Immutabilità del giudice: assedio al “Palazzo d’inverno”

02 Novembre 2017

L'art. 525, comma 2, c.p.p. prevede che «alla deliberazione concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento». Com'è noto, sul punto sono intervenute le Sezioni unite 15 gennaio 1999, Iannasso prevedendo che, nel caso di rinnovazione del dibattimento...

L'art. 525, comma 2, c.p.p. prevede che «alla deliberazione concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento».

Com'è noto, sul punto sono intervenute le Sezioni unite 15 gennaio 1999, Iannasso, prevedendo che, nel caso di rinnovazione del dibattimento a causa del mutamento della persona del giudice monocratico o della composizione del giudice collegiale, la testimonianza raccolta dal primo giudice non è utilizzabile per la decisione mediante semplice lettura, quando questo possa aver luogo e sia stato richiesto da una delle parti.

Si tratta di una previsione fortemente avversata dalla magistratura che, pur avendone ridimensionato significativamente il raggio di operatività, continua a ritenerla, spesso, frutto di un atteggiamento ostruzionistico della difesa, contrastante con la durata ragionevole del processo, incoerente con altre previsioni che consentono il recupero dibattimentale del precedente dichiarativo formatosi in contraddittorio davanti ad altri giudici.

Invero, quello che non si riesce a percepire della previsione – collegato anche a quanto previsto dall'art. 526 c.p.p. – è costituito da fatto che la norma va ben oltre la tutela del contraddittorio. La sua violazione, infatti, è sanzionata con l'unica nullità assoluta del codice di procedura penale. Se i trattasse di mero rispetto del contraddittorio troverebbero operatività le regole generali degli artt. 178 - 179 c.p.p., senza alcuna previsione espressa.

In realtà, la disposizione è posta a presidio della competenza funzionale a pronunciarsi soltanto per i giudici che hanno visto formarsi la prova nell'aula dibattimentale.

La necessità che la prova dichiarativa si formi davanti ai giudici nell'oralità è stata confermata sotto uno specifico profilo, peraltro significativo, della previsione di cui all'art. 603, comma 3-bis, c.p.p., introdotta dalla riforma Orlando, dalle sentenze Cass. pen., Sez. un. Dasgupta e Patalano, in linea con la notissima giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo.

Il tribunale di Bari, nella piena consapevolezza della difficoltà di superare questi orientamenti, propone, ai sensi dell'art. 267 T.F.Ue, una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea della richiamata previsione, in relazione agli artt. 16, 18 e 20, lett. b) della direttiva 2012/29/Ue.

Il riferimento, rimandando alla motivazione dell'ordinanza barese per le più ampie argomentazioni, si indirizza alla tutela della vittima, al possibile pregiudizio per la sua situazione psicologica ed emotiva, alla necessità di una decisione rapida sul diritto all'eventuale risarcimento e, in generale, alla dignità della persona umana.

Va, anzitutto, ricordato che l'art. 18 cit. della direttiva fa salvi i diritti della difesa; che l'art. 20 lett. b) cit. si riferisce alla fase delle indagini; che la sentenza Pupino si riferisce a soggetti minorenni; che il danneggiato può agire in sede civile per le restituzioni ed il risarcimento del danno.

Va, in secondo luogo, sottolineato come il codice, proprio a questi fini, assicuri ai minori e ai soggetti vulnerabili una particolare tutela, attraverso l'assunzione della prova nell'incidente probatorio. Il dato consente di escludere, comunque, una generale preclusione ad ascoltare la vittima del reato a dibattimento che, infatti, al di fuori dei riferiti casi, viene esaminata senza impedire, ove necessario, che anche i soggetti “deboli” vengano sentiti.

In altri termini, l'opera di bilanciamento tra tutela della vittima e diritto di difesa, oralità, immediatezza è già stata compiuta dal Legislatore.

Si considerino inoltre le ricadute di un eventuale accoglimento dell'ordinanza. Il giudice monocratico subentrato dovrebbe decidere sulla base delle dichiarazioni assunte da un altro giudice. Considerati i tempi lunghi dei nostri dibattimenti e le possibili sostituzioni dei componenti il Collegio, la prova dichiarativa potrebbe essere stata acquisita nell'oralità anche da un solo giudice (in caso di sostituzione successiva di due componenti) ovvero da nessun giudice, nel caso in cui tutti e tre fossero stati sostituiti. Senza tener conto che sarebbero consentite applicazioni temporanee. Forse il problema va affrontato in punto di organizzazione giudiziaria e non scaricando sulle parti e sull'offeso le disfunzioni del sistema.

Alterate progressivamente le regole dell'istruzione dibattimentale, introdotto il dibattimento virtuale, dilatate le situazioni del recupero del “precedente”, resta solo da cancellare l'ultimo baluardo della residua oralità.

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