Il codice della strada pone in capo al conducente l'obbligo di mantenere una distanza di sicurezza dal veicolo che precede, così da far fronte ad ogni improvvisa evenienza (Cass. n. 4295/1988). Ne consegue che, in caso di tamponamento tra due veicoli che procedano in colonna, non è applicabile la presunzione di pari colpa, che è superata, ex art. 149, primo comma, cod. strada, dalla presunzione de facto di inosservanza della distanza di sicurezza da parte del tamponante, sul quale grava l'onere di fornire la prova liberatoria, dimostrando che il tamponamento è derivato da causa in tutto o in parte a lui non imputabile, che può consistere anche nel fatto che il veicolo tamponato abbia costituito un ostacolo imprevedibile ed anomalo rispetto al normale andamento della circolazione stradale (Cass. n. 5760/2022;Cass. n. 8051/2016; Cass. n. 18884/2015Trib. Roma 10 febbraio 2022), avulso dalle esigenze del traffico, come l'ostacolo fisso rappresentato da un rimorchio staccatosi dalla motrice ed arrestatosi sulla corsia di marcia (Cass. n. 17206/2015). Infatti, il conducente di un veicolo deve essere in grado di garantire in ogni caso l'arresto tempestivo dello stesso, evitando collisioni con il veicolo che precede (Cass. n. 18708/2021;Cass. n. 13703/2017; Cass. n. 6193/2014). Il conducente tamponante si libera da responsabilità se dimostra la causa a lui non imputabile e dunque se prova che la collisione è stata provocata dall'urto ricevuto dal veicolo retrostante (Cass. n. 4294/1987). Per contro, la presunzione di pari colpa si applica nel tamponamento a catena a carico dei conducenti di ciascuna coppia di veicoli, tamponato e tamponante, con esclusione del primo e dell'ultimo della catena; nel caso, invece, di scontri successivi fra veicoli facenti parte di una colonna in sosta, unico responsabile degli effetti delle collisioni è il conducente che le abbia determinate, tamponando da tergo l'ultimo dei veicoli della colonna stessa (Cass. n. 15788/2018; Cass. n. 4021/2013; Cass. n. 8646/2003; Cass. n. 3415/1988). La presunzione di pari concorso dei conducenti nella produzione del danno opera anche nell'ipotesi in cui uno dei veicoli non abbia riportato alcun danno. La presunzione è applicabile estensivamente anche ai veicoli coinvolti nell'incidente ma rimasti estranei alla collisione, sempre che sia accertato, in concreto, l'effettivo contributo causale nella produzione dell'evento dannoso (Cass. n. 3764/2021;Cass. n. 19197/2018Trib. Nola 18 gennaio 2022).Nel caso di scontro tra veicoli, la proposizione dell'azione giudiziaria per il conseguimento dell'intero risarcimento da parte del danneggiato unitamente ad uno dei conducenti coinvolti nel sinistro, con unico difensore, contro il conducente dell'altro veicolo, non implica una remissione tacita del debito nei riguardi del corresponsabile del danno (Cass. n. 18090/2005).

Responsabilità del proprietario o dell'usufruttuario o dell'acquirente con patto di riservato dominio

La responsabilità indiretta dei soggetti non conducenti di cui al terzo comma è ritenuta di natura obiettiva mentre la loro opposizione volontaria alla circolazione del veicolo è considerata fatto impeditivo di tale responsabilità (De Cupis, 1971, 103); si tratta di una responsabilità oggettiva per fatto altrui (Bianca, 758). Pertanto, il fondamento di tale responsabilità è correlato all'esigenza di garantire il risarcimento al danneggiato, ponendo il danno anche a carico di chi, in quanto proprietario, è in grado di farvi fronte mediante la stipulazione di un contratto di assicurazione (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 743; Franzoni, 1993, 691); in questa prospettiva, l'esclusione della responsabilità nei casi di circolazione del veicolo contro la volontà del proprietario assume il significato di un limite posto dalla norma all'estensione dell'obbligo legale di garanzia che grava sul proprietario medesimo (Scognamiglio, 649; Salvi, 1248). La responsabilità del proprietario, dell'usufruttuario o dell'acquirente con patto di riservato dominio è alternativa e non solidale (Franzoni, 1993, 692; Peccenini, 106). Secondo l'opinione prevalente, l'elenco di cui al terzo comma ha carattere tassativo (De Cupis, 1971, 102; Rovelli, 508; Franzoni, 1993, 697). In proposito, è stata sostenuta la responsabilità del proprietario in caso di locazione o di comodato del veicolo (Cigolini, 834; Pogliani, 221). In base ad una tesi minoritaria, la norma, prevedendo la legittimazione passiva del proprietario, e degli altri soggetti a lui equiparati, ammette la possibilità per costui di evocare in giudizio, con chiamata in garanzia, qualsiasi soggetto che abbia l'effettiva disponibilità del bene; in questo modo la vittima del danno avrebbe sempre un controinteressato processuale passivamente legittimato nel proprietario, ed altri soggetti equiparati, ma l'effettività prevarrebbe sull'apparenza (Monateri, 1105). Qualora il danno sia cagionato da un veicolo concesso in leasing, responsabile solidale, unitamente al conducente, sarà il concedente e non l'utilizzatore concessionario (Tenella, 744). La responsabilità del proprietario è stata esclusa nel caso di affidamento del veicolo a persona che ne esercita professionalmente la custodia ovvero che la prende in consegna per procedere a riparazione o vendita (Scognamiglio, 631). La responsabilità del proprietario prescinde dall'esistenza di qualsiasi relazione giuridica tra proprietario e conducente. Tuttavia, ove il conducente sia un dipendente, il proprietario, quando non ricorrano le condizioni della responsabilità in esame, potrà essere chiamato a rispondere ai sensi dell'art. 2049 (De Cupis, 1971, 103). La proprietà che rileva a tali fini è quella effettiva e non quella che risulta dal p.r.a., che può solo fondare una presunzione di appartenenza (Scognamiglio, 631). La manifestazione di volontà contraria è intesa in modo rigoroso, ossia nel senso che non è sufficiente la mancanza di assenso o una semplice dichiarazione di volontà, bensì è necessario che tale volontà si sia estrinsecata nell'adozione di mezzi idonei ad evitare l'entrata in circolazione del veicolo (Scognamiglio, 632). Con riferimento alla ripartizione interna dell'obbligo di refusione del danno tra conducente e proprietario, si afferma che, nel caso di uso illecito del veicolo, il proprietario ha diritto all'integrale regresso verso il conducente (Rovelli, 505); diversamente, l'esistenza e la misura del regresso dipenderanno dalla natura e dal contenuto del rapporto interno tra i due soggetti.

Secondo la giurisprudenza, dal tenore della prova liberatoria può trarsi spunto per affermare che il fondamento della responsabilità del proprietario del veicolo consiste nella presunzione che egli abbia consentito alla circolazione ovvero che, pur senza consentire, abbia omesso di manifestare in forma idonea il suo divieto di circolazione (Cass. n. 1729/1964). Le responsabilità del proprietario, dell'usufruttuario o dell'acquirente con riserva della proprietà ricorrono alternativamente e non si cumulano tra loro (Cass. n. 2209/1977). Anche la giurisprudenza ritiene che la responsabilità ricada sul proprietario del veicolo nell'ipotesi di locazione (Pret. Bologna 2 marzo 1968, in Giur. it., 1968, I, 2, 449), comodato (Trib. Sorrento 27 ottobre 1964, in Giur. it., 1965, I, 2, 256), noleggio (Cass. n. 1280/1958; App. Firenze 20 marzo 1964). Con riferimento all’ipotesi del noleggio senza conducente, in base ad un primo arresto, risponderebbero in solido il locatore, il locatario e il conducente, ai fini di garantire l’effettività della tutela risarcitoria (Cass. n. 1845/2018); in base ad altra pronuncia, risponderebbero in solido il solo locatario e il conducente, ma non il proprietario locatore, che, nell'ipotesi in cui abbia ottemperato all'onere di comunicare le generalità del detto locatario, deve essere ritenuto estraneo ad ogni responsabilità, non avendo avuto la materiale disponibilità del veicolo (Cass. n. 10833/2020). Nel caso di sinistro provocato dalla circolazione di veicoli concessi in leasing, si è ritenuto che responsabile in solido con il conducente sia non già l'impresa proprietaria concedente ma l'utilizzatore locatario, poiché solo quest'ultimo ha la disponibilità giuridica del bene e quindi la possibilità di vietarne la circolazione (Cass. n. 14635/2014; Cass. n. 10034/2004; contra Cass. n. 13015/1992, in Foro it., 1994, I, 556, con nota di De Marzo). Il proprietario è esente da responsabilità per difetto di disponibilità del veicolo: a) qualora la circolazione avvenga per esigenze di collaudo delle riparazioni eseguite (Cass. n. 326/1968); b) ovvero all'esito dell'affidamento in custodia ad un esercizio che pubblicamente e notoriamente svolga attività di garage o di officina per ragioni di manutenzione o riparazione o per l'espletamento dell'incarico di venderlo a terzi, sempre che si tratti di un'officina che dia garanzia di serietà, da valutarsi ex ante, cioè con riguardo alle circostanze esistenti al momento dell'affidamento della vettura (Cass. n. 2270/1975; Cass. n. 86/1974; App. Napoli 16 settembre 1981), ovvero che sia qualificata (Cass. n. 2111/1972, in Resp. civ. e prev., 1973, 282). Una vettura motrice, congiunta ad una vettura rimorchio allo scopo di formare un unico traino sotto una sola guida effettiva, non assume rilievo quale entità a sé stante, ma soltanto come parte di un'entità circolante idealmente inscindibile. Ne consegue che il proprietario della vettura trainata, consentendone la circolazione mediante il traino, si espone alla presunzione di responsabilità prevista dall'art. 2054, terzo comma, ed è solidalmente responsabile con il proprietario e conducente del veicolo propulsore, senza possibilità di distinguere tra i diversi elementi che compongono il mezzo circolante (Cass. n. 27371/2017). Ai fini dell'individuazione del proprietario responsabile, le risultanze del p.r.a. hanno valore di presunzione, che può essere vinta con ogni mezzo di prova (Cass. n. 4755/2016; Cass. n. 4196/1983). Infatti, l'iscrizione nel pubblico registro automobilistico (p.r.a.) del trasferimento di proprietà di un'autovettura, prevista dall'art. 6 del r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436, convertito nella legge 19 febbraio 1928, n. 510, non solo è volta a dirimere i conflitti tra aventi causa dal medesimo venditore, ma costituisce prova presuntiva in ordine all'individuazione del soggetto obbligato a risarcire i danni da circolazione stradale quale proprietario del veicolo (Cass. n. 24681/2014; Cass. n. 9314/2010). Affinché possa sottrarsi alla presunzione di responsabilità, il proprietario del veicolo, ovvero il soggetto alternativamente responsabile, deve dimostrare di aver tenuto un comportamento normalmente idoneo, nel caso concreto, a impedire la circolazione, ossia deve provare di aver adottato concrete ed appropriate misure idonee a prevenire l'impiego, anche abusivo, del mezzo da parte di terzi (Cass. n. 22449/2017, con nota di Rebesco, in Resp. civ. e prev., 2018, 4, 2, 1246; Cass. n. 1820/2016; Cass. n. 8495/1987). Al riguardo, non è sufficiente la dimostrazione che la circolazione del veicolo sia avvenuta senza il consenso del proprietario (invito domino), occorrendo, al contrario, che essa sia avvenuta contro la sua volontà (prohibente domino), estrinsecatasi in atti o comportamenti effettivamente ostativi alla circolazione, rivelatori della diligenza e delle cautele all'uopo adottate (Cass. n. 20373/2015; Cass. n. 8461/1994, in Arch. giur. circ. sinistri, 1995, 4, 394; Cass. n. 3138/1990). Pertanto, la pubblica amministrazione, in veste di proprietario del veicolo danneggiante, non si libera invocando semplicemente l'esistenza di una norma che vieti l'uso dello stesso per fini estranei al servizio (Cass. n. 4945/1979). Ed ancora, non ricorre la condizione della circolazione contro la volontà del proprietario nell'ipotesi in cui quest'ultimo abbia omesso l'adozione di cautele adeguate ad evitare l'utilizzazione, da parte del figlio, di un ciclomotore custodito in un locale adiacente all'abitazione, quali, ad esempio, l'occultamento delle chiavi del veicolo (Cass. n. 22318/2014). All'uopo, non bastano le ripetute diffide rivolte al colpevole dell'incidente stradale a non servirsi dell'automezzo, qualora il conducente abbia potuto impossessarsi di detto automezzo, lasciato aperto ed in condizioni di funzionare, senza incontrare opposizione da parte del proprietario e dei suoi incaricati (Cass. n. 591/1975). Al contempo, è escluso che possa integrare gli estremi della prova liberatoria anzidetta il mero fatto di consegnare, al titolare di autofficina, la vettura priva di assicurazione e bollo di circolazione, in quanto auto d'epoca e da collezione (Cass. n. 15478/2011). Non è idonea ad integrare la prova liberatoria neanche la condotta del proprietario consistita nell'affidamento del veicolo ad un depositario e nel difetto di cautele da parte del depositario nella scelta della persona cui, a sua volta, affidare il veicolo, consentendone l'uso da parte di un minorenne (Cass. n. 10027/2000, in Arch. giur. circ. sinistri, 2000, 10, 743). Infatti, nel caso in cui il proprietario o l'usufruttuario o l'acquirente con patto di riservato dominio abbia affidato il veicolo ad una autofficina (od autorimessa), l'esclusione della responsabilità postula che questi fornisca la prova liberatoria che egli abbia usato la dovuta diligenza nell'affidamento e che, quindi, si sia assicurato trattarsi di officina (od autorimessa) che dia garanzia di serietà, da valutarsi ex ante, cioè con riguardo alle circostanze esistenti al momento dell'affidamento della vettura (Cass. n. 7118/1987). Si è invece ritenuto liberato il proprietario chi abbia fatto diffidare il congiunto dall'utilizzazione del veicolo e, al fine di impedire tale uso, abbia sostituito la serratura del garage (Cass. n. 8495/1987). Ed ancora, è integrata la prova liberatoria qualora l'intervento dell'escavatore coinvolto nel sinistro — non munito di certificazione per circolare su strada — sia stato in un primo tempo rifiutato da un dipendente dell'azienda proprietaria del mezzo, perché l'uscita dal cantiere era stata vietata, disposizione disattesa da altro dipendente dopo l'orario di chiusura del cantiere (Cass. n. 15521/2006, in Danno e resp., 2007, 3, 303). Non ricorre la responsabilità del proprietario, cui il veicolo sia stato rubato, nonostante la chiusura a chiave degli sportelli (Cass. n. 3296/2013; Cass. n. 6893/2005; Cass. n. 2003/1973), salvo che le chiavi siano state conservate in luogo facilmente accessibile (Cass. n. 3038/1982, in Resp. civ. e prev., 1982, 5, 571), o sia stato illecitamente sottratto da soggetti anche accolti precedentemente nella vettura dal medesimo proprietario (Cass. n. 6111/1979). Il proprietario è liberato anche se sia fornita la prova liberatoria del conducente, cioè ove sia dimostrato che questi ha fatto tutto il possibile per evitare il danno (Cass. n. 2362/1966). In forza di un arresto risalente, il proprietario è liberato ove sia accertata in concreto la colpa del conducente, tale da giustificare la sua condanna, indipendentemente dalla presunzione di cui al primo comma (Cass. n. 192/1981). La presunzione di responsabilità a carico del proprietario si riferisce ai danni riportati da terzi estranei alla circolazione del veicolo, non anche ai danni subiti dal conducente (Cass. n. 39/1988). Nell'ipotesi di danno cagionato da veicolo con rimorchio, il proprietario dell'elemento trainato è esposto alla presunzione di responsabilità insieme al proprietario dell'elemento trainante o propulsore, quali parti di un'entità circolante idealmente inscindibile (Cass. n. 27371/2017; Cass. n. 6431/2015; Cass. n. 2206/1980). Se il proprietario del veicolo è danneggiato dal conducente in concorso con un terzo, la responsabilità di quest'ultimo è limitata dal concorso di colpa del conducente della vettura di proprietà del danneggiato (Cass. n. 2260/1975). La causa di responsabilità del conducente non è legata a quella concernente la responsabilità del proprietario da nesso di inscindibilità o dipendenza (Cass. n. 4684/1987).

Vizi di costruzione o difetti di manutenzione

La responsabilità di cui al quarto comma è integrata anche qualora il vizio di costruzione o il difetto di manutenzione non siano dovuti a colpa (De Cupis, 1979, II, 194). La disposizione anticipa l'introduzione della nozione di sicurezza, su cui si è incentrata la disciplina della responsabilità del produttore, che risulta dalla direttiva comunitaria del 1985 (Franzoni, 1993, 708). Si tratta di un'ipotesi di responsabilità oggettiva, che ricorre in presenza delle relative condizioni «in ogni caso» (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 756). Quanto al difetto di manutenzione, il conducente risponde del danno anche quando la proprietà o la custodia siano in capo ad altri (Bianca, 751). La riconducibilità del danno ai vizi di costruzione o difetti di manutenzione deve essere provata dal danneggiato che intenda valersi di questa ipotesi di responsabilità (Salvi, 1229). In questa evenienza responsabile non è soltanto il proprietario del veicolo ma anche, in solido con lui, il conducente, fermo restando che la responsabilità di entrambi concorre, sempre in via solidale, con quella del costruttore del veicolo o dell'officina eventualmente incaricata della manutenzione (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 757). L'unica prova liberatoria ammessa è quella volta a negare il rapporto causale tra i vizi di costruzione o i difetti di manutenzione, da una parte, e l'evento dannoso, dall'altra, ossia la prova di una causa estranea cui addebitare il sinistro (Visintini, 1996, 686).

La nozione di vizio di costruzione non ricomprende i soli interventi compiuti in sede di produzione di un veicolo, ma anche quelli strutturali modificativi della meccanica e/o della dinamica dello stesso (Cass. n. 17240/2015). Qualora sia accertata l'esistenza del nesso causale tra un vizio di costruzione o un difetto di manutenzione e l'evento dannoso, il conducente e il proprietario non si liberano adducendo l'impossibilità, con l'ordinaria diligenza, di rendersi conto del vizio o difetto (Cass. n. 1019/1981). Ma in senso contrario altro arresto ha escluso la responsabilità del proprietario e del conducente per i danni conseguenti a difetti di costruzione nei casi in cui il veicolo sia stato omologato e immatricolato dalle competenti autorità amministrative (Cass. n. 2964/1979). Per esimersi da responsabilità è necessario provare che il danno è dipeso da causa diversa ed eventualmente da caso fortuito o da stato di necessità (Cass. n. 2465/1971). Infatti, il proprietario o il conducente dell'auto è responsabile dei danni derivanti da vizi di manutenzione o di costruzione dell'autoveicolo, indipendentemente da un suo comportamento colpevole; tuttavia, pur avendo questa responsabilità natura oggettiva, il nesso causale tra il guasto e la responsabilità del danno può essere interrotto se interviene un fattore esterno che, con propria autonoma ed esclusiva efficienza causale, determina il verificarsi del danno, nel qual caso unico responsabile di esso sarà il soggetto cui va ascritta la responsabilità in ordine al fattore sopraggiunto. Così la S.C. ha ritenuto che la corte di merito avesse fatto corretta applicazione di tale principio, in caso in cui a carico di un veicolo si era verificata un'avaria, ed esso era stato tamponato non a causa dell'avaria, ma per il comportamento imprudente del conducente del veicolo che sopraggiungeva (Cass. n. 4754/2004, in Arch. giur. circ. sinistri, 2004, 9, 874). Il costruttore dell'autoveicolo non risponde verso i terzi dei danni cagionati da vizi di costruzione in base all'art. 2054 (Cass. n. 1929/1960).  Tuttavia, la responsabilità deve essere imputata sulla scorta delle norme che regolano la responsabilità del produttore, qualora il proprietario del veicolo subisca dei danni dovuti ad un vizio di costruzione della vettura, trovando in tal caso applicazione non la disciplina della r.c.a., bensì quella sulla responsabilità del costruttore da prodotto difettoso. (Cass. n. 25023/2019, in Danno e resp., 2020, 2, 235). In base ai principi sulla ripartizione dell'onere della prova, poiché l'avaria del veicolo dipende, nella generalità dei casi, da un vizio di costruzione o da un difetto di manutenzione, non spetta al danneggiato, che ha dimostrato l'esistenza di detta avaria, ma al proprietario del veicolo, che intende esimersi dalla responsabilità prevista dalla citata norma, provare che, nella specie, la stessa avaria dipende da una causa diversa (Cass. n. 2109/1972, in Resp. civ. e prev., 1973, 271). Poiché, ai sensi dell'art. 2054, comma quarto, il proprietario è responsabile dei danni derivati da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo, anche questa responsabilità, allorché attenga ad eventi dannosi verificatisi durante la circolazione sulle strade, è coperta dall'assicurazione obbligatoria, con la conseguenza che per essa risponde anche l'assicuratore. Nella specie, la S.C. ha ritenuto risarcibili da parte dell'assicuratore i danni correlati alla responsabilità del proprietario di un autocarro per difetto di manutenzione, consistente nell'utilizzo di uno pneumatico vetusto, causa della morte del conducente del veicolo (Cass. n. 19883/2011).

Questioni processuali

La ricostruzione della dinamica di un incidente stradale e la valutazione del comportamento dei soggetti coinvolti rientrano nella funzione propria del giudice di merito e non sono soggette al controllo di legittimità, qualora immuni da vizi logici e giuridici. L'onere della preventiva richiesta di risarcimento all'assicuratore della responsabilità civile costituisce condizione di proponibilità dell'azione risarcitoria nei confronti del responsabile (Peccenini, 4).

L'attore che in primo grado abbia chiesto di accertare la positiva responsabilità del conducente del veicolo di parte convenuta non può, con l'atto di appello, chiedere l'applicazione della presunzione di pari responsabilità dei conducenti, trattandosi di una diversa prospettazione del titolo di responsabilità (Cass. n. 18228/2013; Cass. n. 10124/2009). ). Invece, all'udienza di prima trattazione è ammissibile la sostituzione dell'originaria domanda del terzo trasportato, tesa a far valere la responsabilità del proprietario del veicolo fondata sul contratto di trasporto concluso tra le parti, con un'altra basata sulla presunzione di responsabilità del proprietario medesimo ex art. 2054 (Cass. n. 22540/2018). Quando la parte agisce invocando la corresponsabilità della convenuta mediante richiamo generico all'art. 2054, il giudice non è vincolato nel potere di qualificazione giuridica dei fatti costitutivi della pretesa azionata, potendo sussumerli nella fattispecie di cui al primo comma della citata norma, in luogo di quella di cui al secondo comma della stessa, ove le condotte prospettate siano astrattamente compatibili con essa (Cass. n. 13757/2018).

Trasporto di persone

Le presunzioni di responsabilità previste dall'art. 2054 a carico del proprietario e del conducente del veicolo sono poste a tutela dei terzi estranei alla circolazione del mezzo e non possono essere invocate dai trasportati a titolo contrattuale o di cortesia. I primi, sia il trasporto a titolo oneroso o gratuito, potranno valersi dell'art. 1681, agendo a titolo di responsabilità contrattuale (Sica, 110); i secondi, per converso, potranno agire verso il proprietario o il conducente, invocando la clausola generale sull'illecito civile, ove ne ricorrano i presupposti (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 761; Salvi, 1247). Inoltre, il trasportato potrà agire nei confronti del proprietario del veicolo ai sensi dell'art. 2049, ove costui possa essere considerato preponente rispetto al guidatore (Scognamiglio, 628; Pogliani, 204). In senso contrario una parte minoritaria della dottrina sostiene che anche i terzi trasportati possono avvalersi della previsione dell'art. 2054 (Comporti, 192; Bonvicini, 686). Anche i terzi trasportati possono invocare a proprio favore la disposizione sulla responsabilità del proprietario per i vizi di costruzione o i difetti di manutenzione (Pogliani, 210 e 228). Ai sensi dell'art. 141 del codice delle assicurazioni private, salva l'ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall'impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo di legge, fermo restando quanto previsto all'art. 140, a prescindere dall'accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, fermo il diritto al risarcimento dell'eventuale maggior danno nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile, se il veicolo di quest'ultimo è coperto per un massimale superiore a quello minimo. Per ottenere il risarcimento il terzo trasportato promuove nei confronti dell'impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro la procedura di risarcimento prevista dall'articolo 148. L'azione diretta avente ad oggetto il risarcimento è esercitata nei confronti dell'impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo al momento del sinistro nei termini di cui all'art. 145. L'impresa di assicurazione del responsabile civile può intervenire nel giudizio e può estromettere l'impresa di assicurazione del veicolo, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato. L'impresa di assicurazione che ha effettuato il pagamento ha diritto di rivalsa nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile nei limiti ed alle condizioni previste dall'articolo 150.

Per converso, la giurisprudenza più recente sostiene che l'art. 2054 esprime, in ciascuno dei commi che lo compongono, principi di carattere generale applicabili a tutti i soggetti che da tale circolazione comunque ricevano danni e, quindi, anche ai trasportati, qualunque sia il titolo del trasporto, di cortesia ovvero contrattuale, oneroso o gratuito, sia verso il conducente sia verso il proprietario (Cass. n. 12704/2019Cass. n. 11270/2014; Cass. n. 17848/2007; Cass. n. 21115/2005; Cass. n. 10629/1998). La disciplina di diritto interno deve essere interpretata in conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, alla luce della quale la qualità di vittima-avente diritto al risarcimento prevale su quella di assicurato-responsabile; pertanto, il proprietario del veicolo, il quale al momento del sinistro viaggiava sullo stesso come trasportato, ha diritto ad ottenere dall'assicuratore il risarcimento del danno derivante dalla circolazione non illegale del mezzo, senza che assuma rilevanza la sua eventuale correponsabilità, salva l'applicazione, in detta ipotesi, dell'art. 1227 (Cass. n. 13738/2020Cass. n. 1269/2018). In ogni caso, la presunzione di responsabilità posta dagli artt. 1681 e 2054 a carico del vettore per i danni al viaggiatore opera quando sia provato il nesso causale tra il sinistro occorso al viaggiatore e l'attività del vettore posta in essere in esecuzione del trasporto, restando viceversa detta presunzione esclusa quando sia accertata la mancanza di una colpa in capo al vettore, come nel caso in cui il sinistro venga attribuito al fatto del viaggiatore (Cass. n. 414/2021Cass. 4343/2009). Segnatamente, in caso di scontro tra autoveicoli, il trasportato a titolo di cortesia, per ottenere il risarcimento del danno extracontrattuale, può avvalersi della presunzione ex art. 2054, secondo comma, nei confronti del proprietario e del conducente dell'altro veicolo, salva azione di regresso di questi ultimi nei confronti del primo conducente secondo le rispettive colpe, ex art. 2055, ove abbiano risarcito per intero il danno, e fermo restando che l'azione per il conseguimento dell'intera posta risarcitoria, proposta dal danneggiato avverso il conducente di uno solo dei veicoli coinvolti, non implica di per sé una remissione tacita del debito del corresponsabile, né una rinuncia alla solidarietà, presupponendo la prima una volontà inequivoca del creditore di non avvalersi del credito, e la seconda che il creditore agisca nei confronti di uno dei condebitori solidali solo per la parte del debito gravante su quest'ultimo (Cass. n. 15313/2017). Nel caso di circolazione illegale del veicolo, il terzo trasportato ha diritto al risarcimento del danno alla persona da parte dell'assicuratore se prova di averne ignorato senza colpa la illegale circolazione, essendo la mancata conoscenza dell'illegalità un fatto costitutivo della pretesa (Cass. n. 12231/2019, in Guida al dir., 2019, 34, 44).  Il proprietario del veicolo può eventualmente rispondere verso i trasportati in qualità di committente dell'autista ai sensi dell'art. 2049 (Cass. n. 756/1960). Resta fermo, comunque, che l'esposizione volontaria ad un rischio, o, comunque, la consapevolezza di porsi in una situazione da cui consegua la probabilità che si produca a proprio danno un evento pregiudizievole, è idonea ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre, proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante, in quanto viene a costituire un antecedente causale necessario del verificarsi dell'evento, ai sensi dell'art. 1227, primo comma, e, a livello costituzionale, risponde al principio di solidarietà sociale di cui all'art. 2 Cost. avuto riguardo alle esigenze di allocazione dei rischi (riferibili, nella specie, all'ambito della circolazione stradale) secondo una finalità comune di prevenzione, nonché al correlato obbligo di ciascuno di essere responsabile delle conseguenze dei propri atti. In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto sussistente il concorso di colpa del danneggiato per aver partecipato come passeggero ad una gara automobilistica clandestina (Cass. n. 11698/2014). Poiché il personale addetto al trasporto in ambulanza esercita un servizio non di mero trasporto, ma di assistenza sanitaria, ed ha quindi l'obbligo di provvedere a che il trasporto si compia preservando le condizioni di salute del trasportato, esso è responsabile della messa in circolazione del veicolo in condizioni di sicurezza, in base al titolo contrattuale che ha ad oggetto il trasporto sanitario e non in base al precetto generale previsto in materia di responsabilità civile extracontrattuale; conseguentemente, il responsabile dell'autoambulanza è obbligato ad imporre l'adozione delle misure di sicurezza al trasportato, il quale è pur sempre tenuto ad un dovere di cooperazione con il personale sanitario, in mancanza del quale è ipotizzabile il suo concorso di colpa (Cass. n. 23851/2008). In tema di morte di persona trasportata in conseguenza di uno scontro tra veicoli, gli assicuratori dei mezzi coinvolti si presumono in mora culpata, una volta decorso lo spatium deliberandi di cui all'art. 22, l. n. 990/1969, qualora non vi sia incertezza sulla dinamica del sinistro; ove, al contrario, tale incertezza sussista, i menzionati assicuratori devono, ai sensi dell'art. 1176, secondo comma, c.c., prefigurarsi l'ipotesi della corresponsabilità dei rispettivi assicurati ex artt. 2054 e 2055, in mancanza ricorrendo, per ciò solo, una mora culpata (Cass. n. 18056/2019).

 Con riguardo alla previsione dell'art. 141 del d.lgs. n. 209/2005, che costituisce un’alternativa a disposizione del danneggiato, la persona trasportata può avvalersi dell'azione diretta nei confronti dell'impresa di assicurazioni del veicolo sul quale viaggiava al momento del sinistro soltanto se in quest'ultimo siano rimasti coinvolti, pur in mancanza di un urto materiale, ulteriori veicoli (Cass. n. 25033/2019), benché uno dei veicoli rimasto coinvolto sia in ipotesi non assicurato o non identificato o sia assicurato con una compagnia che non abbia aderito alla convenzione tra assicuratori per il risarcimento diretto, c.d. CARD (Cass. n. 14255/2020Cass. n. 1161/2020Cass. n. 1279/2019Cass. n. 16477/2017), atteso che la norma in questione, di derivazione comunitaria, assegna una garanzia diretta alle vittime dei sinistri stradali in un'ottica di tutela sociale che fa traslare il "rischio di causa" dal terzo trasportato, vittima del sinistro, sulla compagnia assicuratrice del trasportante. Infatti, scopo della previsione è quello di valorizzare la ratio di rafforzamento della tutela del trasportato quale soggetto debole ed in tale ottica l'azione attribuita al trasportato nei confronti dell'assicuratore del vettore viene considerata come una semplificazione, la quale non può, però, avere l'effetto di privare il danneggiato della possibilità di far valere i diritti derivanti dal rapporto obbligatorio nato dalla responsabilità civile dell'autore del fatto dannoso (Corte cost. n. 205/2008). A tal fine è irrilevante la ricostruzione della dinamica del sinistro, rispondendo l’assicurazione del veicolo sul quale il trasportato viaggiava anche se la colpa esclusiva del sinistro sia addebitabile ad altro veicolo (Cass. n. 10410/2016Cass. n. 16181/2015).

 A tal fine è sufficiente che il terzo trasportato alleghi e provi il danno e il nesso causale, "a prescindere dall'accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro", potendogli essere opposto il solo "caso fortuito", da identificarsi, non già con la condotta colposa del conducente dell'altro veicolo coinvolto, ma con l'incidenza di fattori naturali e umani estranei alla sua circolazione. Ne consegue che tale norma non trova applicazione nel diverso caso in cui nel sinistro risulti coinvolto il solo veicolo del vettore del trasportato, essendo in tale ipotesi applicabile l'art. 144 c. ass. che consente al trasportato danneggiato di agire con azione diretta contro l'assicuratore del proprio veicolo, chiamando in causa anche il responsabile civile e, secondo quato stabilito dall'art.2054, primo comma, con onere probatorio a proprio carico equivalente a quello previsto dal citato art. 141, spettando al vettore la prova liberatoria "di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno", che è previsione sostanzialmente corrispondente all'esimente del caso fortuito (Cass. n. 40558/2021Cass. n. 17963/2021).

Azione diretta nei confronti dell'assicuratore

Il danneggiato ha azione diretta nei confronti dell'assicuratore del responsabile nei limiti delle somme (c.d. massimale) per le quali è stata stipulata l'assicurazione (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 764). Inoltre, è costituito un apposito fondo di garanzia per il risarcimento dei danni alle persone cagionati da veicoli non identificati o non assicurati o assicurati con società insolventi (Bianca, 759). Ai sensi dell'art. 145 del codice delle assicurazioni private, l'azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all'impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche se inviata per conoscenza, avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti all'art. 148. L'art. 149 di detto codice regola anche la possibilità di azione diretta  (risarcimento diretto) del danneggiato verso la propria assicurazione. Pertanto, in caso di sinistro tra due veicoli a motore identificati ed assicurati per la responsabilità civile obbligatoria, dal quale siano derivati danni ai veicoli coinvolti o ai loro conducenti, i danneggiati devono rivolgere la richiesta di risarcimento all'impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato. La procedura di risarcimento diretto riguarda i danni al veicolo nonché i danni alle cose trasportate di proprietà dell'assicurato o del conducente. Essa si applica anche al danno alla persona subito dal conducente non responsabile se risulta contenuto nel limite previsto dall'art. 139 (danni alla persona di lieve entità che non superano la percentuale di invalidità del 9%). La procedura non si applica ai sinistri che coinvolgono veicoli immatricolati all'estero ed al risarcimento del danno subito dal terzo trasportato come disciplinato dall'art. 141. L'impresa, a seguito della presentazione della richiesta di risarcimento diretto, è obbligata a provvedere alla liquidazione dei danni per conto dell'impresa di assicurazione del veicolo responsabile, ferma la successiva regolazione dei rapporti fra le imprese medesime. Se il danneggiato dichiara di accettare la somma offerta, l'impresa di assicurazione provvede al pagamento entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione e il danneggiato è tenuto a rilasciare quietanza liberatoria valida anche nei confronti del responsabile del sinistro e della sua impresa di assicurazione. L'impresa di assicurazione, entro quindici giorni, corrisponde la somma offerta al danneggiato che abbia comunicato di non accettare l'offerta o che non abbia fatto pervenire alcuna risposta. La somma in tal modo corrisposta è imputata all'eventuale liquidazione definitiva del danno. In caso di comunicazione dei motivi che impediscono il risarcimento diretto ovvero nel caso di mancata comunicazione di offerta o di diniego di offerta entro i termini previsti dall'art. 148 o di mancato accordo, il danneggiato può proporre l'azione diretta di cui all'art. 145, secondo comma, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione. L'impresa di assicurazione del veicolo del responsabile può chiedere di intervenire nel giudizio e può estromettere l'altra impresa, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato ferma restando, in ogni caso, la successiva regolazione dei rapporti tra le imprese medesime secondo quanto previsto nell'ambito del sistema di risarcimento diretto. Del risarcimento diretto possono avvalersi i successori del sinistrato deceduto a causa dell’incidente solo allorché rivendichino il danno jure hereditario, invocando ad esempio le voci del danno terminale o del danno catastrofale, e non allorché reclamino il danno parentale subito jure proprio.

In tema di assicurazione obbligatoria della r.c.a., il responsabile del danno, che deve essere chiamato in causa come litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal danneggiato contro l'assicuratore con azione diretta, in deroga al principio della facoltatività del litisconsorzio in materia di obbligazioni solidali, è unicamente il proprietario del veicolo assicurato, non anche il conducente, trovando detta deroga giustificazione nell'esigenza di rafforzare la posizione processuale dell'assicuratore, consentendogli di opporre l'accertamento di responsabilità al proprietario del veicolo, quale soggetto del rapporto assicurativo, ai fini dell'esercizio dei diritti nascenti da tale rapporto, ed in particolare, dall'azione di rivalsa (Cass. n. 5538/2011; Cass. n. 13955/2007, in Arch. giur. circ. sinistri, 2007, 12, 1294; Cass. n. 2665/2006; Cass. n. 9592/1998, in Arch. giur. circ. sinistri, 1998, 12, 1128; Cass. n. 1976/1998; Cass. n. 9647/1996; contra Cass. n. 7130/1992 ). L'art.18  l. n. 990/1969 (e, attualmente, l'art. 144 del d.lgs. n. 209/2005) deve essere interpretato in senso conforme al diritto dell'Unione europea, sicché l'assicuratore non può esercitare l'azione di regresso nei confronti dell'assicurato proprietario del veicolo ove egli sia anche passeggero-vittima del sinistro, al fine di evitare che lo stesso debba restituire quanto conseguito per effetto del risarcimento, senza che possa essere opposta la clausola di esclusione dalla copertura assicurativa fondata sul fatto che il veicolo era condotto da persona non abilitata o in stato di ebbrezza, salvo che l'assicurato fosse a conoscenza della circostanza che il mezzo era stato rubato (Cass. n. 1269/2018). Il terzo danneggiato non è tenuto ad effettuare accertamenti se sia stato pagato il premio assicurativo o rilasciato solo il certificato ed il contrassegno, potendo fare ragionevole affidamento sull'apparenza della situazione, giacché quello che rileva per la promovibilità dell'azione diretta nei confronti dell'assicuratore è l'autenticità del contrassegno e non la validità del rapporto assicurativo (Cass. n. 20374/2015; Cass. n. 14636/2014). Ed ancora, l'art. 144 d.lgs. n. 209/2005 deve essere interpretato in senso conforme al diritto dell'Unione europea, sicché il conducente e il trasportato possono avvalersi dell'azione diretta nei confronti dell'impresa di assicurazioni del veicolo antagonista, anche se quello sul quale viaggiavano al momento dello scontro sia sprovvisto di assicurazione, non incidendo l'obbligo assicurativo imposto dall'art. 122 del medesimo d.lgs. sulla legittimazione all'esercizio della menzionata azione (Cass. n. 1179/2022). L'assicuratore che abbia ingiustamente ritardato la prestazione dovuta è tenuto a corrispondere gli interessi e il risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria anche oltre il limite del massimale di polizza.

Il risarcimento diretto di cui all’art. 149 del d.lgs. n. 209/2005 rappresenta, ove ne ricorrano i presupposti, una facoltà di cui può usufruire il danneggiato rispetto all’azione diretta verso l‘assicurazione del responsabile civile (Corte cost. n. 180/2009Corte cost. n. 441/2008). Dubbia è la riconducibilità di tale alternatività alla sola fase giudiziale (Trib. Teramo 24 gennaio 2017, n. 30) oppure anche alla fase stragiudiziale (Trib. Milano 28 ottobre 2011, n. 13052). Sul punto, la S.C. sembra propendere per la prima soluzione; infatti, ha stabilito che, nNell'assicurazione per la responsabilità civile degli autoveicoli, ove il danneggiato abbia inviato la richiesta di risarcimento dei danni alla propria impresa di assicurazione, secondo il modello dell'art. 149 del d.lgs. n. 209/2005, e per conoscenza all'impresa di assicurazione dell'altro veicolo coinvolto, una volta decorsi i termini di cui all'art. 145 del medesimo decreto, qualora la fase stragiudiziale non si concluda con un esito positivo, si può proporre la domanda giudiziale anche nei confronti dell'impresa assicuratrice dell'altro veicolo coinvolto (Cass. n. 14910/2019Cass. n. 24548/2018). In ogni caso, dopo che la scelta è stata effettuata, le azioni non sono comunque cumulabili.

Bibliografia

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