Il procedimento di prevenzione si stabilizza e rimpiazza il processo penale (ma siamo agli antipodi del giusto processo)

07 Novembre 2017

La riforma del 2017 sul codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione ha consolidato la legislazione speciale italiana degli ultimi anni, rafforzando il corpus di un «diritto di polizia», che, nato nel campo dell'amministrazione per ...
Abstract

La riforma del 2017 sul codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione ha consolidato la legislazione speciale italiana degli ultimi anni, rafforzando il corpus di un «diritto di polizia», che, nato nel campo dell'amministrazione per applicare “misure di polizia” dirette a prevenire i danni sociali che possono derivare dall'attività dei privati, usato spregiudicatamente durante il fascismo per tutelare il regime, negli anni ha maturato l'ambizione di diventare un «diritto di prevenzione», perché ritenuto l'unica arma indispensabile per fronteggiare la criminalità organizzata. La legislazione di prevenzione ha così dato luogo ad un microsistema, un vero e proprio doppio binario, differenziato dal macrosistema del diritto penale, con la previsione di fattispecie non tipizzate e di mero sospetto (la «pericolosità per la sicurezza pubblica»), per cui, nel procedimento di prevenzione, il giudice non accerta un fatto determinato, come nel processo penale, nel quale è possibile esercitare il contraddittorio, ma valuta una situazione e perciò il metro di giudizio non è quello dell'accertamento del fatto ma quello della valutazione della “pericolosità” del proposto per la sua situazione o l'attività che svolge. Nel procedimento di prevenzione il convincimento del giudice non si fonda perciò sulla prova di un fatto attribuito ad un soggetto ma sull'indizio o sul sospetto della sua pericolosità. In altre parole, è un giudizio sulla personalità, una valutazione sulla cosiddetta colpa d'autore o colpa per il modo d'essere (Taterschuld), nel quale il giudice non accerta ma valuta soggettivamente l'altrui pericolosità, comportandosi come un'autorità amministrativa che provvede nel pubblico interesse. Superfluo dire che al giudice viene assegnato un compito che non è suo e che lo trasforma in poliziotto. Tuttavia, il fatto che i provvedimenti emanino formalmente dal giudice attribuisce al procedimento di prevenzione un'apparenza di giurisdizionalità, anche se vuota di sostanza. Ma di fronte alle valutazioni soggettive la difesa è impotente, perché non può dimostrare il contrario di un fatto inesistente e, d'altra parte, non ha senso proporre valutazioni soggettive di segno opposto a quelle d'accusa, che lasciano il tempo che trovano e consentono comunque al giudice di decidere sulla base della sensazione che gli pare più forte, supportata dagli elementi raccolti unilateralmente dalla polizia. Il procedimento di prevenzione è destinato perciò a concludersi con l'applicazione di una o più misure di prevenzione, che sono vere e proprie sanzioni, cioè “pene del sospetto” (foglio di via obbligatorio, avviso orale, obblighi, divieti, ammonimenti, ma soprattutto la più gravosa sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con divieto o obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale, confisca dei beni).

Tale ibrido sistema di prevenzione, pur non trovando esplicito avallo nella Costituzione, la quale ammette soltanto misure di sicurezza, è stato più volte sottoposto all'esame sia della Corte costituzionale, sia della Corte europea dei diritti dell'uomo, uscendone però sempre sostanzialmente indenne. La Grande Camera di Strasburgo, nella sentenza De Tommaso v. Italia, dopo aver preso atto che la Corte costituzionale italiana, con la sent. n. 177/1980, aveva già considerato insufficiente il criterio delle “tendenze criminali” per definire la categoria degli individui ai quali le misure di prevenzione potevano essere applicate, ha osservato che le previsioni degli artt. 3 e 5 della l. 1423 del 1956 erano scritte in termini veramente generali ed il loro contenuto era estremamente vago e indeterminato. Ciò accadeva in particolare nelle prescrizioni concernenti l'obbligo di tenere una condotta onesta e rispettosa della legge e di non dar motivo di sospetto, rispetto alle quali la Corte costituzionale era giunta alla conclusione che tali generiche previsioni legislative di honeste vivere non violano il principio di legalità. La Corte di Strasburgo aggiunge che l'interpretazione offerta dalla Corte costituzionale italiana nella sua sent. n. 282 del 2010 fu susseguente ai fatti della presente causa e fu impossibile per il ricorrente accertare, sulla base della stessa sentenza, il preciso contenuto di qualcuno dei requisiti ai quali egli era stato sottoposto mentre era sotto sorveglianza speciale. Tali requisiti, in verità, possono dar luogo a diverse differenti interpretazioni, come la stessa Corte costituzionale italiana aveva ammesso e la Corte europea conferma, riconoscendo che tali requisiti sono espressi in termini vaghi. In aggiunta, l'interpretazione data dalla Corte costituzionale nella sent. n. 282/2010 non risolse il problema del difetto di prevedibilità delle misure di prevenzione applicabili. Infine i giudici europei non sono convinti che le prescrizioni di «condurre una vita onesta e rispettosa della legge» furono sufficientemente circoscritte dall'interpretazione della Corte costituzionale. La Corte europea ha perciò riconosciuto, all'unanimità, che alle misure di prevenzione deve essere applicato l'art. 6.1 Cedu, «in its civil limb», e che esso è stato violato per difetto di pubblica udienza, ma ha anche dichiarato la violazione dell'art. 2 del protocollo n. 4 sulla libertà di circolazione (Corte Edu, Grande Camera, 23 febbraio 2017, De Tommaso v. Italia). La sentenza spiega i suoi effetti anche sulla vigente legislazione perché il d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, individua i soggetti destinatari delle misure di prevenzione nelle generiche categorie indicate all'art. 1 d.lgs. cit., che difettano della prevedibilità necessaria per rispettare il principio di legalità ed anche le vaghe prescrizioni di vivere onestamente e di rispettare le leggi sono tuttora vigenti nell'art. 8 d.lgs. cit., sanzionate penalmente dall'art. 75, comma 2, dello stesso d.lgs. e la loro violazione può comunque dar luogo ad un aggravamento della misura di prevenzione personale (si veda Cass. pen., Sez. unite, 27 aprile 2017, Paternò, ha affermato che l'inosservanza delle prescrizioni generali di vivere onestamente e di rispettare le leggi, da parte del soggetto sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, non integra la norma incriminatrice di cui all'art. 75, comma 8, d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159. Essa può, tuttavia, rilevare ai fini dell'eventuale aggravamento della misura di prevenzione personale).

Nate con le leggi 1423 del 1956 e 575 del 1965, le misure di prevenzione apparivano quanto mai illiberali e irrispettose dei fondamentali principi di diritto sostanziale e processuale ma, essendo introdotte con leggi precedenti l'avvento della Costituzione, si sperava in una loro riforma adeguatrice ai precetti costituzionali e convenzionali. Invece le «controriforme» del 2008, del 2009, del 2010 e del 2011, le cui linee portanti sono confluite nel codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, e poi le modifiche degli anni successivi fino al 2017, confermano la negativa valutazione del sistema di prevenzione.

La materia è disciplinata organicamente dal Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, introdotto dal d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, più volte modificato, che si articola nel Titolo I, dedicato alle misure di prevenzione personali, nel Titolo II, intitolato alle misure di prevenzione patrimoniale, mentre il Titolo III disciplina l'amministrazione, la gestione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, il Titolo IV garantisce la tutela dei terzi e i rapporti con le procedure concorsuali, il Titolo V regola gli effetti delle misure di prevenzione ed infine il Titolo V-bis garantisce la trattazione prioritaria del procedimento di prevenzione patrimoniale.

Le modifiche del 2017 al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione

Le misure di prevenzione “tipiche”, cioè previste dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, possono essere personali (foglio di via obbligatorio ed avviso orale, disposti dal questore, nonché sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, eventualmente aggravata dal divieto o obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale, disposta dall'autorità giudiziaria) oppure patrimoniali (confisca ed eventuale misura cautelare del sequestro, ordinata dall'autorità giudiziaria, cauzione e garanzie reali, nonché la misura dell'amministrazione giudiziaria dei beni personali ovvero connessi ad attività economiche e delle aziende) e quella del controllo giudiziario delle aziende.

La riforma del 2017, attuata con la l. 17 ottobre 2017, n. 161, ha introdotto diverse “novità”.

La titolarità della proposta di applicazione

La “novella” ha esteso la titolarità della proposta di applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale, che ora può essere avanzata dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove dimora la persona, dal questore o dal direttore della direzione investigativa antimafia. L'applicazione, invece, delle misure ante delictum personali del foglio di via obbligatorio e dell'avviso orale resta, in via esclusiva, in capo all'autorità di pubblica sicurezza e solo nei confronti dei soggetti di cui all'art. 1 del codice antimafia e delle misure di prevenzione. Sono legittimati a richiedere l'adozione di una misura di prevenzione patrimoniale anche il procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo, oltre che il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove dimora la persona, il questore e il direttore della direzione investigativa antimafia. Infine, quando la misura di prevenzione personale o patrimoniale è richiesta nei confronti dei soggetti di cui all'art. 4, comma 1, lett. c), i), i-bis) e i-ter) dello stesso codice, il potere di proposta è attribuito anche al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona, previo coordinamento con il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto. La “novella” stabilisce, ora, che la proposta di misura di prevenzione antimafia debba essere depositata presso le cancellerie delle sezioni o dei collegi specializzati per le misure di prevenzione del tribunale distrettuale, nel territorio del quale la persona dimora.

I destinatari

La riforma del 2017 ha ulteriormente e irragionevolmente ampliato il novero dei destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali. Ormai i destinatari delle misure di prevenzione personali applicate dall'autorità giudiziaria costituiscono una sconfinata serie di individui: gli indiziati di partecipazione alle associazioni di tipo mafioso anche straniere; gli indiziati di uno dei reati previsti dall'art. 51, comma 3-bis, c.p.p. ovvero del delitto di trasferimento fraudolento di valori o del delitto di assistenza agli associati; coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi, di coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, vivere abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuosa e di coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla normativa vigente, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica; gli indiziati di uno dei delitti, consumati o tentati, con finalità di terrorismo, e coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal Capo I, Titolo VI, del Libro II, del codice penale o dagli artt. 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605, 630 c.p. nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un'organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all'art. 270-sexies c.p.; coloro che abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della l. 20 giugno 1952, n. 645 e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere un'attività analoga a quella precedente; coloro che compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti alla ricostituzione del partito fascista, in particolare con l'esaltazione o la pratica della violenza; coloro che, fuori dei casi prima citati, siano stati condannati per uno dei delitti in materia di armi, quando debba ritenersi che, per il loro comportamento successivo, siano proclivi a commettere un reato della stessa specie e con la finalità di sovversione dell'ordinamento dello Stato o di terrorismo anche internazionale; gli istigatori, i mandanti ed i finanziatori di uno qualsiasi dei reati indicati precedentemente; ancora, gli indiziati di aver agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza sportiva, nonché alle persone che, per il loro comportamento, debba ritenersi, anche sulla base della partecipazione in più occasioni alle medesime manifestazioni ovvero della reiterata applicazione nei loro confronti del divieto previsto dallo stesso articolo, che sono dediti alla commissione di reati che mettono in pericolo l'ordine e la sicurezza pubblica, ovvero l'incolumità delle persone in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazioni sportive; ai soggetti indiziati del delitto truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, o del delitto di associazione per delinquere, finalizzato alla commissione di taluno dei delitti di cui agli artt. 314, comma 1, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis c.p.; ai soggetti indiziati del delitto di atti persecutori.

Ancora più numeroso l'elenco dei destinatari delle misure di prevenzione patrimoniali, i quali sono, oltre tutti i soggetti nei cui confronti possono applicarsi le misure di prevenzione personale, anche le persone fisiche e giuridiche segnalate al Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite, o ad altro organismo internazionale competente per disporre il congelamento di fondi o di risorse economiche, quando vi sono fondati elementi per ritenere che i fondi o le risorse possano essere dispersi, occultati o utilizzati per il finanziamento di organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali. È sufficiente quindi un semplice indizio di uno qualsiasi degli innumerevoli reati sopramenzionati per l'applicazione della misura di prevenzione.

La fase istruttoria e il giudizio

La disciplina della fase istruttoria, che è quella in cui il P.M. e la polizia raccolgono segretamente le prove, è rimasta immodificata. Sono disciplinate assai diffusamente le indagini “patrimoniali”, stabilendosi che i soggetti titolari dell'azione di prevenzione procedono, anche a mezzo della guardia di finanza o della polizia giudiziaria, a indagini sul tenore di vita, sulle disponibilità finanziarie e sul patrimonio dei soggetti destinatari della proposta. Nessuna disposizione regola, invece, le indagini “personali”, che quindi sono tutte e sempre ammissibili senza alcuna indicazione di modalità, tempi, soggetti ed oggetto. Comunque, per entrambi i tipi di indagine, manca qualsiasi garanzia difensiva, in contrasto con l'art. 24, comma 2, Cost. e con il principio del giusto processo che prescrive il contraddittorio nella formazione della prova (art. 111, comma 4, Cost.), oltre che con le regole dell'equo processo sancite dall'art. 6 Cedu, soprattutto perché non si tratta di atti di indagine ma di veri e propri atti istruttori di acquisizione della prova. Nel procedimento di prevenzione non è prevista la partecipazione della difesa ad alcun atto istruttorio, né un avviso di conclusione delle indagini, né l'udienza preliminare, per cui manca un preliminare vaglio giurisdizionale sulla fondatezza della proposta di misura di prevenzione.

In riferimento al giudizio continua a mancare qualsiasi regola generale sulla prova e sui divieti probatori che regolano la materia nel processo penale di cognizione. Tale lacuna legislativa consente che gli atti d'indagine del pubblico ministero e della polizia, assunti in segreto e unilateralmente, siano destinati ad essere sempre e comunque ammissibili e utilizzabili come prova dal giudice ai fini dell'applicazione della misura di prevenzione. Non essendo prevista la formazione del fascicolo per il giudizio di prevenzione, quindi, tutti i verbali delle indagini confluiscono nel fascicolo a disposizione del giudice, in contrasto con il principio della formazione della prova in contraddittorio, di cui agli artt. 111, comma 4, Cost. e 6 Cedu. Si è ora solo prescritto che il tribunale, concluso l'accertamento circa la regolare costituzione delle parti, ammetta le prove rilevanti, escludendo quelle vietate dalla legge o superflue. Si precisa anche che il termine (meramente ordinatorio) di trenta giorni entro il quale il tribunale di prevenzione deve provvedere con decreto motivato decorre dal deposito della proposta e che l'avviso di fissazione della data dell'udienza deve contenere una concisa esposizione dei contenuti della proposta. È inoltre previsto che la partecipazione all'udienza di detenuti e internati al di fuori della circoscrizione del giudice è assicurata a distanza mediante collegamento audiovisivo, salvo che il collegio ritenga necessaria la presenza della parte. È possibile il rinvio dell'udienza in caso di legittimo impedimento, non solo dell'interessato ma anche del difensore e si prescrive la presenza necessaria del difensore dell'interessato all'udienza. Il tribunale decide sulla proposta di misura di prevenzione con decreto motivato, con il quale può ora imporre il divieto di soggiorno anche in relazione a una o più “regioni” (e non più alle “province”). Modifiche marginali riguardano lacompetenza, il pagamento delle spese processuali, i termini di deposito del decreto e la redazione non immediata dei motivi. Si prevede che il decreto del tribunale debba essere comunicato anche al difensore del proposto.

Il sequestro di prevenzione

La misura cautelare del sequestro di prevenzione si articola in diverse forme. È previsto un sequestro “anticipato” rispetto all'udienza «quando vi sia concreto pericolo che i beni di cui si prevede debba essere disposta la confisca vengano dispersi, sottratti od alienati»: in tal caso i soggetti legittimati alla proposta possono, unitamente alla proposta stessa, richiedere al presidente del tribunale competente per l'applicazione della misura di prevenzione di disporre anticipatamente il sequestro dei beni prima della fissazione dell'udienza. Il presidente del tribunale provvede con decreto motivato entro cinque giorni dalla richiesta. Il sequestro eventualmente disposto perde efficacia se non convalidato dal tribunale entro trenta giorni dalla proposta. Il sequestro “urgente” è disposto nel corso del procedimento, a richiesta dei soggetti legittimati alla proposta o degli organi incaricati di svolgere ulteriori indagini disposte dal tribunale, «nei casi di particolare urgenza» dal presidente del tribunale con decreto motivato e perde efficacia se non è convalidato dal tribunale nei trenta giorni successivi. Analogamente si procede se, nel corso del procedimento, anche su segnalazione dell'amministratore giudiziario, emerge l'esistenza di altri beni che potrebbero formare oggetto di confisca .

Il tribunale, anche d'ufficio, con decreto motivato, ordina il sequestro ordinario dei beni dei quali la «persona nei cui confronti è stata presentata la proposta» risulta « poter disporre, direttamente o indirettamente, quando il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all'attività economica svolta ovvero quando, sulla base di sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego», ovvero dispone l'amministrazione giudiziaria dei beni o il controllo giudiziario delle aziende. Ma il tribunale può anche imporre indagini coatte, perché, prima di fissare l'udienza e decidere, può restituire gli atti all'organo proponente quando ritiene che «le indagini non siano complete e indica gli ulteriori accertamenti patrimoniali indispensabili per valutare la sussistenza dei presupposti» necessari per l'applicazione del sequestro o dell'amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche o del controllo giudiziario delle aziende. Il sequestro è revocato dal tribunale quando risulta che esso ha per oggetto beni di legittima provenienza o dei quali l'indiziato non poteva disporre direttamente o indirettamente o in ogni altro caso in cui è respinta la proposta di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale. Con il provvedimento con il quale dispone il sequestro il tribunale nomina il giudice delegato alla procedura e un amministratore giudiziario, assicurando la capacità dell'amministratore, la trasparenza nella sua scelta e la rotazione degli incarichi e salvaguardando l'impresa e l'occupazione del personale. La riforma prevede, inoltre, che il sequestro di partecipazioni sociali totalitarie si estenda di diritto a tutti i beni aziendali, che il tribunale è peraltro chiamato a indicare in modo specifico. Viene altresì modificata la disciplina dell'esecuzione del sequestro, affidata ora alla polizia giudiziaria (anziché all'ufficiale giudiziario), con l'eventuale assistenza, «ove ritenuto opportuno», dell'ufficiale giudiziario. Il diritto di intervento nel procedimento è garantito anche a coloro che vantino sul bene in sequestro diritti reali di garanzia, e non più solo diritti reali o personali di godimento.

È possibile anche il sequestro e la confisca “successivi”, che possono essere adottati, su richiesta dei soggetti legittimati alla proposizione, quando ne ricorrano le condizioni, anche dopo l'applicazione di una misura di prevenzione personale. Sulla richiesta provvede lo stesso tribunale che ha disposto la misura di prevenzione personale, con le forme previste per il relativo procedimento e rispettando le disposizioni per l'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale (art. 24, comma 3, c.l.a.m.p.).

La confisca di prevenzione

Il tribunale dispone la confisca di prevenzione dei beni sequestrati di cui il proposto «non possa giustificare la legittima provenienza» e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, «risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, nonché dei beni che risultino essere frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego». È così imposta l'inversione dell'onere della prova, poiché non è il P.M. a dover dimostrare la provenienza illecita dei beni, ma è il proposto che ha l'onere di giustificare la legittima provenienza dei beni. È anche riconosciuto un potere ufficioso al tribunale, il quale, se non dispone la confisca, può applicare anche d'ufficio le misure dell'amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche e il controllo giudiziario delle aziende. Si introduce un vero e proprio divieto probatorio contra reum, di dubbia ragionevolezza, che impedisce al proposto di giustificare la legittima provenienza dei beni adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale. È previsto che la confisca di prevenzione si estenda anche ai beni aziendali e che, anche in tal caso, vadano precisati i conti correnti e i beni aziendali cui la misura ablatoria si estende. E' confermato il termine di un anno e sei mesi (decorrente dalla data d'immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario) entro il quale deve essere emesso il decreto di confisca da parte del tribunale, pena la perdita di efficacia del sequestro. Nel caso di indagini complesse o compendi patrimoniali rilevanti, tale termine può essere prorogato con decreto motivato del tribunale per sei mesi. Ai fini del computo dei termini suddetti, si tiene conto, «in quanto compatibili», delle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, previste dal codice di procedura penale. Il termine resta sospeso per un tempo non superiore a novanta giorni ove sia necessario procedere all'espletamento di accertamenti peritali sui beni dei quali il proposto risulta poter disporre direttamente o indirettamente. Il termine resta altresì sospeso per il tempo necessario per la decisione definitiva sull'istanza di ricusazione presentata dal difensore e per il tempo decorrente dalla morte del proposto, intervenuta durante il procedimento, fino all'identificazione e alla citazione degli eredi o aventi causa, nonché durante la pendenza dei termini per la redazione e il deposito del decreto che ha deciso sulla proposta. Si precisa opportunamente che alla revoca o all'annullamento del decreto di confisca consegue la cancellazione di tutte le trascrizioni e le annotazioni. Relativamente alla confisca per equivalente è eliminato ogni riferimento alla finalità di dispersione e occultamento dei beni quale presupposto necessario per ricorrere alla confisca di valore. Pertanto, la confisca è ora applicabile ogniqualvolta «dopo la presentazione della proposta» non «risulti possibile procedere al sequestro dei beni, perché il proposto non ne ha la disponibilità, diretta o indiretta, anche ove trasferiti legittimamente in qualunque epoca a terzi in buona fede». E' consentita espressamente la confisca per equivalente anche laddove, in seguito alla morte del proposto, il procedimento sia proseguito nei confronti degli eredi o degli aventi causa o sia iniziato nei confronti dei successori a titolo universale o particolare. Riguardo ai rapporti tra il sequestro e la confisca di prevenzione e i relativi istituti adottati in sede penale, si stabilisce che, se la sentenza di condanna definitiva in sede penale che dispone la confisca interviene prima della confisca definitiva di prevenzione, il tribunale, se ha già disposto il sequestro ed è ancora in corso il procedimento di prevenzione, dichiara, con decreto, che la confisca è stata già eseguita in sede penale (anziché, come accadeva fino ad oggi, disporre la confisca dichiarando la stessa già eseguita in sede penale).

Le altre misure di prevenzione

Relativamente alle misure di prevenzione patrimoniali diverse dalla confisca, diverse sono le modifiche. Esse hanno riguardato sia la cauzione (prevedendo una possibilità di rateizzazione mensile) sia l'amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche e delle aziende. È stata introdotta la nuova misura del controllo giudiziario delle aziende, che trova applicazione per un periodo da uno a tre anni laddove l'agevolazione dell'attività delle persone proposte o soggette a misure di prevenzione conseguente all'esercizio dell'attività aziendale «risulta occasionale e sussistono circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose» idonee a condizionare l'attività di impresa.

Le impugnazioni

Lievi modifiche riguardano la disciplina delle impugnazioni contro i provvedimenti che hanno deciso sulle misure di prevenzione personali, ampliando doverosamente la legittimazione al ricorso, sia in appello sia in cassazione, anche al difensore dell'interessato. Mentre non è mutata la disciplina delle impugnazioni ordinarie, articolata sempre nell'appello e nel ricorso in cassazione, contro i provvedimenti che hanno applicato misure di prevenzione personali, è stata invece modificata quella relativa alle impugnazioni delle misure di prevenzione patrimoniali, ammettendosi l'impugnazione contro i provvedimenti con i quali il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati, l'applicazione, il diniego o la revoca del sequestro, il rigetto della richiesta di confisca anche qualora non sia stato precedentemente disposto il sequestro ovvero la restituzione della cauzione o la liberazione delle garanzie o la confisca della cauzione o l'esecuzione sui beni costituiti in garanzia. È stabilito che tali provvedimenti sono comunicati senza indugio, ai fini dell'impugnazione, al procuratore generale presso la Corte d'appello, al procuratore della Repubblica e agli interessati, ed ovviamente ai loro difensori. Nelle more del giudizio di cassazione, è possibile sospendere la decisione della Corte d'appello che abbia disposto, in riforma del decreto di confisca emesso dal tribunale, la revoca del sequestro. Il termine di un anno e sei mesi per l'emissione del decreto di confisca si applica anche in caso di annullamento dell'originario decreto con rinvio al tribunale (nel qual caso il termine decorrerà, nuovamente, dalla ricezione degli atti presso la cancelleria del tribunale stesso).

Altre modifiche

Al fine di rendere ragionevole la durata del procedimento di prevenzione, si è introdotto un Capo V-bis, in coda al Titolo II del codice antimafia e delle misure di prevenzione, che contiene un'unica disposizione (l'art. 34-ter) rubricata Trattazione prioritaria dei procedimenti di prevenzione patrimoniale, la quale prevede che «è assicurata la priorità assoluta» ai procedimenti volti all'applicazione di misure di prevenzione patrimoniali. A tal fine, la disposizione impone ai dirigenti degli uffici giudicanti e requirenti di adottare i provvedimenti organizzativi necessari a garantire la trattazione prioritaria e prevede che tali provvedimenti siano comunicati al Consiglio giudiziario e al C.S.M. È altresì previsto che il Ministro della giustizia, in occasione delle annuali comunicazioni sull'amministrazione della giustizia, riferisca al Parlamento anche in merito alla trattazione prioritaria di tali procedimenti. Altre modifiche riguardano invece il Titolo III del codice stesso, relativo all'amministrazione, la gestione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati. Parimenti novellata risulta la disciplina relativa alla destinazione dei beni confiscati di cui agli artt. 45 ss. del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione – ove viene introdotto un art. 45-bis, specificamente rivolto alla liberazione degli immobili e delle aziende – e quella relativa al regime fiscale e agli oneri economici di cui all'art. 51 dello stesso Codice. In riferimento alla tutela dei terzi e ai rapporti con le procedure concorsuali, numerose sono state le modifiche introdotte in materia di documentazione antimafia e di informazione antimafia, nonché relativamente all'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

Solo qualche modifica si registra in tema di esecuzione. Pertanto,il decreto che ha deciso sulla proposta di misura di prevenzione, se non impugnato o non più impugnabile, diviene irrevocabile ed è assistito dal principio dell'intangibilità del giudicato. L'irrevocabilità del decreto di rigetto comporta la cessazione delle misure di prevenzione eventualmente applicate in via provvisoria e degli effetti derivanti da tale applicazione, mentre il decreto irrevocabile che applica la misura di prevenzione diviene esecutivo. Adeguandosi alle indicazioni della sentenza n. 291/2013 della Corte costituzionale, si stabilisce che l'esecuzione della misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezzaresti sospesa durante il tempo in cui l'interessato è sottoposto a custodia cautelare o a detenzione per espiazione di pena e che, qualora quest'ultima si sia protratta per almeno due anni, il giudice debba, anche d'ufficio, verificare la persistenza della pericolosità sociale del soggetto, così da revocare la misura in caso di accertamento negativo o, in caso contrario, emettere decreto con cui ordinarne l'esecuzione. In caso di confisca, il bene viene devoluto allo Stato e affidato all'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata al fine di assicurare allo stesso una destinazione sociale.

Il decreto non impugnato ovvero non più impugnabile diviene definitivo e pertanto contro la stessa persona non può essere irrogata una ulteriore misura basata sugli stessi elementi in base ai quali era stata inflitta la precedente, ma è sempre possibile procedere nei confronti del medesimo soggetto valutando nuovi e diversi fatti.

È rimasta inalterata la disciplina della revisione. Pertanto,come nel processo penale è possibile la revisione del giudicato di condanna, nel procedimento di prevenzione il provvedimento che ha applicato la misura di prevenzione, personale o patrimoniale, pure se irrevocabile, può essere revocato o modificato, anche in peius. E' anche questa una peculiarità negativa del procedimento di prevenzione rispetto al processo penale, nel quale, com'è noto, la revisione del giudicato, avendo ad oggetto soltanto i provvedimenti di condanna, è istituto pro reo. Infatti, il provvedimento applicativo delle misure di prevenzione, su istanza dell'interessato e sentita l'autorità di pubblica sicurezza che l'ha proposto, può essere revocato o modificato dall'organo che lo ha emanato quando sia cessata o mutata la causa che lo ha determinato. Riguardo alle misure di prevenzione patrimoniale, la revocazione della decisione definitiva sulla confisca di prevenzione può essere richiesta, nelle forme previste per la revisione dagli artt. 630 ss.c.p.p., «in quanto compatibili», alla Corte d'appello individuata secondo i criteri di cui all'art. 11 c.p.p.

Sul fronte del diritto penale, la riforma inasprisce le pene prevista dall'art. 640-bis c.p. per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, che aumentano da due a sette anni di reclusione (mentre quella previgente era da uno a sei anni).

Importanti modifiche sono state apportate alla disciplina della confisca c.d. allargata di cui all'art. 12-sexies del d.l. 306/1992, conv. dalla l. 356/1992. Infatti, è ora previsto che, nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'art. 444 c.p.p., per taluno dei delitti previsti dall'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., dagli artt. 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 322, 322-bis, 325, 416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli artt. 517-ter e 517-quater, nonché dagli artt. 452-quater, 452-octies, comma 1, 600-bis, comma 1, 600-ter, commi 1 e 2, 600-quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies, 603-bis, 629, 644, 644-bis, 648, esclusa la fattispecie di cui al secondo comma, 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 c.p., dall'art. 295, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, dall'art. 12-quinquies, comma 1, del presente decreto, dall'art. 73, esclusa la fattispecie di cui al comma 5, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, dall'art. 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, o per taluno dei delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale, è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica. In ogni caso il condannato non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale. Come può notarsi, la misura che va ormai assimilandosi alla confisca di prevenzione e, come questa, vede ora smisuratamente allargarsi la sua operatività.

In conclusione

Le misure di prevenzione, personali e patrimoniali, hanno senza dubbio un contenuto sostanzialmente sanzionatorio e, ciononostante, sono irrogate con minimali garanzie da una giurisdizione solo apparente, dopo che la prova è già stata assunta in segreto e senza contraddittorio dalla polizia o dal pubblico ministero. Anche il giudizio, che si limita a confermare il sospetto di polizia, è caratterizzato da bulimia probatoria, vaghi indizi e irragionevoli presunzioni, inversione dell'onere della prova con pretese di prova diabolica a carico del proposto, scorciatoie procedurali e mutilazioni della difesa. La realtà è che il processo di prevenzione sta ormai scalzando il processo penale perché lo sostituisce con la funzione di surrogare una prova insufficiente per condannare e confiscare. E quando esiste la prova sufficiente per il processo penale il soggetto è sanzionato due volte per lo stesso fatto, cioè sia con la pena detentiva per il reato, sia con la misura di prevenzione.

Si può concludere constatando che il “diritto di polizia”, nato con natura amministrativa ma che non dovrebbe mai incidere sui diritti fondamentali dell'uomo, è invece degenerato in un “diritto della prevenzione”, ammantando formalmente dei caratteri giurisdizionale e processuale ciò che non è altro che un potere di polizia ma con pesanti e inammissibili intrusioni nella libertà personale e di circolazione e nel diritto di proprietà.

In definitiva, il sistema di prevenzione, che dovrebbe mirare a tutelare la sicurezza pubblica, tenta di raggiungere tale risultato applicando ad un semplice indiziato di reato, sulla base di presunzioni difficilmente superabili, una “sanzione senza colpa e senza processo”. Il procedimento di prevenzione si avvia ormai a surrogare il processo penale. Si tratta, quindi, di un vero e proprio corpo estraneo al nostro ordinamento giuridico, che, speriamo quanto prima, soltanto una salutare crisi di rigetto potrà espellere.

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