Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 45 - Deposito del ricorso e degli altri atti processualiDeposito del ricorso e degli altri atti processuali
1. Il ricorso e gli altri atti processuali soggetti a preventiva notificazione sono depositati nella segreteria del giudice nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dal momento in cui l'ultima notificazione dell'atto stesso si è perfezionata anche per il destinatario. I termini di cui al presente comma sono aumentati nei casi e nella misura di cui all'articolo 41, comma 5. 2. E' fatta salva la facoltà della parte di effettuare il deposito dell'atto, anche se non ancora pervenuto al destinatario, sin dal momento in cui la notificazione del ricorso si perfeziona per il notificante. 3. La parte che si avvale della facoltà di cui al comma 2 è tenuta a depositare la documentazione comprovante la data in cui la notificazione si è perfezionata anche per il destinatario. In assenza di tale prova le domande introdotte con l'atto non possono essere esaminate. 4. La mancata produzione, da parte del ricorrente, della copia del provvedimento impugnato e della documentazione a sostegno del ricorso non implica decadenza. Note operative
N.B. Tale termine è diminuito a 15 giorni nel caso di procedimenti in camera di consiglio (art. 87) e quelli soggetti a rito abbreviato (art. 119). Si applicano le proroghe di cui all'art. 41, comma 5, nel caso di soggetti residenti fuori dal territorio italiano. InquadramentoL'art. 45 disciplina il deposito del ricorso e degli altri atti processuali, unificando il termine di deposito in trenta giorni. In precedenza, mentre il termine per il deposito del ricorso era di trenta giorni, diversi termini erano previsti per il deposito di altri atti processuali, quali il ricorso incidentale (dieci giorni) o l'atto di intervento (venti giorni). Il Codice ha anche chiarito il rapporto tra l'onere del deposito e il perfezionamento della notificazione per il notificante e per il notificato. Il termine unico per il deposito e la sua decorrenzaHa contenuto innovativo la disposizione generale relativa al termine ed alle modalità di deposito di tutti gli atti del processo amministrativo. Questa disposizione ha unificato le modalità di svolgimento di un incombente che, in passato, era disciplinato in modo eterogeneo per ogni specifica tipologia di atto processuale. Il termine generale è ora di trenta giorni, decorrenti dal completamento dell'ultima notificazione dell'atto da depositare. La giurisprudenza ha confermato la valenza generale del termine in esame, ritenendolo applicabile anche alle ipotesi di integrazione del contraddittorio. Infatti, il codice prevede che l'ordinanza d'integrazione del contraddittorio deve obbligatoriamente contenere il termine perentorio entro cui effettuare le notifiche, ma non anche (o non necessariamente) il termine per il successivo deposito; a tal fine la tempestività dell'adempimento relativo al deposito dovrà essere valutato alla stregua del principio generale contenuto nell'articolo 45, comma 1, che inequivocabilmente impone un termine di trenta giorni per il deposito degli atti notificati. ( Cons. St. V, n. 1626/2015; T.A.R. Roma, (Lazio) III, n. 1164/2013; T.A.R. Umbria, n. 444/2014). Il termine per il deposito del ricorso decorre dal perfezionamento dell'ultima notifica e si riferisce alle notifiche necessarie ai fini dell'integrità del contraddittorio, e non a quelle meramente facoltative o fatte dal ricorrente ad abundantiam, perché diversamente ritenendo sarebbe in potere della parte prolungare a proprio arbitrio il termine per il deposito del ricorso; pertanto una notifica non prescritta dalla legge è inidonea a impedire la scadenza del termine di trenta giorni per la notifica del ricorso, termine che decorre dall'ultima notifica necessaria. Il termine del deposito del ricorso di primo grado decorre dalla data in cui l'ultima notifica si è perfezionata ( Cons. St. V, n. 1921/2013). Ciò vale anche per i giudizi abbreviati, come quello in materia di accesso ai documenti amministrativi, nei quali tuttavia il termine ordinario di deposito del ricorso, di cui all'art. 45 comma 1, è da intendersi ridotto da 30 a 15 giorni, sempre decorrente dal momento in cui l'ultima notificazione dell'atto processuale si è perfezionata anche per il destinatario (T.A.R. Sicilia (Palermo) I, n. 1465/2013). Qualora le notifiche siano più di una, come nel caso di presenza di almeno un contro interessato, il termine di cui all'art. 45, comma 1, per il deposito del ricorso decorre dal perfezionamento, per il destinatario, dell'ultima delle due notifiche effettuate dal ricorrente (T.A.R. Friuli-Venezia Giulia I, n. 609/2014). Tale regola non vale in caso di ripetizione della notifica alla medesima parte, dovendo considerare come rilevante la prima notifica effettuata ( Cons. St. n. 538/2011). In caso di deposito tardivo, il Codice dispone la irricevibilità del ricorso (art. 35, comma 1, lett. a), salva la facoltà di concessione del beneficio dell'errore scusabile (art. 37). Così, nel caso di giudizio di ottemperanza, è stato ritenuto irricevibile il deposito notificato oltre il termine di 15 giorni (abbreviato rispetto al termine ordinario), ai sensi del combinato disposto degli artt. 45 comma 1, e 87 comma 3 (T.A.R. Campania (Napoli) VIII, n. 4592/2016). Analogamente, nel caso di giudizi relativi alle procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, dove peraltro si è negato il beneficio dell'errore scusabile in considerazione della copiosa giurisprudenza in tema di dimidiazione del termine ( Cons. St. V, n. 5917/2014; T.A.R. Piemonte I, n. 1144/2015). Nel caso di impugnazione incidentale, la giurisprudenza ha ritenuto che il suo deposito tardivo ne determina l'inammissibilità (Cons. St. IV, n. 6358/2012). Inoltre, nel peculiare caso in cui il deposito del ricorso incidentale avvenga, seppur nei termini di legge, successivamente al passaggio in decisione della causa, è da considerarsi irrilevante e non determina alcun obbligo di pronunzia in capo al giudice, non potendosi modificare la situazione processuale cristallizzatasi con il passaggio in decisione della causa (Cons. St., III, n. 6949/2019; Cons. St., VI, n. 965/2019; come nel caso in cui alla camera di consiglio fissata per la decisione sull'istanza cautelare, la causa venga decisa nel merito, ai sensi dell'art. 60 c.p.a., quando era ancora pendente il termine per la proposizione del ricorso incidentale). Con l'avvio del processo amministrativo telematico, alla modalità di deposito cartacea si è sostituita quella telematica, da svolgersi in base ad appositi modulo (v. infra par. “Deposito degli atti e processo amministrativo telematico”). La progressiva introduzione delle modalità telematiche ha giustificato, in alcuni casi, la rimessione in termini in casi di deposito tardivo. Sussistono le condizioni che consentono la rimessione in termini per errore scusabile, ai sensi dell'art. 37, in relazione alla tardività del deposito del ricorso sottoscritto con firma digitale. Rilevano, in particolare, comprensibili e oggettive incertezze riscontrabili soprattutto in casi in cui, come quello di specie, la notificazione del ricorso è stata effettuata quando ancora non erano vigenti le norme in materia di processo amministrativo telematico e il deposito ha avuto luogo successivamente all'entrata in vigore delle norme richiamate (T.A.R. Calabria, I, n. 50/2017). Analogamente, si sono ravvisati i presupposti per la rimessione in termini nel caso in cui inavvertitamente il difensore abbia allegato il modulo di deposito relativo ad un ricorso diverso da quello di interesse, ricevendo dal SIGA il messaggio di avvenuta registrazione del deposito (T.A.R. Lazio (Roma), II, n. 4727/2018). La notifica del ricorso, non seguita dal deposito dello stesso, non consente di ritenere correttamente instaurato il giudizio, con conseguente improcedibilità del medesimo. Si ritiene che, ove il ricorrente non provveda al deposito del ricorso, e le parti intimate abbiano svolto attività difensiva o sostenuto spese, possono depositare copia del ricorso ricevuto, al solo fine di ottenere una pronuncia di improcedibilità, con condanna alle spese (Villata-Bertonazzi, 596). Segue. Il deposito anticipato con la prova della notificazioneÈ noto che, dopo le pronunce della Corte costituzionale, in caso di notificazione a mezzo del servizio postale, la notificazione si perfeziona in un momento diverso per chi notifica e per chi è destinatario della notificazione (c.d. anticipazione degli effetti della notifica, v. art. 41) e si poteva porre il problema se il termine per il deposito del ricorso, notificato a mezzo posta, decorra da quando la notifica si perfeziona per il notificante (con la consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario), ovvero da quando si perfeziona per il destinatario (con la ricezione dell'atto). Il Codice, in conformità con l'insegnamento di Corte cost. n. 154/2005, ha precisato che il termine decorre dalla data di perfezionamento della notificazione per il destinatario e che il richiedente può depositare l'atto anche prima che la notificazione si sia perfezionata per il destinatario (comma 2), evitando così ogni decadenza; ma, in tal caso, la procedibilità dell'atto depositato è condizionata all'ulteriore deposito del documento comprovante il perfezionamento della notificazione per il suo destinatario (comma 3), senza però che tale ulteriore deposito sia assoggettato ad alcun termine (il richiamo, in proposito, è ai principi posti da Corte cost. n. 153/2004). La soluzione è ragionevole, perché fissa una data di deposito che è certa anche per il destinatario dell'atto e impedisce che la mancata conoscenza da parte del ricorrente di tale data (per la quale deve attendere il ritorno delle prove dell'avvenuta notificazione) possa pregiudicarlo, potendo egli depositare fin da subito l'atto, dopo aver assolto i propri oneri di notificazione. La mancanza della produzione della prova dell'avvenuta notificazione per il destinatario dell'atto non implica alcuna decadenza, ma, in assenza di tale prova, le domande introdotte con l'atto non possono essere esaminate. Si ritiene che il deposito della prova dell'avvenuta notifica debba avvenire in ogni caso prima del passaggio in decisione della causa. Ai sensi dell'art. 45, comma 3, l'adempimento dell'onere del deposito della prova dell'avvenuto perfezionamento della notifica del ricorso per il destinatario è indispensabile perché la domanda introdotta possa essere esaminata. Infatti, la parte che si avvale della facoltà di cui al comma 2 (ossia del deposito del ricorso senza la prova dell'avvenuta notificazione) è tenuta a depositare la documentazione comprovante la data in cui la notificazione si è perfezionata anche per il destinatario. In assenza di tale prova le domande introdotte con l'atto non possono essere esaminate. Esiste infatti un divieto esplicito (sancito al co. 3 dell'art. 45) per il giudice di esaminare le domande processuali contenute in atti introduttivi in riferimento ai quali non sia stato comprovato il buon esito della notifica al destinatario entro il termine ultimo del passaggio della causa in decisione. A fronte della mancata costituzione in giudizio della parte resistente, o appellata, entro il momento ultimo suddetto, l'omessa produzione dell'avviso di ricevimento del plico contenente l'atto d'appello, avviato alla notificazione per mezzo del servizio postale, entro il termine suindicato, comporta l'inesaminabilità — e quindi l'inammissibilità — del gravame ( Cons. St. VI, n. 1678/2016; v. anche Cons. St. V, n. 6241/2012, che chiarisce che la norma non ha portata retroattiva). La prova del perfezionamento della notificazione nei confronti del destinatario può essere data sino al passaggio in decisione del ricorso perché essa, non riguardando la documentazione inerente la cognizione sostanziale della controversia su cui rileva il diritto di difesa, non soffre della preclusione stabilita dai termini prescritti dall'art. 73, comma 1. L'art. 45, comma 3 non stabilisce allo specifico riguardo un termine di decadenza del deposito della prova dell'avvenuta notifica, precisando solo che in assenza di tale prova le domande introdotte con l'atto non possono essere esaminate (T.A.R. Lazio II-ter, n. 5728/2022; T.A.R. Campania (Salerno) II, 20 maggio 2013 n. 1121) Qualora successivamente al passaggio in decisione del ricorso emerga il mancato deposito della cartolina comprovante l'avvenuto perfezionamento della notifica, il giudice può con ordinanza disporne il deposito. In mancanza del deposito di tale prova, il ricorso sarà dichiarato inammissibile (T.A.R. Lazio (Roma) III, 31 agosto 2016, n. 9447; T.A.R. Lazio (Latina) I, n. 282/2019). In mancanza di costituzione della parte intimata, il giudice non può infatti stabilire la effettiva instaurazione del contraddittorio, con conseguente declaratoria di inammissibilità del gravame per inesistenza della notificazione, senza possibilità di rinnovazione ai sensi dell'art. 291 comma 1, c.p.c.(T.A.R. Milano, (Lombardia), II, 28 settembre 2017, n. 1865). La regola base per valutare la tempestività del deposito dei ricorsi presso gli uffici di Segreteria o di Cancelleria degli Uffici giudiziari sia quella secondo cui il privato ha l'onere di conoscere l'orario di funzionamento dei pubblici uffici per una diligente cura dei propri interessi. Al riguardo è stato ritenuto legittimo il decreto del Presidente del TAR (nella specie della Regione Piemonte, decreto n. 13/99) che ha previsto, per ragioni organizzative interne, un orario di apertura degli uffici in misura inferiore a quello fissato dall' art. 162 della l. n. 1196/1960, stabilendo che l'orario di accesso per il pubblico agli uffici del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, a decorrere dal 16 settembre 1999, è consentito dalle ore 8.30 alle ore 12.30. Pertanto, alla stregua del principio che onera il privato della conoscenza degli orari di apertura, la scadenza del termine si verifica all'ora regolamentare di chiusura dell'ufficio giudiziario al pubblico, anche se, dopo tale ora, questo sia stato trovato aperto e l'atto sia stato accettato dal cancelliere ( Cons. St. V, n. 5836/2011, che non ha peraltro riconosciuto sussistere, in tale fattispecie, un'ipotesi di errore scusabile). In caso di particolari esigenze cautelari, che non consentono di attendere la ricevuta dell'avviso di notificazione, si è ritenuto ammissibile il precedente deposito della necessaria attestazione di consegna, fornita dal servizio di monitoraggio (c.d. tracking ) della corrispondenza nel sito internet delle poste (T.A.R. Sicilia (Catania), decreto 2 marzo 2017, n. 165; T.A.R. Lazio 6 settembre 2016, 5205). Deposito degli atti e processo amministrativo telematicoInizialmente, ai sensi dell' art. 7, comma 4, d.l. 31 agosto 2016, n. 168, recante Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa, a decorrere dal 1° gennaio 2017 e, originariamente, sino al 1° gennaio 2018 per i giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, con modalità telematiche doveva essere depositata almeno una copia cartacea del ricorso, con l'attestazione di conformità al relativo deposito telematico. Tale obbligo è stato dapprima prolungato fino al 1° gennaio 2019, in base all'art.1, comma 1050, l. 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018). Successivamente, l'obbligo in questione è stato reso permanente per effetto dell'art. 15, comma 1-bis, d.l. n. 113/2018, conv., con modif., dalla l. 1 n. 132/2018 (che ha soppresso le parole «e sino al 1º gennaio 2019»). Da ultimo, l'art. 4 (Disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia amministrativa) del d.l. n. 28/2020 conv., con modif., in l. n. 70/2020 ha abrogato interamente il citato comma 4 dell'art. 7 d.l. 168/2016 eliminando quindi l'obbligo di deposito della copia cartacea, che non è più vigente. La disposizione, oggi abrogata, introduceva la nozione di copia c.d. di obbligo (ossia giuridicamente obbligatoria per il ricorrente), distinta dalle eventuali e ulteriori copie (c.d. di cortesia) che la parte può depositare. Con riguardo alla sanzione derivante dalla omissione di tale incombente, si era formato un primo indirizzo giurisprudenziale in base al quale si riteneva che in assenza del deposito della copia cartacea da parte del ricorrente, non potesse essere trattata l'istanza cautelare da esso proposta. In particolare, il deposito di una copia cartacea d'obbligo, allora previsto dall' art. 7, comma 4, d.l. n. 168/2016, era condizione per l'inizio del decorso del termine dilatorio di 10 giorni liberi a ritroso dall'udienza camerale (ovvero 5 nei casi di termini dimidiati), di cui all' art. 55, comma 5, c.p.a., con conseguente impossibilità che, prima dell'inizio di tale decorso, potesse essere fissata detta udienza (ovvero, comunque, che, in caso di fissazione comunque avvenuta, il ricorso cautelare sia trattato e definito in un'udienza camerale anteriore al completo decorso del medesimo termine). Tali conclusioni poggiavano su una ricostruzione della ratio di simile previsione (ossia consentire al Collegio una più agevole lettura degli atti processuali) alla luce della generale regola ermeneutica c.d. “di conservazione degli atti”, espressamente codificata dall' art. 1367 c.c., in materia contrattuale, ma da ritenersi operante, in quanto espressione di un sovraordinato principio generale insito nel sistema, anche e soprattutto in tema di interpretazione della legge, sulla scorta della quale, tra le diverse accezioni possibili di una disposizione (normativa, amministrativa o negoziale), deve propendersi per quella secondo cui la stessa potrebbe aver qualche effetto, anziché nessuno (Cons. St. VI, ord. n. 880/2017). Ai sensi del successivo comma 6, dell' art. 7, d.l. n. 168/2016, al fine di garantire la sicurezza del sistema informativo della giustizia amministrativa (Siga) a decorrere dal 1° gennaio 2017 i depositi telematici degli atti processuali e dei documenti sono effettuati dai difensori e dalle Pubbliche amministrazioni mediante l'utilizzo esclusivo di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante dai pubblici elenchi, gestiti dal Ministero della giustizia. Al riguardo, l’art. 9, comma 11, del d.P.C.S. 28 luglio 2021, dopo aver ribadito la regola per cui – salvo specifiche eccezioni - il deposito degli atti processuali e dei documenti allegati avviene esclusivamente per via telematica, prevede che gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari utilizzabili per il deposito di cui al presente articolo sono pubblicati sul portale internet della Giustizia amministrativa. Nel processo amministrativo, il deposito del ricorso in modalità digitale deve avvenire necessariamente all’indirizzo PEC specificamente abilitato a ricevere i ricorsi, come previsto dall’art. 9, commi 2 e 11, del d.P.C.S. 28 luglio 2021, sul Processo amministrativo telematico (PAT). In caso di spedizione ad un diverso indirizzo PEC, ancorché del medesimo ufficio giudiziario, non si determina la pendenza del giudizio, impedendo la tempestiva presa in carico del ricorso da parte dell’ufficio giudiziario stesso. (Cons giust. amm. Sicilia, n. 707/2022; secondo il collegio, inoltre, in tale ipotesi non è consentita la regolarizzazione, non essendo il giudizio incardinato presso un determinato ufficio). In tale ipotesi, non è consentito al giudice di ordinare la regolarizzazione. Le eccezioni all’utilizzo della PEC come modalità di deposito – previste ai commi 8 e 9 dell’art. 9, all.to 1, d.P.C.S. 28 luglio 2021 – concernono i casi di autorizzazione del giudice e di impossibilità di funzionamento del sistema informatico del sito istituzionale. Inoltre, nel caso in cui non sia possibile, per comprovate ragioni tecniche, il deposito con PEC, come attestato dal messaggio di cui all'articolo 7, comma 7, o nel caso in cui la dimensione del documento da depositare superi i 30 mb, e' consentito il caricamento diretto attraverso il sito istituzionale (upload) (art. 6, all.to 2, d.P.C.S. 28 luglio 2021). Il deposito senza l'utilizzo della PEC è consentito, utilizzando la funzionalità di UPLOAD all'interno dell'area riservata del Portale dell'Avvocato, in due casi: a) a causa di problemi tecnici relativi al gestore di PEC della Giustizia amministrativa, segnalati nel sito istituzionale. b) a causa di problemi tecnici imputabili al proprio gestore di PEC. Tale disservizio deve essere debitamente documentato. c) quando il singolo documento da depositare eccede i 10 MB (v. FAQ n. 12, “Quando è consentito il deposito tramite Upload?”, pubblicata nella sezione FAQ del Processo amministrativo telematico del sito istituzionale giustizia-amministrativa.it). Ai sensi del comma 3 dell' art. 7 dello stesso d.l. n. 168/2016, le modifiche hanno efficacia con riguardo ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017; ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa, le norme vigenti alla data di entrata in vigore del decreto. Per i ricorsi che, ai sensi dell' art. 13, comma 1 ter, dell'allegato 2 al c.p.a., introdotto dall' art. 7, del d.l. n. 168/2016, non seguono le regole del Pat, la validità legale è attribuita al deposito cartaceo, ma le parti devono continuare ad inviare, sebbene non utilizzando i moduli Pat (e dunque senza l'utilizzo del “Modulo deposito ricorso” e del “Modulo deposito atto”), gli atti anche in formato digitale. Il sistema “blocca” i depositi effettuati con il “canale Pat” di scritti e documenti che si riferiscono a ricorsi proposti prima del 1° gennaio 2017. Tale regola si estende alla proposizione di motivi aggiunti di ricorsi incardinati prima del 1° gennaio 2017, anche quando, con i motivi aggiunti, sono impugnati atti nuovi (v. FAQ n. 2 “Come devono essere depositati gli atti e gli scritti difensivi relativi a ricorsi proposti ante 1 gennaio 2017” pubblicata nella sezione FAQ del Processo amministrativo telematico del sito istituzionale giustizia-amministrativa.it). Nei casi di deposito telematico, la procura alle liti e le prove delle notificazioni, ove allegate al Modulo di deposito tramite copia informatica, dovranno essere oggetto di attestazione di conformità secondo le modalità previste dall' art. 22 del Codice dell'Amministrazione Digitale. Si individuano due modalità ai fini di procedere alla attestazione di conformità. Da un lato, l'attestazione può essere inserita direttamente all'interno della copia informatica ottenuta dalla scansione del cartaceo (in tal caso, eseguita la scansione della procura alle liti o dell'atto notificato, si ottiene un file PDF. Il difensore deve “aprire” il file PDF con Adobe Reader o altro software per visualizzare i PDF e, utilizzando le funzionalità gratuite del software (“compila e firma” e “aggiungi testo”) deve inserire l'attestazione di conformità. A questo punto salva il file e lo firma digitalmente utilizzando la firma “PAdES”). Secondo l'altra modalità, l'attestazione viene fatta su documento informatico separato che poi deve essere allegato al Modulo di deposito (in tal caso, le istruzioni prevedono che eseguita la scansione della procura alle liti o dell'atto notificato, si ottiene un file PDF il quale viene allegato (senza necessità che lo stesso sia firmato digitalmente) al Modulo di deposito. Deve quindi essere predisposta, su documento informatico separato, l'attestazione di conformità per la quale si può così procedere: si prepara l'attestazione con il software utilizzato per redigere gli atti (word, openoffice, libre office ecc.) la quale deve contenere, oltre ad una sintetica formula con la quale il difensore attesta la conformità della copia informatica all'originale analogico in suo possesso, anche l'impronta (hash) e il riferimento temporale della copia informatica. Una volta completata l'attestazione di conformità la stessa deve essere trasformata in PDF senza scansione e poi firmata digitalmente utilizzando la firma “PAdES” (FAQ n. 14 “In cosa consiste la asseverazione ai sensi dell' art. 22 CAD di cui devono essere corredate la procura e la documentazione di notifica (se effettuate con modalità analogiche) che si intendono allegare al Modulo di deposito? Come e quando deve essere inserita l'asseverazione?”, pubblicata nella sezione FAQ del Processo amministrativo telematico del sito istituzionale giustizia-amministrativa.it). Per ogni approfondimento sul processo amministrativo telematico si rinvia al commento sub art. 136. Il deposito del provvedimento impugnatoLa norma in esame, all'ultimo comma, conferma l'insussistenza di conseguenze decadenziali in caso di mancato deposito del provvedimento impugnato unitamente al ricorso, come già prevedeva l'art. 21 l. T.A.R. Al riguardo rileva, nell'economia del giudizio instaurato, la possibilità di produzione documentale sino a 40 giorni liberi prima dell'udienza (art. 73), nonché l'onere che grava sull'amministrazione di produrre, nel termine di costituzione, «l'eventuale provvedimento impugnato, nonché gli atti e i documenti in base ai quali l'atto è stato emanato, quelli in esso citati e quelli che l'amministrazione ritiene utili al giudizio» (art. 46, comma 2). La mancata produzione del provvedimento impugnato da parte dell'amministrazione non è idonea a ritenere provata la doglianza della parte circa l'anteriorità della istanza di autorizzazione rispetto a quella di altri soggetti controinteressati, ciò in mancanza della prova di tale fatto (solamente affermato) da parte dello stesso ricorrente e della attivazione dei poteri del giudice di prime cure volti all'acquisizione officiosa del provvedimento e delle istanze in questione ( Cons. St. V, n. 2441/2016). Con l'entrata in vigore del processo telematico, è stato soppresso l'onere di produzione della marca da bollo ai fini del pagamento del contributo unificato, contestualmente al deposito ( art. 46, co. 1, lett. d), d.l. n. 90/2014) (v. commento sub art. 136 e norme di attuazione). 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