Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 48 - Giudizio conseguente alla trasposizione del ricorso straordinario

Ciro Daniele Piro

Giudizio conseguente alla trasposizione del ricorso straordinario

 

1. Qualora la parte nei cui confronti sia stato proposto ricorso straordinario ai sensi degli articoli 8 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, proponga opposizione, il giudizio segue dinanzi al tribunale amministrativo regionale se il ricorrente, entro il termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione, deposita nella relativa segreteria l'atto di costituzione in giudizio, dandone avviso mediante notificazione alle altre parti.

2. Le pronunce sull'istanza cautelare rese in sede straordinaria perdono efficacia alla scadenza del sessantesimo giorno successivo alla data di deposito dell'atto di costituzione in giudizio previsto dal comma 1. Il ricorrente può comunque riproporre l'istanza cautelare al tribunale amministrativo regionale.

3. Qualora l'opposizione sia inammissibile, il tribunale amministrativo regionale dispone la restituzione del fascicolo per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria.

Note operative

Termini per la trasposizione del ricorso straordinario
Atto di costituzione per la trasposizione in sede giurisdizionale di un ricorso straordinario al Capo dello Stato. 60 giorni Dal ricevimento dell'atto di opposizione

Inquadramento

La disposizione disciplina le modalità di opposizione alla trattazione di una controversia in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato.

In particolare si prevede che il giudizio prosegue dinanzi al tribunale amministrativo regionale se il ricorrente, entro il termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione, deposita nella relativa segreteria l'atto di costituzione in giudizio, dandone avviso mediante notificazione alle altre parti.

È previsto inoltre che le misure cautelari concesse perdono efficacia alla scadenza del sessantesimo giorno successivo alla data di deposito dell'atto di costituzione in giudizio.

Trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale: soggetti legittimati alla opposizione

Come è noto, per il ricorso straordinario al Capo dello Stato vale la regola dell'alternatività, che comporta che il privato destinatario di un atto amministrativo definitivo che sceglie di esperire il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica perde la possibilità di ricorrere al giudice amministrativo e viceversa; tuttavia, il sistema preclusivo determinato dall'alternatività è ammissibile in quanto frutto di una libera scelta del soggetto che decide di ricorrere ad un rimedio anziché ad un altro.

Il principio risponde alla finalità di evitare l'inutile proliferazione dei ricorsi e il pericolo di pronunce contrastanti di organi appartenenti allo stesso ramo di giustizia.

Il Codice ha rafforzato l'alternatività rispetto al ricorso al T.A.R. L'art. 7, comma 8, stabilisce infatti che il ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa (Chieppa,Il Processo amministrativo, 316).

Il principio di alternatività tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale che, già affermato nel secondo comma dell' art. 34 del r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, è ora ribadito sia nel secondo comma dell' art. 8 del d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, sulla semplificazione delle procedure nei ricorsi amministrativi, sia nell' art. 20, terzo comma, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, è regolato, nella sua operatività, dal criterio della priorità. Sulla scorta di quanto previsto da tale principio, nei confronti del gravame proposto successivamente opera un effetto preclusivo, sicché è inammissibile il ricorso proposto dinanzi al giudice amministrativo dopo che sia stato precedentemente proposto ricorso straordinario al Capo dello Stato, a maggior ragione, poi, qualora quest'ultimo venga deciso nelle more del giudizio amministrativo (T.A.R. Campania (Salerno) I 6 novembre 2015 n. 2344). Il suddetto principio di alternatività tra ricorso giurisdizionale e ricorso straordinario trova applicazione non solo nei casi di identità formale dei provvedimenti impugnati in sede di ricorso giurisdizionale davanti al TAR e di ricorso straordinario al Capo dello Stato, ma anche nel caso in cui siano impugnati in tali sedi atti formalmente distinti, ma direttamente consequenziali, e comunque le controversie siano connotate da un'obiettiva identità di petitum e di causa petendi ( T.A.R. Lazio (Roma) I, 2 novembre 2015 n. 12345).

A fronte di un ricorso straordinario già promosso avverso l'atto presupposto, il ricorso giurisdizionale avverso l’atto presupponente deve essere dichiarato inammissibile dal giudice amministrativo. Inversamente, se l'atto successivo è impugnato in sede straordinaria, a fronte di un ricorso giurisdizionale proposto avverso l'atto presupposto, il principio di laternatività determina l’inammissibilità di quest’ultimo (T.A.R. Torino I, 1 novembre 2021, n. 972).

È questo il caso dell'impugnazione dell'aggiudicazione provvisoria mediante ricorso giurisdizionale, che determina l'inammissibilità della successiva impugnazione con ricorso straordinario della aggiudicazione definitiva in base al principio di alternatività (Cons. St., I, n. 2316/2017). La disposizione di cui all'art. 48 disciplina le formalità relative all'atto di trasposizione conseguente all'opposizione che la parte nei confronti della quale è stato proposto il ricorso straordinario può formulare chiedendo che lo stesso prosegua in sede giurisdizionale.

In particolare, l' art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971 prevede un meccanismo, che permette al controinteressato di trasporre la controversia in sede giurisdizionale, consentendo ai controinteressati intimati di chiedere entro 60 giorni dalla notificazione del ricorso, con atto notificato al ricorrente e all'organo che ha emanato l'atto impugnato, che il ricorso venga deciso in sede giurisdizionale (la norma testualmente dispone che: «1. I controinteressati, entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione del ricorso, possono richiedere, con atto notificato al ricorrente e all'organo che ha emanato l'atto impugnato, che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale. In tal caso, il ricorrente, qualora intenda insistere nel ricorso, deve depositare nella segreteria del giudice amministrativo competente, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione, l'atto di costituzione in giudizio, dandone avviso mediante notificazione all'organo che ha emanato l'atto impugnato ed ai controinteressati e il giudizio segue in sede giurisdizionale secondo le norme del titolo III del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e del regolamento di procedura, approvato con regio decreto 17 agosto 1907, n. 642.2. Il collegio giudicante, qualora riconosca che il ricorso è inammissibile in sede giurisdizionale, ma può essere deciso in sede straordinaria dispone la rimessione degli atti al Ministero competente per l'istruzione dell'affare. 3. Il mancato esercizio della facoltà di scelta, prevista dal primo comma del presente articolo, preclude ai controinteressati, ai quali sia stato notificato il ricorso straordinario, l'impugnazione dinanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale della decisione di accoglimento del Presidente della Repubblica, salvo che per vizi di forma o di procedimento propri del medesimo.»).

Il meccanismo dell'opposizione è stato esteso alle pubbliche amministrazioni dalla Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità dell' art 10 del d.P.R. n. 1199/1971 "nella parte in cui, ai fini della facoltà di scelta ivi prevista, non equipara ai controinteressati l'ente pubblico, diverso dallo Stato, che ha emanato l'atto impugnato con ricorso straordinario". Le amministrazioni non statali, infatti, al pari del privato controinteressato, non hanno alcun ruolo nel procedimento che porta alla decisione del ricorso straordinario, di talché deve pertanto essere salvaguardata anche per loro la facoltà di optare per la tutela giurisdizionale che offre maggiori garanzie rispetto a quella amministrativa (Corte cost., n. 148/1982).

Nella direzione di estendere la facoltà di opposizione si è mossa anche l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che ha osservato come l'art. 48 debba essere inteso come riferito allo Stato, oltre alle altre pubbliche amministrazioni, ai controinteressati e ai cointeressati, così da garantire il pieno rispetto del contraddittorio e assicurare la compatibilità del nuovo assetto con la garanzia dell'effettività della di tutela giurisdizionale ( art. 24 Cost.) e con il principio del doppio grado di giudizio ( art. 125 Cost.) ( Cons. St.,Ad. plen., n. 9/2013; nello stesso senso T.A.R. Lazio (Roma) I, 24 luglio 2017, n. 8919).

Appare pertanto stabilito che la nozione di controinteressato legittimato alla richiesta di trasposizione dinanzi al Tar del ricorso straordinario dal Capo dello Stato è più ampia di quella di controinteressato al ricorso, ricomprendendo anche i soggetti che sono comunque titolari di una situazione di vantaggio interessata dall'atto impugnato (T.A.R. Lazio (Latina) I 23 aprile 2015, n. 369).

Al contrario, si è negata la legittimazione a chiedere la trasposizione del ricorso innanzi al TAR al soggetto che assumela veste non di controinteressato, bensì di cointeressato (T.A.R. Sardegna I, 15 novembre 2016 n. 887)

Se per le parti intimate il mancato esercizio dell'opposizione preclude la successiva impugnazione dinnanzi al Consiglio di Stato dell'eventuale decreto presidenziale di accoglimento, ciò non vale per i controinteressati pretermessi (ossia che avrebbero dovuto essere chiamati in causa e invece non lo sono stati).

Per questi ultimi, la giurisprudenza ha riconosciuto come non esista alcuna preclusione, potendo gli stessi costituirsi e fare opposizione nei 60 giorni successivi, quando vengono a conoscenza dell'esistenza del ricorso straordinario. Il controinteressato non ritualmente evocato in giudizio può altresì legittimamente impugnare, innanzi al Tar, la decisione del ricorso straordinario al Capo dello Stato che recepisce il parere del Consiglio di Stato, senza le limitazioni e preclusioni che sono opponibili al controinteressato evocato, e, in genere, a tutte le parti che abbiano accettato la procedura in sede straordinaria, e quindi per vizi inerenti al suddetto parere. ( Cons. St.,Ad. plen., n. 9/2006T.A.R. Molise I,7 luglio 2016 n. 291). Grava in ogni caso sui controinteressati asseritamente pretermessi dimostrare tale qualità, deducendo in particolare l'effetto lesivo derivante dall'eventuale annullamento degli atti impugnati in sede straordinaria, pena l'inammissibilità della stessa opposizione alla decisione del ricorso in sede straordinaria. (Cons. St. VI, n. 2416/2017, che a tal fine precisa che la qualità di controinteressato, cui il ricorso deve essere necessariamente notificato va riconosciuta non già a chi abbia un interesse, anche legittimo, a mantenere in vita il provvedimento impugnato (o ne subisca conseguenze solo indirette o riflesse), ma unicamente a chi dal provvedimento stesso riceva un vantaggio diretto e immediato, ossia un positivo ampliamento della propria sfera giuridica).

La natura para-giurisdizionale del ricorso straordinario

L'art. 48 introduce una disciplina per il giudizio trasposto davanti al tribunale amministrativo regionale a seguito di opposizione dei soggetti intimati con ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Si è osservato come, unitamente al già richiamato art. 7, l'art. 48 è l'unica altra disposizione del Codice che riguarda l'istituto del ricorso straordinario, la cui natura è stata controversa; alla tesi della natura amministrativa si è contrapposta la tesi della progressiva giurisdizionalizzazione di tale strumento (Chieppa,Il processo amministrativo, 376).

Si ricorda che in passato la Corte costituzionale aveva escluso che il Consiglio di Stato, in sede di parere su un ricorso straordinario, potesse sollevare una questione di costituzionalità, ribadendo la natura amministrativa del ricorso straordinario.

Secondo Corte cost. 21 n. 254/2004, la natura amministrativa trovava conferma nel fatto che l' art. 14, primo comma, del d.p.r. n. 1199/1971 stabilisce che, ove il ministro competente intenda proporre (al Presidente della Repubblica) una decisione difforme dal parere del Consiglio di Stato, deve sottoporre l'affare alla deliberazione del Consiglio dei ministri, provvedimento quest'ultimo, per la natura dell'organo da cui promana, all'evidenza non giurisdizionale. Oggi tale possibilità è stata invece abrogata.

Un importante passo nel senso dell'avvicinamento tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale si era, invece, avuto con la sentenza della Corte Europea di Giustizia 16 ottobre 1997 pronunciata nei procedimenti riuniti da C-69/96 a C-79/96 con cui si è riconosciuto che il Consiglio di Stato, quando emette un parere nell'ambito di un ricorso straordinario, è ‘‘una giurisdizione ai sensi dell'art. 234 del Trattato istitutivo della Comunità europea».

L'art. 69 della stessa legge di delega ( l. n. 69/2009) sembra aver completato tale processo di giurisdizionalizzazione del rimedio alternativo del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, prevedendo la possibilità in tale sede di sollevare questione di costituzionalità e modificando l' art. 14 del d.p.r. 24 novembre 1971 n. 1199 nel senso di aver eliminato la possibilità di decidere il ricorso in difformità con il parere del Consiglio di Stato.

Il carattere vincolante del parere e l'utilizzo del termine «segue» contenuto nel primo comma dell'articolo in commento, per indicare la trasposizione del giudizio davanti al T.A.R. (termine peraltro già presente nell' art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971) sembrano costituire ulteriore conferma della natura giurisdizionale — e non meramente amministrativa — dell'istituto (Chieppa, Il Processo amministrativo, 316). In dottrina, si qualifica il rimedio come «tendenzialmente giurisdizionale nella sostanza, ma formalmente amministrativo» (De Nictolis,Proc. amm., 2864). In senso contrario, si ritiene che pur irrobustita, la funzione del Consiglio di Stato rimanga di tipo consultivo, dovendosi negare qualsiasi connotazione giurisdizionale (Traglia, 468).

Nel senso di un riconoscimento della progressiva giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario, il Cga ha riconosciuto natura «sostanzialmente giurisdizionale» al rimedio, con il corollario che il decreto con cui si decide il ricorso possa essere oggetto di ricorso in cassazione per motivi di giurisdizione (Cga, sez. un., 10 luglio 2012, n. 1581). Impostazione condivisa dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza del 6 maggio 2013, secondo cui «[l]o sviluppo normativo che ha segnato la disciplina del ricorso straordinario depone nel senso dell'assegnazione al decreto presidenziale emesso, su conforme parere del Consiglio di Stato, della natura sostanziale di decisione di giustizia e, quindi, di un carattere sostanzialmente giurisdizionale. Ne deriva il superamento della linea interpretativa tradizionalmente orientata nel senso della natura amministrativa del decreto presidenziale, seppure contrassegnata da profili di specialità tali da segnalare la contiguità alle pronunce del giudice amministrativo» ( Cons. St.Ad. plen., n. 9/2013).

Il prevalere della tesi para-giurisdizionale è avvenuto con il mutamento di orientamento della Cassazione sulla possibilità di utilizzare lo strumento dell'ottemperanza per portare ad esecuzione le decisione rese su ricorso straordinario al capo dello Stato.

La Cassazione, mutando il proprio precedente orientamento, ha affermato che il giudizio di ottemperanza è ammissibile in relazione al decreto con cui viene deciso un ricorso straordinario, che abbia accolto il ricorso straordinario (Cass.S.U., n. 2065/2011; Cass.S.U., n. 9183/2012; in senso conforme Cons. St.,Ad. plen., n. 18/2012; Cons. St.,Ad. plen., n. 9/2013). Secondo le Sezioni Unite la decisione su ricorso straordinario è un provvedimento che, pur non essendo formalmente giurisdizionale, risulta suscettibile di tutela mediante il giudizio d'ottemperanza. In tema di ricorsi amministrativi, l'evoluzione del sistema normativo — di cui sono indici significativi, da un lato, l' art. 69 l. n. 69/2009, laddove prevede l'incidente di costituzionalità da parte del Consiglio di Stato chiamato ad esprimere il parere sul ricorso straordinario ed abolisce la facoltà del Ministro di discostarsi dal parere del Consiglio di Stato, e, dall'altro lato, l'art. 112, che, alla lettera b, prevede l'azione di ottemperanza per le sentenze esecutive e degli altri provvedimenti esecutivi del G.A. — conduce a configurare la decisione resa su ricorso straordinario come provvedimento che, pur non essendo formalmente giurisdizionale, è tuttavia suscettibile di tutela mediante il giudizio di ottemperanza (principio applicabile retroattivamente ad eccezione delle ipotesi, oggi non più possibili, di decisioni di ricorso straordinario rese su una controversia conoscibile dal giudice civile e da questi disapplicabili; Cass. III, n. 20054/2013).

Si è al riguardo sottolineata una questione applicativa. Premessa l'ammissibilità del ricorso in ottemperanza per le decisioni rese su ricorso straordinario al Capo dello Stato, era stato posto il problema se la fattispecie va sussunta nell'art. 112, c. 2, lett. b), come sembra affermare la Cassazione o nella lett. d), come sembra indicare il dato letterale (altri provvedimenti equiparati alle sentenze). Tale questione rileva ai fini della competenza ex art. 113 c.p.a.: nel primo caso la competenza è del Consiglio di Stato, nel secondo è del Tar.

La tesi della Cassazione poteva non sembrare coerente con il dato letterale, in quanto la lett. «b» del comma 2 dell'art. 112 non menziona affatto (nemmeno mediatamente) i decreti sui ricorsi straordinari: che non possono essere assimilati ai provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo.

Se il fondamento normativo per l'esperibilità del rimedio dell'ottemperanza sui ricorsi straordinari, è individuato nella successiva lett.d) del medesimo comma 2 dell'art. 112, che riguarda propriamente l'esecuzione «delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati per i quali non sia previsto il rimedio dell'ottemperanza....», la competenza sarebbe spettata spetta — ai sensi dell'art. 113, comma 2 — al Tar

(Chieppa,Il processo amministrativo, 534).

La questione è stata risolta nel senso della competenza del Consiglio di Stato, in base alla considerazione secondo cui il decreto presidenziale che recepisce il parere del Consiglio di Stato, pur non essendo, in ragione della natura dell'organo e della forma dell'atto, un atto formalmente e soggettivamente amministrativo, sia estrinsecazione sostanziale di funzione giurisdizionale che culmina in una decisione caratterizzata dal crisma dell'intangibilità, propria del giudicato, all'esito di una procedura in unico grado incardinata sulla base del consenso delle parti e rientra nel novero dei provvedimenti del giudice amministrativo di cui alla lett. b) dell'art. 112, comma 2, ne consegue che il ricorso per l'ottemperanza deve essere proposto, ai sensi dell'art. 113, comma 1 dinanzi allo stesso Consiglio di Stato, nel quale si «identifica il giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta ( Cons. St.,Ad. plen.n. 9/2013; T.A.R. Sicilia (Palermo) I 13 settembre 2016 n. 2150).

Al riguardo vedi anche il commento all'art. 112 e, in particolare, il par. «Ottemperanza delle decisioni rese sui ricorsi straordinari al Capo dello Stato».

Anche il sistema della permanenza delle misure cautelari già disposte è ispirato ad un rapporto tra due strumenti giurisdizionali: è stato stabilito che le pronunce sull'istanza cautelare rese in sede straordinaria perdono efficacia alla scadenza del sessantesimo giorno successivo alla data di deposito dell'atto di costituzione in giudizio (quindi, perdono efficacia dopo centoventi giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione), fermo restando che il ricorrente può comunque riproporre l'istanza cautelare al tribunale amministrativo regionale.

Atto di trasposizione: termini e contenuto

L'atto di trasposizione, finalizzato a instaurare la prosecuzione del giudizio dinnanzi al Tar competente, deve essere depositato dal ricorrente entro il termine di 60 giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione, dandone avviso mediante notifica alle altre parti.

L'atto di trasposizione è sostanzialmente una riassunzione del medesimo ricorso già notificato in sede straordinaria. Questo va quindi depositato nella segreteria del giudice amministrativo e dell'avvenuto deposito va dato avviso mediante notificazione all'organo che ha emanato l'atto impugnato ed ai controinteressati.

In giurisprudenza si ritiene pertanto indispensabile assicurare alle controparti la conoscenza legale dell'avvenuto deposito dell'atto di insistenza (appunto mediante avviso), mentre si ritiene superfluo una seconda notificazione del medesimo ricorso il cui contenuto, peraltro, non può per qualsivoglia ragione essere modificato (Cons. St. V, n. 1926/2011).

Si tratta di termine processuale e di natura perentoria.

La «ratio» del comma 1 dell' art. 10 d.P.R. n. 1199/1971 è chiaramente quella di fissare termini perentori per la trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale affinché tutti i soggetti investiti dalla controversia abbiano conoscenza certa dell'instaurazione del giudizio in tale sede, attraverso la notificazione dell'atto di richiesta della trasposizione e dell'avviso della costituzione in giudizio del ricorrente originario (Cons. St. VI, n. 240/2015). Entro il termine di sessanta giorni, il ricorrente dovrà non solo depositare presso il TAR l'atto di costituzione in giudizio, ma anche provvedere a rendere nota tale circostanza alla controparte, pena l'inammissibilità, rilevabile d'ufficio (T.A.R. Lazio, III, n. 13154/2019).

Attesa la natura processuale del termine di sessanta giorni previsto dall'art. 48, al medesimo si applica la disciplina della sospensione feriale (Cons. St., n. 4149/2013).

A differenza dell'opposizione (ritenuto atto del procedimento amministrativo e non ancora di quello contenzioso e quindi formulabile dalla parte, senza assistenza del difensore; De Nictolis, Proc. amm., 2895), l'atto di trasposizione deve avere i requisiti del ricorso giurisdizionale, ivi compresa l'indicazione del difensore abilitato (Traglia, 600).

L'atto di trasposizione non può contenere motivi diversi e ulteriori rispetto a quelli contenuti nell'originario ricorso straordinario, salvo eventuali domande nuove non proponibili in sede di ricorso straordinario.

In sede di trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale, l'originario contenuto del ricorso straordinario non può essere modificato e non possono essere prodotte censure nuove. La trasposizione, infatti, costituisce (nella forma e nella sostanza) una riassunzione dell'originario ricorso straordinario, rispetto al quale l'atto depositato presso il giudice amministrativo non può contenere motivi diversi (Cons. St. VI, n. 667/2016).

Inoltre, posto che il rimedio ha carattere esclusivamente impugnatorio, la domanda di risarcimento danni non può essere proposta in sede di ricorso straordinario. Cionondimeno, la domanda può essere legittimamente formulata in seguito, con l'atto di trasposizione del giudizio dinanzi al Tar (Cons. St. III, n. 2273/2015).

Con riferimento alle modalità con cui avviene la trasposizione e precisamente alla scansione temporale dei relativi atti, la norma prevede sia il deposito, sia l'avviso alle parti, senza tuttavia precisare l'ordine dei medesimi.

In dottrina prevale l'orientamento per cui entro il termine indicato occorre sia depositare l'atto al T.A.R. sia dare avviso del deposito alle altre parti mediante notificazione (De Nictolis, Proc. amm., 2897), essendo indifferente quale dei due atti venga compiuto prima (Pellegrino, 601).

In giurisprudenza non pare esservi un orientamento univoco. Se in base ad un più recente indirizzo, il deposito segue la notifica (analogamente a quanto avviene per il ricorso ordinario; cfr. T.A.R. Veneto, n. 1406/2013; T.A.R. Lombardia, n. 541/2013), alcune pronunce più risalenti offrono una indicazione diversa, nel senso di dover procedere prima al deposito e quindi alla notifica dell'avviso (cfr. Cons. St., n. 5086/2009).

Così, è stato ritenuto inammissibile il ricorso in trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario ove il ricorrente ometta, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione ( art. 48 comma 1, c.p.a.), di dare avviso alle controparti di aver depositato l'atto di costituzione in giudizio (T.A.R. Calabria, (Catanzaro) II, n. 55/2012).

Con orientamento più sostanzialista, il Consiglio di Stato ha confermato la lettura orientata a non dare rilevanza alla sequenza degli atti, quanto piuttosto all'unitarietà degli adempimenti previsti dalla norma. In particolare, si è affermato che un'interpretazione non rigidamente ancorata al dato testuale, ma rispettosa della ratio dell'art. 48 porta ad affermare che il deposito in segreteria, nel termine perentorio di sessanta giorni, dell'atto di riassunzione in giudizio della parte ricorrente (cui è stato notificato l'atto di opposizione), che richiama nel suo integrale contenuto il ricorso straordinario e da cui si evinca chiaramente la volontà di insistere nell'impugnazione in sede giurisdizionale, debba ritenersi rituale, essendo rispettati i termini e, nella sostanza, gli adempimenti richiesti, anche se non nella stretta sequenza prevista dalla norma processuale, ovvero deposito e notifica di «avviso» alla controparte (Cons. St. III, n. 2830/2016, che annulla T.A.R. Lombardia, (Milano) III, n. 1163 del 2015 che aveva invece ritenuto l'inammissibilità del ricorso in trasposizione, in quanto prima notificato e quindi depositato, in difformità dal modello legale previsto dall'art. 48; v. anche T.A.R. Lazio, III, n. 13154/2019). Pertanto, ai fini della corretta trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale possono ritenersi utili tanto la sola notifica del semplice avviso del deposito del ricorso innanzi al TAR, in quanto comunque sufficiente a rendere la controparte edotta della volontà del ricorrente di insistere nell'impugnazione, quanto la notifica dell'intero ricorso e della vocatio in giudizio, pur non seguita da quella dell'avviso dell'avvenuto deposito (Cons. St. III, n. 8634/2021).

È altresì inammissibile la trasposizione qualora segua un atto di opposizione tardivamente notificato dai controinteressati, oltre il termine di 60 giorni di cui all'art. 10, comma 1, d.P.R. n. 1199/1971 (T.A.R. Lazio, III, n. 11795/2019).  

Ulteriore questione riguarda la necessità di depositare l'originario ricorso straordinario, oltre all'atto di trasposizione.

In aderenza ai principi generali di atipicità e di conservazione degli atti processuali ai sensi degli artt. 121 e 156 c.p.c. e stante la mancata previsione di forme obbligatorie, si ritiene non vi sia inammissibilità in caso di mancato deposito in originale o in copia autentica del ricorso straordinario, quando se ne riproducano nel testo dell'atto di costituzione gli elementi essenziali, tali da permetterne l'esame e il controllo da parte del giudice adito (Traglia, 601, De Nictolis, Proc. amm., 2896; nello stesso senso, in giurisprudenza, v. T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 21 dicembre 2002, n. 1084).

In caso di materie per le quali valgono i termini processuali dimezzati, la giurisprudenza ha equiparato la notifica dell'atto di trasposizione del ricorrente alla proposizione del ricorso, sottratto pertanto alla dimidiazione ai sensi dell'art. 119. Sarebbe invece oggetto di dimezzamento il termine per il deposito dell'atto di trasposizione (Cons. St. V, n. 3104/2008 e, più di recente, T.A.R. Lombardia, (Milano) III, n. 1159/2013; T.A.R. Sicilia (Catania) I 3 maggio 2011 n. 1091).

Di contrario avviso quella parte di dottrina che, propendendo per la natura unitaria del termine di cui all'art. 48, ritiene che la proposizione del ricorso si concretizzi con il deposito dell'atto di trasposizione, per il quale rimangono quindi integri i termini di 60 giorni (De Nictolis, Proc. amm., 2898).

Tale ultima posizione appare confermata da alcune pronunce dei tribunali amministrativi che ritengono non applicabile la dimidiazione dei termini alla trasposizione, in quanto atto collegato ad un adempimento che è assimilabile, quanto agli effetti introduttivi del giudizio di primo grado dinnanzi al Tar, all'ordinaria notificazione del ricorso introduttivo (per il quale non viene in rilievo la regola del dimezzamento, posto che essa è espressamente esclusa proprio «per la notificazione del ricorso introduttivo», dall'art. 119, comma 2). Peraltro, il silenzio della legge sul punto è stato ritenuto idoneo a far ritenere scusabile l'errore in cui è incorso il ricorrente con conseguente rimessione in termini (T.A.R. Piemonte II, 26 febbraio2016, n. 241; v. anche T.A.R. Abruzzo I, 23 novembre 2010 n. 808).

Vicende successive al deposito

Una volta eseguito il deposito dell'atto di trasposizione, il giudice dispone l'acquisizione del fascicolo del ricorso straordinario formato dall'amministrazione presso cui il rimedio straordinario si era incardinato.

Quindi, il giudizio segue le ordinarie regole processuali del procedimento di primo grado e il giudice valuterà, in primo momento, l'esistenza di eventuali ragioni di irricevibilità o inammissibilità del ricorso.

Ciò vale, in particolare, per l'eventuale condanna alle spese di giudizio a carico del ricorrente, in caso di trasposizione ed eventuale rigetto della domanda.

Se è vero che il ricorso straordinario al Capo dello Stato costituisce un rimedio molto più economico del ricorso giurisdizionale e, in particolare, non comportante per la parte istante il rischio di condanna alle spese, non perciò solo chi lo propone può pretendere di restare al riparo delle conseguenze della sua trasposizione in sede giurisdizionale, la quale a sua volta costituisce espressione del diritto di difesa costituzionalmente garantito delle parti intimate (Cons. St. IV, n. 1014/2016; T.A.R. Lazio (Latina), n. 215/2015).

Con riferimento alle misure cautelari, la norma in commento prevede una disposizione di coordinamento. In particolare, nel caso in sede straordinaria siano state disposte misure cautelari, il comma 2 dell'art. 48 stabilisce che le stesse divengono inefficaci a partire dal sessantesimo giorno successivo alla data del deposito dell'atto di trasposizione. Il ricorrente può in tal caso riproporre istanza al Tar adito.

Come è stato osservato, la trasposizione non sana situazioni di irregolarità nella proposizione del rimedio straordinario (ad es, la sua tardività), sulla quale il giudice potrà pronunciarsi (eventualmente dichiarando la sua inammissibilità) (Traglia, 601; nello stesso senso, v. Cons. St., n. 357/1991).

Spetta al Tar verificare l'ammissibilità dell'opposizione e, in caso di verifica negativa, restituire il fascicolo per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria.

Successivamente alla proposizione dell'atto di trasposizione e all'instaurazione del giudizio davanti al Tar, il ricorso straordinario diviene improcedibile. Tuttavia, qualora dovesse risultare l'inammissibilità dell'atto di trasposizione, per vizi propri di tale fase (ad esempio, perché depositato oltre i sessanta giorni previsti), ai sensi dell'art. 10, comma 2, d.lgs. n. 1199/1971, ha luogo la riattivazione del rimedio straordinario e il Tar dispone, ai sensi del comma 3 dell'art. 48 la restituzione del fascicolo per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria.

Si ritiene che l'operatività della riattivazione dell'originario procedimento richieda i seguenti presupposti: — che l'inammissibilità non sia imputabile al ricorrente (ad esempio, in caso di difetto di giurisdizione del GA); — che l'originario ricorso straordinario sia ammissibile (De Nictolis,Proc. amm., 2899).

La trasposizione del giudizio amministrativo nella originaria sede straordinaria può in concreto realizzarsi soltanto nelle ipotesi della acclarata inammissibilità dell'atto di opposizione dei soggetti originariamente intimati in sede straordinaria e della conseguente impossibilità che si realizzi l'effetto devolutivo del giudizio nella sede giurisdizionale originariamente correlato a quell'atto oppositivo (Cons. St. VI, n. 593/2014).

Nel caso in cui il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per irritualità della trasposizione, l'imputabilità dell'errore alla parte ricorrente impedisce di rimettere gli atti al Ministero competente per l'istruzione dell'affare, come stabilito dall' art. 10, comma 2, del D.P.R. n. 1199 del 1971 (Cons. St. V, n. 1926/2011; T.A.R.Lombardia (Milano) III, n. 1159/2013).

Bibliografia

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