Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 42 - Ricorso incidentale e domanda riconvenzionaleRicorso incidentale e domanda riconvenzionale
1. Le parti resistenti e i controinteressati possono proporre domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale, a mezzo di ricorso incidentale. Il ricorso si propone nel termine di sessanta giorni decorrente dalla ricevuta notificazione del ricorso principale. Per i soggetti intervenuti il termine decorre dall'effettiva conoscenza della proposizione del ricorso principale. 2. Il ricorso incidentale, notificato ai sensi dell'articolo 41 alle controparti personalmente o, se costituite, ai sensi dell'articolo 170 del codice di procedura civile, ha i contenuti di cui all'articolo 40 ed è depositato nei termini e secondo le modalità previste dall'articolo 45. 3. Le altre parti possono presentare memorie e produrre documenti nei termini e secondo le modalità previsti dall'articolo 46. 4. La cognizione del ricorso incidentale è attribuita al giudice competente per quello principale, salvo che la domanda introdotta con il ricorso incidentale sia devoluta alla competenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, ovvero alla competenza funzionale di un tribunale amministrativo regionale, ai sensi dell'articolo 14; in tal caso la competenza a conoscere dell'intero giudizio spetta al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, ovvero al tribunale amministrativo regionale avente competenza funzionale ai sensi dell'articolo 14. 5. Nelle controversie in cui si faccia questione di diritti soggettivi le domande riconvenzionali dipendenti da titoli già dedotti in giudizio sono proposte nei termini e con le modalità di cui al presente articolo. Note operative
Per i termini del deposito, v. sub art. 45 InquadramentoIl ricorso incidentale è proposto da un soggetto diverso dal ricorrente principale e si incardina in un giudizio già pendente. La sua funzione è quella di consentire al resistente o al controinteressato di introdurre domande nel giudizio instaurato, come l’annullamento dell’atto oggetto del ricorso principale per motivi diversi da quelli già dedotti o con riferimento ad una parte dell’atto diversa da quella già contestata, ovvero di impugnare un atto ad esso connesso. Lo scopo è permettere alla parte la conservazione dell’assetto di interessi realizzato dall’atto impugnato in via principale. Nella maggior parte dei casi, il ricorso incidentale è volto a tutelare una situazione giuridica di vantaggio acquisita in conseguenza del provvedimento amministrativo impugnato con il ricorso principale e suscettibile di venir meno con l’accoglimento di quest’ultimo. Il ricorso incidentale ha natura anche riconvenzionale, e non di mera eccezione (può essere esteso alle domande riconvenzionali dipendenti da titoli già dedotti in giudizio) ed è proposto nel termine di sessanta giorni dalla notificazione del ricorso principale. La circostanza che il Codice disegna il ricorso incidentale quale strumento per proporre domande riconvenzionali, dipendenti da titoli già dedotti in giudizio nelle controversie in cui si faccia questione di diritti soggettivi dimostra come la disciplina del processo amministrativo non si basi più sul solo modello impugnatorio. Il ricorso incidentale non sposta la competenza, salvo che la domanda introdotta con il ricorso incidentale sia devoluta alla competenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, ovvero alla competenza inderogabile di un tribunale amministrativo regionale; in tal caso la competenza a conoscere dell’intero giudizio spetta al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, ovvero al tribunale amministrativo regionale avente competenza inderogabile. Per il ricorso incidentale non è stato previsto un rinvio ai termini del ricorso principale o delle azioni introdotte, ma è stato opportunamente stabilito un termine di sessanta giorni decorrenti dalla notificazione del ricorso principale, in modo da evitare di lasciare aperto il termine per il ricorso incidentale in ipotesi di introduzione – con tale mezzo – di domande soggette a termini di prescrizione o, comunque, a termini più lunghi. Il ricorso incidentale e la domanda riconvenzionaleLa normativa precedente al Codice in materia di ricorso incidentale riguardava le modalità formali di presentazione del ricorso e la descrizione di alcuni La normativa previgente al Codice in materia di ricorso incidentale disciplinava le modalità formali di presentazione del ricorso e la descrizione di alcuni degli effetti riguardanti gli ulteriori sviluppi del procedimento. Si trattava di normativa frammentata, che il codice riconduce a unità (art. 37 t.u. Cons. St.; art. 22 l. Tar) e che configurava il ricorso incidentale come una particolare modalità del diritto di difesa del controinteressato, nell’ambito del giudizio principale introdotto dal ricorrente. La norma in esame contiene una definizione di ricorso incidentale, in base alla quale tale è l'atto con cui «[l]e parti resistenti e i controinteressati possono proporre domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale» (art. 42, comma 1). In tal modo, si pone l’accento sul tratto caratteristico dell’atto incidentale, ossia quello di introdurre un ulteriore tema decisorio, più ampio rispetto a quello ricavabile dal ricorso originario e dalle altre difese. Lo stretto collegamento con la protezione delle posizioni delle parti intimate spiega, poi, la vocazione essenzialmente conservativa del ricorso incidentale, che mira a mantenere (in tutto od in parte), l'assetto di interessi definito dal provvedimento amministrativo impugnato (nell'ottica del giudizio di annullamento che caratterizzava l'intero processo amministrativo). Si è osservato, in dottrina, la differenza con l'impugnazione incidentale del giudizio civile. Se questa mira a realizzare il principio di concentrazione delle impugnazioni, nel giudizio amministrativo consente l'ingresso di un interesse contrapposto, azionabile in dipendenza del ricorso principale, per conservare la posizione di vantaggio originata dal provvedimento impugnato (Traina, 580). Più in particolare, si è evidenziato come il ricorso incidentale si caratterizzi per due differenti profili: uno negativo, rappresentato dall'assenza di una lesione attuale, che altrimenti si sarebbe dovuta far valere in via principale e l'altro positivo, rappresentato dalla lesione virtuale derivante dall'accoglimento del ricorso principale (Giovagnoli-Fratini, 63). Il primo profilo si collega alla circostanza per cui i provvedimenti amministrativi devono essere impugnati entro il termine di decadenza e deve quindi escludersi che l'impugnazione principale possa riaprire i termini per impugnare in via incidentale atti che andavano gravati in via principale. Il secondo profilo segna invece il collegamento stretto che esiste con l'impugnazione principale, il cui eventuale accoglimento determina la lesione virtuale alla posizione del ricorrente incidentale (Baccarini, 639). La posizione subalterna del ricorrente incidentale deriva dalla circostanza che questi non esercita l'azione per primo ed autonomamente, ma agisce nell'ambito di un rapporto processuale iniziato dal ricorrente principale, a tutela di un interesse proprio alla conservazione dell'atto impugnato e per prevenire il pregiudizio che gli deriverebbe dall'accoglimento del ricorso principale. Il ricorso incidentale è stato qualificato anche come strumento di difesa attiva della parte, valorizzando la sua attitudine a proteggere la posizione del controinteressato, attraverso un significativo ampliamento dell'oggetto della cognizione del giudice (Lubrano, 783). Peraltro, l'impostazione più frequente inquadra il ricorso incidentale nell'ambito delle eccezioni spettanti al controinteressato, per il soddisfacimento di un interesse sorto soltanto a seguito dell'impugnazione principale e da questa dipendente (Stella Richter, 225). Inoltre, sulla base di questa qualificazione, è possibile evidenziare che il ricorso incidentale costituisce un onere per la parte interessata, nel senso che determinate difese possono essere articolate solo con questa specifica forma processuale. In tale prospettiva, costituisce un principio consolidato che ove le parti resistenti al ricorso non intendano limitare la propria difesa alla contestazione delle avversarie censure, ma intendano anche far valere motivi autonomi rispetto a quelli proposti nel ricorso principale, debbono avanzare un apposito ricorso incidentale (Cons. giust. amm., n. 1521/2010; Cons. St. IV, n. 2538/2004; Cons. St. V, n. 1253/1991). La deduzione difensiva è stata ritenuta idonea per invocare il principio del soccorso istruttorio, nel caso dell’aggiudicataria di una gara pubblica, nei cui confronti è stata dedotta l'illegittima ammissione alla gara per carenze della documentazione allegata all'offerta. Quest'ultima, al fine di paralizzare la doglianza diretta ad ottenere la sua esclusione dalla gara, non deve necessariamente proporre ricorso incidentale, potendo limitarsi ad una deduzione difensiva per invocare in sede processuale il principio del soccorso istruttorio, così da dimostrare che, in ogni caso, sussiste il possesso dei requisiti sostanziali di partecipazione (Cons. St. III, n. 6744/2021 e Cons. St. III, n. 975/2017). Altro indirizzo interpretativo, invece, già preferiva inquadrare il ricorso incidentale nella categoria della riconvenzione, considerando che si tratta di un mezzo di difesa del convenuto, consistente nella proposizione di una domanda in contraddizione con quella dell'attore principale, dipendente dal titolo dedotto in giudizio (La Valle, 544). Secondo questa impostazione, il ricorso incidentale non mira esclusivamente alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale, ma tende anche (almeno nei casi in cui la parte lo chieda espressamente) ad una pronuncia di annullamento del provvedimento impugnato in via incidentale, salva la valutazione delle ulteriori conseguenze sulle sorti del ricorso principale (di inammissibilità o di infondatezza, secondo la concreta fisionomia dell'oggetto del giudizio e delle censure proposte). Va ricordato, poi, che il carattere difensivo (di eccezione o di riconvenzione) del ricorso incidentale comporta rilevanti conseguenze anche in ordine alla definizione dei soggetti attivamente legittimati. Secondo le indicazioni interpretative della giurisprudenza (Cons. St. V, n. 2468/2002): a) Sono certamente legittimati i controinteressati ritualmente evocati in giudizio. b) Sono legittimati anche i controinteressati non intimati, i quali possono articolare il ricorso incidentale nell'atto di intervento. c) È legittimata anche l'amministrazione resistente, quanto meno in riferimento agli atti presupposti adottati da altre autorità. d) Non sono legittimati i soggetti cointeressati, ferma restando la possibilità di innestare nel giudizio principale un'autonoma impugnazione, ma nel rispetto dei termini di decadenza. e) Non sono legittimati gli interventori, attesa la loro posizione dipendente da quella delle parti principali. f) Non sono legittimate, in generale, le altre parti intimate, prive della qualifica di controinteressati in senso sostanziale. Con riguardo all'amministrazione resistente, in dottrina si è discusso circa la questione degli atti da essa impugnabili con ricorso incidentale, ritenendosi che possa certamente impugnare atti presupposti emanati da altra amministrazione, ma non i propri provvedimenti, rimuovibili mediante autotutela (Follieri, 499). Nel giudizio amministrativo le censure d'illegittimità di atti amministrativi tendenti a paralizzare l'impugnazione effettuata col ricorso principale possono essere dedotte solo dai soggetti controinteressati, in via di ricorso incidentale, e non anche in via d'eccezione dalla stessa autorità emanante; questa, infatti, non può impugnare o altrimenti censurare giudizialmente i propri stessi atti, potendo soltanto eventualmente annullarli con il proprio potere di autotutela, ricorrendone i presupposti (T.A.R. Liguria II, 10 febbraio 2017, n. 97). L'indicata natura difensiva e conservativa del ricorso incidentale (anche in relazione ai soggetti attivamente legittimati) assume un rilievo essenziale per delinearne la portata oggettiva e le conseguenze sul contenuto della decisione del giudice, e sullo stesso ordine di esame delle questioni. In effetti, la generica funzione attribuita al ricorso incidentale quale mezzo di «concentrazione delle impugnazioni» proposte contro lo stesso provvedimento descrive in modo esatto, ma ancora incompleto, la fisionomia dell'istituto. Questo deve essere opportunamente delimitato alla sola tutela degli interessi dedotti in rapporto di stretta accessorietà con quello fatto valere dal ricorrente principale, e comunque orientati a determinare una pronuncia interamente (od almeno parzialmente) sfavorevole al ricorrente principale. In questo senso, si spiega anche la prospettiva secondo cui il ricorso incidentale non mira affatto ad ottenere l'annullamento del provvedimento di cui si assume l'illegittimità (come avviene per il ricorso principale), ma introduce una ragione di inammissibilità per difetto di interesse del ricorso principale, la cui sussistenza il giudice deve valutare sulla base della fondatezza delle censure mosse dal ricorrente incidentale. La tesi deve essere integrata dalla considerazione che, almeno in alcuni casi, il ricorso incidentale assume un contenuto di maggiore complessità, atteggiandosi come domanda riconvenzionale volta ad ottenere una pronuncia di annullamento del provvedimento impugnato. Chiarita la proiezione finalistica e difensiva del ricorso incidentale, è quindi possibile delineare i diversi casi in cui esso risulta oggettivamente ammissibile. La prima ipotesi è quella in cui il ricorso incidentale è rivolto contro lo stesso provvedimento impugnato con il ricorso principale, ma deduce diversi (ed opposti) motivi di illegittimità. Ciò si verifica, in particolare, quando l'atto impugnato costituisce l'esito di una valutazione o di un accertamento complesso, in relazione alla pluralità degli elementi oggettivi considerati o della comparazione soggettiva tra più aspiranti ad un determinato provvedimento ampliativo. In tali eventualità, può accadere che il ricorso principale proposto dall'interessato intende contestare la legittimità dell'operato dell'amministrazione per avere erroneamente valutato determinati titoli. Il ricorso incidentale, a sua volta, mira a contestare la valutazione di altri titoli (eventualmente di un soggetto diverso), in modo da mantenere inalterato l'esito segnato dal provvedimento impugnato. La seconda eventualità è quella in cui il ricorso incidentale deduca dei vizi riferiti ad una fase procedimentale precedente a quella in cui si è verificata l'illegittimità denunciata dal ricorrente principale. Nelle procedure selettive ciò può avvenire quando, contestata dal ricorrente principale la fase strettamente valutativa delle offerte o dei titoli, viene dedotta dal controinteressato l'illegittimità dell'ammissione alla gara od al concorso di determinati candidati. La terza ipotesi, infine, è quella in cui il ricorso incidentale mira a contestare un provvedimento presupposto a quello principale, come avviene nei casi in cui il ricorso incidentale si rivolge contro gli atti normativi o generali posti a base del provvedimento impugnato in via principale. La giurisprudenza, dopo aver seguito inizialmente un indirizzo molto restrittivo, ha da tempo riconosciuto che col ricorso incidentale è ammesso che si impugnino, oltre all'atto impugnato in via principale, anche altri provvedimenti quando gli atti in parola siano strettamente e intimamente legati al primo, in modo che la loro eventuale illegittimità possa riverberarsi su di esso a favore del ricorrente in via incidentale. Nel giudizio impugnatorio l'eccezione deve essere proposta nelle forme del ricorso incidentale laddove con essa s'intenda precludere l'accertamento di illegittimità dell'atto impugnato dedotto in via principale; più precisamente, una simile condotta difensiva si traduce nella contrapposta domanda di accertamento dell'illegittimità di atti amministrativi facenti parte della medesima sequenza procedimentale o comunque funzionalmente connessi a quello impugnato, che abbiano attribuito una posizione di vantaggio al ricorrente principale, legittimante quest'ultimo alla proposizione di tale impugnativa; di conseguenza l'onere di proporre ricorso incidentale è speculare a quello di allegare i fatti costitutivi della domanda introdotta con il ricorso principale, concernendo atti la cui lesività è solo potenziale, in considerazione dell'esito finale dell'attività amministrativa, comunque favorevole, ma che si sia poi attualizzata per effetto della proposizione del ricorso principale, facendo conseguentemente sorgere l'interesse a proporre la contro impugnazione prevista dall'art. 42 (Cons. St. V, n. 1556/2015). Resta fermo, tuttavia, che il ricorso incidentale, essendo uno strumento processuale di essenza «derivata» ed «accessoria», non consente di proporre tardivamente — prendendo spunto dal ricorso avverso — censure che si sarebbero dovute inserire in un contesto autonomo, in quanto riguardanti pregressi provvedimenti direttamente lesivi e suscettibili d'impugnazione. Nell’ambito di un ricorso di annullamento, non può essere ammessa come eccezione impugnatoria avanzata con il ricorso incidentale, la domanda di annullamento del provvedimento su cui il ricorrente fonda le propire pretese, non impugnato illo tempore nei modi e nei termini stabiliti dalla legge. Si concreterebbe altrimenti un aggiramento del perentorio termine decadenziale d'impugnazione, con conseguente snaturamento della struttura del processo amministrativo di tipo impugnatorio e lesione delle indefettibili esigenze di certezza dei rapporti amministrativi, di natura pubblicistica e, pertanto, sottratti alla disponibilità delle parti, che sono presidiate anche attraverso la previsione di termini decadenziali d'impugnazione. (Cons. St. II, n. 2326/2022; nel caso di specie, i controinteressati lamentavano che l'edificazione autorizzata al ricorrente avrebbe in origine determinato la violazione di distanze minime rispetto alla confinante porta del sottotetto, al fine di paralizzare la domanda ricorsuale avverso il permesso rilasciato ai controinteressati in quanto avrebbe consentito l'edificazione di nuove pareti finestrate a distanze inferiori rispetto a quelle di legge). In giurisprudenza è stato chiaramente affermato che il ricorso incidentale è lo strumento che la legge prevede per introdurre in un processo domande l'interesse alla proposizione delle quali sorge in dipendenza della proposizione del ricorso principale; deve quindi trattarsi di domande connesse a quelle proposte con il ricorso principale nel senso che la domanda proposta con il ricorso incidentale ha essenzialmente la funzione di permettere al ricorrente incidentale di conservare un vantaggio (minacciato dall'accoglimento del ricorso principale) e, quindi, di “paralizzare” quest'ultimo (sostanzialmente con il meccanismo proprio di una “eccezione”) o attraverso la caducazione del fattore di legittimazione del ricorrente principale (ricorso incidentale cd. escludente) o attraverso il conseguimento di un vantaggio ulteriore (si pensi al caso tipico dell'impugnazione di una graduatoria di concorso e al ricorso incidentale preordinato all'ottenimento di un punteggio ulteriore che permetta il mantenimento da parte del ricorrente incidentale di una posizione poziore rispetto al ricorrente principale). E' inammissibile il ricorso incidentale qualora con il medesimo si miri ad ottenere l'annullamento di atti diversi da quello oggetto del ricorso principale, che non attribuiscono alla parte alcun vantaggio giuridico, né in linea generale né in relazione alla controversia instaurata (T.A.R. Lazio (Latina), 14 febbraio 2017, n. 99). Il Codice, come detto, ha rafforzato il carattere riconvenzionale, e non di mera eccezione, del ricorso incidentale. Il ricorso incidentale è oggi lo strumento attraverso il quale la parte resistente di un giudizio amministrativo può proporre le proprie domande, che a volte possono assumere la effettiva natura di controricorso subordinato, ma che possono essere estese a ogni ulteriore questione connessa (domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale). Il ricorso incidentale perde, quindi, il suo carattere di mera eccezione rispetto alle domande proposte da controparte e diventa uno strumento per garantire la concentrazione nello stesso giudizio di domande connesse. Così si è ammessa, nel giudizio di ottemperanza, la possibilità di introdurre nuove domande, ampliative della cognizione del giudice, mediante il ricorso incidentale/domanda riconvenzionale, sia in virtù della valenza generale della norma contenuta nell'art. 42 (applicabile per tutte le tipologie di giudizi, fatte salve le disposizioni speciali), sia per ragioni di economia processuale, posto che la cognizione di questioni sopravvenute al giudicato nell'ambito proprio del giudizio di ottemperanza, evitano la interposizione di nuovo contenzioso in altra sede (resta ferma – ma si tratta di questione di merito e non di ammissibilità della domanda – se la contro-pretesa azionata, tenuto conto dei limiti ontologici del giudizio di ottemperanza, può trovare spazio nel giudizio e concretamente produrre l'effetto di limitare gli effetti conseguenti alla intervenuta proposizione della domanda di ottemperanza. Nel caso le azioni che si vogliono introdurre siano soggette a riti diversi, occorrerà eventualmente procedere alla modifica del rito camerale in ordinario (il rito speciale camerale si giustifica solo e unicamente per il giudizio di ottemperanza in senso stretto, ossia di verifica di attuazione del giudicato, e non tollererebbe cognizione in via principale su domande diverse e ulteriori. (T.A.R. Abruzzo (L'Aquila) I, 30 aprile 2015, n. 324). Il termine di sessanta giorni per proporre ricorso incidentale ovviamente non preclude che successivamente possano essere esperite azioni connesse, che potevano anche essere oggetto di una domanda riconvenzionale; in questo caso potrà essere chiesta la riunione dei giudizi. L'ampliamento della possibilità di introdurre domande con il ricorso incidentale può determinare problemi di competenza; la regola stabilita dal Codice è che resta ferma la competenza del giudice competente per il ricorso principale, salvo che la domanda introdotta con il ricorso incidentale sia devoluta alla competenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, ovvero alla competenza inderogabile di un tribunale amministrativo regionale; in tal caso la competenza a conoscere dell'intero giudizio spetta al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, ovvero al tribunale amministrativo regionale avente competenza inderogabile. Va, infine, evidenziato che per la proposizione di un ricorso incidentale non è necessario uno specifico mandato al difensore, in quanto l'art. 24 ha previsto che la procura rilasciata per agire e contraddire davanti al giudice si intende conferita anche per proporre motivi aggiunti e ricorso incidentale, salvo che in essa sia diversamente disposto (art. 24). La procura è, quindi, omnicomprensiva, salvo espressa indicazione contraria. Domanda riconvenzionale Nelle controversie in cui si fa questione di diritti soggettivi è stata introdotta la domanda riconvenzionale dipendente da titoli già dedotti in giudizio, la cui disciplina segue quella del ricorso incidentale. Si è dunque riconosciuto che, nel sistema vigente, il ricorso incidentale ha un contenuto complesso, poiché non ha una sola funzione (sollevare una eccezione paralizzante), ma può introdurre una vera e propria domanda riconvenzionale, come ad esempio quella volta all'annullamento di un atto che priva il ricorrente principale della propria legittimazione ad agire in giudizio, o comunque afferente alla medesima vicenda dedotta in giudizio; inoltre, nelle controversie in cui si faccia questione di diritti soggettivi, il ricorso incidentale può essere un mezzo per azionare una domanda riconvenzionale dipendente da titoli già dedotti in giudizio ( Cons. St. V, n. 755/2014; T.A.R.Marche I, 12 dicembre 2013, n. 905). Le domande riconvenzionali sono ammissibili nella misura in cui sono «dipendenti da titoli già dedotti in giudizio» e, pertanto, devono fondarsi su fatti che siano collegati con i fatti costitutivi della domanda principale o con i fatti estintivi, modificativi o impeditivi introdotti in via di eccezione. In base all'analoga formula contenuta nell' art. 36 c.p.c. la giurisprudenza civile considera ammissibile la riconvenzionale in presenza di un «collegamento obiettivo» tale da giustificare il simultaneus processus in base al principio di economia dei giudizi e secondo il prudente nonché insindacabile apprezzamento del giudice (Cass. II, n. 13410/2014). Il riferimento al «collegamento obiettivo» è idoneo ad estendere l'ambito di applicabilità dell'istituto della domanda riconvenzionale, dovendosi ritenere che la relazione tra domanda principale e domanda riconvenzionale non va intesa in senso restrittivo, nel senso della necessità che entrambe debbano dipendere da un unico ed identico titolo (Trib. Roma IX, n. 22794/2016). A titolo esemplificativo in dottrina si è ipotizzato il caso in cui, nell'ambito della giurisdizione esclusiva in tema di pubblico impiego, a fronte di una richiesta di pagamento degli arretrati, l'amministrazione possa formulare in via riconvenzionale un'azione di ripetizione di indebito (De Nictolis, Proc. amm., 677). In tema di procedure di affidamento (e culpa in contrahendo), si sono ritenute ammissibili (e fondate) le domande riconvenzionali con cui la convenuta, a fronte della dichiarata nullità del contratto per aver l'amministrazione proceduto illegittimamente ad affidare in maniera diretta il contratto di fornitura (in luogo di svolgere una gara), chieda la condanna dell'amministrazione al risarcimento delle spese contratte durante e per causa delle trattative, del danno connesso alla perdita di altre occasioni di contratto, ed infine anche dei costi incontrati per avviare l'esecuzione del contratto, questi tuttavia limitatamente al periodo di esecuzione (T.A.R. Piemonte II, n. 1906/2014). Nel caso di domanda riconvenzionale proposta dall'amministrazione avente ad oggetto il risarcimento dei danni derivanti da responsabilità precontrattuale del privato (che aveva partecipato ad una gara senza verificare la possibilità di impegnarsi contrattualmente), la stessa si colloca al di fuori della giurisdizione del giudice amministrativo, ricadendo in quella del giudice ordinario (T.A.R. Lombardia (Milano) III, n. 2267/2018). Nello stesso senso, v. Cass. S.U., ord. n. 22435/2018 e Cass. S.U., ord. n. 16419/2017, in cui si è affermato che “si è al di fuori della giurisdizione amministrativa se viene in rilievo una fattispecie complessa in cui l'emanazione di un provvedimento favorevole, che venga successivamente annullato in quanto illegittimo, si configura solo come uno dei presupposti dell'azione risarcitoria che si fonda altresì sulla capacità del provvedimento di determinare l'affidamento dell'interessato e la lesione del suo patrimonio che consegue a tale affidamento e alla sopravvenuta caducazione del provvedimento favorevole”. Sulla base di tale principio, le sezioni unite hanno rilevato come permanga la linea di discrimine fra azioni risarcitorie dipendenti dall'illegittimità dell'atto e azioni risarcitorie dipendenti dall'affidamento derivato dal comportamento della pubblica amministrazione (essendo irrilevante che tale comportamento sia più o meno direttamente connesso all'esercizio dell'attività appartenente al settore di competenza esclusiva). Nel caso di comportamenti della PA, il soggetto leso denuncia non già la lesione del suo interesse legittimo pretensivo bensì quella della sua integrità patrimoniale, dovuta all'affidamento incolpevole sulla legittimità dell'attribuzione favorevole poi venuta meno e la natura stessa del comportamento lesivo non consiste dunque nella illegittimità dell'agire della p.a. ma piuttosto nella violazione del principio generale del neminem laedere. Nelle controversie in tema di acquisizione illegittima, ove il ricorrente lamenti la mancata emissione di un decreto di espropriazione e chieda la restituzione delle aree, si è affermato che tra richiesta risarcitoria e azione restitutoria c'è un'intima connessione in quanto ontologicamente sono entrambe due profili opposti di un'unica questione, afferente la materia espropriativa. Ne segue che ricadono nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative al risarcimento danni da occupazione, e le relative eccezioni riconvenzionali – ivi comprese quelle relative all’accertamento del compimento dell’usucapione in favore della p.a. – su beni illegittimamente occupati con irreversibile trasformazione del bene immobile e ultimazione dei lavori, senza che alla dichiarazione di pubblica utilità sia seguito il tempestivo decreto di esproprio o altro atto idoneo a produrre l'effetto traslativo della proprietà (Cass. S.U., n. 5513/2021; Cons. St. IV, n. 5665/2014; Cons. St. IV, n. 3988/2015; T.A.R. Milano , III , 4 maggio 2015, n. 1089). Oltre alla domanda riconvenzionale, la parte resistente (o i controinteressati) possono proporre anche la c.d. «eccezione riconvenzionale» che – pur condividendo con la prima il titolo posto a base della difesa del convenuto, e cioè il fatto o dal rapporto giuridico invocato a suo fondamento – se ne distingue in base al relativo oggetto, ossia il risultato processuale che lo stesso intende con essa ottenere. Quest'ultimo, nel caso della eccezione è limitato al rigetto della domanda proposta dall'attore e non anche ad ottenere una pronuncia di accoglimento di ulteriori e diverse domande. Non è qualificabile come domanda riconvenzionale – da proporre entro il termine decadenziale proprio del ricorso incidentale — l'eccezione di compensazione legale opposta dall'amministrazione resistente relativamente al mancato pagamento dei tributi comunali. L'Amministrazione comunale non ha, infatti, formulato una domanda autonoma, né ha inteso ampliare il tema del decidere imponendo una cognizione suppletiva, ma ha, più semplicemente, opposto un credito cristallizzatosi nei rapporti con la ricorrente all'esclusivo fine di efficacemente eccepire alle deduzioni di quest'ultima (T.A.R. Lombardia (Milano) II, 27 febbraio 2017, n. 469). La domanda riconvenzionale, atteso il suo carattere autonomo (a differenza della mera eccezione riconvenzionale), deve essere esaminata e decisa anche se sia dichiarata inammissibile e infondata la domanda principale. (T.A.R. Campania (Napoli) I, 10 aprile 2013, n. 1902). Proposizione del ricorso incidentaleIl modello segue quello previsto dal ricorso, richiedendosi la previa notifica alle parti costituite (v. commento sub art. 41). Nello specifico destinatari sono le controparti, termine che ricomprende tanto l'amministrazione resistente, quanto ricorrente e controinteressati. Ai sensi dell'art. 42 comma 1, sono legittimati alla proposizione del ricorso incidentale, oltre ai controinteressati, anche «le parti resistenti», termine che si riferisce, per ciò solo, a tutte le parti comunque già presenti nel processo. Tale norma, si evidenzia, nel riferirsi ai controinteressati, non specifica che debba trattarsi solo di quelli «individuati nell'atto» (come fa invece l'art. 41 c. 2, in tema di notifica del ricorso), così ammettendo una valutazione dell'interesse sostanziale fatto valere con l'impugnazione incidentale (T.A.R. Piemonte II, 29 gennaio 2016 n. 143). Se le parti sono costituite in giudizio, il ricorso incidentale è validamente notificato secondo le forme previste dall' art. 170, c.p.c., e cioè mediante la sua notifica presso il domicilio eletto per il giudizio, giusto quanto disposto dall'art. 42 comma 2 (Cons. St. V, n. 3481/2016). Se le parti non sono costituite in giudizio, allora la notifica dovrà eseguirsi alla parte personalmente. Quanto alle possibili reazioni che i destinatari del ricorso possono innescare a seguito della ricezione del ricorso incidentale, se certamente questi possono presentare memorie e controdedurre, si nota che il codice non pare ammettere la possibilità per le parti di proporre a loro volta un ricorso incidentale (secondo lo schema della reconventio reconventionis), fatti i salvi i controinteressati evocati in giudizio per la prima volta, che conservano integre le proprie difese (Traina, 583). Il termine di sessanta giorni (non soggetto a dimidiazione nei riti abbreviati, al pari di quello per il ricorso) decorre dalla effettiva conoscenza della proposizione del ricorso principale. A garanzia della parte ala quale è indirizzato il ricorso, il decorso del termine deve intendersi riferito al momento in cui la parte riceve la notificazione e non al momento anteriore in cui il ricorso è stato portato per la notifica (è infatti con la ricezione materiale del ricorso che sorge l'interesse al ricorso incidentale) (Cons. St. IV, n. 48/2015). Si è al riguardo sottolineato come la notifica del ricorso introduttivo segni il «momento delle scelte utili alla tutela della situazione giuridica» sia per il ricorrente che per le altre parti. Ne segue che il ricorso incidentale non può che essere fatto valere nei termini decorrenti dal ricorso principale, atteso che l'interesse del controinteressato a reagire con ricorso incidentale a detta impugnazione nasce per effetto della scelta difensiva operata dal ricorrente principale con la notifica del ricorso (Cons. St. V, n. 6285/2013). L'art. 42, c. 1 collega il decorso del termine per il gravame incidentale non alla mera attualizzazione del relativo interesse (ossia, dalla conoscenza degli elementi che concretano l'effetto lesivo vero e proprio), ma al ricorso principale, ancorandolo, a pena di decadenza, alla sua notificazione. Ciò in considerazione del fatto che l'impugnazione incidentale è strettamente condizionato dalla domanda principale (e il relativo interesse sorge, per legge, in dipendenza da quest'ultima). A fronte di tale configurazione, può accadere, tuttavia, che il ricorrente incidentale non abbia sufficienti informazioni per determinarsi in merito al ricorso incidentale e che queste sopraggiungano successivamente al ricorso principale (in ipotesi anche dopo la scadenza del termine per l'impugnazione incidentale). Tale evenienza si è verificata, nella specie, in un caso relativo a controversie in materia di contratti pubblici, ove le esigenze di effettività della tutela ricevono particolare protezione ai sensi della pervasiva disciplina europea sui ricorsi amministrativi. In particolare, ricevuta il ricorso principale, il soggetto aggiudicatario richiedeva accesso agli atti, onde poter comprendere l'esistenza di potenziali vizi escludenti della posizione del ricorrente e poter mantenere l'aggiudicazione. Tale accesso tuttavia avveniva soltanto in coincidenza con la scadenza del termine ordinario per proporre ricorso incidentale. Il giudice, tenuto conto della necessità di interpretare il diritto nazionale e i termini di decadenza previsti in modo da non rendere eccessivamente gravosa la proposizione di ricorsi e impugnative, ha ritenuto che, nel caso di specie, il ricorrente incidentale aveva bisogno delle informazioni richieste per proporre un gravame «escludente», al fine di colmare l'asimmetria esistente con le altri parti. Si è così affermato che il termine di cui all'art. 42, c. 1, «non è ineluttabile ove vi siano indizi gravi, precisi e concordanti che l'accesso non fosse emulativo, che servisse a fornire la seria prova della insussistenza dell'interesse azionato in capo al ricorrente principale e che i relativi documenti non fossero pervenuti, al di là di ogni possibile colpa della P.A., entro un tempo utile per predisporre il ricorso incidentale». Pertanto, si deve ammettere l'impugnazione incidentale con un termine decorrente dalla reale ed effettiva presa in esame della vicenda lesiva, quindi disgiunta e solo occasionata dal ricorso principale, tenendo conto della specifica e non generalizzabile complessità della fattispecie e delle ragioni per proporre quel gravame in primo grado (Cons. St. III, n. 5573/2014 che richiama, estendendola ai ricorsi incidentali, la giurisprudenza europea per cui “al fine di soddisfare i requisiti della direttiva 89/665 il giudice nazionale deve interpretare, per quanto possibile, le disposizioni nazionali relative ai termini di ricorso in maniera da garantire la relativa decorrenza dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della violazione della normativa applicabile all'aggiudicazione dell'appalto pubblico in questione”. Ne deriva che, ove “le disposizioni nazionali non si prestassero ad una simile interpretazione, il giudice sarebbe tenuto, esercitando il proprio potere discrezionale, a prorogare il termine di ricorso in modo da garantire al ricorrente un termine pari a quello del quale avrebbe usufruito se la decorrenza fosse stata calcolata dalla data in cui egli era venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della violazione della normativa in materia di aggiudicazione di appalti pubblici”. (cfr., Corte Giust. III, 28 gennaio 2010, C-406/08; Corte giust., V, 8 maggio 2014, C-161/13; v. anche Corte cost., n. 204/2021 cit. sup.). Il rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentaleIl Codice non disciplina il rapporto esistente tra il ricorso principale e quello incidentale, essendo un profilo che non attiene alle modalità di proposizione del ricorso incidentale, ma al profilo sostanziale dei rapporti tra le diverse pretese sottese ai due strumenti afferente al più generale tema dell’ordine di esame delle questioni da parte del giudice. In linea generale, il ricorso incidentale, stante il suo carattere di accessorietà, va esaminato dopo quello principale e solo in caso di riconosciuta (astratta) fondatezza di quest'ultimo, poiché esso, di regola, opera come una eccezione processuale in senso tecnico. Tale impostazione si fonda sulla circostanza per cui l'interesse alla proposizione del ricorso incidentale sorge solo a seguito della proposizione del ricorso principale (art. 42). Ne segue che tale interesse si radica definitivamente solo a seguito dell'accoglimento del principale, che deve pertanto essere esaminato prioritariamente proprio perché dal suo esito dipende la perduranza dell'interesse all'esame del ricorso incidentale (T.A.R. Sicilia (Catania) I, n. 1059/2014). Tuttavia, anche mettendo da parte il rilievo delle esigenze di economia processuale (peraltro da coordinare con il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato), si sono individuate fattispecie in cui l'esame del ricorso incidentale può (o deve) precedere la valutazione del ricorso principale. In particolare, si è affermato che, nel caso in cui sia proposto un ricorso incidentale tendente a paralizzare l'azione principale per ragioni di ordine processuale, il giudice è tenuto a dare la precedenza alle questioni sollevate dal ricorrente incidentale che abbiano priorità logica su quelle sollevate dal ricorrente principale, e tali sono le questioni che si riverberano sull'esistenza dell'interesse a ricorrere del ricorrente principale, perché, pur profilandosi come questioni di merito, producono effetti sull'esistenza di una condizione dell'azione, e quindi su una questione di rito. Un'ipotesi di questo genere si verifica quando il ricorso incidentale concerne un aspetto del procedimento in contestazione che incide sulla stessa legittimazione del ricorrente principale (c.d. ricorso escludente). Si pensi al caso del ricorso principale proposto dal concorrente non vincitore di una gara o di un concorso contro la graduatoria della selezione. In tale eventualità, quando il ricorso incidentale si rivolge contro l'ammissione del ricorrente principale, si prospetta una questione riguardante la stessa legittimazione dell'attore, che può (ed anzi, di regola, deve) essere esaminata con priorità rispetto alle altre. Si tratta di un indirizzo della giurisprudenza del Consiglio di Stato, il quale in diverse occasioni ha ribadito che, in tali ipotesi, la proposizione del ricorso incidentale costituisce il veicolo necessario ed insostituibile per contestare la legittimazione del ricorrente principale. Problemi particolari si pongono, tuttavia, nel contenzioso relativo alle gare di appalto, nei casi in cui tanto il ricorrente principale quanto il ricorrente incidentale reciprocamente contestano la legittimità delle rispettive ammissioni alla gara. L'interrogativo che si pone in questo caso è se la regola della valutazione preliminare del ricorso incidentale diretto a contestare la legittimazione attiva del ricorrente principale resti ferma anche quando la domanda originaria miri, a sua volta, ad affermare l'illegittimità della ammissione alla gara dell'aggiudicatario. Secondo la tesi tradizionale, l'esame del ricorso incidentale deve precedere quello del ricorso principale, salvo il caso in cui vi siano due soli concorrenti. Del tema dei rapporti tra ricorso principale e ricorso incidentale, si è occupata più volte l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, già a partire dal 2008, chiarendo che, nel rispetto dei principi processuali sull’interesse e sulla legittimazione a ricorrere, il giudice: a) per ragioni di economia processuale, può esaminare con priorità il ricorso principale (quando la sua infondatezza comporta l'improcedibilità di quello incidentale), ovvero quello incidentale (la cui infondatezza comporta l'esame di quello principale); b) in base al principio della parità delle parti, non può determinare una soccombenza anche parziale in conseguenza dei criteri logici che ha seguito nell'ordine di trattazione delle questioni; c) qualunque sia il primo ricorso che esamini e ritenga fondato (principale o incidentale), deve tenere conto dell'interesse strumentale di ciascuna impresa alla ripetizione della gara e deve esaminare anche l'altro, quando la fondatezza di entrambi comporta l'annullamento di tutti gli atti di ammissione alla gara e, per illegittimità derivata, anche dell'aggiudicazione, col conseguente obbligo dell'amministrazione di indirne una ulteriore ( Cons. St. Ad. plen. , n. 11/2008). Il quadro giurisprudenziale è, tuttavia, repentinamente cambiato a seguito di una nuova decisione della Plenaria, che ha aderito al più risalente indirizzo interpretativo, in forza del quale il rapporto di priorità logica nell'ordine di decisione della controversia delle questioni prospettate dalle parti consente che siano decise, con precedenza su ogni altra sollevata con il ricorso principale, le questioni dedotte con il ricorso incidentale della parte controinteressata, qualora dalla definizione di queste ultime discendano soluzioni ostative o preclusive dell'esame delle ragioni dedotte col ricorso principale ( Cons. St. Ad. plen. , 7 aprile 2011, n. 4). Secondo la Plenaria, deve essere tenuta rigorosamente ferma la netta distinzione tra la titolarità di una posizione sostanziale differenziata che abilita un determinato soggetto all'esercizio dell'azione (legittimazione al ricorso) e l'utilità ricavabile dall'accoglimento della domanda di annullamento (interesse al ricorso), anche prescindendo dal carattere «finale» o «strumentale» di tale vantaggio. La legittimazione al ricorso presuppone il riconoscimento della esistenza di una situazione giuridica attiva, protetta dall'ordinamento, riferita ad un bene della vita oggetto della funzione svolta dall'amministrazione. In sé considerata, la semplice possibilità di ricavare dalla invocata decisione di accoglimento una qualche utilità pratica, indiretta ed eventuale, non dimostra la sussistenza della posizione legittimante (non viene quindi condivisa l'affermazione compiuta dall'Adunanza plenaria n. 11/2008, secondo la quale andrebbe comunque esaminato, nel merito, il ricorso principale, nonostante l'accertata fondatezza del ricorso incidentale «escludente», in considerazione dell'utilità pratica derivante, per il ricorrente stesso, dalla caducazione dell'intero procedimento). La Plenaria, in particolare, afferma che: a) l'esame delle questioni preliminari deve sempre precedere la valutazione del merito della domanda formulata dall'attore; b) il vaglio delle condizioni e dei presupposti dell'azione, comprensivo dell'accertamento della legittimazione ad agire e dell'interesse al ricorso, deve essere saldamente inquadrato nell'ambito delle questioni pregiudiziali; c) il ricorso incidentale costituisce uno strumento perfettamente idoneo ad introdurre, nel giudizio, una questione di carattere pregiudiziale rispetto al merito della domanda; d) la nozione di «interesse strumentale» non identifica un'autonoma posizione giuridica soggettiva, ma indica il rapporto di utilità tra l'accertata legittimazione al ricorso e la domanda formulata dall'attore; e) salve puntuali eccezioni, individuate in coerenza con il diritto comunitario, la legittimazione al ricorso, in materia di affidamento di contratti pubblici, spetta solo al soggetto che ha legittimamente partecipato alla procedura selettiva. Sviluppando tali punti, viene chiarito che l'eventuale «interesse pratico» alla rinnovazione della gara, allegato dalla parte ricorrente, non dimostra, da solo, la titolarità di una posizione giuridica fondante la legittimazione al ricorso. Tale aspettativa non si distingue da quella che potrebbe vantare qualsiasi operatore del settore, che aspiri a partecipare ad una futura selezione. Tale regola subisce alcune deroghe, concernenti, rispettivamente: — la legittimazione del soggetto che contrasta, in radice, la scelta della stazione appaltante di indire la procedura; — la legittimazione dell'operatore economico «di settore», che intende contestare un «affidamento diretto» o senza gara; — la legittimazione dell'operatore che manifesta l'intenzione di impugnare una clausola del bando «escludente», in relazione alla illegittima previsione di determinati requisiti di qualificazione. Il «ritorno al passato» ha destato diverse perplessità soprattutto nei casi in cui si incrociano contestazioni analoghe (sussistenza di un analogo motivo di esclusione dalla gara per entrambi i due soli concorrenti in gara), in presenza delle quali la regola della Plenaria consente al ricorrente incidentale di bloccare il ricorso principale per una ragione giuridica che dovrebbe condurre all'esclusione dalla gara anche del vincitore. Equiparare anche in questo caso il ricorrente principale, che ha partecipato alla gara, ad un soggetto che non vi ha neanche partecipato appare opinabile e può anche essere ritenuto lesivo del principio di parità delle parti (Pellegrino). Tali rilievi critici sono stati fatti propri anche dalla Cassazione in sede di riparto di giurisdizione (sulla base della tesi, non unanimemente condivisa, che può insorgere una questione di giurisdizione, denunciabile con ricorso in Cassazione ex art. 111 Cost., non soltanto quando il giudice adito ritenga che la causa debba essere decisa da una diversa autorità giudiziaria, ma anche quando non esamina la richiesta di tutela che gli viene presentata nell'ambito della sua giurisdizione). Secondo la Cassazione, genera perplessità l'orientamento espresso dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4/2011 sul rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale, in quanto la priorità dell'esame del ricorso incidentale può condurre al mantenimento di una aggiudicazione illegittima e ad una tutela non soddisfacente del ricorrente principale (Cass. S.U., n. 10294/2012, che non si è spinta ad annullare la sentenza del g.a., come invece ha fatto Cass. S.U., n. 2242/2015, secondo cui il vincolo nell'esame dell'ordine dei ricorsi incidentale e principale si pone in contrasto con il diritto comunitario e integra un diniego di giurisdizione). Nel frattempo, infatti, il contrasto con il diritto dell'U.E. dell'orientamento del Consiglio di Stato era stato affermato da Corte giust. UE, 4 luglio 2013 C 100/12 (Fastweb c. ASL Alessandria), secondo cui le direttive comunitarie mirano a consentire la proposizione di ricorsi efficaci contro le decisioni delle autorità aggiudicatrici contrarie al diritto dell'Unione e il ricorso incidentale dell'aggiudicatario non può comportare il rigetto del ricorso di un offerente nell'ipotesi in cui la legittimità dell'offerta di entrambi gli operatori venga contestata nell'ambito del medesimo procedimento e per motivi identici, potendo essere fatto valere in questi casi un analogo interesse all'esclusione dell'offerta degli altri ai fini della ripetizione della gara in assenza di offerte regolari. Dopo la pronuncia del giudice comunitario, il Consiglio di Stato aveva parzialmente corretto la propria posizione, limitando la regola del prioritario esame del ricorso incidentale e stabilendo l'obbligo di esaminare entrambi i ricorsi a condizione che si versi all'interno del medesimo procedimento, che gli operatori rimasti in gara siano solo due e che il vizio che affligge le offerte sia identico per entrambe (c.d. simmetria invalidante); Quando le imprese ammesse alla procedura di gara siano soltanto due, il ricorso incidentale dell'aggiudicatario non può comportare il rigetto del ricorso di un offerente nell'ipotesi in cui la legittimità dell'offerta di entrambi gli operatori venga contestata nell'ambito del medesimo procedimento e per motivi identici, giacché, in una situazione del genere ciascuno dei concorrenti può far valere un analogo interesse legittimo all'esclusione dell'offerta degli altri, che può indurre l'Amministrazione aggiudicatrice a constatare l'impossibilità di procedere alla scelta di un'offerta regolare, con la conseguenza che dall'accoglimento congiunto di entrambi i ricorsi, principale e incidentale, conseguirebbe la necessità dell'indizione di una nuova gara ( Cons. St. Ad. plen. , 30 gennaio 2014 n. 7 e 25 febbraio 2014n. 9; T.A.R. Emilia-Romagna (Bologna), II, 6 dicembre 2016, n. 1012). Tuttavia, tale soluzione non è stata nuovamente ritenuta compatibile con il diritto dell'U.E. dalla Corte di Giustizia, che ha ritenuto che l'obbligo del giudice di esaminare entrambi i ricorsi prescinde dal numero di imprese rimaste in gara e dalla natura del vizio, aggiungendo che il vincolo nomofilattico derivante dalle decisioni della Adunanza plenaria non può limitare le sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato nel sottoporre direttamente questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia o nel dare diretta applicazione del diritto dell'U.E., la cui interpretazione è già stata chiarita dai giudici di Lussemburgo (Corte giust. UE, Grande Camera, 5 aprile 2016, C-689/13, Puglienica, in cui si è stabilita la prevalenza della primaria esigenza di tutela della concorrenza e della chance che ciascuna impresa ha di partecipare alle gare, anche quando l'esame di tutti i ricorsi, senza preclusioni legate a meccanismi processuali spesso complessi, al numero dei partecipanti e ai motivi di impugnazione, comporti la riedizione integrale della procedura. Pertanto, il diritto europeo «osta a che un ricorso principale proposto da un offerente, il quale abbia interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono tale diritto, e diretto a ottenere l'esclusione di un altro offerente, sia dichiarato irricevibile in applicazione di norme processuali nazionali che prevedono l'esame prioritario del ricorso incidentale presentato da detto altro offerente.»). L'esito di tale percorso della giurisprudenza è che il ricorso incidentale non può limitare la tutela giurisdizionale azionata con il ricorso principale, il cui esame è doveroso. In giurisprudenza si ritiene oggi che, per effetto della citata sentenza Puglienica della Corte di giustizia U.E., sussiste il dovere del giudice di esaminare sia il ricorso principale che il ricorso incidentale cd. escludente senza distinzioni o condizioni o riserve e a prescindere dal numero delle imprese che hanno partecipato alla procedura, quando l'accoglimento dello stesso produce un vantaggio, anche mediato e strumentale (dovendosi intendere, tale vantaggio, anche quello al successivo riesame, in via di autotutela, delle offerte affette dal medesimo vizio riscontrato con la sentenza di accoglimento) (Cons. St. III, 26 agosto 2016 n. 3708; T.A.R. Lazio (Latina) I, 28 giugno 2016, n. 437; T.A.R. Campania (Napoli), III, 10 febbraio 2017, n. 831). Pertanto, nel precisare la portata applicativa della sentenza della Corte di Giustizia 5 aprile 2016, in C-689, si è ritenuto che resta compatibile con il principio, di derivazione europea, di effettività della tutela delle posizioni soggettive in subiecta materia una regola nazionale che impedisce l'esame del ricorso principale nelle ipotesi in cui dal suo accoglimento il ricorrente principale non ricavi, con assoluta certezza, alcuna utilità (neanche in via mediata e strumentale) (Cons.St. III, n. 517/2017 e Cons. St. III, n. 3784/2017; Cons. St. V, n. 901/2017; Cons. St. V, n. 2226/2017; T.A.R. Lazio (Roma) III, 6 febbraio 2017, n. 1924). Nel caso, in cui le partecipanti alla gara sono state più di due e più di due sono, altresì, le concorrenti classificate in graduatoria, il ricorso incidentale “escludente” elide, ove fondato, l'interesse della ricorrente principale all'esame del ricorso da essa proposto, non potendo la stessa ricavare dal suo eventuale accoglimento alcuna utilità, neppure strumentale qualora la ricorrente si limiti a censurare, per molteplici profili, l'offerta dell'aggiudicataria, senza muovere doglianze demolitorie dell'intera gara (T.A.R. Veneto I, 15 marzo 2017, n. 273). In senso contrario, si è ritenuto sussistere l'interesse del ricorrente principale all'esame della sua domanda, pur in presenza di un ricorso incidentale escludente fondato, in ragione della persistenza di un interesse strumentale del ricorrente principale, connesso al successivo riesame da parte della stazione appaltante, in via di autotutela, delle altre offerte al fine di verificare se le stesse siano affette da vizi analoghi a quelli riscontrati in relazione alle doglianze mosse con il ricorso incidentale (Trib. reg. giust. amm. Trentino-AltoAdige (Trento), 8 agosto 2017, n. 252). Gli effetti di tale nuovo mutamento erano stati in parte attenuati dall'introduzione del comma 2-bis dell'art. 120, che aveva anticipato l'impugnazione avverso le esclusioni e soprattutto le ammissioni, prevedendo che l'omessa tempestiva impugnazione preclude successive contestazioni anche nella forma del ricorso incidentale e consentendo così di risolvere spesso «a monte» il problema del rapporto tra ricorso principale e incidentale (v., al riguardo, il commento sub art. 120). A seguito della abrogazione di tale forma di tutela anticipata, gli effetti della giurisprudenza sull'obbligo di esame prioritario del ricorso incidentale escludente tornano ad assumere rilevanza, anche in termini di aumento e lunghezza del contenzioso e impatto sui tempi e esiti delle procedure. Con successiva sentenza la Corte di Giustizia ha precisato che non osta a che a un offerente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico con una decisione dell'amministrazione aggiudicatrice divenuta definitiva sia negato l'accesso ad un ricorso avverso la decisione di aggiudicazione dell'appalto pubblico di cui trattasi e la conclusione del contratto, allorché a presentare offerte siano stati unicamente l'offerente escluso e l'aggiudicatario e detto offerente sostenga che anche l'offerta dell'aggiudicatario avrebbe dovuto essere esclusa (Corte Giust. UE, Sez. VIII, 21 dicembre 2016, C- 355/15 GesmbH). Nei casi in precedenza esaminati dai giudici comunitari la necessità di esaminare entrambi i ricorsi derivava dal fatto che ciascuno degli offerenti contestava la regolarità dell'offerta dell'altro nell'ambito di un solo ed unico procedimento di ricorso avverso la decisione di aggiudicazione dell'appalto. Tale principio resta valido, ma non si applica nel caso in cui l'offerta di parte ricorrente – e quindi non aggiudicataria – sia stata esclusa con un provvedimento non tempestivamente impugnato o comunque divenuto definitivo. Tale soluzione era stata anticipata dal Consiglio di Stato, che aveva ritenuto inammissibile per difetto di legittimazione l'impugnativa dell'impresa che non aveva partecipato ab imis, ovvero era stata legittimamente esclusa dalla gara, dato che tale soggetto, per effetto dell'esclusione, rimane privo non soltanto del titolo a partecipare alla gara ma anche a contestarne gli esiti e la legittimità delle scansioni procedimentali ( Cons. St. IV, n. 4180/2016; Cons. St. IV, n. 3688/2016; Cons. St. IV, n. 1560/2016). In simile ipotesi, il soggetto che è stato legittimamente escluso dalla gara risulta privo di legittimazione e/o carente di interesse con riferimento alla deduzione di vizi relativi alle ulteriori fasi della procedura concorsuale; infatti l'accoglimento del ricorso avverso l'aggiudicazione definitiva non comporterebbe l'aggiudicazione dell'appalto in suo favore. Anche in una prospettiva di riedizione della gara (e dunque di interesse strumentale, e non c.d. finale, vale a dire al conseguimento dell'appalto) la legittima esclusione dalla gara priva il concorrente della disponibilità di interessi qualificati (Cons. St., V, n. 3913/2017). Resta fermo che in una situazione in cui una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico ha dato luogo alla presentazione di due offerte e all'adozione, da parte dell'amministrazione aggiudicatrice, di due decisioni in contemporanea recanti rispettivamente rigetto dell'offerta di uno degli offerenti e aggiudicazione dell'appalto all'altro, l'offerente escluso, che ha presentato un ricorso avverso tali due decisioni, deve poter chiedere l'esclusione dell'offerta dell'offerente aggiudicatario, non essendo ancora definitivo in questa ipotesi il provvedimento di esclusione (Corte Giust. UE, VIII, 10 maggio 2017, C- 131/16, Archus). La Corte di Cassazione ha rilevato che la regola giurisprudenziale che richiede l'esame congiunto del ricorso incidentale nel caso di simmetria escludente debba essere applicabile anche al caso in cui le censure reciprocamente escludenti siano contenute nel ricorso principale e nei successivi motivi aggiunti, con cui il medesimo ricorrente che lamenta la propria illegittima esclusione, eccepisce anche la mancanza dei requisiti di partecipazione in capo al secondo aggiudicatario (Cass. S.U., n. 31226/2017 , che cassa Cons. St., IV, n. 6284/2014, ritenendo sussistente un diniego di giurisdizione nell'omesso esame da parte del giudice amministrativo del ricorso per motivi aggiunti, ritenuto improcedibile sul rilievo che l'eventuale annullamento dell'aggiudicazione non comporterebbe necessariamente la rinnovazione della gara). Da ultimo, la quinta sezione del Consiglio di Stato (Cons. St. V, n. 5103/2017) ha rimesso all'Adunanza Plenaria la questione della necessità per l'organo giudicante di esaminare sia il ricorso incidentale escludente che il ricorso principale in una procedura alla quale abbiamo partecipato anche altri concorrenti estranei al giudizio e ai quali non siano comuni i vizi prospettati come motivi di ricorso. La Sezione muove dalla considerazione della persistenza di un contrasto nell'ambito del Consiglio di Stato sul tema. Secondo un primo orientamento, il giudice che ha ritenuto fondato il ricorso incidentale escludente è tenuto ad esaminare anche il ricorso principale solo se dal suo accoglimento può derivare un vantaggio per il ricorrente principale, consistente nella ripetizione della gara; pertanto, in caso di concorrenti rimasti estranei al giudizio, la verifica dell'esistenza dell'interesse strumentale alla riedizione della gara presuppone che sia accertato se i medesimi vizi indicati come motivi di ricorso possano interessare anche le offerte degli operatori rimasti estranei al giudizio, al fine di prospettare un possibile intervento in autotutela dell'amministrazione. Secondo un diverso orientamento la domanda introdotta con il ricorso principale deve essere comunque esaminata, in relazione all'interesse legittimo al corretto svolgimento della procedura di gara; in questo caso occorrerebbe comunque esaminare entrambi i ricorsi, spettando poi all'amministrazione valutare la comunanza dei vizi e decidere eventualmente se annullare l'intera procedura di aggiudicazione. Investita della questione, l'Adunanza Plenaria ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia (Cons. St., Ad. Plen., ordinanza n. 6/2018), rilevando come a fronte dei due orientamenti rappresentati, sussistano incertezze interpretative in merito alla evenienza in cui siano rimasti in gara una pluralità di contendenti e i ricorsi non riguardano la loro posizione, né incidono sulla lex specialis in modo da determinare la certa ripetizione della gara. Al riguardo, l'Adunanza rappresenta che sarebbe maggiormente armonico con il sistema processuale nazionale lasciare al giudice la valutazione circa la possibilità o meno di esaminare il ricorso principale sulla base di un apprezzamento in concreto dell'interesse del ricorrente attinto dal ricorso escludente, diretto alla reiterazione della procedura di gara (in particolare, il giudice dovrebbe poter valutare se i vizi denunciati possano riguardare anche altre offerte in gara rimaste estranee al giudizio, in modo che la reiterazione della gara possa non essere una eventualità meramente ipotetica e fondare un interesse del ricorrente principale alla decisione del ricorso). Ciò sarebbe coerente – prosegue l'Adunanza – con un modello di ricorso configurato come rimedio nell'interesse di una parte e non del rispetto formale delle regole (interesse invece apprezzabile nei casi in cui la legge ammette il ricorso da parte di un'autorità pubblica preposta alla vigilanza su tali regole). Sui quesiti posti, la Corte di Giustizia, con sentenza del 5 settembre 2019 (C-338/18, Lombardi S.r.l.), ha accolto tale soluzione, affermando che la normativa europeo osta a che un ricorso principale, proposto da un offerente che abbia interesse ad ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono quest'ultimo, ed inteso ad ottenere l'esclusione di un altro offerente, venga dichiarato irricevibile in applicazione delle norme o delle prassi giurisprudenziali procedurali nazionali disciplinanti il trattamento dei ricorsi intesi alla reciproca esclusione, quali che siano il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell'appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorsi. Ne segue, pertanto, che non può operare alcuna preclusione sul giudice che, in caso di accoglimento del ricorso incidentale dell'aggiudicatario, non deve procedere al rigetto del ricorso principale di un concorrente escluso, qualora la regolarità dell'offerta di ciascuno degli operatori venga contestata nell'ambito del medesimo procedimento. In un simile scenario, ciascuno dei concorrenti può far valere un interesse all'esclusione dell'offerta degli altri, che può portare alla constatazione dell'impossibilità, per l'amministrazione aggiudicatrice, di procedere alla scelta di un'offerta regolare e, eventualmente, alla decisione di ripetere la procedura di affidamento. La sentenza della Corte del 5 settembre 2019 è idonea, per alcuni commentatori, a porre la parola fine alla questione del rapporto tra ricorso principale e incidentale; al tempo stesso, le conseguenze che derivano dall'indirizzo interpretativo fatto proprio dalla Corte possono essere di notevole impatto, infatti, di fronte ad una controversia in materia di affidamento di contratti pubblici nella quale siano fondati sia il ricorso principale che quello incidentale, il giudice dovrà accoglierli entrambi a prescindere dal numero dei concorrenti che hanno partecipato alla gara. Ciò in base all'interesse strumentale, comune ad entrambi i ricorrenti, alla ripetizione della procedura di gara (sul presupposto, come visto, che l'accoglimento di entrambi i ricorsi può determinare la stazione appaltante ad annullare la procedura e bandirne una nuova). Tra i nuovi scenari, vi è quello per cui il giudice potrà disporre che la stazione appaltante provveda a verificare l'opportunità di annullare la gara in autotutela. Si tratterebbe di un ordine conformativo, da rapportare al divieto posto al giudice amministrativoex art. 34, comma 2, del c.p.a., di pronunciarsi in riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati, che inciderà negativamente sui tempi di durata delle procedure e ritarderà l'esecuzione delle opere, oltre che sul contenzioso (in relazione alla decisione di non procedere all'annullamento della gara) (CACCIARI, 2019). In conformità a Corte di Giustizia, 5 settembre 2019, causa C-333/18, deve essere esaminato in ogni caso il ricorso principale, proposto all'esito di una gara per l'affidamento di una fornitura di dispositivi medici, anche in presenza di un ricorso incidentale “escludente”, nella parte in cui presenta censure escludenti nei confronti della aggiudicataria. Soltanto dopo, possono essere esaminate il ricorso incidentale escludente che priverebbe la parte appellante principale dell’interesse all’accoglimento delle censure inerenti il punteggio, ne fosse dimostrata l’illegittima ammisisone alla gara (Cons. St. III, n. 3356/2021). Con riguardo ad un diverso problema, la Cassazione ha chiarito che la declaratoria di estinzione del giudizio di cassazione relativo al ricorso principale, conseguente all'atto di rinuncia del ricorrente, non determina l'inefficacia del ricorso incidentale, che pertanto deve essere esaminato nel merito (Cass. S.U., n. 8925/2011).
BibliografiaAbbamonte, L'interesse a ricorrere oggi, in Foro amm. 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