Effetto limitato della rinuncia all'azione di disconoscimento

Gerarda Russo
30 Ottobre 2017

In tema di azione di disconoscimento della paternità il genitore che con istanza rinuncia al procedimento instaurato, può riproporre successivamente la domanda.
Massima

In tema di azione di disconoscimento della paternità, controversia che riguarda materia di diritti indisponibili per i quali non è consentito alcun tipo di negoziazione o di rinuncia, il genitore che con istanza rinuncia al procedimento instaurato, può riproporre successivamente la domanda. La natura indisponibile delle posizioni soggettive, come quelle che riguardano lo status familiae, che sono riconducibili ai diritti della personalità, fa si che la rinuncia abbia un effetto limitato al fine di non compromettere il diritto sostanziale.

Il caso

La Corte di Appello di Firenze, affermando la tempestività della presentazione della domanda, ha rigettato, in data 15 dicembre 2009, l'immediato appello proposto dalla moglie M.R.B. e da uno dei due figli S.L.S., avverso la sentenza non definitiva del Tribunale della stessa città, depositata in data 7 agosto 2009, con la quale è stata respinta l'eccezione di decadenza dall'azione di disconoscimento della paternità, azione proposta dal marito A.S. nei confronti dei due figli nati in costanza di matrimonio con la sig.ra M.R.B.

Il Tribunale di Firenze, con sentenza definitiva, depositata il 15 marzo 2011, ha dichiarato che l'attore non è il padre di P.E. e S.L.S., disponendone le relative annotazioni.

La Corte territoriale, in data 20 marzo 2014, nel confermare la decisione del Tribunale, ha ribadito che il disconoscimento del rapporto di filiazione si ricava dall'esplicita ed ingiustificato rifiuto dei figli di essere sottoposti ai prelievi ematici da eseguirsi ai fini dell'espletamento degli esami di natura genetica.

Avverso questa sentenza i soccombenti hanno proposto ricorso, affidato ad un solo motivo, cui l'intimato ha resistito con controricorso.

Definite tutte le questioni pendenti mediante una transazione, le parti e i loro difensori con istanza del 9 novembre 2016, hanno congiuntamente richiesto che venisse dichiarata la cessazione della materia del contendere.

La questione

La questione in esame è la seguente: accertato e dichiarato il disconoscimento della paternità, la rinuncia all'azione può essere “definitiva” attesa la natura indisponibile delle posizioni soggettive che sono da ricondurre ai diritti della personalità?

Le soluzioni giuridiche

Con il principio dispositivo, il processo civile dipende dall'attività delle parti: le parti hanno la possibilità di far valere i diritti in giudizio (il giudice non ha alcun potere di proporre la domanda) e sempre le parti hanno la possibilità di porre fine a tale giudizio.

Il processo civile quindi, si basa sul principio della domanda secondo cui, ai sensi dell'art. 99 c.p.c., «chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente», a cui consegue il principio del contraddittorio in base al quale «Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa» (art. 101 c.p.c.).

La giurisprudenza ha puntualizzato più volte le diverse forme di rinuncia: la rinuncia alla domanda, che rientra fra i poteri del difensore; la rinunzia agli atti del giudizio che può essere fatta valere solo personalmente dalla parte o da un suo procuratore speciale nelle forme previste dall'art. 306 c.p.c., che produce l'effetto dell'estinzione del procedimento solo con l'accettazione della controparte; la rinuncia al diritto oggetto di controversia, che rappresentando l'esercizio di un potere sostanziale spetta alla parte personalmente o al suo procuratore munito di mandato speciale, in quanto diretto a causare la perdita o la riduzione del diritto stesso (Cass. civ., sez. III, 4 febbraio 2002, n. 1439; Cass. civ., sez. II, 8 gennaio 2002, n. 140; Cass. sez. lav., 7 marzo 1998, n. 2572).

La giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. lav., 13 marzo 1999, n. 2268) specifica che la rinuncia all'azione (a differenza della rinuncia agli atti del giudizio che richiede l'accettazione della controparte nei modi indicati dalla legge), interrompe ogni attività giurisdizionale e che non necessita dell'accettazione dell'altra parte in quanto, estinguendo l'azione stessa, ha la stessa efficacia di un rigetto nel merito della domanda e fa, quindi, venire meno l'interesse delle controparti alla prosecuzione del giudizio per ottenere una pronuncia negativa sull'azione proposta dall'attore.

Pur essendo ammessa la possibilità per l'avente diritto di rinunciare all'azione, in tema di diritti indisponibili, come l'azione di disconoscimento della paternità, rispetto ai quali non è ammesso alcun tipo di negoziazione o rinuncia, tale rinuncia non investe il diritto sostanziale potendo l'azione essere successivamente riproposta.

I diritti indisponibili sono quei diritti rispetto ai quali il potere di disposizione del loro titolare è limitato allorché costui non vi può rinunciare.

In materia di famiglia quasi tutti i diritti sono indisponibili.

Osservazioni

In riferimento alla rinuncia alla domanda nell'ambito del procedimento avente ad oggetto un diritto indisponibile, occorre valutare se è volontà della parte ottenere o meno una pronuncia di merito.

Il tema, quindi, non è la cessazione della materia del contendere che costituisce un caso particolare di estinzione del processo per il venir meno dell'interesse delle parti alla regolare conclusione del giudizio, bensì l'efficacia della richiesta di porre fine al procedimento senza giungere ad una pronuncia di merito per non ostruire la facoltà di riproporre successivamente l'azione.

Quindi, quando si esprime la possibilità di ripresentare la domanda, la rinuncia ha un effetto limitato nell'ambito del procedimento riguardante diritti indisponibili atteso che la rinuncia all'azione estingue la pretesa del diritto sostanziale.

Guida all'approfondimento

C. Cattaneo, Filiaz. Legittima, Comm. SB, 97

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