Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 88 - Contenuto della sentenza

Roberto Chieppa

Contenuto della sentenza

 

1. La sentenza è pronunciata in nome del popolo italiano e reca l'intestazione "Repubblica italiana".

2. Essa deve contenere:

a) l'indicazione del giudice adito e del collegio che l'ha pronunciata;

b) l'indicazione delle parti e dei loro avvocati;

c) le domande;

d) la concisa esposizione dei motivi in fatto e in diritto della decisione, anche con rinvio a precedenti cui intende conformarsi;

e) il dispositivo, ivi compresa la pronuncia sulle spese;

f) l'ordine che la decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa;

g) l'indicazione del giorno, mese, anno e luogo in cui la decisione è pronunciata;

h) la sottoscrizione del presidente e dell'estensore.

3. Si applica l'articolo 118, comma 3, delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile.

4. Se il presidente non può sottoscrivere per morte o altro impedimento, la sentenza è sottoscritta dal componente più anziano del collegio, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l'impedimento; se l'estensore non può sottoscrivere la sentenza per morte o altro impedimento, è sufficiente la sottoscrizione del solo presidente, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l'impedimento.

Inquadramento

Il Titolo IX disciplina la redazione della sentenza, con l'espressa indicazione del contenuto e dei termini; se ne prevede anche la pubblicità, come mezzo eventuale di riparazione anche parziale dei danni.

Tali disposizioni vanno lette unitamente agli articoli 34 e 35 del Libro I, inerenti le sentenze di merito e le pronunce di rito.

Il Codice ha utilizzato il termine sentenza in modo indistinto in relazione alla conclusione dei giudizi di primo e di secondo grado, mentre in precedenza l' art. 65 r.d. n. 642/1907 (reg. proc. Cons. St.) — utilizzava il termine decisione.

Con l'entrata in vigore del Codice è stata codificata l'impossibilità di citare nella sentenza autori giuridici.

Le sentenze

L'art. 88 disciplina il contenuto della sentenza, in precedenza stabilito dall' art. 65 del r.d. n. 642/1907 e, tra gli elementi di novità (benché solo formali), va segnalata l'indicazione del giudice adito e del collegio che l'ha pronunciata; l'indicazione delle domande avanzate al giudice, nell'esposizione succinta della motivazione, la possibilità di rinvio a precedenti conformi, la esplicitazione che il dispositivo della sentenza debba sempre contenere la pronuncia sulle spese di giudizio, l'impossibilità di citare autori giuridici in forza del rinvio all'applicazione dell'art. 118, terzo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile.

Con riguardo al termine sentenza, la stessa indica non solo i provvedimenti che definiscono in tutto o in parte il giudizio (art. 33), ma anche le pronunce su questioni pregiudiziali attinenti al processo o di merito anche non definitive (c.d. sentenze interlocutorie di cui all'art. 36; Travi, 302).

Gli elementi che la sentenza deve contenere non devono necessariamente seguire un rigoroso ordine, essendo sufficiente che possano essere desunti senza incertezza dal contenuto della sentenza (Ramajoli, 625).

L'indicazione delle domande delle parti e soprattutto delle ragioni della decisione può avvenire in modo sintetico in coerenza con il principio di cui all'art. 3.

Va tenuto conto che la giurisprudenza ha da tempo affermato che il giudice amministrativo non deve rispondere punto per punto ai motivi dedotti dalle parti, ma può esaminarli anche in maniera congiunta.

Il principio di sinteticità – che nel processo amministrativo è imposto non solo in relazione agli atti di parte, ma anche a quelli del giudice, ai sensi dell'art. 3, comma 2 – non implica la necessità di una motivazione che, in modo meccanico e pedissequo, assuma partitamente a riferimento ogni singolo profilo argomentativo della parte. A tal fine, è sufficiente che dalla trama complessiva della sentenza impugnata emerga con evidenza la completa cognizione delle questioni dibattute e la loro trattazione da parte dei primi giudici in modo conciso e sufficiente a ricostruire il percorso motivazionale impresso ( Cons. St. V, n. 503/2015; Cons. St. VI, n. 5419/2014; Cons. St. VI, n. 4227/2014; v. art. 3).

Cionondimeno, si evidenzia che la motivazione del provvedimento rappresenta per le parti una ineliminabile garanzia del diritto di difesa, consentendo di verificare in concreto l'esercizio dei poteri del giudice in conformità con le regole fondamentali e consentire alle parti di determinarsi in merito alla impugnazione. A ciò si aggiunge, inoltre, la potenziale accessibilità da parte di chiunque alla sentenza, che rende la motivazione il mezzo con cui si veicola all'esterno le modalità di esercizio del potere (Fares, 659).

È pertanto necessario, in ogni caso, assicurare la completezza motivazionale in modo da manifestare l'iter conoscitivo e valutativo sulla base del quale la decisione è resa.

Ripercorrendo la consolidata elaborazione della giurisprudenza, è possibile individuare alcune direttive fondamentali che guidano l'elaborazione della parte motivazionale della sentenza: i) anche senza esaminare puntualmente tutti gli argomenti delle parti, deve comunque rendersi evidente la ragione per cui le prospettazioni di parte sono state disattese; ii) la mancanza di motivazione determina l'inesistenza della sentenza, vizio rilevabile con ogni mezzo; iii) l'assorbimento dei motivi può essere ammesso limitatamente ai casi in cui il giudice prenda in considerazione censure sostanziali che determinino la più grave illegittimità dell'atto impugnato, tale da comportare il ripristino della situazione giuridica preesistente (Fares, 663).

Per l'assorbimento dei motivi v. sub art. 40.

Il riferimento alle domande non attiene alla puntuale indicazione di tutti i motivi di ricorso, ma al petitum, potendo i motivi essere desunti anche dalla esposizione delle ragioni della decisione (Carpentieri, 1085).

Tuttavia, l'attuazione del principio di sinteticità è cosa diversa dall'omettere alcune degli elementi essenziali della sentenza.

Infatti, va dichiarata nulla, con rinvio al Tar che l'ha emessa, la sentenza composta dal fatto e dalla ripetizione meccanica dello stesso nella parte destinata all'esposizione in diritto delle ragioni della decisione, che è dunque materialmente carente (Cons. St. V, n. 6127/2014).

Poiché dall'art. 88, non emerge che la mancata pronuncia sulle spese del giudizio da parte del giudice di primo grado costituisce un'invalidità assoluta della sentenza e di conseguenza non si deve provvedere al suo annullamento con rinvio della stessa ai sensi dell'art. 105, si deve concludere nel senso che nel processo amministrativo non è precluso allo stesso giudice di appello, in considerazione dell'effetto devolutivo del relativo giudizio, di statuire comunque sulle spese della causa di primo grado anche nell'ipotesi che la relativa statuizione sia stata omessa (Cons. St. IV, n. 6626/2011).

In ogni caso, l'obbligo di indicare nel «dispositivo» il pagamento di somme di danaro comporta il dovere per il giudice di specificare puntualmente, fin dalla fase del giudizio di cognizione, i contenuti della propria decisione, al fine di garantire l'effettività della tutela al ricorrente vittorioso e evitare successive e ulteriori contestazioni in sede di ottemperanza (Cons. St. IV, n. 5204/2013).

Gli artt. 88 e 34 comma 1, nel prevedere; peraltro le predette disposizioni possono ritenersi violate solo quando il contenuto della sentenza sia realmente ambiguo, contraddittorio o quando comunque vi sia incertezza assoluta sul portato sostanziale della decisione.

La mancanza di alcuni dei requisiti indicati nell'articolo in commento non comporta conseguenze processuali rilevanti, come anche riconosciuto dalla giurisprudenza.

È il caso, ad esempio della intestazione e della espressione «in nome del popolo italiano», la cui assenza rappresenta una mera omissione materiale non incidente sulla validità del provvedimento (Cass. I, n. 25635/2008), nonché dell'omissione nella intestazione della sentenza del nome di un giudice (che è indicato, invece, nel verbale di udienza), ritenuta determinata da errore materiale emendabile ( Cass. III, n. 15879/2010).

La disposizione di cui al co. 3, introduce il divieto di cui all' art. 118, comma 3, c.p.c., ai sensi del quale «deve essere omessa ogni citazione di autori giuridici».

In dottrina si è ritenuto che tale divieto risponda all'esigenza di garantire la certezza del diritto, a fronte della mutevolezza e molteplicità delle opinioni della dottrina, oltre alla esigenza di evitare di conferire all'opera richiamata un valore di fonte del diritto e l'opportunità di non prendere posizione in relazione ad una scuola dottrinale piuttosto che di un'altra (Palici di Suni, 14).

Analogamente ai casi sopra citati, l'eventuale violazione dell'art. 88, comma 3, laddove vi sia la presenza nella motivazione di citazioni di autori giuridici, è sprovvista di sanzione specifica, non producendo alcuna particolare conseguenza, se non sul piano dell'esatto adempimento del giudice ai propri doveri ( Cass. II, n. 12999/2001; Cass. III, n. 8184/1994).

Al contrario, si è ritenuto che la mancanza della sottoscrizione della sentenza sia causa di nullità insanabile sempre deducibile che determina la rinnovazione del giudizio con invio al tribunale ( Cons. St. VI, n. 5689/2006). Per un altro indirizzo, la sentenza priva della sottoscrizione del presidente del collegio giudicante deve essere ritenuta inesistente d'ufficio ai sensi dell' art. 161 c.p.c., anche in assenza di specifiche censure ( Cons. St. V, n. 5358/2012).

Analogamente, nel caso di copia della sentenza scaricata dal sito internet della giustizia amministrativa, la mancanza della sottoscrizione determina che il documento non possieda i requisiti minimi per poter essere considerato copia di una sentenza, che devono invece essere apposte a pena di nullità. Conseguentemente, alcun effetto di abbreviazione del termine può conseguire da una sua eventuale notifica (Cons. Giust, Amm. 4 settembre 2015 n. 589). È stata introdotta una specifica disciplina della sottoscrizione della sentenza in caso di morte o altro impedimento del presidente o dell'estensore, che ricalca la previsione di cui all' art. 132, comma 4, c.p.c.

Il giudice ordinario ha elaborato alcuni principi con riferimento alla norma di cui all'art. 132, comma 4, che si ritengono utilmente applicabili anche al processo amministrativo. In particolare: — qualora il presidente sia anche l'estensore della sentenza, la sentenza non può che essere sottoscritta soltanto da lui (cfr. Cass. III, n. 20597/2004); — la sentenza emessa dal giudice in composizione collegiale che rechi solo la firma del presidente (che non risulti cumulare in sé anche la qualità di estensore) è viziata dalla nullità insanabile di cui all' art. 161, comma 2, c.p.c. (che può essere rilevata anche d'ufficio dalla Corte di cassazione, con annullamento del provvedimento impugnato e remissione della causa al medesimo organo giudicante che ha adottato la decisione priva di sottoscrizione; cfr. Cass. III, n. 11739/2004); — che non sussiste nullità della sentenza qualora questa, regolarmente sottoscritta dal presidente del collegio e dall'estensore, sia stata pubblicata in data successiva alla morte del presidente, infatti disciplina solo l'ipotesi di morte o impedimento del presidente o del giudice estensore a sottoscrivere la sentenza ma non riguarda l'ipotesi in cui eventi siffatti si verifichino dopo la sottoscrizione ( Cass. I, n. 10633/2004).

Si osserva che tale regime si propone di attenuare le conseguenze derivanti dalla mancanza di sottoscrizione e rendere più celeri i tempi necessari alla pubblicazione della decisione, anche in caso di impedimenti transitori (motivi di salute o aspettative) (Fares, 664).

Ai sensi dell'art. 88 comma 1 lett. h), deve ritenersi nulla per difetto assoluto di forma la sentenza impugnata che risulti firmata solo dal giudice relatore ed estensore, e non anche dal presidente del collegio giudicante, e non rechi alcuna menzione dell'eventuale causa che ha impedito la firma del provvedimento decisorio da parte di quest'ultimo né ricorrono elementi per dedurre la ricorrenza del caso, previsto dal comma 4 del cit. dell'art. 88, in cui il provvedimento può essere firmato dall'altro componente, anziano del collegio stesso, per morte o altro impedimento del presidente (Cons. St. V, n. 4019/2014; Cons. St. IV, n. 5441/2012; Cons. St. V, n. 7657/2019ritiene inesistente una sentenza priva della sottoscrizione del presidente del collegio e senza che sia menzionata l'indicazione dell'eventuale impedimento alla sottoscrizione ai sensi dell'art. 88, comma 4, e che sia stata adottata la conseguente forma suppletiva; vizio rilevabile d'ufficio che comporta l'annullamento con rinvio al giudice di primo grado).

Bibliografia

Andreani, Motivazione (motivazione della sentenza, diritto processuale amministrativo, in Enc. giur., XX, Roma, 1990; Carpentieri, I provvedimenti del giudice, in Sassani-Villata (a cura di), Il Codice del processo amministrativo, Torino, 2012, 1085; Cavallo, Processo amministrativo e motivi assorbiti, Teramo, 2005; Dalfino, La sentenza: contenuto e pubblicità, in Le novità per il processo civile (l. 18 giugno 2009 n. 69), in Foro it. 2009, V, 274 ss.; Fares, Articoli 88, 89, 90, in Quaranta, Lopilato (a cura di), Il processo amministrativo. Commentario al D.lgs. 104/2010, Milano, 2011, 657 ss.; Menchini-Renzi, Sentenza, in Morbidelli (a cura di), Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2015, 866 ss.; Nigro, Processo amministrativo e motivi di ricorso, in Foro it. V, 1975, 17 ss.; Palici di Suni, Corti dottrina e società inclusiva, in Bagni, Nicolini (a cura di), Giureconsulti e giudici, Torino, 2016; Ramajoli, Le tipologie delle sentenze del giudice amministrativo, in Caranta (a cura di), Il nuovo processo amministrativo, Bologna, 2011, 573 ss.; Torchia, Le nuove pronunce nel Codice del processo amministrativo, in Giornale dir. amm., 2010, 1319 ss.; Travi, Osservazioni generali sullo schema di decreto legislativo con un «codice» del processo amministrativo, in giustamm.it, 5/2010.

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