Mantenimento del figlio maggiorenne: rito camerale e principi del giusto processo

Alessandra Gatto
07 Novembre 2017

Il Tribunale di Roma ha affermato il rispetto dei principi del giusto processo nell'ipotesi in cui il ricorso attraverso il quale si chiede la modifica delle modalità di mantenimento di un figlio maggiorenne venga introdotto nelle forme del rito camerale proprie dell'art. 38 disp. att. c.c., nonostante la controversia rientri tra le competenze monocratiche, purché sussistano alcune condizioni.

Tizio presentava ricorso dinnanzi al Tribunale di Roma, chiedendo la revoca ed in subordine la riduzione dell'assegno di mantenimento posto a suo carico nei confronti della propria figlia maggiorenne ed introducendo la relativa controversia con le forme del rito camerale ex art. 38 disp. att. c.c..

Il Tribunale di Roma ha rilevato, in via preliminare, che la controversia introdotta nelle forme del rito camerale proprie dell'art. 38 disp. att. c.c., nel caso in cui si richieda la modifica delle modalità di mantenimento di un figlio maggiorenne, esula dalle competenze collegiali, rientrando invece tra le competenze monocratiche. Tuttavia, viene posto in evidenza, nel caso di specie, il rispetto dei principi del giusto processo nell'ambito del procedimento instaurato col rito camerale; si rileva, infatti, la mancata eccezione delle parti in merito al procedimento instaurato, la piena osservanza del principio del contraddittorio e delle garanzie difensive della parte resistente e la constatazione che, per consolidata giurisprudenza, i provvedimenti aventi ad oggetto le modalità di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio, pur avendo la forma di decreto, hanno contenuto decisorio. Un mutamento del rito inoltre avrebbe senz'altro procrastinato i tempi della decisione con compromissione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo.

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