Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 49 - Integrazione del contraddittorioIntegrazione del contraddittorio
1. Quando il ricorso sia stato proposto solo contro taluno dei controinteressati, il presidente o il collegio ordina l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri. 2. L'integrazione del contraddittorio non è ordinata nel caso in cui il ricorso sia manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondato; in tali casi il collegio provvede con sentenza in forma semplificata ai sensi dell'articolo 74. 3. Il giudice, nell'ordinare l'integrazione del contraddittorio, fissa il relativo termine, indicando le parti cui il ricorso deve essere notificato. Può autorizzare, se ne ricorrono i presupposti, la notificazione per pubblici proclami prescrivendone le modalità. Se l'atto di integrazione del contraddittorio non è tempestivamente notificato e depositato, il giudice provvede ai sensi dell'articolo 35. 4. I soggetti nei cui confronti è integrato il contraddittorio ai sensi del comma 1 non sono pregiudicati dagli atti processuali anteriormente compiuti. InquadramentoLa norma disciplina le modalità di integrazione del contraddittorio nel caso in cui il ricorso sia stato notificato solo ad alcuni dei controinteressati. L'integrazione avviene per ordine del giudice entro i termini da esso stabiliti. In difetto di integrazione, il ricorso è improcedibile. A tali regole la norma introduce un'eccezione, prevedendo che il giudice non integra il contraddittorio, quando il ricorso è manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondato. La norma prevede infine che i soggetti nei cui confronti è integrato il contraddittorio non ricevono pregiudizio dagli atti processuali compiuti prima della loro chiamata in giudizio. Integrazione del contraddittorioNel sistema processuale amministrativo l'istituto del litisconsorzio necessario è applicabile allorché la completezza del contraddittorio appaia necessaria non per esigenze formali ma per necessità sostanziali dell'esercizio della giurisdizione. Scopo dell'istituto della necessità di integrazione del contraddittorio è quello di permettere ai soggetti interessati di poter partecipare con piena cognizione all'eventuale attività processuale. L'istituto della integrazione del contraddittorio è previsto unicamente a garanzia del diritto di difesa della parte interessata a contraddire alla domanda, rimanendo estraneo al giudizio amministrativo impugnatorio un litisconsorzio necessario in parte actoris (T.A.R. Campania (Napoli) II, 11 settembre 2013, n. 4225). Le questioni generali inerenti il contraddittorio e l'intervento sono già state trattate in sede di commento agli artt. 27 e 28 del Libro I, ai quali si rinvia. La disposizione in esame contiene norme attuative dell'art. 27 secondo cui, da un lato, grava sul ricorrente l'onere di notificare il ricorso a pena di decadenza, nel termine previsto ad almeno un controinteressato e, dall'altro, spetta al giudice ordinare l'integrazione del contraddittorio nel caso vi siano ulteriori controinteressati pretermessi e non si è verificata alcuna decadenza (v. sub art. 27). Presupposti della integrazione del contraddittorio Per potersi procedere all'integrazione, deve essere dunque validamente instaurato il rapporto processuale con la notifica ad almeno uno dei controinteressati (sul punto, si rinvia al commento agli artt. 27 e 41). La richiesta di integrare il contraddittorio ai sensi dell'art. 49 è ammissibile solo a condizione che il giudizio risulti già instaurato nei confronti di almeno uno degli effettivi controinteressati (T.A.R. Lazio (Roma) I, 17 gennaio 2014, n. 214; T.A.R. Sardegna II, 23 dicembre 2013, n. 959; T.A.R. Lazio (Roma) III, 13 novembre 2019, n. 13024). La notifica ad almeno uno dei controinteressati rappresenta, infatti, un onere minimo imprescindibile per la stessa costituzione del rapporto processuale (art. 41, co. 2 e, prima, art. 21 l. n. 1034/1971). Conseguentemente, il giudice amministrativo non è, pertanto, legittimato a disporre l'integrazione del contraddittorio nel caso in cui il ricorso non sia stato ritualmente e tempestivamente notificato al controinteressato. Così, nel caso di mancata notifica all'unico soggetto controinteressato del ricorso, il giudice non può ordinare il suo intervento in giudizio (mediante i poteri previsti dall' art. 51 c.p.a.), non spettando a quest'ultimo di supplire ad errori, omissioni o carenze del ricorrente (T.A.R. Campania (Napoli) III, 2 aprile 2015, n. 1980 T.A.R. Lazio (Roma) III, 15 ottobre 2013 n. 8860). Viceversa, qualora nel giudizio sia stato comunque evocato sin dall'inizio almeno un controinteressato, è viziata da error in procedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso per omessa notifica ad altro soggetto, dovendo in questi casi sanare la sua pretermissione dal giudizio di primo grado mediante l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 49, comma 1 (Cga, sez. giurisd. 14 ottobre 2014, n. 566; Cons. St. V, 25 luglio 2013, n. 3962). Termini e modalità della integrazione del contraddittorio Il giudice, nell'ordinare l'integrazione del contraddittorio, fissa il relativo termine, indicando le parti cui il ricorso deve essere notificato. Se entro tale termine il contraddittorio non viene integrato il ricorso è dichiarato improcedibile, ai sensi dell'art. 35. Si tratta di termine perentorio, entro il quale il ricorrente deve notificare l'atto di integrazione e, successivamente, eseguire «tempestivamente» il relativo deposito presso la segreteria del Tar adito. Ai sensi dell'art. 49, è il solo elemento della notifica, con il relativo termine che deve essere indicato necessariamente nell'ordinanza con cui il giudice dispone l'integrazione del contraddittorio. Per ciò che riguarda il termine per il conseguente deposito, il giudice può anche non indicare alcun termine. In tal caso, ossia in assenza di indicazione da parte del giudice, si ritiene operi il criterio generale di cui al richiamato art. 45, alla stregua del quale deve essere valutato l'onere di depositare «tempestivamente» l'atto di integrazione notificato (T.A.R. Lazio (Roma) III, 4 febbraio 2013, n. 1164). Nella prassi, il giudice indica il termine anche per il deposito della documentazione attestante l'avvenuta integrazione, qualificandolo come perentorio (T.A.R. Lazio, I, n. 13445/2019; T.A.R. Lazio, I, n. 11927/2019). Ai sensi del combinato disposto degli artt. 49 comma 3 e 35, c.p.a. è improcedibile il ricorso ove non siano stati rispettati i termini perentori assegnati con ordinanza dal giudice per l'integrazione del contraddittorio e per il deposito del ricorso e della prova delle avvenute notifiche (nel caso di specie, trenta giorni dalla comunicazione dell'ordinanza e quindici giorni successivi alla notifica) (Cons. St. III, n. 2147/2015; T.A.R. Campania (Napoli) III, 8 novembre 2013, n. 5025;T.A.R. Campania (Napoli), 3 settembre 2019, n. 4439; Cons. St., V, n. 4653/2019). Al fine di adempiere all'ordine di integrazione, il ricorrente può procedere alla notifica di un nuovo originale del ricorso, ovvero alla notifica di copie conformi dell'atto introduttivo. La notifica di copia conforme dell'atto introduttivo è stata ritenuta modalità idonea e sufficiente ad integrare il contraddittorio, nel caso di gare, qualora l'integrazione del contraddittorio debba riguardare, in assenza di una graduatoria finale, tutti i concorrenti. (T.A.R. Veneto I, 17 febbraio 2014, n. 228). Al fine di rendere edotto il destinatario della notifica del fatto che la stessa avviene a titolo di integrazione del contraddittorio, in giurisprudenza si è ritenuto che la stessa debba essere accompagnata dall'indicazione degli elementi ulteriori e necessari della natura della sua comunicazione (quale integrazione del contraddittorio e non ricorso introduttivo del giudizio) e della data dell'udienza di rinvio. Si è in proposito rilevato che, in mancanza di una indicazione in tal senso, la parte evocata potrebbe ritenere che si tratti dell'atto introduttivo del giudizio e attendere il termine minimo per il deposito del ricorso notificato, eventualmente perdendo l'occasione di partecipare all'udienza, se fissata in data ravvicinata (Cons. St., IV, n. 3082/2013). La norma prevede la possibilità di ricorrere anche alla notificazione per pubblici proclami dell'atto di integrazione del contraddittorio, disciplinata dall'art. 41, comma 4, per i casi in cui la notificazione sia estremamente onerosa per il numero elevato dei destinatari. In tal caso, l'ordine del giudice contiene altresì l'autorizzazione espressa a procedere secondo tale modalità, in difetto della quale il ricorrente dovrà procedere con le modalità ordinarie (v. sub art. 41 per le modalità di notifica del ricorso in primo grado). Un elevato numero di contraddittori necessari può verificarsi in presenza di altri candidati collocati utilmente nella graduatoria che si impugna e, in tali casi, si possono prevedere forme di pubblicazione per pubblici proclami, mediante pubblicazione su siti web istituzionali di un sunto del ricorso e gli estremi della decisione di integrazione, con l'indicazione nominativa dei candidati collocati nella finale graduatoria (T.A.R. Lazio, I, n. 13445/2019; T.A.R. Lazio, I, n. 11927/2019). Ovviamente, i soggetti nei cui confronti è integrato il contraddittorio non sono pregiudicati dagli atti processuali anteriormente compiuti (art. 49, comma 4). Alla stregua di tale principio si è ritenuto che le statuizioni in merito al rigetto dell'eccezione di inammissibilità del ricorso contenute in una sentenza non definitiva non sono dunque opponibili ai controinteressati pretermessi che, intervenuti a seguito dell'integrazione del contraddittorio, possono pertanto dedurre le loro eccezioni di rito, sulle quali quel giudice deve pronunciarsi (T.A.R. Lazio (Roma), I, 3 novembre 2014, n. 10989). Eccezioni: il ricorso manifestamente irricevibile, inammissibile o infondato Rispetto alle regole processuali vigenti prima del Codice, la novità più significativa dell'articolo è costituita dall'esclusione della necessità di integrare il contraddittorio nei casi in cui il ricorso risulti manifestamente irricevibile, inammissibile o infondato. In tali casi il comma 2 prevede che, per ragioni di economia processuale, si procede a contraddittorio non integro, con sentenza resa in forma semplificata, che avrà un contenuto favorevole al litisconsorte necessario pretermesso. La norma ha un parziale antecedente nell'art. 15 del regolamento n. 642 del 1907, che stabiliva che l'integrazione del giudizio non è applicabile nel caso in cui, per omessa notificazione del ricorso all'autorità dalla quale emana l'atto o il provvedimento impugnato o per altro motivo, il ricorso debba essere dichiarato senz'altro irricevibile. Si è ritenuto, infatti, aderente ai principi di accelerazione e di concentrazione processuale evitare l'inutile protrarsi del processo medesimo mediante l'imposizione d'incombenti intuitivamente inutili rispetto ad un esito che le risultanze già acquisite consentono di definire sfavorevole per le tesi della parte ricorrente ( Cons. St. V, n. 6131/2013; Cons. St. IV, n. 3261/2013). Le ragioni di economia processuale, che hanno ispirato la novità, collidono con i principi generali, che pongono l'integrità del contraddittorio come antecedente logico rispetto alle valutazioni in ordine alla (benché manifesta) irricevibilità, inammissibilità o infondatezza del ricorso. Si è altresì rilevato che l'applicazione non corretta della norma in primo grado potrebbe risultare dannosa per le stesse esigenze di economia processuale, in quanto il giudice di appello non potrebbe riformare direttamente la sentenza del T.A.R., che abbia erroneamente dichiarato il ricorso irricevibile, inammissibile o infondato, ma dovrebbe annullarla con rinvio allo stesso T.A.R. affinché sia disposta l'integrazione del contraddittorio (Chieppa,Il processo amministrativo, 319). La manifesta infondatezza del ricorso giurisdizionale consente, ai sensi degli art. 49, co. 2, e 74, di pronunciare sentenza in forma semplificata, senza necessità di integrare il contraddittorio (Cons. St. II, n. 3284/2022, Cons. St. V, n. 4049/2015; T.A.R. Umbria I, 2 settembre 2016, n. 579; T.A.R. Campania (Napoli), III, 1 febbraio 2011, n. 629; T.A.R. Calabria (Catanzaro) II, 8 aprile 2011, n. 502). Tale facoltà costituisce attuazione del principio della ragione più liquida, per cui il giudice amministrativo può prescindere dall'analisi delle diverse eccezioni prospettate, se il ricorso si manifesta infondato (derivante dal superiore principio di economia dei mezzi processuali e tenendo conto delle risorse del sistema di giustizia). Ciò quindi può determinare una deroga alla naturale rigidità dell'ordine di esame, assicurando che l'individuazione della ragione più liquida ai sensi degli artt. 49, comma 2, e 74 non incida sul diritto di difesa del controinteressato e consenta un'effettiva accelerazione della definizione della lite (fermo restando la ritenuta giurisdizione e competenza sulla controversia) (T.A.R. Calabria (Catanzaro) II, 7 marzo 2016, n. 455; T.A.R. Puglia (Bari) II, 6 ottobre 2015, n. 1282). Sulla scorta del paradigma sancito dalle citate norme, le esigenze di semplificazione possono anche condurre il giudice ad esaminare prioritariamente il ricorso principale, in luogo di quello incidentale c.d. «escludente» o «paralizzante», sempre accertato che l'esercizio di tale facoltà non deve incidere sul diritto di difesa del controinteressato e deve consentire un'effettiva accelerazione della definizione della controversia ( T.A.R. Puglia (Bari) I, 5 marzo 2015, n. 387). Fase di appello Nei casi in cui il T.A.R. dichiara un ricorso inammissibile, improcedibile o infondato senza procedere all'integrazione del contraddittorio, il vizio del contraddittorio assume rilievo nella fase di appello. È illegittima una pronuncia favorevole ad una delle parti in causa data dal giudice di primo grado a contraddittorio non integro, posto che gli unici casi in cui il giudice non è tenuto a disporre l'integrazione del contraddittorio sono quelli di manifesta irricevibilità, inammissibilità o improcedibilità (Cons. St. IV, n. 1069/2014). In questi casi la omessa integrazione del contraddittorio è stata prevista per ragioni di economia processuale, derivanti dal fatto che la decisione è favorevole alla parte che dovrebbe essere chiamata in giudizio. Tale parte necessaria del giudizio, pretermessa, non dovrebbe poter avere un interesse a proporre opposizione di terzo avverso la sentenza del T.A.R., a meno che qualche profilo motivazionale della sentenza non sia nella sostanza non completamente favorevole. Analogamente, i terzi pretermessi (in quanto sia in primo grado che in appello il giudizio si è svolto a contraddittorio non integro) possono far valere le proprie ragioni nelle forme dell'opposizione ex art. 108 e, l'eventuale accoglimento dell'opposizione comporterà l'annullamento della sentenza opposta e l'annullamento della sentenza di primo grado, con rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 105 (Cons. St., IV, n. 1836/2018). La questione della non integrità del contraddittorio può emergere in secondo grado, se il Consiglio di Stato ritiene fondato il ricorso in appello; in questo caso, il giudice di appello non può pronunciare sul merito della questione, ma deve limitarsi ad annullare con rinvio al T.A.R. la sentenza perché si proceda ad integrare il contraddittorio. Tale evenienza è suscettibile in concreto di frustare la ratio acceleratoria della previsione (Traglia, 603). Nel giudizio di appello, se il Consiglio di Stato riconosce che l'impugnazione è manifestamente improcedibile, può non ordinare l'integrazione del contraddittorio, quando l'impugnazione di altre parti è preclusa o esclusa. La norma dell'art. 60 (che richiede il previo accertamento della «completezza del contraddittorio» per pronunciare la sentenza in forma semplificata), deve infatti coordinarsi con la previsione dell'art. 95, espressione del generale principio di economia dei mezzi processuali e di speditezza del giudizio, suscettibile di prevalere anche sull'integrità del contraddittorio, imponendo al giudice di definire rapidamente il giudizio in caso di impugnazioni irricevibili, inammissibili, improcedibili o infondate, a maggior ragione anche nella forma della sentenza semplificata e in sede di decisione della domanda cautelare (Cons. St. VI, n. 5393/2013). BibliografiaFigorilli, Il contraddittorio nel procedimento amministrativo (dal processo al procedimento con pluralità di parti), Napoli, 1996; Follieri, Il contraddittorio in condizioni di parità nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm. 2006, 499; Marenghi, Giusto procedimento e processualprocedimento, in Dir. proc. amm. 2008, fasc. 4, 961-1030; Merusi, Il contraddittorio nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm. 1985, 5; Migliorini, Il contraddittorio nel processo amministrativo, Rimini, 1984; Pellegrino, Integrazione del contraddittorio, in Quaranta-Lopilato (cur.), Il processo amministrativo, Milano, 2011, 470; Sinisi, La disciplina della decisione in forma semplificata, la garanzia del contraddittorio e il giusto processo. Profili di dubbia legittimità (nota aTarLiguria, sez. I, 8 febbraio 2008, n. 162), in Foro amm. T.A.R., 2008, fasc. 2, 412-420; Sticchi Damiani, Il cointeressato nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm. 1987, 372; Sticchi Damiani, Le parti necessarie nel processo amministrativo, Milano, 1988; Traina, Integrazione del contraddittorio, in Morbidelli (cur.), Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2015, 603. |