Decreto legislativo - 2/07/2010 - n. 104 art. 56 - Misure cautelari monocratiche

Roberto Chieppa

Misure cautelari monocratiche

 

1. Prima della trattazione della domanda cautelare da parte del collegio, in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio, il ricorrente può, con la domanda cautelare o con distinto ricorso notificato alle controparti, chiedere al presidente del tribunale amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso è assegnato, di disporre misure cautelari provvisorie. La domanda cautelare è improcedibile finché non è presentata l'istanza di fissazione d'udienza per il merito, salvo che essa debba essere fissata d'ufficio. Il presidente provvede sulla domanda solo se ritiene la competenza del tribunale amministrativo regionale, altrimenti rimette le parti al collegio per i provvedimenti di cui all'articolo 55, comma 13.

2. Il presidente o un magistrato da lui delegato verifica che la notificazione del ricorso si sia perfezionata nei confronti dei destinatari o almeno della parte pubblica e di uno dei controinteressati e provvede con decreto motivato non impugnabile. La notificazione può avvenire da parte del difensore anche a mezzo fax.

Si applica l'articolo 55, comma 6. Qualora l'esigenza cautelare non consenta l'accertamento del perfezionamento delle notificazioni, per cause non imputabili al ricorrente, il presidente può comunque provvedere, fatto salvo il potere di revoca. Ove ritenuto necessario il presidente, fuori udienza e senza formalità, sente, anche separatamente, le parti che si siano rese disponibili prima dell'emanazione del decreto.

3. Qualora dalla decisione sulla domanda cautelare derivino effetti irreversibili, il presidente può subordinare la concessione o il diniego della misura cautelare alla prestazione di una cauzione, anche mediante fideiussione, determinata con riguardo all'entità degli effetti irreversibili che possono prodursi per le parti e i terzi.

4. Il decreto, nel quale deve essere comunque indicata la camera di consiglio di cui all'articolo 55, comma 5, in caso di accoglimento è efficace sino a detta camera di consiglio. Il decreto perde efficacia se il collegio non provvede sulla domanda cautelare nella camera di consiglio di cui al periodo precedente. Fino a quando conserva efficacia, il decreto è sempre revocabile o modificabile su istanza di parte notificata. A quest'ultima si applica il comma 2.

5. Se la parte si avvale della facoltà di cui al secondo periodo del comma 2 le misure cautelari perdono efficacia se il ricorso non viene notificato per via ordinaria entro cinque giorni dalla richiesta delle misure cautelari provvisorie.

Note operative

Tipologia di atto Termine Decorrenza
Decreto cautelare monocratico Efficace sino alla camera di consiglio e perde efficacia se il collegio non provvede sulla domanda cautelare nella prima camera di consiglio.
Decreto cautelare monocratico Se la parte si avvale della facoltà di notificare il ricorso via fax, le misure cautelari perdono efficacia se il ricorso non viene notificato per via ordinaria entro cinque giorni dalla richiesta delle misure cautelari provvisorie.

Inquadramento

L'art. 56 disciplina in modo completo un istituto già presente nel processo amministrativo: la tutela cautelare inaudita altera parte di tipo monocratico, introdotta dalla legge n. 205/2000.

Si tratta di una tutela d'urgenza attribuita al Presidente del Tar o della sezione del Consiglio di Stato (decreto cautelare monocratico) in via interinale ed anticipata rispetto all'intervento del Collegio.

Con l'art. 56:

— viene configurato un potenziale contraddittorio davanti al presidente che, ove lo ritenga necessario, prima di pronunciarsi può sentire, fuori udienza e senza formalità. le parti che si siano rese disponibili;

— anche per la fase monocratica, la domanda cautelare è improcedibile finché non è presentata l'istanza di fissazione d'udienza per il merito, salvo che essa debba essere fissata d'ufficio;

— il presidente provvede sulla domanda solo se ritiene la competenza del tribunale amministrativo regionale, altrimenti rimette le parti al collegio per la pronuncia della relativa ordinanza per la richiesta d'ufficio del regolamento di competenza;

— è espressamente previsto che la tutela monocratica possa essere delegata dal Presidente ad altro magistrato;

— è necessaria la prova della notificazione dell'istanza nei confronti dei destinatari o almeno della parte pubblica e di uno dei controinteressati;

— la notificazione può avvenire anche a mezzo fax, ma, se la parte si avvale di tale facoltà, le misure cautelari perdono efficacia se il ricorso non viene notificato per via ordinaria entro cinque giorni dalla richiesta delle misure cautelari provvisorie;

— solo in via eccezionale è prevista la possibilità per il Presidente di provvedere, fatto salvo il potere di revoca, qualora l'esigenza cautelare non consenta l'accertamento del perfezionamento delle notificazioni, per cause non imputabili al ricorrente;

— il decreto cautelare monocratico, anche se di reiezione, deve contenere l'indicazione della camera di consiglio per la trattazione collegiale dell'istanza (ossia a quella immediatamente successiva alla scadenza dei predetti termini dalle notifiche e dal deposito) e, in caso di accoglimento, il decreto conserva efficacia sino a detta camera di consiglio e perde comunque efficacia se il collegio non provvede sulla domanda cautelare nella stessa camera di consiglio.

La tutela cautelare monocratica; dalla legge n. 205/2000 all'art. 56

La legge n. 205 del 2000 ha introdotto la tutela cautelare inaudita altera parte di tipo monocratico, in quanto attribuita al Presidente del T.A.R. o della sezione del Consiglio di Stato in via interinale ed anticipata rispetto all'intervento del Collegio (decreto cautelare monocratico).

In precedenza, i tentativi di qualche Presidente di T.A.R. di introdurre tale tutela in via pretoria erano stati bloccati dal Consiglio di Stato, che considerò nulli tali decreti, in quanto emessi da un organo privo di competenze decisorie, attribuite solo al Collegio fino alla legge n. 205/2000 (Cons. St. V, ord. n. 781/1998).

Il Consiglio di Stato aveva evidenziato l'assenza di una previsione normativa volta a riconoscere un potere cautelare, ancorché temporalmente circoscritto, in capo al Presidente del Tribunale, da considerare, quindi, del tutto sfornito, nella sua veste monocratica, di potere giurisdizionale.

Prima dell'entrata in vigore della legge n. 205/2000, vigeva, infatti, il principio di necessaria collegialità delle decisioni del giudice amministrativo.

L' art. 21, comma 8, l. n. 1034/1971 (l. T.A.R.), come modificato dalla legge n. 205/2000, ha previsto che prima della trattazione della domanda cautelare, in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio, il ricorrente può, contestualmente alla domanda cautelare o con separata istanza notificata alle controparti, chiedere al presidente di disporre misure cautelari provvisorie, su cui il presidente provvede, anche in assenza di contraddittorio, con decreto motivato, la cui efficacia cessa al momento della necessaria successiva pronuncia del collegio, cui l'istanza cautelare è sottoposta nella prima camera di consiglio utile.

Il Codice ha confermato la tutela cautelare monocratica, configurando anche un potenziale contraddittorio, sia pure embrionale, davanti al presidente che, ove lo ritenga necessario, prima di pronunciarsi può sentire, fuori udienza e senza formalità. le parti che si siano rese disponibili, avendo ricevuto la notifica dell'istanza di cautela monocratica.

Presupposti e procedimento della tutela monocratica

Il presupposto che deve sussistere per la concessione di un decreto monocratico, derogatorio dell'ordinaria competenza collegiale, è la ricorrenza di casi di estrema gravità ed urgenza, tali da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio.

Ad esempio, basti pensare alla contestazione di una ordinanza di chiusura di un esercizio commerciale, la cui decorrenza non consente di attendere la pronuncia collegiale del collegio sulla domanda cautelare.

L'estrema gravità e urgenza deve essere oggettiva e non deve dipendere dal ricorrente e da ritardi a lui imputabili, qualora ad esempio il tempestivo deposito del ricorso avrebbe agevolmente consentito la trattazione camerale della domanda cautelare.

La disciplina della tutela cautelare monocratica viene meglio definita in ordine ad alcune questioni e viene anche resa coerente con la tutela ante causam, già prevista dal codice dei contratti e ora generalizzata dal Codice (v. art. 61).

In coerenza con la disciplina delle misure cautelari collegiali, anche per la fase monocratica, la domanda cautelare è improcedibile finché non è presentata l'istanza di fissazione d'udienza per il merito, salvo che essa debba essere fissata d'ufficio e, inoltre, il presidente provvede sulla domanda solo se ritiene la competenza del tribunale amministrativo regionale, altrimenti rimette le parti al collegio per la pronuncia della relativa ordinanza per la richiesta d'ufficio del regolamento di competenza.

Nel processo amministrativo è inammissibile la richiesta di un decreto presidenziale, ai sensi dell'art. 56 per l'esecuzione di un'ordinanza cautelare del collegio (Cons. St. VI, n. 3479/2016).

Viene, inoltre, riprodotta la possibilità di subordinare la concessione o il diniego della misura cautelare alla prestazione di una cauzione, qualora dalla decisione sulla domanda cautelare derivino effetti irreversibili (sulla cauzione, v. art. 55).

La decisione sulla tutela cautelare anticipata non è necessariamente priva di un minimo di contraddittorio, essendo, infatti, previsto che ove ritenuto necessario il presidente, fuori udienza e senza formalità, sente, anche separatamente, le parti che si siano rese disponibili prima dell'emanazione del decreto.

Segue. Notificazione del ricorso e tutela monocratica

In precedenza, erano sorti dubbi sulla corretta interpretazione dell'art. 21, comma 8, l. T.A.R. sul problema della possibilità di ottenere una misura cautelare prima di aver fornito la prova dell'avvenuta notificazione del ricorso e dell'istanza alla parte resistente.

Il Codice dispone ora che il presidente o un magistrato da lui delegato verifica che la notificazione del ricorso si sia perfezionata nei confronti dei destinatari o almeno della parte pubblica e di uno dei controinteressati e provvede con decreto motivato non impugnabile.

La regola è, quindi, nel senso di richiedere la prova della preventiva notificazione prima di decidere l'istanza cautelare monocratica.

La notificazione può avvenire anche a mezzo fax, ma, se la parte si avvale di tale facoltà, le misure cautelari perdono efficacia se il ricorso non viene notificato per via ordinaria entro cinque giorni dalla richiesta delle misure cautelari provvisorie.

Inoltre, come previsto per la fase cautelare collegiale, se la notificazione è effettuata a mezzo del servizio postale, il ricorrente, se non è ancora in possesso dell'avviso di ricevimento, può provare la data di perfezionamento della notificazione producendo copia dell'attestazione di consegna del servizio di monitoraggio della corrispondenza nel sito internet delle poste. È fatta salva la prova contraria.

Il termine per la fissazione della camera di consiglio per la trattazione della domanda cautelare deve essere calcolato avendo riguardo alla notificazione in via ordinaria dell'atto introduttivo del giudizio, non potendo attribuirsi rilevanza, a tal fine, alla notifica eventualmente eseguita a mezzo fax, atteso l'obbligo per la parte ricorrente di effettuare comunque la notifica in via ordinaria, sancito dall'art. 56, comma 5 (T.A.R. Calabria (Reggio Calabria) I, 8 maggio 2013, n. 264).

A chiusura del sistema, viene prevista in via eccezionale la possibilità per il Presidente di provvedere, fatto salvo il potere di revoca, qualora l'esigenza cautelare non consenta l'accertamento del perfezionamento delle notificazioni, per cause non imputabili al ricorrente.

Segue. Tutela cautelare monocratica e deposito della copia cartacea

A seguito dell'entrata in vigore del processo amministrativo telematico, l'art. 7, comma 4, del d.l. 31 agosto 2017, n. 168 ha previsto che «A decorrere dal 1° gennaio 2017 e sino (in origine) al 1° gennaio 2018 per i giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, con modalità telematiche deve essere depositata almeno una copia cartacea del ricorso e degli scritti difensivi, con l'attestazione di conformità al relativo deposito telematico»; si è posto allora il problema delle conseguenze della violazione del deposito della copia cartacea del ricorso anche ai fini dell'esame della domanda cautelare.

A tale questione la soluzione data dal Consiglio di Stato è stata quella secondo cui il deposito della copia cartacea d'obbligo da parte del ricorrente è condizione per l'inizio del decorso del termine dilatorio di 10 giorni liberi a ritroso dall'udienza camerale (ovvero 5 nei casi di termini dimidiati), di cui all' art. 55, comma 5, c.p.a., con conseguente impossibilità che, prima dell'inizio di tale decorso sia fissata detta udienza, ovvero, comunque, che, in caso di fissazione comunque avvenuta, il ricorso cautelare sia trattato e definito in un'udienza camerale anteriore al completo decorso del medesimo termine (Cons. St. VI, n. 919/2017). Con la stessa pronuncia il Consiglio di Stato ha ipotizzato che l'omissione del deposito della copia d'obbligo non precluda l'eventuale concessione di misure cautelari monocratiche ex art. 56, né la conseguente fissazione obbligatoria (ex art. 56, comma 4) della camera di consiglio di cui all'art. 55, comma 5, aggiungendo che la trattazione collegiale in tale sede va comunque considerata condizionata al tempestivo deposito della copia d'obbligo nel termine dilatorio fissato da tale ultima norma (salvo dimidiazione o abbreviazione del termine stesso), sotto pena di rinvio della trattazione collegiale fino a espletato incombente (e pur se con gli effetti estintivi della misura cautelare presidenziale di cui al secondo periodo del cit. art. 56, comma 4).

L'obbligo del deposito della copia cartacea è stato dapprima prorogato al 1° gennaio 2019 e poi con la legge 1 dicembre 2018, di conversione del d.l. 4 ottobre 2018 n. 113, le parole «e sino al 1º gennaio 2019» sono state soppresse con l'effetto di confermare a regime l'obbligo del deposito della copia cartacea.

Successivamente l'art. 4 (Disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia amministrativa) del d.l. n. 28/2020 ha abrogato in toto il comma 4 dell'art. 7 d.l. 168/2016 eliminando quindi l'obbligo di deposito della copia cartacea, che non è più vigente.

Decreto presidenziale e trattazione collegiale della domanda cautelare

Il decreto cautelare monocratico, anche se di reiezione, deve contenere l'indicazione della camera di consiglio per la trattazione collegiale dell'istanza (ossia a quella immediatamente successiva alla scadenza dei predetti termini dalle notifiche e dal deposito) e, in caso di accoglimento, il decreto conserva efficacia sino a detta camera di consiglio e perde comunque efficacia se il collegio non provvede sulla domanda cautelare nella stessa camera di consiglio.

Pertanto, anche in caso di rinvio o di ordinanza istruttoria, il Collegio deve confermare la misura cautelare se intende consentirne la sopravvivenza.

La regola è la trattazione collegiale delle domande cautelari e la tutela monocratica, come ancor più quella ante causam, rappresentano le eccezioni dirette a consentire, nei casi di estrema gravità e urgenza, la concessione di misure cautelari per il periodo strettamente necessario a sottoporre la questione al Collegio e, nell'ambito di tale sistema, sono del tutto ragionevoli le cautele introdotte dal Codice per evitare che l'assetto degli interessi possa restare regolato da un provvedimento monocratico oltre il tempo strettamente necessario per provocare la pronuncia del Collegio.

In sostanza, la trattazione monocratica di una domanda cautelare avviene in via eccezionale solo “prima della trattazione della domanda cautelare da parte del Collegio” (art. 56 comma 1 c.p.a.), sicché, dopo che sia già intervenuta la pronuncia collegiale, un riesame della stessa può essere pronunciato solo dal Collegio; una diversa e opposta esegesi, che consentisse di intervenire monocraticamente dopo e su decisioni cautelari collegiali, vanificherebbe il principio di collegialità della misura cautelare e quello di eccezionalità del potere monocratico cautelare, che può solo anticipare quello collegiale, ma mai seguirlo e tradursi in un riesame del medesimo (Cons. giust. amm. Reg. Sic., decreto 5 dicembre 2019 n. 780).

Specie in caso di concessione della tutela cautelare monocratica particolare attenzione va prestata alla fissazione della camera di consiglio davanti al Collegio nei termini di cui all'art. 55, comma 5, per evitare il rischio che la decisione monocratica estenda i suoi effetti oltre il tempo necessario per consentire la pronuncia del Collegio.

La perdita di efficacia della misura cautelare se il Collegio non conferma la misura o comunque non provvede sulla domanda cautelare nella predetta camera di consiglio assicura la sua funzione di limitare temporalmente gli effetti delle misure cautelari monocratiche a condizione che sia rispettato il termine per la fissazione della camera di consiglio stabilito dall'art. 55, comma 5 (sulla domanda cautelare il collegio pronuncia nella prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell'ultima notificazione e, altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso).

Se la camera di consiglio non viene fissata rispettando tale termine, ma viene fissata oltre si determina una situazione abnorme rispetto alla quale ci si deve chiedere se non sussistano spazi per l'appellabilità (v. il successivo par. “Tutela monocratica e impugnazioni”).

Per l'emissione del decreto monocratico è comunque necessaria la pendenza di un giudizio e, quindi, la già avvenuta o contestuale notificazione del ricorso ed è questa la differenza rispetto alla ante causam che avviene prima della presentazione del ricorso.

Tutela monocratica e impugnazioni

La tutela monocratica costituisce una fase (eventuale) della tutela cautelare, destinata ad esaurirsi con l'adozione di una decisione collegiale sulla domanda cautelare.

Di conseguenza, non sono appellabili i decreti monocratici recanti misure cautelari provvisorie, trattandosi di misure sottoposte, ai sensi dell' art. 21, comma 9, della l. n. 1034/1971 [ed ora dell'art. 56], ad un sindacato collegiale di prime cure che, logicamente e sistematicamente, preclude l'ammissibilità del parallelo rimedio dell'appello ( Cons. St. VI, ord. n. 2102/2006).

Sulla non appellabilità dei decreti monocratici del Tar si sono registrate delle oscillazioni della giurisprudenza.

L'art. 62, comma 2, definisce il decreto motivato “non impugnabile”.

Tuttavia, in un caso è stato ritenuto che, l'art. 56 vada interpretato secondo ragionevolezza, nel senso, cioè, che prevale la funzione cautelare anticipatoria sottesa alle misure cautelari monocratiche, quando l'esigenza cautelare rappresentata è, per la natura degli interessi coinvolti o per la specificità della statuizione della P.A., di natura tale da dover esser protetta senza neppure attenderne la trattazione collegiale in camera di consiglio, anche in sede d'appello (Cons. St. III, decr. mon., 11 dicembre 2014, n. 5650, in un caso in cui era stata impugnata in primo grado una sospensione ex art. 100 del TULPS, della durata di trenta giorni e con effetto dal 7 dicembre 2014, mentre la prima udienza camerale utile presso il T.A.R. era stata fissata al 14 gennaio 2015, sicché è stata ritenuta evidente la gravità del danno lamentato e l'impossibilità, allo stato e fuori dalle misure monocratiche, d'ottenere una tutela commisurata ed idonea).

Successivamente, è stato invece ribadito che l'eccezionale misura cautelare monocratica presidenziale prevista dall'art. 56, che deroga – per la dominanza della somma urgenza — ai principi generali di collegialità e di contraddittorio, ha funzione strettamente interinale «prima della trattazione della domanda cautelare da parte del collegio, in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio» e che il relativo «decreto» è per legge «efficace sino a detta camera di consiglio», che costituisce la giusta sede per l'esame della domanda cautelare. In sostanza, per la misura cautelare monocratica presidenziale ex art. 56 la legge non prevede, né per il sistema processuale appare configurabile, la via di un distinto e autonomo appello, sicché ogni questione di revisione al riguardo va trattata nel medesimo grado della misura stessa, o con lo stesso mezzo o in occasione delle conseguente collegiale camera di consiglio, la cui «ordinanza cautelare» potrà semmai, a letterale tenore dell'art. 62, formare oggetto di appello cautelare (Cons. St., V, decr. mon., 19 luglio 2017, n. 3015, in un caso in cui la camera di consiglio presso il Tribunale amministrativo era stata fissata dal detto decreto presidenziale per l'imminente 26 luglio 2017).

L'impressione è che la differente soluzione data ai due casi sia dipesa dalla data di fissazione dell'udienza collegiale da parte del T.ar.

Come già evidenziato, se la camera di consiglio per la decisione collegiale non viene fissata rispettando il termine di cui all'art. 55, comma 5, ma viene fissata oltre si determina una situazione abnorme, in cui si potrebbe ipotizzare l'appellabilità della misura cautelare anche sotto il limitato profilo della mancata tempestiva fissazione della camera di consiglio (si pensi al caso in cui con decreto monocratico viene concessa una misura cautelare e vengono contestualmente disposti adempimenti istruttori con fissazione della camera di consiglio all'esito di tali adempimenti e, quindi ben oltre il termine di cui all'art. 55, comma 5).

Il principio della non impugnabilità dei decreti monocratici era stato dapprima posto in dubbio dalla modifica all'art. 62, apportata dal d.l. 5 ottobre 2018, n. 115 recante “Disposizioni urgenti in materia di giustizia amministrativa, di difesa erariale e per il regolare svolgimento delle competizioni sportive”, con cui è stato prevista una nuova materia di giurisdizione esclusiva (controversie aventi ad oggetto provvedimenti “di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche”) ed era stato aggiunto che per le controversie ricomprese nella nuova materia di giurisdizione esclusiva il decreto monocratico di accoglimento è impugnabile, anche se reso ante causam e finché perduri la sua efficacia “nei soli casi in cui l'esecuzione del decreto sia idonea a produrre pregiudizi gravissimi ovvero danni irreversibili prima della trattazione collegiale della domanda cautelare” (v. il commento all'art. 62).

Tuttavia, tale decreto legge non è stato convertito dalle Camere e la modifica non è quindi più in vigore (l’art. 1, commi 647-650, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 – legge di bilancio 2019 – ha reintrodotto alcune delle norme contenute in materia di giustizia sportiva dal citato d.l. non convertito, ma non ha confermato la innovativa disciplina di impugnazione del decreto monocratico presidenziale prevista dall’art. 1 del decreto-legge 5 ottobre 2018, n. 115) .

E’ singolare che immediatamente dopo la non avvenuta conversione del decreto legge è stato ritenuto ammissibile un appello avverso un decreto monocratico di Presidente del T.A.R., con cui per di più la misura cautelare era stata respinta (Cons. St. VI, decreto 7 dicembre 2018 n. 5971, con cui l’appellabilità del decreto monocratico è stata ritenuta ammissibile esclusivamente quando vi siano eccezionali ragioni d’urgenza, tali da rendere irreversibile – per il caso di mancata emanazione di una misura monocratica in sede d’appello – la situazione di fatto, a causa del tempo che intercorre tra la data di emanazione del decreto appellato e la data nella quale è fissata la camera di consiglio per l’esame della domanda cautelare, da parte del Tar in sede collegiale).

Tale interpretazione si pone in contrasto con l’art. 56, comma 2, che prevede che “Il Presidente provvede con decreto motivato non impugnabile” e non è coerente neanche con il non convertito e citato d.l. n. 115/2018, che oltre ad avere un ambito di applicazione limitato al contenzioso sportivo prevedeva l’impugnabilità solo per i decreti di accoglimento. I principi costituzionali richiamati nel decreto del Consiglio di Stato potevano al più costituire motivo per dubitare della costituzionalità dell’art. 56, comma 2, ma non condurre ad una sua sostanziale disapplicazione.

Tuttavia, durante l'emergenza sanitaria Covid-19 è stata riproposta la tesi della ammissibilità dell'appello avverso un decreto cautelare monocratico in limitate ed eccezionali ipotesi in sono in gioco censure direttamente fondate sull'asserita violazione di principi che trovano in articoli della Costituzione diretta tutela e fondamento, quali il diritto alla salute e all'istruzione nonché, in primo luogo il principio di parità di cui all'art. 3 Cost. (Cons. St., III, decr. 26 novembre 2020, n. 6795e 10 novembre 2020, n. 6453); anche se è stata ritenuta preferibile la tesi che ritiene non superabile il dato testuale della non appellabilità dei decreti monocratici, salvo i casi dei c.d. “decreti meramente apparenti” che abbiano solo veste formale di decreti ma contenuto sostanziale decisorio tale da definire in maniera irreversibile la materia del contendere, evenienza che si verifica allorquando la decisione monocratica in primo grado non abbia affatto carattere provvisorio ed interinale ma definisca o rischi di definire in via irreversibile la materia del contendere, come negli eccezionali casi di un decreto cui non segua affatto una camera di consiglio o in cui la fissazione della camera di consiglio avvenga con una tempistica talmente irragionevole da togliere ogni utilità alla pronuncia collegiale con incidenza sul merito del giudizio (di talché residuino al limite questioni risarcitorie), dovendo in tali casi intervenire il giudice di appello per restaurare la corretta dialettica fra funzione monocratica e funzione collegiale in primo grado (Cons. St., II, decr. 4 maggio 2021 n. 2289; Cons. St., V, decr. 18 febbraio 2022 n. 798 in favore della tesi che continua a ritenere inappellabile il decreto cautelare ex art. 56 c.p.a., da cui consegue che al decreto di inammissibilità in appello non debba far seguito la fissazione di una inconfigurabile trattazione in sede camerale-cautelare in grado di appello); Cons. St., IV, decr. n. 1962/2022, che contiene una articolata motivazione circa l’impossibilità per il giudice di non applicare l’inequivoco dato letterale dell’art. 56 c.p.a.).

Nel condividere tale ultima giurisprudenza si osserva che, se si dovesse dubitare del rispetto del principio della effettività della tutela giurisdizionale in situazioni in cui l’attesa della decisione collegiale in camera di consiglio tempestivamente fissata rischi di determinare un danno irreversibile (ad es., demolizione di un edificio o espulsione di una persona), l’unica strada appare essere quella di sollevare questione di costituzionalità dell’art. 56, comma 2, c.p.a., non sembrando emergere in termini generali profili di contrasto con il diritto dell’U.E. che consentano di disapplicare la ivi prevista non impugnabilità del decreto (in questo senso, Chieppa – Giovagnoli, Manuale, 1408; Celotto).

La tutela monocratica può essere chiesta anche davanti al Consiglio di Stato sia in caso di impugnazione di una ordinanza cautelare del Tar, sia in caso di impugnazione con domanda cautelare di una sentenza di primo grado.

Sulla ammissibilità della tutela monocratica in sede di giudizio di revocazione, è stato evidenziato che la questione è stata oggetto di due discordanti decisioni della IV sezione del Consiglio di Stato ( Cons. St., IV, decr. mon. 14 marzo 2011, n. 1170 e decr. mon. 15 luglio 2011, n. 3032, in giustamm.it): con il primo provvedimento, il Presidente di Sezione ha concesso la misura cautelare in parola ritenendo ricorrere, nel caso di specie, i presupposti di cui all'art. 56 cit.; con il secondo decreto lo stesso organo ha, invece, dichiarato inammissibile l'istanza di misura cautelare monocratica preventiva in quanto «presentata in un ricorso in revocazione contro un provvedimento cautelare emesso dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale». Secondo la dottrina, l'argomentazione del secondo provvedimento desta più di una perplessità, laddove esclude l'ammissibilità della misura cautelare monocratica preventiva non tanto per l'assenza di previsione normativa (l'art. 58 in materia di revoca o modifica dell'ordinanza cautelare non richiama espressamente l'art. 56 come avviene nel caso dell'appello cautelare di cui all'art. 62), quanto perché parrebbe precluderla dopo l'emissione dell'ordinanza collegiale in sede giurisdizionale (Freni, 627).

Bibliografia

Celotto, La tutela cautelare nel Codice del processo amministrativo, in sito Giustizia amministrativa - dottrina, ottobre 2020; Freni, Procedimento cautelare, in Morbidelli (a cura di), Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2015, 612; Gallo, L'appellabilità del decreto cautelare presidenziale, in Foro CS 2009, 2615; Sandulli M.A., La tutela cautelare nel processo amministrativo, in federalismi.it, 4 novembre 2009; Satta, Giustizia cautelare, in Enc. dir., Aggiornamento, I, Milano, 1997, 595; Travi, Sospensione del provvedimento impugnato, in Dig. pubbl., XIV, Torino, 1999, 372.

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