No al regresso se il pagamento del mutuo contribuisce al mantenimento dei figli

Laura Logli
06 Novembre 2017

Nel caso di mutuo contratto da entrambi i coniugi per l'acquisto della casa familiare, il Tribunale può determinare l'assegno mensile per il mantenimento dei figli imponendo ad uno dei coniugi il pagamento dell'intera rata del mutuo, con esclusione dell'azione di regresso nei confronti dell'altro coniuge poiché tale pagamento costituisce una forma indiretta di mantenimento.
Massima

Nel caso di mutuo contratto da entrambi i coniugi per l'acquisto della casa familiare, fatta salva l'obbligazione solidale verso l'istituto di credito, il Tribunale può alternativamente disporre un assegno mensile per il mantenimento dei figli a carico di uno dei due coniugi partendo dal presupposto che entrambi sono tenuti al pagamento di un mezzo delle rate del mutuo (con conseguente diritto di regresso del coniuge che paghi l'intera rata verso il coniuge che non adempia al proprio obbligo), oppure determinare l'assegno mensile imponendo ad uno dei due coniugi il pagamento dell'intera rata del mutuo, con esclusione dell'azione di regresso nei confronti dell'altro, proprio perché tale pagamento costituisce una forma indiretta di mantenimento.

Il caso

Tizia ha convenuto in giudizio il marito Caio al fine di ottenere la separazione personale.

Nel corso del giudizio le parti hanno raggiunto un complesso accordo economico – che prevedeva anche trasferimenti patrimoniali in favore delle figlie – subordinato però al perfezionamento di accollo liberatorio per il mutuo gravante sulla casa coniugale da parte del marito, con conseguente liberazione della moglie da ogni obbligazione sia nei confronti dell'istituto di credito sia dell'appaltatore che aveva costruito la casa coniugale.

Successivamente però era risultato che l'istituto mutuante non avesse acconsentito (rectius: non risultava avesse assentito) all'accollo con effetto liberatorio. Le parti hanno dunque precisato conclusioni (parzialmente) difformi.

Da un lato, infatti, le stesse hanno concordato in merito all'assegnazione della casa coniugale, cointestata, al marito – pur non essendo collocatario – con conseguente accollo (non liberatorio) del debito derivante dal mutuo; dall'altro però Tizia ha insistito affinché il Tribunale recepisse l'accordo raggiunto, assumendo che lo stesso, pur non essendo stato omologato dal Tribunale, fosse valido, efficace e vincolante tra le parti (Cass. civ., sez. III, 3 dicembre 2015, n. 24621); Caio, invece, ha chiesto di respingere le domande di Tizia e di fissare il contributo perequativo in misura ridotta, tenendo conto proprio dell'onere derivante dal pagamento delle rate di mutuo.

La questione

I Giudici hanno dovuto affrontare due questioni interessanti: la prima consistente nell'efficacia del mancato assenso della Banca all'accollo liberatorio rispetto all'accordo raggiunto dai coniugi; la seconda relativa all'incidenza, sulla determinazione del contributo perequativo, del pagamento della rata di mutuo per l'acquisto della casa coniugale posto, per decisione concorde dei coniugi, in capo al marito.

Le soluzioni giuridiche

Con la sentenza de qua il Tribunale, pronunciando la separazione dei coniugi, ha 1) respinto la domanda delle parti di assegnazione della casa coniugale al marito, in linea con la giurisprudenza di merito e di legittimità che prevede sempre che il presupposto per l'applicazione dell'art. 337-sexies c.c. sia il collocamento prevalente dei figli, assente nel caso di specie; 2) posto a carico di Caio l'obbligo di pagare integralmente le rate del mutuo contratto per la casa coniugale senza diritto di regresso nei confronti della moglie Tizia; 3) posto a carico del padre il versamento di un assegno di mantenimento mensile a favore delle figlie, contenuto nell'importo di € 400,00 mensili, tenendo conto del pagamento integrale delle rate del mutuo.

Con riferimento alla prima questione, i Giudici hanno rilevato che l'assenso dell'istituto di credito costituisce una condizione alla quale le parti hanno subordinato l'accordo per concludere consensualmente la separazione e, pertanto, non essendosi realizzata tale condizione, la pattuizione tra Tizia e Caio non poteva diventare parte integrante della sentenza poiché riguardante anche terzi estranei al giudizio. Affinché l'accordo tra le parti fosse recepito nella decisione del Collegio, l'istituto di credito avrebbe dovuto manifestare il proprio assenso aderendo in via stragiudiziale all'accordo stesso.

Con riferimento, invece, alla seconda questione, il Tribunale aveva di fronte a sé la seguente alternativa: a) disporre un assegno mensile a favore delle figlie a carico del padre partendo dal presupposto che entrambi i coniugi sono tenuti al pagamento di un mezzo delle rate del mutuo. In tal caso, laddove il marito continuasse a pagare le rate in via esclusiva avrebbe diritto di regresso nei confronti della moglie inadempiente per la quota di mutuo che le compete; b) determinare l'assegno di mantenimento mensile a favore delle figlie, imponendo a Caio di pagare l'intera rata del mutuo con esclusione dell'azione di regresso in quanto tale situazione costituisce un risparmio per la moglie e, pertanto, una forma indiretta di mantenimento della prole.

Il Tribunale ha preferito la seconda soluzione e ha imposto a Caio di pagare l'intera rata del mutuo. Di conseguenza, il Collegio ha determinato l'ammontare dell'assegno di mantenimento a favore delle figlie considerando il reddito mensile effettivamente disponibile del padre derivante dalla differenza tra il reddito netto da lavoro e l'importo imputato al pagamento del mutuo. Peraltro, la scelta operata dal Tribunale segue un principio pacifico in giurisprudenza (Cass. civ., sez. I, 3 settembre 2013, n. 20139; Cass. civ., sez. I, 25 giugno 2010, n. 15333; Cass. civ., sez. VI-1, ord., 8 aprile 2015, n. 7053; Cass. civ., sez. VI-5,ord., 2 aprile 2015, n. 6794; App. Bologna, sez. I, 3 gennaio 2013; App. Napoli, 27 giugno 2008).

Osservazioni

La prima questione affrontata dal Tribunale attiene al rapporto esistente tra i coniugi e l'istituto di credito che ha concesso il mutuo.

Parte attrice ha chiesto, infatti, di recepire integralmente l'accordo tra i coniugi quanto all'accollo integrale del mutuo da parte del marito, sostenendo che Caio non ha dimostrato di non essere riuscito ad ottenere l'assenso dell'istituto di credito all'assunzione a proprio esclusivo carico del mutuo gravante sulla casa coniugale. Parte convenuta, al contrario, ha eccepito la novità e la tardività della domanda della moglie non formulata negli atti introduttivi del giudizio.

Il Collegio ha ritenuto la domanda di Tizia ammissibile proprio perché nei procedimenti di separazione e divorzio soggetti al principio rebus sic stantibus le circostanze possono subire mutamenti in corso di causa e può ben capitare che siano recepiti accordi che siano intervenuti dopo la scadenza dei termini per la modifica delle conclusioni.

Ciò nonostante, i Giudici hanno ritenuto di non poter accogliere la domanda di Tizia poiché le parti hanno sì prestato il proprio consenso alla soluzione bonaria della lite ma hanno subordinato l'accordo proprio all'accollo integrale del mutuo da parte di Caio, con liberazione dell'attrice da ogni obbligazione sia verso l'istituto di credito che verso l'appaltatore che aveva costruito la casa coniugale.

E infatti, le vicende relative ai rapporti personali tra i coniugi non hanno alcun effetto diretto sul contratto di mutuo stipulato originariamente. Affinché l'accordo tra i coniugi sia vincolante anche nei confronti dell'istituto di credito, si rende necessario che la banca aderisca all'accordo stesso in via stragiudiziale.

Non è in alcun modo possibile per il Tribunale ordinare a soggetti terzi ed estranei rispetto alla vicenda separativa – come, appunto, l'istituto di credito – di liberare uno dei soggetti obbligati al pagamento delle rate del mutuo.

Da ciò si evince che in caso di inadempimento del coniuge tenuto a corrispondere l'intero pagamento delle rate del mutuo, la Banca ben potrebbe agire anche nei confronti dell'altro coniuge poiché pur sempre cointestario del rapporto di mutuo.

In merito alla seconda questione, il Tribunale di Pavia ha seguito il consolidato orientamento giurisprudenziale sostenendo che la corresponsione per intero delle rate del mutuo da parte di uno dei coniugi incide sull'ammontare dell'assegno di mantenimento che viene determinato considerando il reddito da lavoro depurato dall'importo mensile versato per il pagamento del mutuo.

Nel caso in cui uno dei due coniugi sia obbligato dal Tribunale al pagamento dell'intera rata del mutuo come modalità di adempimento dell'obbligo contributivo, non sussiste diritto di regresso nei confronti dell'altro coniuge proprio perché detto pagamento costituisce una forma di mantenimento indiretto. Costituisce principio pacifico, infatti, quello secondo cui l'assegno periodico di mantenimento per la prole può essere determinato in una somma di denaro unica o in specifiche voci di spesa, che risultino idonee a soddisfare le esigenze di vita in vista delle quali l'assegno è stato disposto.

Proprio alla luce del fatto che la moglie aveva già lasciato l'abitazione famigliare, Tizia ha contestato il rilievo giuridico della sentenza Cass. civ., 3 settembre 2013, n. 20139, citata dal marito a sostegno delle proprie richieste, rilevando che tale pronuncia era intervenuta in un caso in cui l'abitazione coniugale era stata assegnata alla madre convivente con i figli e, di conseguenza, il pagamento dell'intera rata del mutuo da parte del marito costituiva pacificamente una modalità di partecipazione al mantenimento della prole, visto il godimento esclusivo del bene da parte dell' assegnataria della casa. Il Tribunale ha rigettato le considerazioni di parte attrice considerando la sentenza sopra citata legittimamente applicabile al giudizio poiché nessuno dei due coniugi aveva chiesto nelle more del procedimento la divisione del bene con eventuale vendita dell'intero immobile. Resta pacifico quindi il principio secondo cui l'esclusivo godimento dell'immobile da parte del coniuge cointestatario del bene determini sì un vantaggio suscettibile di valutazione economica e dunque rilevante ai fini della quantificazione del contributo economico dovuto al coniuge per i figli, ma non liberi l'altro, comunque intestatario del bene, dall'obbligo di corrispondere le rate di mutuo gravante sull'immobile di cui è cointestatario.

Con riferimento alla determinazione dell'assegno di mantenimento a favore delle figlie, il tribunale ha quindi tenuto conto non solo dell'accollo integrale del mutuo da parte del marito, ma anche dell'uso gratuito del bene intestato ad entrambi i coniugi da parte di Caio e del canone di locazione in carico dalla moglie per la nuova soluzione abitativa.

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